Quale futuro per l'aeroporto dell'Umbria

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Fulvio Cavalleri

avvocato, esperto di sistemi aeroportuali

Cavalleri, il presidente Mencaroni ha toccato un punto cruciale. L'aeroporto è quasi pronto ma adesso non bisogna fermarsi. Come ci ricorda un proverbio, sarebbe come “andare a Roma e non vedere il Papa”...

I temi toccati sono stati molto interessanti. Ho apprezzato molto l’eleganza del professor Ferrucci quando parlava delle compagnie di bandiera che sono state aiutate. In realtà, dobbiamo anche pensare con molta oggettività a quello che è successo: Lufthansa è stata aiutata, ma è la migliore compagnia del mondo e, di fatto, in Germania è monopolista perché ha comprato tutte le altre piccole compagnie e ne ha fatto un unico network. In Francia Air France è stata aiutata e ha fatto fallire tutte le piccole compagnie, però dà un servizio estremamente importante. In Italia che cosa si è pensato di fare?
In Italia, nel 2005, si è pensato di emanare una legge cosiddetta sui requisiti di sistema che ha contratto le tariffe aeroportuali del 50 per cento, prevedendo che in esse dovessero rientrare anche ricavi commerciali, per favorire e abbassare le tariffe per le compagnie di bandiera, pensando di salvare Alitalia. Il risultato è stato che hanno favorito le compagnie estere, perché venivano in Italia e pagavano tariffe inferiori, mentre Alitalia, andando all’estero, continuava a pagare tariffe molto elevate. Hanno portato Alitalia al sostanziale fallimento e chiaramente hanno messo in difficoltà gli aeroporti. Questo, purtroppo, è la conseguenza di un fatto: in questo Paese si vota ogni anno, o si votava ogni anno, e nessuno aveva il coraggio di dire che Alitalia aveva un modello di business che in realtà non reggeva. Alitalia è andata via da Malpensa però, nella realtà, Alitalia su Malpensa perdeva 250 milioni di euro. Ne guadagnava 50 su Linate, perché una follia legislativa le garantisce la tratta Linate-Fiumicino pressoché in regime di monopolio. Ci sono 1.000 richieste di slot per abbassare il costo di Linate a Roma, che però non vengono concesse. E quindi Alitalia ha pensato bene che per tagliare i suoi costi doveva ridurre la sua presenza su Malpensa.
Oggi Alitalia non è più una compagnia di bandiera: si confronta con delle compagnie Regional e fa parte di una grande alleanza come SkyTeam.
Voi sapete che in Europa ci sono tre grandi alleanze nel trasporto aereo: Star Alliance che fa capo a Lufthansa; One World che fa capo a British Airways e Iberia; e SkyTeam con Air France, Alitalia e KLM.
Il mondo del trasporto aereo è cambiato, sta cambiando e cambierà ancora. Quindi le infrastrutture sono importanti. A proposito dell'intervento dei privati: le infrastrutture possono essere mantenute dall’ente pubblico attraverso un sistema di fiscalità generale, però sappiamo che la coperta è molto corta per cui si richiede l’intervento dei privati. Abbiamo degli esempi in Italia: Fiumicino ADR è privatizzato, così pure un aeroporto più piccolo come quello di Parma.
Dai numeri che ci ha prima esposto il presidente Fagotti, parliamo di milioni di aerei. Quindi penso che sia abbastanza difficile pensare che categorie economiche possano investire milioni di euro anche in funzione di un ritorno o ricaduta sul territorio, perché le cifre sicuramente ci sono, ma sono abbastanza limitate. Potrebbero esserci dei fondi, degli enti istituzionali privati che possono investire sugli aeroporti, come hanno investito sulle stazioni, ma richiedono due requisiti fondamentali: la stabilità normativa e il ritorno sul capitale investito. Sappiamo tutti che la beneficenza ognuno la fa nelle proprie parti, ma non sulle infrastrutture. Le infrastrutture sono investimenti a lungo termine, perché le concessioni sono quarantennali, ma noi dobbiamo avere le concessioni. Il vero scandalo è che Perugia non abbia ancora la concessione, così come Rimini. E tutto è fermo al ministero dell’Economia. Tutto si ferma al ministero dell’Economia.
Io non sto dando delle responsabilità, registro dei fatti. La concessione dell’Aeroporto di Perugia è stata firmata nel gennaio 2010 dal ministro Matteoli, da allora è ferma. Si  contrappongono tre situazioni fondamentali: la Ragioneria dello Stato, la Direzione generale del Tesoro e il Legislativo, tre entità all’interno del Ministero dell’Economia...

