PRIMO PIANO
31 dicembre 2012
Una questione prioritaria per la CISL Umbria
Centralità al lavoro
di Claudio Ricciarelli
Dare centralità al lavoro è stato il tema di una interessante iniziativa della CISL dell’Umbria. Dare centralità al lavoro significa dare centralità alla persona ed a una nuova, compatibile e solidale crescita economica. Anche in Umbria si devono fare svolte più decise e coraggiose. L’Umbria deve mettere a leva quelli che sono i suoi punti di forza:
• gli alti livelli di istruzione e formazione del suo capitale umano
• le diffuse risorse naturali del suo territorio
• la sua, ancora robusta coesione sociale.
Metterli a leva per un processo di crescita più incentrato sul sistema manifatturiero, la filiera del turismo, ambiente, cultura, un più avanzato processo di sussidiarietà. Sappiamo che i principali problemi dell’Umbria sono la insufficiente competitività di sistema, la bassa produttività delle imprese e la loro forte dipendenza dal mercato interno. Si tratta di intervenire, insieme, sui fattori di contesto ambientale, su quelli interni alle imprese, sui modelli di relazioni sindacali e di governance aziendali di stampo partecipativo. Questo chiama in causa le responsabilità dei Governi, delle imprese, delle parti sociali. Si tratta di investire sul capitale umano e sulle nuove generazioni, sui loro talenti, abilità e meriti. Per questo vanno promossi, con un approccio nuovo, innovativi sistemi di istruzione e formazione tecnica professionale, nuove politiche attive per il lavoro, una riorganizzazione dei servizi per l’impiego. La recente riforma del lavoro offre opportunità da cogliere e qualche rischio da evitare per qualificare il lavoro, ridurre la precarietà, governare le flessibilità, estendere le tutele. L’apprendistato deve essere lo strumento centrale di primo inserimento al lavoro dei giovani. Si deve evitare che il “giro di vita” sui contratti a tempo determinato provochi licenziamenti ma al contrario dia più stabilizzazione occupazionale alle persone. Si tratta di premiare le flessibilità “buone” e scoraggiare quelle “cattive” anche attraverso una intelligente contrattazione sindacale combinato con un sistema mirato di incentivi. L’innalzamento dell’età pensionabile (66/67 anni o 42 di contribuzione) avrà l’effetto, perdurando questa fase di recessione, di rallentare l’inserimento lavorativo dei giovani e il ricambio generazionale nelle imprese con problemi sociali nuovi per le persone più anziane a rischio di occupazione. Sull’Art. 18, l’intervento legislativo non stravolge la natura di base della norma a tutele dei licenziamenti illegittimi. Ora si tratterà di vedere se la reintegra, in caso d licenziamento illegittimo, rimane la regola o diviene una eccezione e questo dipenderà anche della contrattazione fra parti sociali. Un punto delicato sono gli Ammortizzatori sociali; soprattutto per le piccole imprese. Nella prospettiva di affidare agli Enti Bilaterali questa importante funzione è bene che per i prossimi anni 2013 – 2014 ci siano risorse sufficienti, da parte dello Stato, per garantire la Cassa Integrazione in deroga alle persone interessate (in Umbria oltre 15.000) favorendone una gestione meno assistenziale e più proattiva al lavoro. Un pilastro importante per una nuova politica per il lavoro è l’integrazione dei sistemi della istruzione e formazione tecnica/professionale. Va irrobustito questo canale perché passa anche da qui una riqualificazione della formazione professionale e di una sua sintonia con i fabbisogni professionali delle imprese. Con la riprogrammazione futura del Fondo Sociale Europeo si dovrà prestare più attenzione a intrecciare in modo virtuoso formazione e politiche attive per il lavoro premiando quelle Regioni che non solo spendono tutte le risorse a disposizione ma dimostrano anche di spenderle bene. Da ultimo c’è la questione della riorganizzazione dei servizi per l’impiego e del loro assetto. In Umbria funzionano a sufficienza i servizi di informazione ed orientamento, molto meno quelli di accompagnamento al lavoro per le fasce deboli e l’incrocio domanda/ offerta. Appena il 30% delle persone senza lavoro si rivolgono ai Centri per l’Impiego. Gli operatori non sono sempre specializzati a sufficienza e manca una cooperazione con gli operatori privati, le imprese in una logica di sussidiarietà con il privato sociale che aiuti a potenziare e qualificare i servizi avvicinandoli agli standard europei. Il Piano per il Lavoro dell’Umbria dovrà intrecciarsi con queste questioni per avviare una nuova fase nelle politiche attive per il lavoro capace di mettere al centro la priorità numero uno dell’Umbria: dare una prospettiva di lavoro e di fiducia nel futuro ai giovani umbri in particolare quelli più scolarizzati (il 35% inoccupati). Per questo obbiettivo vanno finalizzate risorse straordinarie da parte dei Governi Nazionali e Locali e va chiesto un impegno più deciso alle imprese perché passa anche da qui le loro capacità di fare innovazione, far crescere, con loro, la comunità regionale.