PRIMO PIANO
30 settembre 2011
Una molecola semplice e vitale
di Roberto Coli
L’acqua costituisce il principale componente dell’organismo umano in cui svolge un ruolo essenziale per il mantenimento delle funzioni vitali. Un individuo adulto di 70 kg, ne contiene 40-45 litri, pari a circa il 60-65% del proprio peso corporeo. Il contenuto percentuale di acqua corporea non è sempre costante nell’arco della vita, ma varia con il variare dell’età: si parte da un 95% circa nel feto di un mese e mezzo, ad un 75% circa nel neonato (al momento della nascita), per giungere ad un 50% circa nell’anziano. Il contenuto corporeo di acqua è complementare a quello dei lipidi totali. L’acqua contenuta nell’organismo si ritrova suddivisa in due grandi comparti: quello intra e quello extracellulare, separati tra di loro dalle membrane cellulari che svolgono, grazie alla specifica e selettiva permeabilità, il delicato ruolo di movimentare l’acqua e gli elettroliti in essa contenuti. Chimicamente l’acqua, costituita da un atomo di ossigeno e da due di idrogeno, è una molecola molto semplice, ma dalle spiccate caratteristiche chimico-fisiche che le attribuiscono, oltre ad un determinante ruolo fisiologico, anche quello di svolgere numerose ed importantissime funzioni vitali. Essa, infatti, assume un ruolo fondamentale nella digestione migliorando la consistenza degli alimenti ingeriti, favorisce gli scambi dell’organismo con l’esterno, agisce come solvente trasportando le sostanze nutritive (minerali, glucosio, aminoacidi, vitamine idrosolubili, etc.) e distribuendole ai tessuti, funge come mezzo capace di favorire l’eliminazione di molte sostanze indesiderate (scorie metaboliche) tramite il rene, l’intestino, i polmoni, la pelle, etc., conferisce ai tessuti consistenza ed elasticità, è determinante per la regolazione ed il mantenimento della temperatura corporea. Come tutte le molecole più o meno complesse presenti nell’organismo umano, però, anche l’acqua viene consumata, utilizzata e persa di continuo, per cui deve essere costantemente reintegrata per permettere il bilancio idrico (cioè l’equilibrio tra “uscite” ed “entrate”), fondamentale per il mantenimento di un buono stato di salute. In un individuo adulto, le perdite giornaliere complessive di acqua sono stimate, mediamente, in circa 2,5 litri (2250-3000 mL): circa1500 mL ne vengono perse con le urine, 150 mL con le feci, 600–1000 mL con l’aria polmonare espirata, l’evaporazione cutanea e la sudorazione. Allorquando la temperatura ambiente aumenta, per esempio, dai 24° ai 31° C, o in caso dell’innalzamento della temperatura corporea di 2° C (febbre, attività fisica), queste quantità possono persino raddoppiare. Il mantenimento dell’equilibrio termico dell’organismo è dovuto prevalentemente al sudore che, con la sua evaporazione, fa raffreddare la cute e, di conseguenza, l’intero corpo. La consistente quantità di acqua che quotidianamente si perde viene reintegrata attraverso le bevande (acqua, latte, etc.), gli alimenti ed il recupero dell’acqua metabolica, quella cioè derivante dall’ossidazione dei vari substrati energetici (carboidrati, lipidi, proteine), corrispondente a circa 300 mL al giorno. È bene intuibile, pertanto, come, a causa di tutte queste variabili (qualità e quantità dell’alimentazione, composizione corporea, condizioni climatiche, entità delle perdite, attività fisica) il fabbisogno giornaliero di acqua possa essere anche molto variabile da individuo ad individuo. Affinché la quantità di acqua totale corporea (TBW) possa essere mantenuta costante, è necessario che l’acqua introdotta giornalmente, sommata alla quota prodotta dall’organismo, sia pari a quella eliminata, stabilendo il cosiddetto “equilibrio idrico”. Esso si mantiene in pareggio grazie alla regolazione delle entrate (regolate dal centro ipotalamico della sete) e delle uscite (regolate prevalentemente dall’ormone antidiuretico ADH). Pertanto, l’equilibrio viene mantenuto grazie, prevalentemente, all’apporto di acqua esogena, sia attraverso le bevande (acqua, latte, etc.), sia attraverso gli alimenti (tutti ne contengono, sia crudi che cotti, anche se in misura diversa), come riportato in Tabella 1, ma sia anche con il recupero dell’acqua metabolica. Le quantità raccomandate per il mantenimento dell’equilibrio idrico dettate dalla Recommended Dietary Allowance (RDA) sono, per l’adulto e l’anziano, di 1 mL/kcal e, per il bambino, di 1,5 mL/kcal. Poiché l’organismo non tollera diminuzioni, seppur minime, della concentrazione di acqua corporea (disidratazione), qualora si verifichi tale condizione, possono insorgere alterazioni fisiologiche di entità variabile, persino fino alla morte, come riportato nella Tabella 2. La presenza stessa, il mantenimento e la continua rigenerazione dell’acqua sul nostro pianeta sono resi possibili grazie al cosiddetto “ciclo naturale dell’acqua”. Infatti, la costante evaporazione degli oceani, dei mari, dei laghi e dei fiumi fa sì che si formino in atmosfera delle grandi concentrazioni di umidità che, in condizioni particolari, danno luogo alle acque meteoriche (pioggia, grandine, neve) che, dopo riprecipitazione al suolo possono subire tre diversi destini: a) rievaporare immediatamente, b) scorrere in superficie (ruscelli, fiumi, laghi, mare), c) penetrare nel suolo (acque telluriche) a formare le falde idriche, superficiali e/o profonde. Durante questo ciclo l’acqua piovana, da un punto di vista chimico, si arricchisce di gas e di sostanze particolate (sia naturali che, purtroppo, inquinanti) durante il passaggio in atmosfera, e di sali minerali una volta caduta al suolo, per