Prospettive per lo sviluppo della città di Perugia

Altri interventi

RIPENSIAMO LA CITTA'
di Giuseppe Capaccioni

Perugia va "ri-pensata". Negli ultimi venti anni si è sentita la mancanza di un'idea "forte" di città ed è mancato uno spirito civico di reale collaborazione tra tutte le sue componenti.
Abbiamo la necessità di tornare a "pensare", valutando tutte le conseguenze positive e negative di ciascuna azione e poi vanno prese le decisioni che servono e vanno portate avanti con decisione, coraggio e umiltà. Non serve negare i problemi nascondendoli, come la polvere, sotto il tappeto.
Vanno valutate le mille sollecitazioni, iniziative, difficoltà, aspettative, sogni, di coloro che ogni giorno vivono la città, la amano, la usano, la frequentano.
Vanno individuate le priorità e poi vanno affrontate, decidendo, educando, invitando, pretendendo che tutti le rispettino.
La città va pensata come un corpo in cui ogni parte ha una sua funzione, capendo che ognuna se si stacca perde la sua funzione, diventa inutile, spesso muore. Non si può più parlare del centro storico se non in relazione con tutta la città, non si possono più fare politiche di mobilità indipendenti da scelte urbanistiche, non si possono più spender soldi pubblici al di fuori di progetti condivisi.
A "pensare" la città siamo chiamati tutti, singoli cittadini, amministrazione comunale, istituzioni pubbliche locali e nazionali, istituzioni universitarie e culturali, istituzioni religiose, camera di commercio, fondazioni bancarie, associazioni imprenditoriali, associazionismo.
Ma siamo anche tutti chiamati a contribuire, ognuno per la sua peculiarità, in modo responsabile e costruttivo, rispettando i compiti di ciascuno, affermando sempre il "bene comune" unico modo per poter ottenere anche il "bene proprio".


UOMINI E TOPI
di Lucia Baroncini

All'imbrunire di una sera di estate, in un vicolo a ridosso di corso Cavour, un topolino si guarda intorno circospetto, galoppa rasente il muro e si avvicina a qualcosa gettato in un angolo, sotto un arco scrostato e senza luce. Il topolino non sa che l'unico inquilino del palazzo di fronte lo sta osservando. In terra c'è il cadavere di un topo più grande e il piccolo resta a guardarlo per alcuni attimi. L'inquilino è convinto che quella scena offra un quadro dolente, il topo morto potrebbe essere il padre o la madre di quell'esserino che ad un lieve fruscio scompare dietro l'angolo. Percorsi pochi metri, l'inquilino si ferma davanti alla porta di casa, si volta per guardare una scena consueta: a livello della strada del vicolo corto e stretto c'è una finestra. Si affaccia direttamente sull'asfalto. E' aperta e illuminata, dalle sue grate fuoriesce lo sfrigolio di qualcosa di molto odoroso che cuoce in padella. L'inquilino, prima di inserire la chiave nella toppa, si abbassa e con lo sguardo sbircia all'interno di quella stanza che è più profonda di una cantina, è una specie di fossa, è il ventre stesso di un bel palazzo d'epoca semivuoto. Vede un giovane che con un cucchiaio sta mescolando un sugo. Nella stanza, accanto al lavandino, c'è un letto sfatto appoggiato alla parete che chiude l'appartamento. Il giovane canticchia una canzone napoletana, ha la televisione accesa, i cui fili si inerpicano sopra i tetti per finire sulla parabola di un palazzo accanto. Il giovane vive lì, il topolino invece se ne è andato. Nel cuore antico di Perugia cantine e garage sono stati trasformati in bassi. Centinaia, disseminati in vicoli e strade medievali, occupati da studenti o anziani col minimo di pensione o coppie sfrattate. Una decisione del Comune ne ha bloccato l'espansione, quando ormai il più insieme al peggio era fatto. Nessun cittadino merita di abitare in un basso e la città deve smetterla di speculare sul suo antico patrimonio edilizio e trattarlo invece per quel che è: una grande risorsa civile e culturale.


