Prospettive per lo sviluppo della città di Perugia

Interventi del pubblico

Progetti di risistemazione dei luoghi urbani possono nascere anche da una ampia partecipazione dei cittadini.

MARCO PEDERCINI Per Perugia e Oltre. Sono uno dei fondatori di “Per Perugia e Oltre”, che, su sollecitazione di alcune associazioni della città, ha lavorato a un progetto di risistemazione di Piazza Grimana. Devo dire che quello che a me come cittadino ha interessato molto è stato il metodo. Mi ricollego a quello che è stato detto prima di me dal professor Segatori e dall’architetto Savarese: è la città che deve tirare fuori le idee, è la città che deve vivere. Non si può pensare, com’è stato fatto spesso e in modo un po’ casuale, di calare dall’alto dei progetti, se non sono condivisi.

La città è un organismo vivo, e questo organismo vive grazie alle persone che lo abitano. Come ha sottolineato l'architetto Leombruni, un problema molto sentito è quello di coinvolgere la città nelle cose che si fanno.

Spero che questo primo passo del nostro progetto di risistemazione di Piazza Grimana – che vorrei sottolineare è del tutto gratuito, di questi tempi forse è un valore aggiunto nel senso che lo regaliamo alla città, alla comunità – possa costituire una base di partenza, per quello che ho letto anche negli interventi sul vostro forum, di ripensare questa città. Perugia non può essere una città strutturata come una serie di camere in affitto, o di outlet, di prodotti che passano di moda dopo pochi mesi.

Vorrei che tutti facessimo una riflessione molto banale. Non so se avete fatto caso che fino all’altro anno hanno aperto, uno dietro l’altro, numerosissimi spacci (diciamo spacci) di kebab. C'è stato un iniziale afflusso, soprattutto di giovani; adesso quei locali stanno chiudendo  oppure sono frequentati soltanto da coloro che appartengono a quell’area culturale alimentare. Perché accade questo? Perché non c’è stato un controllo della comunità sull’uso che si fa di questa città. Io penso che questo sia molto importante.

Mi sono segnato tre piccole voci: i politici immobili, i burocrati polverosi e i cittadini apatici. Se riusciamo a cambiare queste tre categorie, cambiando aggettivo, la città ricomincia a vivere. Non è tanto questione di soldi quanto di impegno e di volontà. E Perugia può tornare una città viva, com’è stata fino a poco tempo fa. 

Le associazioni cittadine svolgono un ruolo determinante di coscienza critica della città.

CARLA CICOLETTI Docente universitario. Insegno "Sociologia delle organizzazioni" all’Università, ma sono qui per il mio ruolo nell'associazione “La città di tutti”, una delle più antiche di Perugia, che si occupa di questi temi dal 1997. Ho partecipato volentieri anche a “Magica Bula”, il progetto di cui si parlava prima. Vorrei dire che il problema vero della città di Perugia, del centro storico e non solo, è che finora si è intervenuti a spot: emerge un problema, ci occupiamo di quello, ne emerge un altro, ci occupiamo di quell’altro. Il disegno complessivo, secondo me, non c’è mai stato. Oppure se c'è stato un disegno per ripensare il centro storico della città, è stato talmente sullo sfondo che nessuno lo ha mai visto e nessuno lo ha mai capito. Questo spiega anche i “cittadini apatici”, di cui si parlava prima. I cittadini, però, per il fatto stesso di associarsi e di discutere e di cercare di fare, non sono affatto apatici. Il punto è che se tutto viene calato dall’alto, se si interviene soltanto per tamponare un’emergenza, e poi, però, non si ricollega questo tamponamento dell’emergenza a un ripensamento reale dell’identità della città, perché non è più quella di prima, non può esserlo, bisogna dire, non si può più pensare a Perugia con l’identità medioevale, o l’identità anche solo di trenta-quaranta anni fa. Non esiste più, bisogna ripensarla in altro modo. Anche utilizzando, per esempio, le tecnologie. Io ho letto La Città e le Stelle, di Arthur Clarke, e lo trovo un bellissimo romanzo: le tecnologie attualmente disponibili potrebbero non soffocare più le città, com’è stato fino a qualche tempo fa. Allora utilizziamole insieme a tutte le risorse disponibili, in modo tale che però questa città non debba puntare solo su Perugiassisi Capitale europea della Cultura 2019, perché rischia di diventare uno slogan che bisogna invece riempire di contenuti.

