Green Economy: per uno sviluppo sostenibile dell'Umbria

Interventi del pubblico

Ci sono molte domande dal pubblico in sala. Dobbiamo però selezionare gli interventi. Facciamo un rapido giro di opinioni.
 

ALESSANDRO RONCA, Direttore Parco Energie Rinnovabili.

Sono il direttore direttore del PER, un artigiano della sostenibilità e uno sviluppatore di sistemi energetici rinnovabili.
Torno su un argomento toccato nella discussione. Mi sembra doveroso amplificare ciò che ha detto l’architetto Spagnolo: 65 milioni di anni fa, si verificò un evento abbastanza singolare, che tutti quanti noi conosciamo: l’estinzione dei dinosauri. Direte: ma perchè andiamo a guardare così indietro? Per un motivo semplice. Sembra ormai assodato che quella estinzione sia stata causata da un innalzamento della temperatura del pianeta di soli 4 gradi.
Dall’inizio dell’industrializzazione ad oggi vi è stato un aumento di circa 180 parti per milione di CO2. Quindi siamo passati da 250 a 380, come è stato detto in precedenza. Nei prossimi trenta, quarant’anni sembra che saliremo a 780. Questo che cosa significa? Che ci stiamo giocando il futuro, così come accadde 180 milioni di anni fa.
Questo non per essere catastrofici ma per dire che la green economy non è una opzione ma dovrebbe essere la regola. Semplicemente la normalità, e neanche la straordinarietà, altrimenti questo evento sarà sempre considerato un’opportunità di sviluppo. Non è un’opportunità, è l’unica soluzione possibile. E questa è una delle prime occasioni che si è posta attenzione all’aspetto dell’efficienza, perché purtroppo nelle piattaforme di discussione generale, spesso, l’efficienza viene messa all’ultimo posto, la sostituzione di un bene a un altro, quindi un’amplificazione di ciò che in realtà già abbiamo. Oltre tutto, l’efficienza costa cinque volte di meno che la produzione energetica rinnovabile, che non mi sembra poco dal punto di vista di chi fa impresa, Grazie.
 
C'è in sala il professor Covino. E' d'obbligo fargli una domanda. Le nostre grandi aziende umbre sono cementiere. Cambiare il modello di sviluppo non sarà facile.

RENATO COVINO, professore ordinario di Storia contemporanea nella facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Perugia.

Non è facile, però mi pare, da tutto quello che è stato detto, che sia necessario.
Ora, il punto, secondo me, è questo: negli ultimi cento anni, nel mondo sviluppato, siamo passati mediamente da circa 78.000 a quasi 350-400 mila calorie/giorno per persona. Evidentemente, da un lato, come si fa ad assicurare lo stesso livello di consumo energetico e, dall’altro, come si risolvono i problemi di inefficienza e di ritardo nel nostro Paese?
C’è un problema serio di inadeguatezza della rete distributiva: in realtà noi distribuiamo 98 milioni di KW, mentre invece la richiesta è di circa 250 mila. Quindi bisognerà affrontare il primo grosso problema degli investimenti negli elettrodotti.
C'è anche un secondo aspetto, di business: ormai tutti i grossi produttori si stanno orientando verso grandi centrali solari, e quindi dobbiamo tenere sotto controllo la situazione.
Un terzo problema è dato dagli incentivi. E la questione è seria. Perché rischia di creare non fenomeni di coesione, ma di divisione all’interno dei territori. Infatti, quando si scopre che una pala, grosso modo, deve fare almeno 2000 giri e ne fa invece 1230-1250, viene perlomeno il sospetto che ci sia dietro un effetto speculativo.
In più c’è il problema, di cui parlavamo prima: come si cambia il modello di sviluppo?
Il problema è non solo del cemento, ma dell’industria delle costruzioni. In parte qualche soluzione è stata posta, perché non è vero che il cemento si fa solo in un modo, si può fare in modi diversi. Occorre ridurre gli appetiti: il settore delle costruzioni pesa circa il 7 per cento e si può vedere di ridurlo di qualche unità.
C’è anche un problema di volontà di riconversione del settore. Nel senso che noi costruiamo e non vendiamo. Il dubbio è che le costruzioni vengano portate in banca per ottenere soldi, per avere nuovi portafogli. Invece  oggi dovremmo porci il problema del riuso edilizio.


