Prospettive per lo sviluppo della città di Perugia

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Giorgio Mencaroni

Presidente della Camera di Commercio di Perugia

Parlando di città, si finisce per parlare del centro storico, anche se abbiamo premesso che il centro storico è una parte della città, legata all’altra, quindi non possiamo analizzarlo staccandolo da Ponte San Giovanni o da altre aree.

Sicuramente il tema è di carattere generale, non riguarda solo Corso Vannucci o Piazza Matteotti.

Ma vorrei provare, se fosse possibile, ad applicare al modello della città il modello che si applica nel mondo delle imprese. Il modello fordiano è finito negli Anni Settanta. Abbiamo avuto poi un modello di sviluppo di settori del terziario, che non sempre comunque è stato seguito con attenzione. Parlavamo anche di amministratori che hanno avuto l’attenzione, in alcuni casi, di precedere gli eventi mentre in altri casi li hanno subiti. In questo modo, spesso, gli interventi non sono stati adeguati al momento storico. Oggi stiamo ripetendo degli errori, sia nelle città che nel mondo delle imprese.

Nella nostra epoca dobbiamo distinguere tra la conoscenza creativa e la conoscenza ripetitiva. Quest’ultima è quella che l’azienda replica ripetutamente realizzando lo stesso prodotto, pensando di essere concorrenziale sul mercato e quindi di poter prosperare. Oggi questa visione è anacronistica perché ci sono altri paesi e altri mercati che sono in grado di assolvere a quel compito come noi e meglio di noi.

Invece oggi dovremmo applicare la conoscenza creativa, quella che noi italiani dovremmo possedere nel nostro Dna. E che dovremmo applicare nel modello di città al quale pensiamo e dove viviamo.

Il quadro che descrive il professor Segatori è perfetto: negli anni c’è stato un declino evidente esemplificato dalla trasformazione di quei locali che chiamiamo “bassi” a luoghi di affitto per gli studenti che scelgono Perugia come sede universitaria. Si è andati ad offrire un prodotto che non sempre era adeguato al modello di città che noi avremmo voluto realizzare.

Quindi, molte volte, anche quando si parla delle associazioni, mi sento dire: “La vostra associazione...”. Magari me lo dice un associato, come se l’associazione non fosse di tutti. Così come, spesso, si imputano inefficienze solo all'amministrazione comunale o alle istituzioni in genere. Ma certi processi dipendono da tutti noi. Lo dico come presidente della Camera di Commercio e quindi del mondo di tutte le imprese, di qualunque settore, e come presidente  di una categoria, che sicuramente ha un ruolo molto importante in questa città. La città è smottata a valle perché i centri commerciali si sono spostati sotto il centro storico. Sicuramente ci saranno responsabilità dell’amministrazione comunale. Ma ci sono responsabilità anche degli operatori che sono andati ad aprire esercizi in quei luoghi piuttosto che continuare ad avere un esercizio commerciale nel centro storico. Proprietari di locali che potevano magari o vendere o affittare o alienare ad altri, ad altri marchi o ad altri soggetti.

Il residente si sposta perché comunque ha l’opportunità di affittare l’appartamento come ufficio, oppure come spazio a garage, per i fruitori del centro, o trasformarlo in altra attività per studenti o quello che sia.

C’è, pertanto, una catena di interessi nello smottamento di cui si parlava. Condivido appieno l’analisi fatta, come condivido i concetti espressi sulla città dall'architetto Savarese.

Che cosa intendiamo per “città”? Spesso un agglomerato costruito, quindi un contenitore pluriuso, che non sempre però riesce a soddisfare le esigenze di chi ci vive dentro. Savarese ci ha parlato di “rete di città”. In Umbria abbiamo lavorato in questa direzione. Un modello urbanistico di piccole e belle città che credo siano mantenute anche bene. Ma mentre abbiamo lavorato molto bene nella parte ripetitiva, non abbiamo operato altrettanto bene sul fronte della conoscenza creativa di cui parlavamo prima.

Su questo fronte, tutti insieme, i cittadini, le istituzioni (fra le quali metto anche il sistema camerale e le fondazioni) e gli operatori economici, dobbiamo lavorare e fare la nostra parte per tornare ad avere un modello vivibile di città.

Il Comune insieme all’Ater ha lavorato per il riuso della Torre degli Sciri per creare delle residenze. L'ho ripetuto spesso altre volte: ci sono molti spazi vuoti ed inutilizzati che vanno valorizzati per dare sostegno alle famiglie e alle giovani coppie. E' una politica di indirizzo che va perseguita. Parliamo e pensiamo a una serie di contenitori per la cultura e per l’arte, delle quali sono un profondo estimatore, ma non può essere tutto arte e cultura. Dobbiamo pensare a un riuso degli spazi inutilizzati ma con adeguate politiche di incentivo.

Per riportare le famiglie bisogna assicurare i servizi. E i servizi sono quelli primari, che vanno naturalmente dalla scuola al "nido" fino agli esercizi commerciali.

Sulla base di queste riflessioni si deve cercare di trovare, insieme, un nuovo modello di città.

Anche la questione della delinquenza, di cui si è parlato, o sottaciuto, o si è evitato di parlare, è una conseguenza naturale di altre problematiche. Perché è evidente che quando i residenti e gli esercizi commerciali scompaiono proliferano situazioni di illegalità. Se possediamo un immobile in campagna o in città ma non lo custodiamo più e non ce ne occupiamo come dovremmo, è inevitabile che il degrado avanzi. Su questo è urgente una riflessione che coinvolga il maggior numero possibile di cittadini e tutte le istituzioni.