Quale futuro per l'aeroporto dell'Umbria

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Mario Fagotti

presidente SASE

Tutto partì cinque anni fa, quando la comunità regionale decise quale doveva essere la sorte dell’aeroporto di Perugia. La società esisteva dal 1982. L’aeroporto, fino al 2005, era stato mantenuto aperto con grande sacrificio da parte di tutti i soci. Nel 2005, con una decisione unanime, l'Umbria si munì di un aeroporto, perché il precedente permetteva sì alcuni voli ma era molto limitato, anche strutturalmente.
In quel tavolo si spiegò quale infrastruttura poteva essere realizzata nel più breve tempo possibile per attenuare lo storico isolamento dell’Umbria. Le strade e le ferrovie richiedono grandissimi stanziamenti, in un certo lasso di tempo. E ci vuole poco a dilatare i tempi di realizzazione delle opere. Si prese allora la decisione: investire sull'aeroporto di Sant'Egidio.
La prima cosa da fare era allungare la pista: ne avevamo una di 1.370 metri, che permetteva solo l’arrivo e la ripartenza di piccoli aerei, al massimo delle dimensioni di un Atr. Grazie ad uno stanziamento ministeriale e dell'Enac (ricordo che l'aeroporto è demanio dello Stato, gestito dall’Enac e che la società di gestione è in concessione), la pista si fece in soli otto mesi.
Proprio il giorno in cui terminò l’asfaltatura, arrivò il primo volo da Londra, targato Ryan Air. Da lì, due o tre voli alla settimana. Iniziò la ricerca di nuove destinazioni ma l'aerostazione cominciò subito a mostrare i suoi limiti. Ricordo che per permettere i primi voli di Ryan Air, in quindici giorni, ampliammo la sala partenze per gestire le necessità di circa 200 passeggeri. Fu allora chiara un'altra esigenza  intorno alla quale ci fu una unanime condivisione: bisognava investire sull'aerostazione. E renderla agibile per gestire potenzialmente un traffico di quei 400-500mila passeggeri l'anno che servono ad un aeroporto regionale.
Il programma prevedeva dieci anni di investimenti, in step successivi per l’ampliamento dell’aerostazione.
Dopodiché, per fortuna, l’aeroporto di Perugia fu scelto come uno dei cinque obiettivi per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Fu condivisa la progettualità contenuta nel programma dei dieci anni. E quindi, primo tra i cinque “progetti obiettivo”, l'aeroporto di Perugia fu inserito  nella lista delle opere da realizzare, con un importante impegno economico da parte dello Stato.

Quanto costa l'aeroporto San Francesco?

Stiamo parlando di un’opera che, complessivamente, costerà 42,5 milioni di euro. Di questa somma di denaro, 27 milioni sono stati stanziati dall’Unità di missione, dalla Presidenza del Consiglio per l’obiettivo Unità d’Italia. Dalla Regione dell'Umbria arrivano 12 milioni. L'Enac ha investito 3,5 milioni. E la parte residua pesa sulla Sase: sono 300-400.000 euro. Per i nostri bilanci è una somma importante: ogni anno è quasi come scalare una montagna.
Partirono i lavori. La prima “bennata” – ci sono le fotografie – fu fatta nel maggio 2009 e proprio allora arrivarono da Roma i primi aerei, in occasione della finale della Coppa dei Campioni, che si giocava nella capitale.
Quella fotografia è storica. Qualcuno, scherzando, ci disse che avevamo messo in piedi un fotomontaggio, posizionando gli aeroplani sui nostri parcheggi. Ma quelli erano aeroplani veri. Ne arrivarono 23. Ho un ricordo nitido del frenetico lavoro di quel giorno: tra il prato, uno dei raccordi ed i parcheggi, anche trasportandoli a mano, perché allora non avevamo nemmeno il push per spingerli, riuscimmo ad allocare tutti gli aerei.
Da quel momento iniziò tutta una serie di interventi. Siamo partiti nel 2009: i lavori si concluderanno, ormai la data è abbastanza certa, entro il 2011.

Sei anni di lavori...

