Green Economy: per uno sviluppo sostenibile dell'Umbria

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Mauro Spagnolo

architetto e direttore di Rinnovabili.it

La giunta regionale dell'Umbria vuol fondare lo sviluppo del territorio sulla green economy. Il governo ha annunciato un taglio delle energie verdi che fa discutere. Romani, ministro alle Attività produttive motiva l'iniziativa del Consiglio dei ministri ricordando che  gli incentivi alle energie rinnovabili, tra il 2009 e il 2010, sono costati 20 miliardi di euro in cambio dei quali l'Italia ha avuto solo il 4,5% dell’energia prodotta. Sulla green economy l'Italia si spacca. Ma questa non è la polemica di un giorno: non stiamo parlando di un aspetto dell'economia ma di un modo nuovo di concepire l'economia stessa.

Vorrei riprendere l’approccio, che mi è piaciuto molto, di Basili. Cito una frase di Jaime Lerner, che è il sindaco di una piccola città che si chiama Kuritiba, la capitale del Paranà, uno Stato a sud del Brasile. Questo signore, che è anche un architetto e un urbanista, ha scritto: “Se vogliamo vivere con creatività, dobbiamo togliere uno zero al nostro budget. Se vogliamo vivere nella sostenibilità, dobbiamo toglierne tre”. Questa, secondo me, è una sintesi straordinaria del significato reale della green economy. Un significato che, come spiegava Basili, va esternalizzato. Perché non bisogna disconoscere la vera finalità della green economy, che ancor prima di essere un movimento economico, è un movimento di opinione. La green economy nasce per mettere insieme tutta una serie di istanze culturali che hanno un unico obiettivo: quello di mantenere lo standard della vita delle future generazioni almeno paragonabile a quello attuale. Questo è il vero obiettivo della green economy. Poi, che lo riesca a fare con i numeri giusti e che quindi distribuisca ricchezza – che è una delle motivazioni attualmente più sentite – generando opportunità occupazionali in un momento di crisi economica globale, è certamente importante. Ma questo è un valore aggiunto. La vera istanza della green economy è chiara: abbiamo una serie di problemi oggettivi su questo pianeta. Se vogliamo, a strettissimo giro, mantenere la qualità della vita per i nostri figli – non più per i nostri nipoti, ma per i nostri figli – dobbiamo assolutamente allinearci a certi capisaldi.
Quali sono questi capisaldi? Riuscire a coniugare la produzione e la distribuzione del benessere con la cosiddetta “sostenibilità”. Che è una parola orribile, oramai utilizzata da qualsiasi centro di comunicazione aziendale, e che però andrebbe distillata per farla tornare alla sua essenza iniziale.
Innanzitutto dobbiamo non disconoscere una situazione obiettiva che è quella in cui versa il nostro pianeta. Da qualche anno a questa parte, noi, per vivere la nostra vita quotidiana, consumiamo più del 30% delle risorse che la Terra riesce ad autoprodurre. Ciò vuol dire che il 30% delle risorse che noi annualmente consumiamo è sottratto da una sorta di serbatoio non rinnovabile, e quindi, per definizione, estinguibile. E il 30% è un fattore notevolissimo. E’ come se vivessimo al di sopra delle nostre possibilità. E' come se disponessimo di uno stipendio che ci consentisse di gestire una utilitaria e poi andassimo in giro con un paio di fuoriserie. Questo inesorabile indebitamento porterà ad un crac. E questo crac è ormai stabilito in modo scientifico e condiviso, in senso trasversale, da tutti gli istituti di ricerca internazionali, grazie a un piccolo dato semplicissimo: l’innalzamento della temperatura del nostro pianeta di 2 gradi centigradi. Questo innalzamento, apparentemente quasi impercettibile, porterà inevitabilmente una serie di conseguenze sulle quali non mi vorrei soffermare, ma che senza dubbio abbasseranno di molto il livello di qualità della vita su questo pianeta.
In realtà siamo molto vicini a questo livello. Per darvi dei numeri molto concreti, il fattore che determina questo innalzamento è l’emissione di CO2, dell’anidride carbonica equivalente, che è l’insieme di tutti i gas clima-alteranti che generano questo innalzamento della temperatura, che attualmente, cioè in questo anno 2011, equivale a 387 parti per milione. Ebbene, arrivati a 450, questo pianeta avrà 2 gradi in più di innalzamento di temperatura dell’atmosfera. E il trend – che è esponenziale e quindi in crescita – di questo anno, è più 2 gradi per ogni anno. Quindi non bisogna appartenere a nessun sistema o lobby scientifica internazionale per farsi due conti e capire che l’accelerazione di questo processo è talmente rapida da esigere delle soluzioni non più prospettiche, ma assolutamente immediate.

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Coniugare il reddito dell'impresa e la qualità della vita. In questo senso il recupero edilizio di qualità è una carta importante per l'Umbria del futuro.

