RACCONTAMI L'UMBRIA

Tesori da scoprire

Articolo finalista Raccontami l'Umbria 2013-sezione stampa

di Federica Botta

TESTATA: Itinerari e luoghi

DATA DI PUBBLICAZIONE: ottobre 2012

Un occhio indiscreto spia dall’alto le morbide vette coperte di pascoli e boschi ombrosi. Come uno sguardo divino, osserva il mondo nella sua interezza e le opere umane nel loro dettaglio più piccolo, che persino noi non riusciamo a vedere. Indaga il particolare senza perdere la visione d’insieme. E’ così che il satellite di Google Earth ha scovato, sotto la guida di studiosi e ricercatori, i misteriosi cerchi megalitici preistorici dei Monti Martani, impressionanti muri perfettamente circolari. Anche se completamente nascosta dalla vegetazione, l’occhio elettronico ha saputo disegnare la traccia delle rovine di questa Stonehenge umbra innalzata da una civiltà indefinita, sulla cima di una catena di dolci rilevi, poco conosciuta al turismo, che funge da spartiacque tra il massiccio appenninico dei Monti Sibillini e  la piana del “biondo” Tevere.

A quanto pare, le alture fresche e ventose, ricche di sorgenti minerali e termali tutt’ora note (San Faustino, San Gemini, Amerino), erano abitate sin dal Neolitico. Ben prima quindi, dell’arrivo di Etruschi e Romani, che di quel proliferare di falde e sorgive  fecero termae e bagnum, trasformati ai nostri giorni in eleganti Relais con Spa e piscine. I pascoli in quota, dove oggi si alleva brada la razza Chianina, sono da sempre un luogo di foraggiamento ideale per il bestiame. Nei declivi verso valle, i Romani introdussero il famoso Sagrantino, per produrre un vino dolce di cui andavano pazzi. Da duemila anni, qui cresce anche l’ulivo, con una cultivar resistente e saporita, sviluppata dai primi monaci cristiani e dedicata ad uno dei primi martiri locali, San Felice. Nel Medioevo si sviluppo un fiorente commercio di zafferano, divenuto famoso ai tempi del Ducato di Spoleto e oggi recuperato come prodotto d’eccellenza. Ma le ciclopiche opere murarie circolari vennero prima di tutto ciò. Secondo alcuni, erano un osservatorio astronomico o una riproduzione della volta celeste, per comunicare con gli dei o, altri sostengono, con gli extraterrestri. Sembra siano state progettate per essere viste dalle nuvole.

Dall’alto del percorso del Martani Trekking, che segue tutto il crinale dei monti, osservo i disegni geometrici dei campi arati e coltivati della campagna sottostante, come in una coperta patchwork multicolore. Mi pare che molte delle opera umane possano assumere significati misteriosi o tratteggiare strani linguaggi se visti da una diversa altitudine. La storiografia ufficiale, infatti, definisce queste strutture “castellieri”, qualcosa di indefinito tra un villaggio, un magazzino fortificato, un luogo di culto e una struttura difensiva. Le popolazioni che abitavano da queste parti dovevano essere molto belligeranti: non a caso, pare che il clan dei “Materini” fu l’unico gruppo umbro a combattere attivamente l’avanzata delle Legioni romane. Li tennero impegnati con spedizioni e scontri, per tornare poi ad arroccarsi sulle loro montagne, dedicate appunto, ben prima dell’arrivo dei Capitolini, a Marte, dio della guerra. Nei testi antichi, questa località è indicata semplicemente come “Stazio ad Martis”, dedicata al dio.  Secondo la tradizione, ma anche la logica archeologica, oltre al piccolo sacrario emerso dagli scavi in località Monticastri, doveva esistere, in posizione dominante sulla piana, un grande tempio di culto.