DOMANI
di Marco Pedercini

La base è solida, travertino, mattone, cotto, travi di legno secolare. Su questa base il domani deve vedere la città di Perugia impegnata in pieno verso due fondamentali obiettivi: innovazione e sperimentazione .
La candidatura di Perugia a capitale europea della cultura ci da la possibilità di aprire la città all'Europa, sia come metodo di lavoro sia per i progetti concreti. Domani è la parola chiave, ora possiamo dimostrare a noi stessi e agli altri cittadini europei che siamo capaci di uscire dalla gabbia delle parole vuote e invece lavorare alla realizzazione dei nostri sogni. Domani istituzioni e cittadini dovranno mettere in pratica il riassetto urbanistico di Perugia, attrarre il futuro rappresentato dai giovani, dando loro possibilità reali di sperimentare ed innovare. Ma il domani deve diventare oggi, senza perdere tempo prezioso a fronte di un mondo che corre veloce. Gli sforzi della comunità, dei privati cittadini, delle istituzioni, devono ritrovare il senso di appartenenza e condivisione che ci permise di uscire dalla catastrofe della guerra e poi del terrorismo.
L'occasione è unica, quindi dobbiamo farne tesoro: nel dossier della Fondazione Perugia capitale della cultura 2019 c'è un progetto di risistemazione di piazza Grimana. Oggi questa piazza è un orrore, schiacciata dalla bruttezza, dal traffico, dall'incuria, dal degrado sociale. Realizzare questo progetto sarebbe un segno fortissimo per Perugia, per l'Europa, per i nostri figli.


RICOLLEGHIAMOCI AL MONDO
di Serena Filipponi

Geograficamente vocata ad essere il Centro d'Italia, Perugia si trova invece decentrata in modo sfavorevole rispetto alle vie di comunicazione peninsulari di rilievo. Lontanamente lambita dalle autostrade, con una superstrada in condizioni a dir poco fatiscenti, un traffico ferroviario inadeguato surclassato addirittura da Foligno e un aeroporto pronto a partire ma che non decolla per mancanza di collegamenti nazionali essenziali. Sono tanti i progetti infrastrutturali che interessano la città, ma la lentezza nella realizzazione delle opere sta impedendo a Perugia, da almeno trent'anni, di evolversi adeguatamente verso il suo naturale ruolo di snodo di genti e merci, che attraversano ogni giorno lo Stivale, e che ora scelgono obbligatoriamente altri percorsi. Sarebbe essenziale che la nostra augusta città, che molto ha da offrire per paesaggi, arte, imprese qualificate, divenisse un punto di arrivo e di partenza ottimamente servito e comodo sia per i commerci, che per il turismo, che per gli stessi residenti, i quali, muovendosi con più facilità, potrebbero già essi stessi ridare vitalità ad un territorio piuttosto penalizzato e da troppo tempo sonnolento. Dai dati di transito passeggeri presso l'aeroporto San Francesco d'Assisi delle ultime tre stagioni, si è evidenziata una crescita considerevole degli utenti. In fondo è bastato mettere dei voli perché i perugini dimostrassero di aver voglia di muoversi e gli stranieri di voler vedere la nostra antica città: diamo a Perugia modo di ricollegarsi al mondo, andrà lontana e sarà, in ogni caso, più vicina.


VIENE PRIMA IL LAVORO
di Renzo Massarelli

Il centro storico di Perugia ha perso in questi ultimi quaranta anni tutta una serie di funzioni che hanno causato via via la perdita della residenza e quindi della sua stessa anima. Per tornare un luogo vivo, ricco di socialità e capace di produrre ricchezza non solo in virtù del turismo e delle sue tradizionali attività del terziario, o delle birrerie e delle pizzerie, la città antica deve ritrovare le virtù migliori della sua storia che ha smarrito nel corso del tempo. Il centro per essere riconosciuto tale non può essere, come molti auspicano, semplicemente "un centro commerciale naturale", lì dove ci si sposta per lo shopping e poi si torna a casa. Questa funzione è importante, anzi, va arricchita e riqualificata, ma non basta. Occorre che in centro torni la funzione direzionale, amministrativa e burocratica, il nuovo artigianato del Duemila legato alla cosiddetta cultura della conoscenza ed anche quello tradizionale fatto di piccole botteghe creative e innovative e poi le banche, i notai, gli studi professionali che si sono trasferiti nella città nuova. Far tornare il lavoro vuol dire far tornare la residenza senza la quale nessuna città è una città, cioè un luogo complesso e che tutti riconoscono come tale, ricco di opportunità e di crescita culturale. Di sicuro non è lo spazio o i grandi contenitori che mancano. E' qui che, alla fine, potrà trovare una preziosa occasione di ripresa l'edilizia in crisi. E' nei vecchi palazzi che possiamo ritrovare una nuova dimensione dello sviluppo