La discussione è stimolante. Sì, certo, oggi è possibile costruire in modo green. La tecnologia è assolutamente matura ed è possibile già realizzare costruzioni con queste caratteristiche. Noi, ad esempio, ne abbiamo già fatte quattro di opere pubbliche di questo tipo, che sono delle strutture che producono più di quello che consumano.
Mi soffermo in questo momento su quanto esposto dal dottor Rossetti, il quale mi ha colpito parlando di “sentieri di sviluppo”. Ricordo che la green economy non si basa sul fotovoltaico, come siamo forse tutti portati a pensare grazie a questa ondata emotiva e finanziaria del Conto Energia, né si basa sulle “fattorie del vento”. La green economy è un modello di pensiero molto più sofisticato che si fonda, come diceva giustamente chi mi ha preceduto, come asse portante, sul risparmio energetico, che è un vettore molto più interessante delle cosiddette “fonti rinnovabili”. Non perché non crediamo nelle fonti rinnovabili, anzi, sono la base di questo discorso, ma le fonti rinnovabili sono solo una delle componenti, e tali devono rimanerne tali, della green economy.
Ricordo rapidamente la tempistica della corsa al contrasto del cambiamento climatico. Come dicevo prima, abbiamo non molti anni per dare delle risposte importanti e, ad esempio, l’utilizzazione di alcune tecnologie sofisticate come il solare aggregato al vettore idrogeno, ormai è un treno già perso. Infatti in molti abbiamo immaginato che potesse essere la reale sostituzione della fonte fossile per autotrazione, ma in verità è troppo lungo e dà delle risposte, su scala di sistema, troppo lontane – si parla di almeno trent’anni – per essere una reale componente sostitutiva del petrolio per autotrazione. Così come, senza entrare in polemiche, il nucleare, o altre tecnologie come lo stoccaggio di CO2 in bacini sotterranei, perché queste tecnologie danno delle piccole risposte, utili nel loro insieme, ma nessuna di esse è la risposta.
Probabilmente la vera risposta a questa corsa del contrasto ai cambiamenti climatici è, come si diceva prima, il risparmio energetico. Il risparmio energetico è la vera scommessa del futuro, anche perché si porta dietro una serie di metodiche, di tecnologie sempre più sofisticate che possono costituire la differenza.
Un istituto statunitense molto importante ha da poco tirato fuori dei dati a mio giudizio interessantissimi: si sono messi a fare due conti per immaginare se nei prossimi venticinque anni le fonti rinnovabili possono sostituire al cento per cento quelle fossili. Ebbene, hanno stimato un trend di sviluppo tale per cui ogni ora, nei prossimi venticinque anni, si prevedere l’installazione di 200 metri quadrati di fotovoltaico, 100 di solare termico e 15 turbine da 3 MW l’una, ogni ora ininterrottamente.
Chiaramente questo è un trend virtuale, che significa immaginare che le fonti rinnovabili non possono da sole – questo lo dico con realismo quasi ideologico, ma è giunta l’ora di essere concreti – costituire la soluzione; possono essere la soluzione solo in tandem con la metodica straordinaria del risparmio energetico.
Io che mi occupo professionalmente oramai da venticinque anni di efficienza energetica urbana e negli edifici, vi posso assicurare che oggi chiunque di noi e di voi in questa sala può realizzare la propria casa, o un ente pubblico il proprio ospedale o la propria scuola, realizzando un edificio che consuma almeno il 50% di quanto consuma un edificio di pari prestazioni convenzionali. E’ un insieme di metodiche che arrivano ad un successo del genere e vi assicuro che questa è la strada principale per arrivare a dei risultati.
Vi porto un semplice esempio: di recente ho avuto l’onore di presentare alla trasmissione Uno Mattina la prima vera finestra fotovoltaica che esiste al mondo. Non parliamo di facciate continue, di mattoni, di tegole o altro, ma di una vera finestra che monta un cristallo fumé che, oltre a proteggere l’irraggiamento solare, e quindi il carico termico, produce anche energia elettrica.
E’ questa serie di istanze apparentemente di nicchia che vanno, secondo me, a concorrere al risultato finale, e quindi è importantissima l’innovazione, è importantissima la formazione ed è ancor più importante la consapevolezza sociale.

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Un nuovo modo di concepire l'economia e lo sviluppo. E' possibile?

Nella discussione di questa mattina, secondo me, è nodale il ruolo delle energie rinnovabili. Ricordo che nascono come strumento per la generazione distribuita, e cioè come piccoli generatori, di qualsiasi tipo (solari, eolici, geotermici eccetera), da distribuire in modo puntiforme. Quindi con impianti piccoli, di pochissimo impatto sul territorio, affinché possano servire alla fornitura locale delle utenze. Ma che cosa è successo in Italia? Gli incentivi sono arrivati in ritardo ma in dosi da cavallo. Hanno quindi generato degli interessi “trasversali” da parte di investitori esteri, e anche degli “appetiti” da parte di gruppi malavitosi, per cui i grandi impianti sono diventati oggetto di speculazione. Per cui quando si porta il fotovoltaico o l’eolico a scimmiottare impianti di generazione di potenza, tipici di altre tecnologie (es. nucleare, turbogas, carbone, fossili), facciamo agire le rinnovabili su un settore completamente sbagliato, non solo a livello economico, ma anche riguardo al rispetto ambientale e alla qualità della vita.
Quindi le rinnovabili devono velocemente rientrare nei ranghi, così come sta avvenendo. Sta infatti crescendo un altro mercato,  che riguarda i materiali di alta innovazione, che definirei con il termine “ecocreatività”.
Un nuovo fenomeno che sta avanzando in modo forte sui mercati internazionali e che coinvolge anche centri di moda e di pensiero che non fanno tradizionalmente parte del mondo dell’energia.
Si è fatto riferimento, ad esempio, al fatto che in Italia si fabbricano dei martinetti da applicare ai solai, che sfruttano l’energia cinetica del passaggio delle persone trasformandola in energia elettrica, chiamata “tecnologia piezoelettrica”; ci sono fabbriche che producono tessuti fotovoltaici; ci sono delle prime sperimentazioni molto interessanti che prevedono delle grandi strutture, dei grandi parapendii, che vengono applicati alle petroliere nelle navigazioni oceaniche, con un risparmio di energia che va dal 35 al 40 per cento. Ma potremmo stare qui a parlarne delle ore. Sta per uscire una raccolta, in cui ho riunito 300 di queste innovazioni nel mondo, e ce ne sono veramente di tutti i tipi. E’ questo, a mio giudizio, il grande futuro della “green economy”.