C'è un grande bisogno di concretezza. E di un metodo di lavoro condiviso.

GIUSEPPE CAPACCIONI, Confcommercio Perugia. Io vorrei fare qualche osservazione, partendo dall’analisi del professor Segatori, che colpisce molto. Dopo lo sviluppo degli anni Settanta, Segatori cita la crisi degli anni Ottanta e Novanta. Secondo me, dietro quella crisi c’è un modello di sviluppo di Perugia, deciso da chi dirige la città: è lo sviluppo dell’immobiliare in tutti i modi. Perché l’autorizzazione, fatta con leggi pubbliche, di usare i fondi del centro storico e la possibilità di trasferire la propria residenza in ogni cucuzzolo del comune di Perugia, dovendo poi assicurare servizi di trasporto, viabilità e luce, sottintende una scelta politica.

La questione dei centri commerciali non la definisco una scelta di politica commerciale. La definisco una scelta di politica edilizia, perché chi ha guadagnato in quell’operazione non sono stati i commercianti che sono andati in quegli edifici. Questo ventennio è stato caratterizzato da un modello fatto di scelte legate al mercato immobiliare.

Allora faccio una domanda: qual è il modello di città che vogliamo? Per non seguire sempre gli avvenimenti ma per poterli gestire noi dobbiamo immaginarceli. Abbiamo quindi bisogno di un’idea sintetica e di un metodo.

Sette-otto anni fa, andammo con un viaggio studi di Confcommercio andammo a visitare Barcellona, portando alcuni nostri amministratori, uno dei quali poi è diventato sindaco. Barcellona è stata trasformata in un tot di anni, attraverso una scelta di sviluppo della città basata sul terziario.

Per noi commercianti, ovviamente, era un modello, ma i modelli possono essere diversi. Però lì è stata fatta una scelta. E questa scelta poi è stata declinata e ha visto tutte le componenti della città di Barcellona, insieme, per molti anni, coerentemente indirizzate verso quel tipo di  sviluppo.

Prima sentivo l'architetto Leombruni. Apprezzo molto il lavoro che ha fatto sul centro storico. Il problema è che se non c’è una scelta politica sopra, tutto il lavoro che fa lei, che potrebbe valere dieci, rischia di valere due.

Ai barcellonesi abbiamo chiesto: come avete fatto, in pochi anni, a fare tutte queste cose insieme? Ci hanno risposto con una parola: “complicidad”, complicità, che è molto diversa dalla parola che usiamo in italiano di “concertazione”, un termine che non ha affettività, non ha entusiasmo, non ha amore per le cose che si fanno, non ha la capacità di sacrificio del proprio pezzettino per il bene comune. Probabilmente, a noi in questi anni è mancata, e sta mancando, un’idea forte. E in secondo luogo, un metodo, che secondo me può essere solo legato a quella parola: “complicità”.

MENCARONI Ha fatto bene Capaccioni a ricordare questo viaggio in Catalogna. Barcellona potrebbe essere un modello non proprio per Perugia, per via delle dimensioni della città. A Barcellona c'erano però dei "progetti d’asse". Per esempio, a San Martin, che era praticamente un paesotto attaccato a Barcellona,avevano applicato lo stesso metodo della complicità. Qui a Perugia abbiamo organizzato un convegno alla Sala dei Notari, invitando i responsabili della municipalità di Barcellona. In un altro viaggio, abbiamo analizzato le soluzioni applicate a Cordoba, a Siviglia e in altri due centri minori, dei quali uno poteva essere il Ponte San Giovanni della situazione e un altro poteva essere Ponte Felcino, almeno come dimensioni. Come Confcommercio, abbiamo cercato di muoverci e di trovare soluzioni applicabili anche a Perugia.