I conti sono semplici:partenza dei lavori nel 2005 e conclusione di tutta l’opera nel 2011, con la parte prioritaria dei 42 milioni di euro realizzata in due anni e mezzo. Avendo vissuto un’altra vita, io penso che un’opera pubblica di questa importanza, realizzata in Italia in due anni e mezzo o tre, rasenti quasi l’inverosimile.
Passiamo allo stato dei lavori. Le nuove piste di rullaggio e i piazzali sono praticamente finiti, mancano la segnaletica e le rifiniture, che si completeranno a giorni.  Per quanto riguarda l'aerostazione stiamo completando le attrezzature e gli arredi. Siamo quasi pronti per l'inaugurazione.
Come al solito, rischiamo qualche piccolo ritardo perché la competenza e la certificazione di queste attrezzature, al di là dell’Unità di missione e della Sase, passa per l’Enac, che sta guardando le carte. Anche perché ho fatto notare che per esperienza in questi lavori, che se non si finirà entro luglio, ad agosto l’Italia si ferma, malgrado la crisi, malgrado la terza settimana che non si raggiunge, per cui tutto slitterebbe a settembre-ottobre.
Non sarebbe una cosa clamorosamente negativa, perché rientreremmo sempre nei tempi di una realizzazione fatta a tempo di record.
Per noi il problema è operativo, perché già da quest’anno abbiamo incrementato il numero dei voli in arrivo a Sant’Egidio, pensando che entro giugno-luglio avremmo potuto usufruire delle quattro sale rispetto alle uniche due attuali. Comunque, anche se ci fossero ritardi ulteriori, siamo abituati ad affrontare le emergenze. E con la collaborazione e la condivisione dei problemi con Polizia, Dogana e Guardia di Finanza, possiamo farcela.
Sarebbe straordinario aprire per luglio. Anche perché prima di mettere in funzione l’aerostazione, per ovviare alle logiche conseguenze di lavorare in un aeroporto tutto nuovo, per dieci giorni, tutti coloro che sono impegnati nello scalo, insieme ai dipendenti di Dogana, Finanza e Polizia, hanno necessità di esercitarsi con le nuove attrezzature. Comunque vada, ci siamo. O luglio, o settembre, o ottobre: ormai la cosa è fatta. Tre anni fa, nessuno pensava che in poco tempo potessimo vedere quello che si sta vedendo. Fioravanti ha detto che è rimasto meravigliato di quello che ha visto. Io che vivo in aeroporto tutti i giorni mi meraviglio un po’ meno, anche se entrando lì dentro e immaginando quell’aerostazione piena di passeggeri, vivo come in un sogno rispetto a quello che conoscevamo prima. Se penso al periodo nel quale non mi  interessavo di aeroporti, ricordo il povero Renzacci, allora presidente dell’Aeroclub, che veniva in Associazione Industriali e raccontava dei suoi turbamenti...
I tempi ora ci sono. Pensiamo all'intestazione dell'aeroporto. Per quanto riguarda il nome l'Enac è stata di una velocità straordinaria. Fin dall’inizio, dal territorio, dalle istituzioni, l'indicazione comune era quella di intitolare l’aeroporto a San Francesco d’Assisi. Anche perché dalle vetrate della nuova aerostazione c’è una vista meravigliosa sulla città del Poverello. Enac ha deliberato nel giro di una settimana. Chiariamo subito un altro fatto: l’aeroporto si chiama Aeroporto Internazionale dell’Umbria – Perugia “San Francesco d’Assisi”. La sigla internazionale resta PEG, Perugia. E questo, come è stato sottolineato nel comunicato ufficiale nel quale si annunciava il nuovo nome, è un riconoscimento a un territorio ed un auspicio nei confronti di quel turismo religioso che da tanto tempo aspettiamo in Umbria e che comunque ora arriva nella nostra regione con i pullman. Per la maggior parte sono pellegrini che si trattengono solo mezza giornata e poi ripartono.