Gli storici dell’epoca lo ricordano come un oracolo talmente rispettato, da essere mantenuto anche dopo la conquista dei “figli della lupa”. Ma il Santuario non è ancora stato trovato. E neppure il suo strabiliante tesoro, costituito probabilmente da bottini di guerra e ringraziamenti per la vittoria. O da un toro con sette vitelli d’oro, come quello si vocifera sia interrato della vicina necropoli-mausoleo, rinvenuta però vuota. Restano entrambi celati dai boschi dei Martani o, forse, seppelliti sotto la chiesa di San Pietro al Monte, voluta dai primi cristiani in alto nelle vette, proprio in onore dell’Apostolo più battagliero. E stata invece scoperta, scavata e studiata la Catacombe di Villa San Faustino, unico esempio di sepoltura collettiva e luogo di culto dei primi cristiani in territorio umbro. Il sito di diffusione della nuova religione della pace e della fratellanza, del III secolo, è posto lungo la via Flaminia, colossale opera di comunicazione costruita dai nuovi dominatori gia nel 220 avanti Cristo e più volte restaurata in epoca Augustea.

Una via per unire invece che dividere. Come dimostra la cittadina che ancora oggi porta il suo nome, gli antichi Umbri della zona, oltre a Marte, adoravano Janus (Giano), Padre Creatore degli Dei, Signore del cambiamento, della trasformazione e del continuo passaggio delle cose, che aveva come suoi simboli il toro (di chinina o d’oro?) e il ponte. Chissà cosa avranno pensato allora della passione romana per gli archi e i viadotti, quando fu eretto, per la grande strada che portava da Roma al nord, il possente Ponte Fonnaia, capace di reggere il transito in contemporanea di due carri trainati da buoi. Lungo la nuova direttrice di traffico si spostavano l’olio,  il Sagrantino dolce, la carne fresca e le spezie. Presto, la semplice stazione di posta di Vicus ad Martis crebbe sino ad essere un’importante città, autorizzata persino a battere moneta. Lungo la via, si mosse anche il nuovo culto del Dio dell’Amore. Al feroce e maschile toro, grazie ad un ponte, si aggiunse (non certo a caso!) l’ulivo della pace.

Ancora oggi sul territorio sono censiti e segnalati una decina di ulivi ultrasecolari, datati persino mille anni, come il monumentale esemplare di Macciano. I satelliti vengono di nuovo in aiuto: il Comune di Giano ha reso possibile rintracciarli, grazie ad un percorso ipertecnologico, con cooordinate gps e audioguida per smartphone e tablet. Comunque, anche se il nuovo culto andava per la maggiore, non tutto filava liscio: alcuni dei primi martiri cristiani (San Felice, San Fidenzio e Terenzio) predicarono e morirono su queste colline, ricordati da innumerevoli abbazie e chiesine. Non che nei secoli, da queste parti, lo stato Vaticano abbia poi dato esempio di buona condotta e rettitudine: Castel Ritardi, Acquasparta e il piccolo borgo di Portaria, sono stati il sito di villeggiatura preferito di Lucrezia Borgia, figlia illegittima di Papa Alessandro VI, tristemente famosa per le sue passioni amorose e violente.