Capaccioni ha citato lo slogan “complicità”. Ma questa complicità deve essere di tutti, non solo dell'amministrazione comunale o della associazione dei commercianti perché c’è anche tutto un altro mondo associativo, che ha interessi di diversa natura e trascura quella che è la realtà dei centri storici. Per cui dobbiamo convincere anche gli altri, anche chi ha altre priorità. Ben venga la complicità ma che sia a trecentosessanta gradi.

SEGATORI Una complicità che non sia collusione!

Rolando Marini nel 2000 elaborò una ricerca sui problemi del centro storico di Perugia. Che fine ha fatto quello studio?

ROLANDO MARINI Docente universitario. È finito in un cassetto. La ricerca era costruita attraverso più tecniche di rilevazione, sondaggi, analisi dell’informazione sulla stampa e interviste a numerosi operatori del centro storico. Rispetto ai risultati, l'amministrazione Locchi manifestò sorpresa: dallo studio emerse che la priorità assoluta da affrontare era quella della sicurezza nel centro storico. Poi naturalmente si affrontava la problematica della mobilità e del traffico, collegata sullo sfondo allo sfilacciamento del tessuto sociale. Sono cose che conosciamo benissimo e che nel frattempo si sono aggravate, perché c’è stata una strategia prima forse di non adeguata presa di coscienza e poi di occultamento. Così i problemi si sono cronicizzati.

Poiché si parla molto di tecnologia, di Smart Cities eccetera, vorrei richiamare l’attenzione, sul carattere hard della città, che è fatta di cittadini e di insediamenti abitativi, di quartieri che diventano l’espressione di un rapporto tra la fisicità dei luoghi urbani e la civitas, intesa come cittadinanza partecipante. Al fondo di tutto questo a me sembra debba essere collocata la necessità, la priorità assoluta, di cui questo progetto del Convento degli Sciri è espressione, di reinsediare il centro storico. Ma per fare questo, probabilmente, bisogna trovare delle soluzioni di compromesso rispetto a ciò che la città è diventata.

La città si è dilatata e si è addensata nelle periferie, e questo perché, com’è stato detto, secondo me, molto giustamente, c’è stata una politica del mattone che ha voluto realizzare questa dilatazione. Adesso basta, bisogna far tornare la gente nel centro storico. Per fare questo non si può immaginare che continuino a esistere degli eroi che per amore continuano a sopportare dei disagi rispetto ai quali non si trovano soluzioni. Allora il compromesso, per esempio, è quello di rendere usabile l’automobile nei limiti in cui questa debba essere usata anche dagli abitanti del centro storico, e quindi inventarsi dei parcheggi silos, che non costino quarantamila euro a posto, e che siano, quindi, fruibili dai cittadini. Quindi un compromesso rispetto a un vivere che risale al Medioevo, di cui io sono strenuo difensore, perché mi sento intimamente antimodernista: sono radicato in Corso Garibaldi e cerco di vivere forse come si poteva vivere duecento anni fa. Ma naturalmente questo è impossibile, e lo dico con un paradosso, e quindi bisognerebbe ritrovare tutti i possibili dispositivi, affinché i cittadini tornino a vivere in centro.

C'è da portare avanti anche il discorso dei negozi di prossimità, che è un "contro trend" da affermare con forza rispetto al centro commerciale, perché il centro commerciale non è solo un luogo in sé, è un sistema di rapporti con il resto della città che comporta inevitabilmente una revisione anche delle abitudini di vita. Il "contro trend" dei negozi di prossimità riporta il cittadino a vivere in un raggio di cento, duecento, cinquecento metri dalla propria abitazione, e quindi riporta il cittadino a essere parte della civitas.

 

*********

 

Il commercio nasce storicamente lungo le vie di comunicazione, se mancano queste, i commercianti fanno altre scelte: vanno dove sta la gente. Sarà cruciale anche la decisione sul futuro del tribunale.
E' inutile pensare a delle politiche per far tornare la gente e poi spostare in periferia un tribunale nel quale insistono 800 studi legali di tutta la regione e che vale 2000 presenze in più al giorno nel centro storico.