SABRINA LIBERATOSCIOLI Mi sono occupata della ricerca a livello di sostenibilità secondo i programmi europei. Vorrei fare una constatazione sulla base delle vostre affermazioni e anche una considerazione economica. Siamo arrivati a un punto cruciale. Soprattutto tra gli imprenditori, i professionisti, i ricercatori, c’è una consapevolezza maggiore. Ora c'è un decreto che taglierà i fondi alle energie rinnovabili.  E ci accorgiamo che i fondi comunitari sono previsti per un intervento trasversale sia per le varie opportunità che per l’ambiente; per cui tutti i soldi che arrivano in Italia per l’ambiente sono essenzialmente per il sostegno delle rinnovabili o comunque del risparmio energetico, perché non si possono spostare da un’altra parte, per la produzione dell’energia. Ma il punto è proprio quello di convertire il modello economico. Non si tratta di una opzione ma di economia. Non sarà capitalista, non sarà comunista, non sappiamo come sarà, sarà green, però è questo il modello del futuro, inevitabilmente.
Allora ricordo agli imprenditori e ai professionisti gli errori fatti in passato riguardo il carbone ed il petrolio.
L'industria va riorganizzata quindi secondo il modello green che va sostenuto con forza. Contro questo modello c'è una lotta quotidiana che bisogna contrastare.E' certo che così non possiamo continuare.
Per quanto riguarda il brand, se vogliamo avere maggiore appeal, dobbiamo sostenere il marchio Italia, investire sul turismo sulla qualità dei prodotti e sulla sostenibilità dei processi di produzione.
 

CARLO ANDREA BOLLINO, professore Ordinario di Economia politica, Facoltà di Scienze Politiche, università di Perugia.

Penso che gli argomenti trattati siano molto importanti e li declino su due piani, per trenta secondi. Quello nazionale, ahimè, risente delle contorsioni della politica che una volta approva e una volta disapprova, e questo peraltro ci pone in una situazione, attenzione, che non è unica: in Spagna hanno fatto anche di peggio col fotovoltaico, hanno garrotato il settore in maniera improvvisa. Evidentemente, qualcuno si è svegliato in Italia col famoso emendamento di cui stiamo cercando, in questi giorni,il padre.
Vengo invece all'Umbria. E aggiungo, come presidente di Si(e)nergia, il soggetto primario di riferimento nel territorio della provincia di Perugia nel settore delle reti dell'energia a servizio delle pubbliche amministrazioni, quello che noi possiamo fare in maniera complementare all’imprenditoria privata, nell’ambito delle fonti rinnovabili.
A parte gli accordi – per esempio, insieme all’industria Angelantoni stiamo vincendo delle gare a servizio delle comunità – vi illustro il modello che stiamo utilizzando per avere la vostra opinione. Come sapete siamo partecipati in maggioranza dal Comune di Perugia e stiamo tentando di usare il nostro posizionamento sul mercato. Il nostro conto economico non punta ad aumentare ricavi, casomai a ridurli, riducendo i costi, in maniera tale che al nostro sindaco azionista, i Comuni pubblici, non restituiamo un dividendo monetario fatto di alti profitti, bensì un dividendo di credibilità e di qualità, offrendo servizi a basso costo.
Questa non è una logica da privato. Voglio che sia molto chiaro. È complementare a quella del privato, perché così noi possiamo andare in quelle nicchie in cui altrimenti – e non lo dico con parole offensive – la commistione tra l’interesse del privato, che vuole più profitti, giustamente, e l’interesse del pubblico, che vuole minori costi per il proprio servizio, creerebbe frizioni inutili. Cerchiamo di coprire questa piccola nicchia, in maniera tale che i privati abbiano i giusti profitti e il pubblico abbia i bassi costi, dove è possibile.


BASILI

Mi vengono in mente due riflessioni. La prima è relativa alla storia dei gradi e dei dinosauri. E lo dico dal punto di vista di chi, per il mestiere che fa,  partecipa da molti anni ad incontri come questo.
Ci vuole cautela nel toccare simili argomenti data la loro complessità, perché rischiano di essere inflazionati nella loro lettura più superficiale.
Mi spiego: a Cancun, o in altre occasioni internazionali, quando si parla di abbattimento o contenimento delle CO2, emergono anche contrasti geopolitici fondamentali.
C’è una lotta durissima sulle commodities. Pensiamo al grano. Guardiamo a cosa è successo nel Maghreb: la rivolta ha avuto motivi profondi ma la scintilla scatenante di quanto è successo è stata il prezzo del grano. In Russia, c'è un tracollo della produzione. E se nell'immensa Russia la temperatura si alzerà di due gradi, ai russi andrà benissimo poiché recupereranno terreni su cui da anni cercano di impiantare un’agricoltura funzionale alla loro economia. Ancora: la Cina sta facendo una serie di colossali investimenti sull’agricoltura in Africa. Allora se parliamo di “temperatura media” del pianeta, il concetto di “media” è molto complesso, perché non è che la temperatura si alzerà di due gradi in tutte le parti del mondo. Per assurdo, ci saranno zone dove farà ancora più freddo e altre dove farà ancora più caldo.
Poi vorrei tornare sulla parola “nicchia”. Il binomio “Umbria-nicchia” a me dà fastidio. Lo dico francamente, non ho capito perché dobbiamo essere la nicchia di qualche cosa!
E a proposito di edilizia e bioedilizia, l'innovazione tecnologica è fondamentale. Però c’è la necessità urgente di creare un fil rouge tra tutte queste innovazioni sparse. C’è bisogno di fare filiera, ma anche di mettere a sistema il tutto. Sicuramente c’è da sistemare questo fatto dei contributi...
Perché l’Umbria non si deve candidare come il punto attrattore di questo lavoro? Lo strumento c'é, perché la rete d’impresa non vuol dire mica che dobbiamo fare impresa io e lei perché abitiamo nella stessa regione. La rete d’impresa è un sistema che permette di creare quelli che abbiamo chiamato i “distretti virtuali”: cioè io faccio rete d’impresa, la faccio nascere qui, ma metto a sistema soggetti che operano in tutto il Paese per un determinato scopo. Ma perché l’Umbria non deve alzare il ditino e dire: da oggi in poi “ecoedilizia” vuol dire “Umbria”!? La facciamo noi, la mettiamo noi a sistema. Quindi è una ipotesi di sviluppo che é il contrario della nicchia.