Come si esce da questa situazione di impasse?

E' un problema politico. Ad ogni modo, è fondamentale un’azione da parte dei territori perché dobbiamo uscire da questo pantano. O vengono date le concessioni e le infrastrutture possono reperire i fondi per il finanziamento, anche attraverso il mercato di capitali, e presentare dei progetti finanziabili, altrimenti non posso immaginare – qui mi rivolgo al banchiere – una banca che finanzi un’infrastruttura senza una solidità normativa, senza una concessione da qui a vent’anni. Perché domani mattina il ministero dell’Economia potrebbe inventarsi che dopo tre anni con il bilancio in perdita, visto il Patto di Stabilità, non potrebbe rinnovare la concessione oppure lasciarla in prorogatio...

L'aeroporto è legato al territorio...

Nessun aeroporto è fine a se stesso. In modo provocatorio, verrebbe da dire, più che “quale futuro per l’aeroporto dell’Umbria?”, “quale futuro per l’Umbria?”. Di certo un’infrastruttura come un aeroporto è al servizio dello sviluppo del territorio. Deve però deve essere supportata da un progetto industriale per il turismo e per il business. In questo senso sono perfettamente d’accordo con il presidente della Camera di Commercio in merito alla conoscibilità. Faccio un esempio personale. Io vengo da Verona, città che tutti declamano come città d’arte d’Italia, con l’Arena, nota ai tedeschi. Sono stato presidente dell’Aeroporto di Verona per sei anni, uno scalo che faceva 2 milioni di passeggeri e che abbiamo portato a 3 milioni e mezzo. In Germania, l’Arena di Verona è conosciuta? Sono balle! Se voi andate sopra a Monaco, ad Amburgo o a Dusseldorf, l’Arena non è conosciuta. Sto parlando della mia regione, quindi mi assumo la responsabilità, non parlo in casa d’altri: abbiamo una pletora di enti di promozione turistica che vanno, in ordine sparso, a promuovere Verona (festa della fragola, del pisello, dell’asparago). E poi le fiere del turismo che in epoca di internet non servono più...
Per meglio comprendere come si muoveva il movimento low-cost, ho chiamato la società di consulenza che aveva studiato lo sviluppo dell’Aeroporto di Francoforte-Hahn. Voi sapete che Francoforte-Hahn è a 100 chilometri da Francoforte, è situato nella Foresta Nera, in un postaccio. Ma nonostante questo l'aeroporto è passato da 350.000 a 2,5 milioni di passeggeri grazie alle compagnie low-cost.
Quel consulente mi ha spiegato che ciò che ha determinato il successo di quell’aeroporto è stata un’azione coordinata e congiunta, un’operazione di marketing territoriale.
Ha ragione il presidente della Camera di Commercio quando ci ricorda che dobbiamo promuovere il territorio  nei mercati che ci interessano. Al di là di Londra e Parigi, oggi, ad esempio, c’è la Polonia che ha una capacità economica e un’economia in crescita e potrebbe essere interessata a collegarsi con Perugia.
Ieri sera, passeggiavo con il presidente Fagotti per le vie di Perugia, che è meravigliosa. Mi ricordo che quando ero giovane, con una Cinquecento con il tetto apribile, un'auto che non poteva andare in autostrada, perché faceva 80 all’ora, passavo per Umbertide, Città di Castello, e via dicendo...
In Umbria ci sono dei posti affascinanti. Ma che cosa volete che sia il Kentucky? Avranno il whisky, ma non hanno queste cose. E non sono conosciute. Il presidente Mencaroni ha toccato un tasto fondamentale. Dovete credermi se vi dico che in Europa ci sono centinaia di migliaia, milioni di persone che ambirebbero a venire a vedere l’Umbria, ma non la conoscono. E noi, noi tutti, – parlo per la mia regione, perché non mi permetterei mai di dire della vostra – pensavamo di essere l’ombelico del mondo. Credevamo che il Garda lo conoscessero tutti. Non è vero!
Oggi c’è Internet, benissimo: la promozione si fa coordinando anche le tecnologie, attualmente a disposizione. Per cui il dirigente della Siemens, che torna a casa alle cinque di pomeriggio da Amburgo, deve poter entrare nel sito dell’Aeroporto di Perugia, e attraverso il web prenotare l’albergo, la macchina e magari comprare il biglietto per il Festival di Spoleto.
Ripeto: non si promuove il territorio solo andando alle fiere, ormai tutte di esposizione. Oggigiorno la vera realtà sono le fiere di relazione. Per esempio, nella mia città si svolge Vinitaly. Esercitando la professione di avvocato, posso dirvi che alcuni miei clienti, operanti nell’agroalimentare, in particolare nel settore vinicolo, hanno ammesso: “A Verona, per Vinitaly, riceviamo centomila visitatori e la fiera ci costa cinquecentomila euro; per me produttore è molto più proficuo andare a New York, al Wine World, che dura un giorno e mezzo, dove ho il mio banchetto e Internet, spendo un terzo e faccio tre volte gli affari rispetto a quelli con Vinitaly”.
Questo per dire che cosa? Per spiegare che effettivamente il mondo è cambiato, sta cambiando e cambierà, ma le logiche sono quelle che ricordavano il professor Ferrucci e il presidente della Camera di Commercio. Non c’è niente da inventare, basta seguire chi ha provato prima certe esperienze promozionali.
Purtroppo, dobbiamo vincere il nostro individualismo. Vi cito un noto proverbio: “Un aeroporto fa felice il politico che lo inaugura, ma fa disperare colui che lo deve mantenere”. Effettivamente, questo già dà la misura della difficoltà, perché uno scalo aeroportuale è un’infrastruttura costosa. Per cui le risorse da reperire richiedono il consenso unanime di tutti gli attori del territorio, che devono essere convinti di quanto questa infrastruttura oggi sia fondamentale.
L'Italia non ha un piano nazionale degli aeroporti, ma non ha nemmeno un piano nazionale dei trasporti. L’intermodalità è il grande problema del nostro sistema: nel nostro Paese ci sono solo due aeroporti sulla linea dell’alta capacità, uno è Bologna e l’altro e Venezia. E il sistema ferroviario che collega Fiumicino a Roma non è degno neanche dello Zambia. Se andate a Shangai, c’è una metropolitana magnetica che in sette minuti fa 70 chilometri, viaggiando a 430 all’ora. Ed è stata costruita  anche grazie ad una tecnologia italiana.
Effettivamente c’è tutto un mondo e un modo incredibile di affrontare queste tematiche, però ci vuole determinazione. Se noi pensiamo che la politica o l’ente pubblico possano sopperire ad altre carenze siamo fuori strada.