CAPACCIONI Il paradosso è che mentre lavoriamo a Perugia Capitale della Cultura, portiamo gli orvietani, gli eugubini, gli assisiati, gli spoletini e gli abitanti dell'Altotevere a fare i processi a Ponte San Giovanni.
MASSIMO DURANTI Critico d'arte Siamo arrivati anche alla terapia, ma io non ho capito se adesso il processo è reversibile o no. In ogni caso l'iniziativa di questo forum è ottima. Forse, presidente Mencaroni, ci vuole un secondo tempo di questo film, assolutamente, perché i nodi stanno venendo al pettine. È stato detto tutto riguardo le cose che non vanno, io ne aggiungo un paio. È venuto fuori, senza dirlo come definizione, che qui bisogna ritornare alle strutture del centro storico che non funzionano più. Io sono stato favorevole – e mi vanto di questo, pure essendo all’opposizione – votai per le scale mobili, perché si veniva con facilità in centro e soprattutto si riscopriva un bene culturale di portata internazionale. Se non sbaglio le scale mobili portano su 12.000 persone al giorno. Se non ci fossero nemmeno quelle adesso addio, avremmo proprio chiuso definitivamente. In seguito, c’è stato il Minimetro, io non ero più amministratore, ho condiviso, però avevo qualche remora perché infatti, detto volgarmente, purtroppo, oggi il Minimetro è un coitus interruptus, oltretutto costoso.
Qual è il problema? Cerchiamo, appunto, di banalizzare: una famiglia che vuol venire da Ferro di Cavallo in centro, composta da padre, madre e due bambini, ma più alti di un metro (una volta si diceva così), deve spendere 6 euro per venire e 6 euro per tornare, 12 euro, non è proprio alla portata di tutti, anzi, in tempi duri, è assurdo.
Così come i prezzi dei parcheggi di cui abbiamo parlato prima. Non si è fatta nessuna politica di agevolazione.  Certo, l’attuale Amministrazione si è trovata a combattere soprattutto con la criminalità. Su questo fronte si vede finalmente un po' di luce ma bisogna progredire.
Per il resto, io conosco la qualità dei funzionari comunali ma a volte la politica non "quaglia". Si parla da anni di progetti ma non si riesce ad avere un’idea di arredo urbano nel centro storico. Mi si dice che è tuttora negata, come accade a Roma davanti al Pantheon o in Piazza Navona, la possibilità di mettere i cosiddetti "funghi" davanti ai locali per stare quindici giorni in più all’aperto.
LEOMBRUNI Abbiamo cominciato a lavorare.
DURANTI Ma ancora non ci sono. L’autorizzazione per i "funghi" in Corso Vannucci non c’è, anzi, anche di recente è stata negata.
LEOMBRUNI Per precisare, in modo che tutti siano informati: l’ultimo regolamento che è stato fatto, per quanto riguarda quelli che si chiamano “dehors”, contrariamente a quello che c’era prima, circa due anni e mezzo, prima non c’era la possibilità di installare i "funghi", così come non c’era la possibilità di mettere arredi diversi dalla semplice sedia e tavolino, così come non c’era la possibilità di separare con paretine e via discorrendo. Questo noi lo abbiamo scritto e la possibilità oggi c’è.
DURANTI Prendo atto. Capaccioni, com’è che nessuno sta utilizzando questa possibilità?
LEOMBRUNI Ma non li mettono loro, non li mettono i proprietari, non è che viene negato.
DURANTI Posso farle vedere le domande della ditta Sandri, tanto per non fare nomi, reiterate. Sempre negato. Le ho viste io.
CAPACCIONI Tecnicamente nessuno potrebbe mettere fuori tavolini perché la Sovrintendenza lo vieta.
DURANTI Bisogna lavorare in sinergia. Ora però qual è il risultato? E lo chiedo ai sociologi più che agli urbanisti: lo sapete dove sta la gente di Perugia a passare il tempo adesso? Non ci passate mai davanti a via Cortonese? La gente sta lì, dalle otto di mattina alle due di notte, primavera, estate, autunno e inverno! E non mi venite solo a dire perché c’è il parcheggio comodo, perché già non basta più. Questo è un fatto sociologico. Lo sapete che quei tre negozi, tanto per non fare nomi, non li facciamo, fanno un fatturato più grosso di tutti gli esercizi commerciali del genere in Corso Vannucci? Allora perché? Questo è un fatto urbanistico ma anche sociologico.