Un'ultima domanda: qual é la prima cosa da fare  per la nostra regione sul fronte della Green economy?


SPAGNOLO

Sicuramente io chiederei alla presidente Marini di attuare una politica molto aggressiva sull’efficientazione degli edifici, che – ricordo – rappresentano più del 40 per cento del consumo di energia globale. E ognuno di noi abita in un ambiente indoor, chiuso, più del 90 per cento della propria vita. Come ampiamente già detto, qualità della vita e consumo energetico, fanno sì che l’edificio sia al centro di ogni discussione.
 

REGINA

A mio avviso, è fondamentale per la Regione mettere in atto politiche promozionali volte allo sviluppo delle aziende umbre operanti in questo settore e, parlando dal versante tedesco, promuovere la collaborazione con il primo mercato europeo di riferimento, quindi la Germania e i suoi distretti.
Due settimane fa, ero ospite nella regione Baden-Württemberg, che è un'area molto sviluppata per quanto riguarda le energie rinnovabili. Ho incontrato il direttore dell’Agenzia di promozione economica delle aziende che mi ha fatto notare come ci sia anche una forte similitudine tra la struttura della regione Baden-Württemberg e l’Italia per la forte presenza di distretti industriali. E ci trasmetteva un invito: perché non instauriamo collaborazioni tra distretti tedeschi e distretti italiani? Individuiamo quindi in Umbria i distretti, i gruppi di imprese per l’energia rinnovabile e facciamo in modo che nascano delle collaborazioni con i distretti d’Oltralpe.

 
ROSSETTI

In sintesi, tre note importanti:
1) Sì ai Distretti. Quindi lavoriamo sulle reti, perché abbiamo le potenzialità per farlo. Siamo stati i primi in Italia e quindi dobbiamo mettere a leva anche gli strumenti che ci offre il diritto commerciale nazionale o il contratto di rete.
2) Grande sforzo sulla ricerca e l’innovazione sul quale possiamo innestare “green economy” in tutti i settori. Penso anche alla moda, o all’arredo. Noi abbiamo la possibilità di dare una sembianza al nostro modello di sviluppo.
3) Capitale umano. Per fare tutto ciò occorrono nuove capacità culturali e in questo caso direi che a fianco all’infrastruttura universitaria, che è fondamentale, dobbiamo comunque innestare una capacità nostra come soggetti pubblici che hanno risorse in quel senso, per muoversi su questi nuovi settori di sviluppo.  

MENCARONI

Mi sembra che le proposte dei nostri esperti siano già importanti perché si è parlato del tema edilizio, dell’eventuale efficientamento degli interventi da realizzare e delle reti d’impresa.
L'importante è che ciascuno faccia la propria parte.
In questo ambito sia la parte pubblica (le istituzioni) che quella privata (le imprese) devono remare in un’unica direzione. Dobbiamo collaborare per il raggiungimento degli obiettivi, condividendo dei progetti, perché insieme si può arrivare a un risultato. Basili ha parlato di “ecoedilizia”, io ho vagheggiato il borgo o la città carbon free. L’Umbria può svolgere un proprio ruoli importante, senza essere la ruota, o il ruotino di scorta di nessuno. Ma abbiamo capito che il tempo stringe. E che non basta enunciare delle volontà. Ora dobbiamo passare ai fatti.
Concludiamo questa interessante discussione con una certezza in più, che nasce dall'analisi dei tanti temi trattati: la “green economy” non è una scelta ma una necessità.

 

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