Si è parlato di due problemi: troppi aeroporti in Italia e futuro da definire per le compagnie low coast.  

Sono troppi gli aeroporti in Italia? Questo è un leitmotiv polemico. E lo scalo di Perugia è stato uno degli scali più bersagliati. Anche perché per investire 40 milioni di euro su un aeroporto che va chiuso, o siete tutti da ricoverare, o altrimenti... No, non è così. L’Italia ha tanti aeroporti quanti la Germania. La Francia ne ha 110, però nessuno si sogna di chiuderli.
Il problema è trovare delle specificità, oltre che il necessario coordinamento. Ha ragione il presidente Mencaroni quando consiglia di trovare una sorta di struttura consortile per creare una piccola intermodalità tra aeroporti che hanno delle affinità.
Vi do dei dati di traffico del quadrimestre gennaio-aprile 2011: il traffico in Italia è cresciuto del 19,6 per cento; i grandi aeroporti sopra i 10 milioni hanno aumentato il loro movimento del 9 per cento; ma gli aeroporti sotto 1 milione di passeggeri hanno avuto un incremento del 16 per cento. Con Perugia che ha toccato quota più 60 per cento e Rimini cresciuto dell'85 per cento. Questo vorrà dire qualche cosa. I numeri sono diversi, là parliamo di milioni di passeggeri, qui invece di migliaia. Ma è sintomatico il dato. Quindi gli aeroporti sono troppi? Oppure tra le varie strutture devono essere create delle sinergie con le altre mobilità, con diverse modalità di trasporto, per favorire una maggiore mobilità, soprattutto nelle situazioni turisticamente più appetibili?
Secondo tema: le compagnie low-cost. È un fenomeno effimero? Avrà una durata? All’arrivo di Ryan Air, le major, sorridendo, hanno scommesso che la compagnia irlandese sarebbe durata un anno, un anno e mezzo. Nel frattempo, alcune di esse sono fallite, mentre Ryan Air esiste ancora. E intanto è cresciuta EasyJet.
Il presidente Fagotti citava prima il caso di Malpensa, che ha visto l’altro giorno Lufthansa Italia affermare che con ottobre il marchio cederà il passo a Air Dolomiti. Sapete qual è oggi la compagnia che punta di più su Malpensa? EasyJet. Chi l’avrebbe detto che su un aeroporto internazionale una low-cost avrebbe avuto il sopravvento? Però è così. Ricordatevi che il fenomeno low-cost non è nato nei grandi aeroporti, ma in quelli limitrofi ai grandi bacini di traffico, con una concentrazione di 17-18 milioni di passeggeri, come Londra, dove in realtà c’era un regime previdenziale particolare. Infatti, l’Irlanda ha determinate situazioni: facevano punto a punto e tornavano a casa la sera, così le spese dei piloti le avevano a casa loro e non come i nostri piloti Alitalia che alloggiavano a Roma e dicevano che vivevano a Milano per prendere la trasferta. Consideriamo anche queste storture di sistema.
Tutto questo che cosa significa? Che il sistema low-cost andrà avanti. Ma in realtà oggi anche le compagnie tradizionali si sono adeguate al sistema low-cost, perché anche su Alitalia, su Lufthansa e su British trovate in particolari periodi biglietti a 30, 40, 50 euro. E' anche vero che con Ryan Air avete i biglietti a 10 euro in andata, ma al ritorno li trovate a 150. In realtà il mercato si sta livellando: non è più un low-cost carrier o un full service carrier, ma si sta affermando un low-affair.Perché Alitalia perdeva 250 milioni di euro su Malpensa? Perchè per alimentare quell’aeroporto proponeva il volo Pescara-Malpensa con un aereo da 50 posti e ne aveva solo 20 occupati...
Negli anni 2004-2007, come avrete visto, la liberalizzazione ha portato al fallimento di una serie di compagnie aeree che nascevano e crollavano. Perché forse la compagnia aerea, dopo il calcio, è il settore che dà maggiore visibilità. Quindi molti si sono improvvisati come imprenditori. Hanno avuto successo nel loro settore di appartenenza e hanno pensato di buttarsi nel trasporto aereo. Regolarmente sono falliti, dato che volare costa. Dobbiamo ricordare che anche se i biglietti costano poco, volare costa molto.