SERGIO MERCURI Presidente Confcommercio Perugia. Sono perugino, sono nato in via Larga. Ho sentito cose belle e altre meno. Noi perugini abbiamo un difetto: ci lamentiamo anche se questo non porta nessun vantaggio. Avete parlato di parcheggi. Ieri sera, l’ho detto al presidente, il parcheggio Sipa, così chiamato, di Piazza Matteotti è il più caro, vero? Mi sembra che costi tre euro e mezzo all’ora. Ditelo voi, se siete informati, ve lo dico come provocazione. Tutti diciamo che è caro, ma non conosciamo i prezzi. Ma forse non sappiamo neanche se il parcheggio è della Sipa o di altre società. Viene gestito dalla Sipa, ma i proprietari del parcheggio del centro più caro della città sono perugini.
Noi – non perché voglia dire io, ma insieme ad altri e al Comune, e con l’architetto Leombruni ne abbiamo parlato – l'anno scorso siamo riusciti a ottenere dei prezzi del parcheggio dalle sette e mezzo di sera fino alla mattina alle sette, a due euro e mezzo per tutta la notte. Ma nessuno ne parla!
Dato che io sono un perugino, incominciamo a parlare di noi perugini: che cosa vogliamo da Perugia?
Lei prima parlava di Menchetti, no? Menchetti, via Cortonese. Ma lo sa perché è pieno? Primo, offre un prodotto che non c’è a Perugia in centro; secondo, perché si parcheggia, si prende il caffè e ci si fa bellini. Come una volta succedeva in centro. Le "vasche" le facevo io da ragazzo, oggi non le fa più nessuno, ma siamo noi che non vogliamo più le vasche.
Gli affitti in centro costano cari. Se abbassiamo i prezzi, io sono disponibile. Far scendere i prezzi degli affitti a Perugia non è facile, così la gente va via, non ci viene.
Una volta c’era uno che vendeva le scarpe, qui in Piazza Matteotti, faceva angolo via Pinella (una volta si chiamava così). Quanti anni è stato chiuso? Chiedeva degli affitti da mille e una notte. Ci siamo andati a parlare, ha capito come va il mondo, e oggi c’è un negozio Apple. Allora come mai non potremmo agire nello stesso modo? Dovremmo lavorare insieme, cambiare una mentalità, ma spesso non siamo convinti nemmeno noi.
Quindi che cosa vogliamo fare di Perugia? Perché è inutile parlare, fare proposte, noi ne abbiamo fatte tante, giusto? Con l'architetto Leombruni abbiamo parlato di via della Viola, via Alessi.. Lì hanno chiuso dei garage e ci hanno fatto gli appartamenti! Siamo noi perugini che dobbiamo cambiare...
Parlo di me: abito fuori e sarei felice di poter tornare ad abitare in centro, in Corso Vannucci. Ma avendo qualche anno, 114 scalini non ce la faccio a farli. Nel palazzo c'è una diatriba in corso tra chi vuole l'ascensore e chi no. E c’è gente che ha speso per rimettere a posto gli appartamenti. E allora che cosa vogliamo? Vogliamo tornare a Perugia? Ho detto al proprietario che appena è pronto l'ascensore, magari lo pago di più ma torno in centro.  
Questo è quello che dobbiamo fare: tornare a Perugia. I perugini dovrebbero parlarne tra di loro: per cambiare la città serve che più persone possibili prendano coscienza del problema.
MENCARONI Mi sembra ci sia poco da aggiungere. La proposta del dottor Duranti la ritengo una necessità. Abbiamo fatto una disamina e sono emerse delle proposte. Intanto è una delle prime volte che sentiamo dire che la colpa non è solo degli altri, ma si parla in generale di tutti. Si parla di voler lavorare e di lavorare insieme, si parla di difficoltà, naturalmente, di reinserimento di attività nel centro di Perugia. Vediamo che oggi le politiche della distribuzione, per esempio, si stanno orientando verso una dimensione diversa dal centro commerciale e si sta tornando ai negozi di quartiere. Ma perché? Perché chiaramente l’economia dei grandi centri di distribuzione si reggeva sull’alimentare a marginalità bassissima, ma poi il business era la parte del centro commerciale dove c’erano altri esercizi e adesso i negozi non riescono più a pagare quegli affitti. Per cui non ci sono più i redditi che c'erano.