Nel periodo in cui fu titolare del Ducato di Spoleto, per non smentire la sua fama di Femme Fatale, la Dama Nera allestì sanguinose giostre d’armi e spietati cortei cavallereschi, rievocati ancora oggi con nomi inequivocabili come “Palio del Fantasma”. Eppure non a caso qui sorsero i più influenti santuari di ogni culto: questa rimane una terra spirituale dall’energia potente, un luogo dall’anima genuina che attira “cercatori” di tesori archeologici, ma soprattutto del senso dell’esistenza. Sarà l’influsso di Janus, Dio della Mutazione e del Passaggio, se molti si rifugiano su queste colline per cambiare vita.   “Quando mi sono trasferito a vivere a Giano - ci racconta il simpatico gestore tutto-fare della Gianoteca, un curioso bar-enoteca-ludoteca-bibblioteca-punto informazioni che funge sia da centro di ritrovo per la cittadinanza che da ufficio informazioni per i turisti - sono ritornato ad essere da un numero ad una persona: semplicemente Ernesto”. Mentre ci apre la porta della chiesa di San Francesco, svelandoci con dovizia di particolari i suoi tesori pittorici, i ragazzini lo chiamano per nome dal bar, per un gelato o una gioco da tavola. Difficile immaginarlo nei panni del fotografo di rock band di una certa fama che ha lasciato Torino per realizzare il suo sogno: aprire “la seconda casa di tutti” e fotografare, censire e proteggere gli ulivi millenari.  Ed è in buona compagnia: al suo locale si può acquistare la birra artigianale di un ingegnere tedesco ritirato tra malti e luppoli oppure lo zafferano di giovani rampanti dedicati all’agricoltura o ancora opere d’arte e di musica di artisti “alternativi g-locali”.

Anche Massa Martana si è presa la sua rivincita sulla storia delle passioni degli uomini che distorcono gli ideali: una sua “figlia”, appena ventitduenne, forte della tradizione cittadina di creare effigi, simboli e monete, si è aggiudicata il concorso per disegnare l’immagine ufficiale del grande Giubileo Vaticano del 2000. Da allora, la città dedicata a Marte può vantarsi di aver dato i natali al logo della Pace nel Mondo.

 

Itinerario
Punto di partenza: Castel S. Giovanni, Castel Ritaldi
Punto di arrivo: Portarla, Acquasparta
Lunghezza: circa 80 chilometri
Durata: una giornata

Uscendo dalla strada a scorrimento veloce Foligno-Terni, statale n° 3, allo svincolo di Trevi o di Campello sul Clitunno, il borgo fortificato di Beroide, la fortezza di Castel San Giovanni e la chiesa di pietra rosa di Santa Maria La Bruna, che deve il suo nome al singolare dipinto della Vergine Nera, introducono al territorio dei Monti Martani, costellato di feudi medioevali e piccole abbazie. Le dolci cime già si intravedono sullo sfondo di colline agricole intrecciate di campi colorati come pezzi di puzzle. La prima salita si affronta per raggiungere Castel Ritardi, borgo amato dalla potente dama Borgia, dove fu ritrovata la  Lex Lucaria o Lex Luci, un reperto pre-romano in cui è ricordato in eterno il divieto di taglio dei boschi sacri al dio Janus sui Monti Martani. Appena usciti dal borgo, che oltre la porta con torre ad arco conserva la sua forma circolare difensiva, ci si immette nella strada per Colle del Marchese.

Non si può perdere, immersa negli onnipresenti uliveti,  la bella chiesa di San Gregorio, di nuovo in pietra rosa, un tipo di calcare conosciuto come “scaglia rossa”, molto utilizzato per gli edifici di pregio. Al primo bivio, si può svoltare per la frazione di Morcicchia. Il feudo arroccato a mezza costa, in parte ancora in fase di restauro dopo il sisma del 1997, ha il fascino delle rovine ancora vive, che aspettano di riguadagnare il loro posto nel mondo. Una strada sterrata consente di raggiungere Seggiano, sulla via di Giano dell’Umbria, ma se si ritorna indietro sull’asfalto si ha la possibilità di incontrare le indicazioni turistiche per scovare il più famoso degli ulivi millenari a Macciano. Come per tutti i piccoli liberi Comuni del comprensorio, la visita a Giano è una piacevole passeggiata nella storia, anche se di poche decine di minuti, racchiusi tra le mura circolari, i vicoli medioevali e i bei palazzi del municipio.

