RACCONTAMI L'UMBRIA

15 Gennaio 2019

Vallo di Nera, la semplicità magica dell’Umbria

Articolo partecipante a Raccontami l'Umbria 2019 - sezione Turismo Ambiente e Cultura

di Andrea Ferraretto

Un territorio da difendere, dove si intrecciano lo spettacolo della Natura e una storia di millenni, tra leggende e memoria di una comunità che guarda al futuro, anche attraverso la tutela e la diffusione della cultura tartufo.

Vallo di Nera è un borgo capace di affascinare, restando rapiti dalla semplicità della pietra e della natura: uno spettacolo silenzioso, fatto di panorami e di vicoli percorsi dal vento. Attorno lo spettacolo naturale delle montagne e dei boschi, degli orti e degli uliveti. L’inverno rende tutto ancor più magico, con il cielo terso e i colori netti della luce, il bianco della pietra, il verde delle montagne, respirando un’aria che racconta storie di millenni, nella valle del Nera, con Spoleto e Norcia collegate dalla ferrovia che ora non c’è più, diventata una ciclovia emozionante.

La semplicità di non inventare nulla di strano ma di restare legati alle radici, solide, fatte di pietra e di terra, restaurando, recuperando, tutelando: una realtà viva, capace di mantenere la forza della memoria guardando in avanti, immaginando il futuro. La visita all’Ecomuseo della dorsale appenninica qui, a Vallo di Nera, significa incontrare la Casa dei racconti che raccoglie e custodisce la storia della tradizione delle narrazioni orali, in prosa e cantate, uno di quei caratteri forti della cultura dell’Appennino, che per secoli ha rappresentato la forma di diffusione di leggende e di memoria di comunità.

Ascoltando i racconti si entra, in punta di piedi, nel mondo magico del bosco e della ricerca dei tartufi, una tradizione che conserva, tuttora, quel fascino delle cose misteriose, tramandate di padre in figlio, con il segreto delle zone dove cavare i preziosi funghi ipogei, tenuti nascosti dalle radici degli alberi, con il racconto colmo di rituali e scaramanzie, di sguardi silenziosi e parole scambiati tra il cavatore e il suo cane.

Il cercatore di tartufi che, oggi, rappresenta l’opportunità per Vallo di Nera, per restituire forza a un territorio che nell’ambiente e nella cultura rurale ha individuato il proprio futuro: si chiamano tartufo nero pregiato, nero invernale, scorzone invernale ed estivo, bianchetto o marzuolo e sono altrettante occasioni per innestare lo sviluppo guardando al futuro. Non a caso Vallo di Nera è una delle realtà che fanno parte dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo, creata per tutelare e diffondere la cultura del tartufo e della gestione del patrimonio locale, sostenendo la candidatura Unesco per questa forma di tradizione intimamente legata al territorio, in grado di descrivere millenni di storia, che unisce le piccole comunità di montagna, dal Nord al Sud.

Storie di luna piena, di brine mattutine e di foglie calpestate con gli occhi che sanno percepire il profumo del terreno che nasconde e regala, a chi sa cosa cercare. L’Appennino che racconta e ci mostra il suo lato più misterioso, di miti e di segreti, di borghi immersi tra boschi e nuvole, con la storia che qui diventa il quotidiano, la vita che si svolge tra vicoli di pietra, affacciati sulla Valnerina.

Vallo di Nera può essere l’esempio di quei borghi che non dobbiamo dimenticare, condannati troppo facilmente all’abbandono e alla rovina da una distrazione disgraziata: aree interne, dell’Italia piccola e fragile, da curare e manutenere, dove innescare lo sviluppo intelligente, dedicato alla difesa della cultura e del territorio. Boschi e torrenti, montagne e nuclei rurali che possono essere una ricchezza per l’Italia intera, dove prevenire il dissesto idro-geologico e tutelare la biodiversità. Mettere in sicurezza non può essere un semplice modo di dire, facile e gratuito, ma diventare una pratica, costante e concreta, non legata all’emergenza bensì alla programmazione e alla lungimiranza di chi vede oltre.

La ricostruzione di Vallo di Nera, dopo i terremoti del 1997 e del 2016, deve rappresentare un monito per chi abbia la consapevolezza di quanto sia necessario ricostruire i borghi e le comunità che li vivono, restituendo speranza e voglia di futuro. Ricostruire per far ripartire le realtà vitali, dove creare opportunità e non solo piccoli presepi illuminati ma disabitati.

Il vento è freddo, la luna piena illumina le montagne e qui continua la storia, dei cercatori di tartufi, dei loro cani e della magia che avvolge questi paesaggi, silenziosi e ricchi di emozione, seguendo i ritmi delle stagioni. È la semplicità naturale di luoghi capaci di rapire l’anima, è la bellezza delle montagne e dei racconti che continuano a tramandare parole e gesti che non devono diventare passato.

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