Il costo del lavoro nella organizzazione di eventi attrattivi è diventato sempre più oneroso perché nella parte di start-up si parte con una forma contrattuale completamente diversa da quella che arriva a regime dopo qualche anno. Oggi, perciò, c’è un movimento di opinione, di natura prevalentemente economica, che torna a considerare anche il riuso della città e punta a riaprire minimarket. E' un passaggio importante anche per il riuso della città.
Io poi non metterei, architetto Savarese, limiti alla divina provvidenza perché sono convinto che le nostre sale, al di là delle diatribe tra perugini, o i costi di gestione di certi spazi non hanno consentito, per la mancanza anche di utilizzatori, il mantenimento di sale cinematografiche.
Debbo aggiungere una nota per quello che riguarda i parcheggi. È vero che è stato concluso un accordo tra l’amministrazione comunale e in questo caso l’Ascom di Perugia per un parcheggio al prezzo di 2 euro per tutta la notte. Ma è chiaro che chi viene a Perugia non si può alzare alle 7 meno un quarto per riprendere la macchina, per cui questa estensione oraria si applica difficilmente perché viene utilizzata da chi viene in città per determinati impegni.
È una funzione sicuramente già importante, ma limitativa. Per accedere in centro il parcheggio più fruibile, sotto certi aspetti, è il Pellini, perché è anche il percorso più sicuro. Faccio un esempio: ho delle attività in centro, una è un’attività ricettiva. Abbiamo deciso, per una questione di buoni rapporti con il personale, di non portare l’orario del personale femminile oltre le ore 21, perché le donne che lavorano in questa attività hanno delle perplessità o delle paure a circolare in orari successivi per raggiungere i parcheggi. Va bene avere l’accordo con il parcheggio di Sant’Antonio o con il parcheggio del Pellini. È un po’ più complicato pensare che un signore, o una signora, o una coppia,possa viaggiare tranquillamente all’una di notte per certi passaggi.
LEOMBRUNI Per quanto riguarda gli orari dei parcheggi bisogna lavorare su un progetto che vada a favorire, per esempio, nuovi esercizi commerciali.
MENCARONI Su questo tema ci sono delle disponibilità da parte dei gestori: è un discorso da approfondire. E lo faremo presto.


E' importante non far cadere l'attenzione sulle prospettive di sviluppo e di rilancio della città.
 

MENCARONI Io sono dell’idea che si possa fare una seconda edizione di questo forum, ne poteva bastare anche una, se oggi i soggetti attori fossero intervenuti tutti.
Non so quanto riusciremo a convincere l’Università a essere presente, le associazioni...  Devono partecipare le associazioni di categoria, ma tutte le associazioni di categoria, devono essere presenti gli artigiani, gli industriali, gli agricoltori, un po’ tutti.
SEGATORI Anche le banche e le fondazioni bancarie.
MENCARONI  Le banche, assolutamente. Dobbiamo lavorare per coinvolgere tutte le componenti della città. Si può arrivare ad un confronto serrato nel quale emergano proposte precise. Proposte che perdono forza se non sono presenti tutti gli interlocutori. Serve un approccio condiviso, quella "complicidad" della quale parlava Giuseppe Capaccioni. Sappiamo tutti quant’è importante far rivivere una città. Perugia, la nostra città, ha la forte necessità di un cambio di marcia.

 

Fotogallery