Fermandosi alla Gianoteca è possibile ottenere informazioni, la preziosa guida di Ernesto e l’apertura della chiesa di San Francesco, con i suoi pregevoli affreschi. Prima di salire verso il monte, una piccola deviazione in auto porta all’Abbazia di San Felice, tesoro nascosto tra ulivi e dolci valli. Già sotto l’Imperatore Costantino, dove oggi si erge il grande convento, era sorta una piccola Basilica a difesa delle ossa di San Felice, martire locale della persecuzione di Diocleziano e Massimiano. Mentre il culto del Santo cresceva, il santuario fu ampliato, finchè nell'XI secolo assunse la struttura monumentale che ha oggi. I Benedettini vi dimorarono fino al 1450, poi subentrarono gli Eremitani Agostiniani della Congregazione Perugina fino al 1798, quindi seguirono i Passionisti fino al 1803 e infine i Missionari del Preziosissimo Sangue dal 1815. La chiesa è sempre aperta, con la cripta originale del XII secolo e il curatissimo chiostro con la storia del martire. La salita verso i monti, da cui si può sbirciare la Chiesa della Madonna del Fosco, purtroppo chiusa, è rapida e ripida, accompagnata da un panorama in crescendo, che si apre a 360° dal parcheggio della Sella di Giano sui Sibillini e sulla Valle del Tevere.

Tutta la catena montuosa è attrezzata con il sentiero del Martini Trekking, che dalle frazioni di Giano si arrampica sino alle cime e poi prosegue in quota verso sud, sino alla costa di Scoppio, nel territorio di Acquasparta. L’intero tracciato è immaginato a tappe, con possibilità di rifornimento acqua alla sorgente di Acqua Canale, circa a metà strada e partenza da ogni località di pianura dei Comuni interessati. L’unico punto pernotto, senza riscendere a valle, è al Rifugio San Gaspare, pochi chilometri oltre la Sella di Giano in territorio di Massa. Il percorso proposto, però, è ben indicato e fornito di cartellonistica solo lungo le direttrici sterrate, mentre la segnaletica diventa intermittente e rada nei tratti di sentiero escursionistico.  Non c’è però il rischio di perdersi una volta in quota: consigliamo di abbandonare le tacche rosso-bianche e semplicemente seguire il crinale per tutta la lunghezza delle quattro cime arrotondate dalla tipica forma appenninica, che, dopo aver raggiunto la quota, offrono un dislivello quasi trascurabile (andata e ritorno circa tre ore).

Da una parte, le innumerevoli tracce lasciate dal bestiame possono trarre in inganno, dall’altra, i ripetitori televisivi, per quanto deturpanti sul paesaggio della vetta più alta, diventano un ottimo punto di riferimento su un massiccio sviluppato interamente da nord a sud. Terminata la passeggiata, si può scendere a Massa Martana per la strada sterrata ben indicata, che passa davanti alla Chiesina dell’Assunzione, ancora incantevolmente panoramica. Arrivati alla cittadina, insignita del titolo di “Uno dei più bei borghi d’Italia”, si è giunti sul sito dell’antica via Flaminia. Lungo l’antico asse stradale sono disseminate l’antica chiesa di Santa Maria in Pantano, con la facciata storta, orientata ancora lungo il tracciato imperiale, l’imponente Ponte Fonnaia e la famosa Catacombe (visite su prenotazione).

Poco distante si trovano anche l’Abbazia dei Santi Fidenzio e Terenzio (visite su prenotazione), l’Abbazia di Villa San Faustino e quella di San Pietro Sopra le Acque. Il nostro percorso nel territorio Martano può finire ad Acquasparta, antica termae romana, sede della prima Università Scientifica italiana. E’ la prestigiosa Accademia dei Lincei, voluta da Federico Cesi nel grande palazzo che ancora oggi porta il suo nome e domina la piazza cittadina. Si presta bene ad un ultima passeggiata anche il piccolo intatto borgo di Portaria, appena pochi chiloetri verso sud, oltre l’asse dei monti, già a mezza costa sull’Appennino folignate: un pittoresco scrigno medioevale, scelto anche da Lucrezia Borgia per la sua villeggiatura.

 

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