l’effetto solvente che esercita sullo stesso. Da un punto di vista microbiologico l’acqua meteorica, una volta toccato il suolo, subisce dapprima un consistente incremento dell’inquinamento e poi, però, un suo progressivo decremento, grazie al processo di autodepurazione causato dall’azione filtrante del terreno. Pertanto, durante il ciclo naturale dell’acqua, si verificano due processi inversi, determinanti per la qualità definitiva dell’acqua: un arricchimento salino, più o meno intenso, ed un depauperamento od eliminazione della carica microbica iniziale. Ma non è detto che quest’acqua, già da questo momento, possa essere immediatamente utilizzata per scopi alimentari in quanto, per acquisire tale requisito, deve essere in possesso di particolari caratteristiche che la possano rendere igienicamente pura, sia da un punto di vista chimico (priva di sostanze nocive, ben accetta come composizione, ben tollerata) che microbiologico (cioè, anche se non completamente asettica, priva, però in maniera costante, di germi patogeni) che di accertati caratteri organolettici relativamente alla torbidità, al colore, all’odore, alla temperatura. Soltanto a questo punto l’acqua può ritenersi “potabile” e quindi idonea al consumo. L’acqua apportata nell’organismo è capace di comportarsi, contemporaneamente, sia come nutriente per un suo immediato utilizzo a livello fisiologico e metabolico, sia come alimento, apportatore cioè di nutrienti che in essa si trovano disciolti (per es.: elementi minerali). La più o meno elevata presenza di questi ultimi dipende, ovviamente, dalla tipologia dei terreni in cui si ritrovano le falde, nonché dalla loro profondità. Da un punto di vista nutrizionale, i sali (carbonati, solfati, fosfati, cloruri) di calcio possono essere considerati quelli più importanti, anche se sono presenti pure quelli di magnesio (con cui si determina la “durezza” di un’acqua), di sodio, di potassio, etc. E proprio il contenuto di calcio rende l’acqua un’importante fonte giornaliera di questo elemento, mediamente presente in concentrazioni che oscillano, nell’acqua potabile, tra i 20 ed i 200 mg/L, capace di contribuire in maniera anche consistente al soddisfacimento dei bisogni, come dettato dagli apporti di riferimento per la popolazione. L’acqua potabile, quella che giunge ai nostri rubinetti, per poter essere distribuita, e quindi “sicura”, deve essere continuamente controllata, come previsto dalla legge, oltre che alla sorgente, ai pozzi ed ai punti di presa, anche agli impianti di adduzione, di accumulo, di potabilizzazione e lungo tutta la rete di distribuzione. Qualora dagli accertamenti effettuati risultasse che l’acqua non può essere idonea direttamente, è necessario attuare dei trattamenti di potabilizzazione capaci di correggerne le caratteristiche organolettiche, alcune di quelle chimiche e di diminuirne la durezza (misurata in gradi francesi, dove 1 grado francese è uguale ai g di calcio/100 L di acqua). L’abitudine attuale, relativamente recente, di consumare acqua “in bottiglia” piuttosto che quella “di rubinetto”, non è sempre giustificata in quanto quest’ultima, oltre che possedere tutte le caratteristiche di “potabilità”, possiede generalmente anche delle ottime caratteristiche organolettiche. Il consumo di acqua imbottigliata è giustificabile, pertanto, soltanto in quelle zone in cui la situazione delle reti idriche richiede opportuni trattamenti di clorazione che la rendono poco gradita a causa dello sgradevole odore e gusto. Ma laddove non sussistono tali problemi, non esistono motivi igienici e/o nutrizionali per scegliere l’acqua “in bottiglia”. Le modificazioni climatiche degli ultimi anni, il continuo innalzamento della temperatura, l’ampliamento della desertificazione, la diminuzione delle precipitazioni, la notevole discrepanza tra l’acqua prelevata alle fonti e quella realmente disponibile a causa dell’elevata quantità persa lungo gli acquedotti, fa sì che la disponibilità di acqua potabile durante tutto l’anno sia sufficiente per una quota sempre minore della popolazione. Da questo preoccupante quadro si evince che è giunto ormai il momento, quasi impellente, pertanto, di rivolgere una crescente, maggiore attenzione per una più corretta gestione dell’acqua in generale, a cominciare dal miglioramento delle (perdenti) reti di distribuzione fino a giungere all’auspicata differenziazione degli usi cui è destinata, salvaguardando, in particolare, il soddisfacimento dei bisogni dei singoli individui dell’intera popolazione ovunque essi dimorino, destinando soltanto all’uomo le “acque buone” ed a tutti gli altri usi (irrigui, industriali, etc.) le acque diverse, ed in qualche caso magari anche quelle riciclate (per esempio, per l’utilizzo nei servizi igienici) Soltanto con una politica innovativa nei confronti dell’acqua si potrà salvaguardare la disponibilità futura dell’acqua potabile, sforzandosi per poter rendere realizzabili le attuali Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana promulgate dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in accordo con l’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN) che consigliano di “bere ogni giorno acqua in abbondanza, visto che non esiste alcun sistema all’interno dell’organismo che non dipenda direttamente dall’acqua, lasciando facilmente intuire che un equilibrato mantenimento del bilancio idrico risulta fondamentale per consentire un buono stato di salute nel breve, nel medio e nel lungo termine”. Dimenticavo di dire che l’acqua “non ingrassa”, in quanto non apporta calorie…!
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