Le indagini effettuate dalla Regione e dal Cst sui passeggeri e sui voli provenienti dall’estero, ci confermano un dato: l'80 per cento dei passeggeri che arrivano nel nostro è rappresentato da stranieri.
Quest’anno sfioreremo i 180.000 passeggeri, per arrivare, spero, come tutti si augurano, a 300-400.000 passeggeri l’anno nel 2012. Grazie ai voli charter e ai voli low-cost, ed ad altre aperture di destinazione, possiamo puntare ai 500.000 passeggeri l'anno e raggiungere l'obiettivo per cui è stata costruita l’aerostazione. Possiamo inserirci in modo definitivo in quel sistema di aeroporti italiani con una giusta, studiata e voluta connotazione.
Parliamo di un grande incoming turistico, con dei servizi anche per la comunità internazionale, del point-to-point, anche per il business. I numeri sono straordinari. L’anno scorso abbiamo avuto una leggera flessione rispetto all'anno precedente: i passeggeri sono stati 124.000. E' un dato che va letto tenendo presente tutta una serie di motivazioni: l'eruzione famosa del vulcano islandese, che ha bloccato i voli e che nel primo trimestre dell’anno scorso ci ha fatto perdere circa 12.000 passeggeri provenienti da Londra e da altre destinazioni. E anche qualche crisi delle compagnie aeree, che purtroppo, nel nostro campo, sono all’ordine del giorno. È notizia di ieri, che fuga anche le perplessità da più parti evidenziate, che Air Dolomiti Lufthansa aveva chiuso il Regional. Adesso si capisce quali erano i loro scopi. Lufthansa ha deciso di spostare tutti gli HUB nei suoi scali tedeschi e austriaci chiudendo il traffico da Malpensa. Noi abbiamo un contatto continuo anche con loro. Avevano aperto la rotta su Milano, sulla quale dovremo però fare una riflessione: c'è un servizio per la comunità che è molto comodo. Ma se non funziona, dovremo ragionare sui numeri...

I numeri quest'anno sono lusinghieri. E speriamo crescano ancora nella seconda metà del 2011. Ma quanti passeggeri servono per raggiungere il pareggio di bilancio?

Due anni fa, abbiamo predisposto un programma ventennale, approvato in un’assemblea straordinaria dall’Enac e dal ministero dei Trasporti, che prevedeva 250.000 passeggeri. Calcoliamo che 300.000 passeggeri basterebbero per raggiungere il pareggio di bilancio. Ma parliamo di un bilancio, qualche volta, veramente molto, molto stretto.
Anche perché dobbiamo fornire dei servizi di qualità per l’appetibilità dell’aeroporto. E da questo punto di vista, come emerge dalle indagini che abbiamo commissionato, interpellando i passeggeri, abbiamo il 97 per cento di condivisione da parte degli utenti stranieri sull’attuale qualità del servizio.
Con la nuova struttura, con voli che saranno ricorrenti, qualche volta in contemporanea, la società dovrà munirsi di strumenti diversi da quelli che dal 1982 ad oggi sono rimasti immutati. Oggi si può far fronte alla situazione. Ma già sappiamo che domani avremo altre esigenze. Un esempio per tutti: si dovrà investire presto su carrelli adeguati alla nuova aerostazione.
C’è un elenco della spesa che dovremo tutti insieme condividere e perseguire con delle tappe di lavoro programmate. Quindi 300.000 passeggeri in arrivo, in uscita, e in transito basterebbero per portare il bilancio attuale in pareggio.
Un obiettivo importante. Ma ricordo a tutti che un aeroporto è prima di tutto un servizio pubblico, che ci sono  alcune tariffe nazionali, che non sono libere, da rispettare. Per cui l’aeroporto non può essere valutato come una qualsiasi impresa.
Anche perché, se impresa deve essere servirebbe liberalizzare tutto. Abbiamo seguito recenti polemiche sulla stampa: si chiede al socio privato di investire senza pensare al profitto. Allora c’è qualcosa che sfugge nell’economia e nelle regole. Il socio privato viene a investire in una struttura come quella di servizio e di trasporto, se ottiene un ritorno economico. Altrimenti l’ente pubblico, le associazioni e altri soggetti investono per avere un ritorno sapendo di fornire un servizio di qualità.

