VISIONI D'IMPRESA

31 marzo 2013

Comunicare l’impresa e il territorio: i musei aziendali

di Renato Covino

Quanti sono e dove sono  i musei d’impresa

 L’ultimo lavoro che fa un bilancio dell’esperienza è quello di Monica Amari, che ormai risale al 1997. In esso si  censiscono 123 strutture, ad esse nell’ultimo quindicennio se ne sono aggiunte almeno altrettante. Solo per dare  qualche elemento di confronto non è inutile ricordare  che, su iniziativa dell’Assolombarda e della Confindustria  nazionale, alla fine degli anni novanta del secolo scorso,  si è costituita l’associazione Museimpresa cui aderiscono  attualmente 48 tra musei, collezioni, gallerie e archivi  aziendali. Di essi solo 18 erano già stati rilevati dall’Amari, 25 sono stati costituiti dopo il 2000, segno di un  fenomeno in espansione, diffuso soprattutto nelle regioni  centro settentrionali, ma con presenze significative anche  nel Meridione. In molti casi queste strutture raccontano  le “storie aziendali” di grandi imprese, ma sono presenti  anche musei di piccole e medie realtà produttive con una  forte identità, frutto di un legame con la comunità e/o con  le vicende della famiglia imprenditoriale che le gestisce.

 La genesi dell’esperienza:  l’archivio aziendale e il museo

Nel censimento dell’Amari ai musei aziendali in senso  stretto si aggiungono realtà che si configurano come musei della produzione spesso promossi da enti pubblici. Ciò  ingenera una serie di ambiguità ed equivoci che forse non  è inutile sottolineare, non fosse altro per comprendere i  caratteri e le motivazioni dell’esperienza. Inoltre, spesso  collezioni e musei sono intimamente collegati agli archivi  delle imprese che sono non solo il luogo di conservazione della documentazione cartacea, fotografica o filmica  prodotta dall’azienda e sull’azienda, ma che raccolgono  anche materiali diversi (packaging, oggetti, macchinari, ecc.) che l’impresa ha comunque ritenuto importante  conservare. Ciò fa sì che occorra restringere ancora il campo, considerando musei aziendali quelli direttamente promossi e gestiti dalle imprese. In molti casi l’istituzione di un museo  è correlata all’esistenza di un archivio d’impresa, che ne  rappresenta il retroterra conoscitivo necessario.

Tipologie museali: alcuni elementi  di classificazione

Anche se si delimita il campo, se si distinguono i musei della produzione promossi e gestiti dagli enti locali dai musei d’impresa  stricte sensu ,  pure ciò non consente di leggere il fenomeno in modo uniforme. Sono,  infatti, distinguibili diverse tipologie museali che rispondono a logiche  ed esigenze diverse. Se si va ad una classificazione grossolana ci si trova, in primo luogo, di fronte a musei aziendali o d’impresa che hanno  come scopo principale quello di celebrare (a volte con fini apologetici  a volte con maggior spirito critico) la storia dell’impresa e di chi l’ha  promossa. Ciò che conta in questi casi è esporre i motivi e le virtù che  hanno consentito il successo imprenditoriale. Accanto a questa tipologia se ne trova un’altra in cui il museo diviene tutt’uno con l’archivio  e costituisce, semmai gestito da una Fondazione autonoma dall’azienda, un polo conoscitivo che prende in considerazione nella sua attività  tutte le determinanti della produzione (dall’imprenditore ai lavoratori,  dalle tecnologie e dai cicli di produzione al prodotto, dal sistema di  relazioni con il territorio alle capacità di penetrazione sul mercato).  Una terza tipologia è rappresentata da musei che tendono a collocare  l’azienda nel settore e che, quindi, offrono una visione essenzialmente  concentrata sul prodotto e sul modo in cui l’azienda opera nel mercato. L’ultimo tassello di questa classificazione è costituito da musei  che tentano di veicolare l’immagine dell’impresa e del prodotto, di  rafforzarne il peso come elemento costitutivo di un periodo o di fenomeni sociali, facendone un momento fondamentale del racconto sulla  modernità e sulla postmodernità. In questo caso si tratta di strutture  legate alle produzioni collegate al settori delle arti minori (design, mobili, ceramica, prodotti per la casa) o al territorio (prodotti alimentari,  colture industriali e loro lavorazione, artigianato domestico). Naturalmente le tipologie prima rappresentate difficilmente esistono  allo stato puro, molto spesso s’intrecciano tra loro e, tuttavia, in tutti  i casi appare evidente come lo sforzo essenziale sia quello di costruire  una forma originale di marketing territoriale che si sostanzia in una  lettura che racconta l’impresa, il prodotto e, in alcuni casi, il territorio  su cui insiste l’azienda. Insomma una comunicazione d’impresa che  mostra più di un motivo di originalità rispetto al passato.

La questione irrisolta  della gestione

 A ciò si correla il problema della gestione.  L’esperienza ha dimostrato che spesso la gestione pone questioni rilevanti dal punto di  vista organizzativo e finanziario. Senza un  rapporto con il resto della rete museale territoriale ed un coordinamento delle esperienze  le strutture sono costrette a vivere in un clima  di emergenza. In questa dimensione diventa  strategico il ruolo delle istituzioni economiche, delle associazioni datoriali e il loro coordinamento con l’associazionismo culturale,  gli enti locali, le Regioni. Insomma l’obiettivo,  anche in questo caso, è fare rete, evitando la  parcellizzazione delle esperienze e puntando  a coniugare marketing aziendale e marketing  territoriale, come strumenti fondamentali per  collocare i sistemi produttivi locali nella competizione globale.   

-  Museo Tipografia Grifani-Donati

-  Museo dello Stabilimento tipografico "Pliniana"

-  Museo Laboratorio Brozzetti

-  Museo Virtuale Caprai

-  Museo Luisa Spagnoli

-  I Musei Aziendali

-  Due musei per imparare a conoscere i piaceri quotidiani: cioccolato e vino

-   I Musei-atelier di Perugia e Città di Castello

 

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