L'aeroporto San Francesco di Assisi può raggiungere i suoi obiettivi di crescita?

Sicuramente io prevedo un futuro di grandissime opportunità per l’Umbria e per il suo aeroporto. Però segnalo che a livello centrale c'è una assoluta urgenza: quella di semplificare la normativa.
Uno studio di One Works ha evidenziato che un progetto aeroportuale, dal foglio di carta bianco al suo collaudo, richiede 11 anni. Non esiste compatibilità con nessuna attività di impresa che richieda questo lasso di tempo tempo. Quindi voi, in Umbria, siete stati dei giganti. Questo significa che avete delle potenzialità e delle opportunità straordinarie.
Che cosa chiediamo noi a livello di sistema di trasporto aereo? Di essere più vicini all’Europa. Noi vogliamo assolutamente che venga recepita prima possibile la normativa comunitaria che prevede per gli aeroporti sotto i 5 milioni di passeggeri la libera contrattazione tra società di gestione e vettori per quanto riguarda le tariffe. Un passo importante che semplificherebbe molto le situazioni. L’aeroporto di Bologna ha impiegato quattro anni per ottenere il suo contratto di programma. Quattro anni: tempi biblici. Questo non è più possibile. I grandi aeroporti hanno avuto la deroga perché si sono messi nelle mani della Presidenza del Consiglio. Quindi Roma, Venezia e Milano il loro accordo di programma se lo giocheranno a Palazzo Chigi. Da 5 a 10 milioni, ma sono pochi: in Italia sono 8 aeroporti con più di 5 milioni di passeggeri, gli altri sono sotto i 5. Occorre, quindi, una direttiva comunitaria che consenta la liberalizzazione delle tariffe, con l’Enac pronta a vigilare sul fatto che queste tariffe siano con un benchmark europeo, con gli investimenti giustificati. Va benissimo tutto, ma ci deve essere una snellezza normativa.
Chiediamo un adeguamento delle tariffe. Quelle italiane  sono inferiori del 40 per cento rispetto alle medie europee, e questo non è possibile perché alterano la concorrenza per cui chiediamo che vengano riviste le linee guida. Sarete sicuramente a conoscenza della famosissima sentenza di Charleroi, a seguito della quale l’ente locale, citato in giudizio per i finanziamenti dati alle compagnie aeree, ha vinto. È in fase di revisione proprio questa normativa. Noi, come Assoaeroporti, stiamo facendo lobby a livello europeo perché venga vista e mantenuta e, se possibile, ampliata, ma soprattutto inserita in un progetto di marketing territoriale.