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Colgo una frase nel discorso di Cavalleri: “Trovare delle specificità”, che tradotto vuol dire: “Avere delle idee”. In sala sono presenti degli imprenditori olandesi, che ci ricordano che il maggior numero di turisti stranieri che arriva in Umbria sono olandesi e si sono quindi fatti promotori di un appello per un volo diretto tra Perugia e l'Olanda. E Assisi, di recente si è gemellata con Wawodice, la città natale di Karol Wojtyla: una grande intuizione di marketing e un’opportunità importante per il turismo religioso e per un aeroporto che ora si chiama  “San Francesco d'Assisi”.

In tutti i nostri programmi l’Olanda è la prima meta sulla quale poniamo la maggiore attenzione.
La specificità del nostro aeroporto è quella dell'incoming turistico, perché su questo abbiamo basato tutta la nostra attività e i nostri progetti, e quello che stiamo dicendo un po’ tutti. Il programma 2012 deve essere condiviso. C'è tutto un elenco di compagnie che abbiamo contattato negli anni con le quali abbiamo stretto rapporti per dare continuità a quest’opera di crescita, nella quale però la Sase ha esclusivamente un ruolo di valutazione.
Le compagnie e le potenzialità che l’apertura di nuove rotte possono avere per il nostro aeroporto vanno messe sul tavolo regionale nel dovranno essere stabiliti programmi ed obiettivi. Molte volte ho assunto nei confronti dei giornalisti un certo atteggiamento. Qualche volta mi hanno rimproverato: “Tanto tu non mi dici mai niente”. Io che cosa vi dico? Che voglio andare a Parigi? Che voglio andare in Olanda? Che voglio andare nell’Europa dell’Est? Io ci vorrei andare, ma non dipende dalla Sase, dipende da quella promozione territoriale di cui parlavamo prima. Intanto, la destinazione Charleroi ha tappato un buco perché è chiaro che non è ottimale né per Parigi né per l’Olanda, però come destinazione è più facilmente raggiungibile da quel bacino d’utenza.

A quali nuove destinazioni si può pensare?

I 150.000 passeggeri che ci mancano sono rappresentati da tre nuove destinazioni, per cui non è necessaria una marea di investimenti: una in Francia, a Parigi; la Spagna da confermare perché stava andando bene, ma i problemi sono stati altri. E poi i Paesi Bassi. Con la possibilità di non progettare nell’apertura verso i Balcani un grande volo come quello di Ryan Air da 200 passeggeri, ma ispirasi alla politica seguita per Tirana:una piccola compagnia, che è partita con un ATR 42. Così il tanto famigerato volo sull’Albania, con il quale sembrava che avessimo aperto alla droga e alla prostituzione, non ricordandosi che un volo attraversa un posto di Polizia, uno di Dogana e uno di Guardia di Finanza, è arrivato a volare tre volte a settimana con airbus da 150 posti.
Per quanto riguarda i Balcani abbiamo fatto dei tentativi, che non ci hanno consentito di stabilizzare quel volo. Non dialogavamo con una compagnia a basso costo ma per gestire il traffico degli utenti che risiedono in quell'area bisogna abbassare i prezzi, come è stato fatto da BelleAir. L’elenco delle destinazioni e delle compagnie con i quali abbiamo rapporti è infinito. Sono sicuro che a breve verrà convocata una riunione intorno ad un tavolo per stabilire il programma di sviluppo dell'aeroporto nel 2012, per capire quali sono i numeri ai quali possiamo arrivare rispetto alle risorse che abbiamo a disposizione.
Cavalleri parlava di una programmazione unitaria di sviluppo di un territorio. Dopo la società che gestisce un aeroporto, l’aeroporto deve essere in grado di dare i migliori servizi. Ripeto, malgrado tutto, malgrado quello che ogni tanto esce: che per fare un biglietto un passeggero possa impiegare 20 minuti perché quel giorno, casualmente, mancavano i due addetti. E a volte si riempiono pagine di giornale per dire che non funziona niente...  Facciamo 30 mila biglietti all’anno, se un passeggero aspetta un giorno venti minuti è una cosa inusuale perché i nostri clienti sono abituati a dei tempi immediati, visto il servizio che forniamo.  
Per il nostro aeroporto il prossimo obiettivo è stabilire tutti insieme numeri e richieste. E accordarsi con altri aeroporti per ottimizzare le risorse.