STUDI E RICERCHE

30 settembre 2012

Contratti di rete cercansi

di Alberto Mossone

L’internazionalizzazione delle imprese: i numeri dell’Umbria nel primo trimestre 2012

La bilancia commerciale dell’Italia nel 2011 (Tab. 1) ha registrato una crescita dell’ 11,4% delle esportazioni rispetto al consuntivo 2010, attestatesi a 375,8 miliardi di euro, mentre l’import è cresciuto del 6,8 %, portandosi a 400,5, miliardi di euro. Il deficit della bilancia commerciale nazionale è sceso a 24,6 miliardi di euro, con una diminuzione di 5,4 miliardi di euro sul 2010.

 

L’export dell’Umbria ha registrato un aumento del 13,6%, pari a 2,2 punti in più della media Italia, raggiungendo 3.565 milioni di euro, pari allo 0,9% del dato nazionale. Le importazioni umbre sono invece cresciute del 6,8% (2,1 punti in meno della media nazionale) attestandosi a 2.776,5 milioni di euro e il saldo attivo della bilancia commerciale regionale è aumentato da 537,7 milioni di euro del 2010 a 788,5 nel 2011, con un incremento del 46,6%. L’Umbria si conferma quindi una regione con un elevato surplus nel suo interscambio con l’estero, pur seguitando a rappresentare una quota troppo modesta (0,9%) dell’export nazionale, rispetto al dato del PIL, che si attesta invece all’1,4%. Analizzando i dati delle due province, Perugia registrava un incremento dell’export molto positivo (+17,5%) con una crescita dell’import del 9,1%, il saldo attivo era di 705,6 milioni di euro, con una performance eccellente del 39,1% di aumento sul 2010. L’export di Terni è cresciuto dell’8,4% mentre l’import è aumentato del 4,5% ed il saldo attivo è cresciuto del 171,9% passando da 30,5 a 82,8 milioni di euro. Nel 1° trimestre 2012 (Tab. 2) le esportazioni italiane sono cresciute del 5,5% sul 1° trimestre 2011, attestandosi a 95,1 miliardi di euro, mentre l’import è diminuito del 4,6%.

 

Conseguentemente il deficit della bilancia commerciale nazionale è sceso da 13,1 a 3,4 miliardi di euro, con un miglioramento di quasi 10 miliardi. L’Umbria ha registrato una performance leggermente più positiva per quanto riguarda l’export, incrementato del 5,8% sullo stesso periodo del 2011, raggiungendo 936,5 milioni di euro, pari all’1% del dato nazionale. Contemporaneamente le importazioni umbre nel 1° trimestre 2012 sono diminuite più della media nazionale, attestandosi a 671,5 milioni di euro (-10,7% sul 1° trimestre 2011) e il saldo attivo della bilancia commerciale regionale è aumentato del 98,1%, passando da 133,8 milioni di euro a 265,0. Per quanto riguarda le due province, Terni ha segnato un aumento dell’export dell’8,1%, superiore a quello nazionale, mentre per la provincia di Perugia l’incremento dell’export è stato solo del 3,9%. Il saldo attivo della provincia di Terni, che come è noto è legato prevalentemente all’export dell’acciaio, ha fatto registrare un balzo del 335%, mentre quello della provincia di Perugia è cresciuto del 72%. Dal 2002 al 2011 l’Umbria ha registrato un aumento del 42,8% dell’export (Tab. 3) ma i 4 settori merceologici principali (Metalli, Macchinari, Tessile-abbigliamento, Prodotti agricoli e alimentari) che pesavano per il 71% nel 2002 e sono saliti al 75% nel 2011, hanno avuto una performance del 51,8%.

 

Si conferma quindi una forte concentrazione della specializzazione merceologica regionale. Per quanto riguarda il numero di imprese esportatrici (Tab. 4) nel 2011 in Umbria sono state 2.800, su un totale nazionale di 205.382, pari all’1,4%.

 

Siamo quindi ancora al di sotto del numero massimo di aziende esportatrici registrato nel 2002 con 3.190 imprese sul totale nazionale di 195.910, pari all’1,6%. Con i consumi interni che restano fermi, o in calo, per le imprese umbre e per le istituzioni che debbono assisterle nel loro processo di internazionalizzazione, questi dati confermano la necessità di investire ulteriormente nella promozione e nella commercializzazione sui mercati internazionali, una strada obbligata per perseguire obiettivi di sviluppo dell’intera economia regionale e tornare a creare nuova occupazione. Ma nel mercato globale le imprese hanno spesso bisogno di mettersi insieme per restare competitive, migliorando le loro capacità di innovazione, di promozione, anche con un marchio comune, per razionalizzare l’attività di ricerca e sviluppo ed utilizzare consulenze di esperti qualificati. Lo strumento da adottare potrebbe essere quello del contratto di rete, un patto fra più imprese che, pur mantenendo la propria autonomia, si alleano per costruire dei progetti comuni, anche nel campo dell’internazionalizzazione, in particolare per aggredire i nuovi mercati. “Per competere nei mercati più lontani, anche da un punto di vista logistico-geografico e culturale, è infatti indispensabile avere una dimensione di impresa adeguata. Il contratto di rete è un utile supporto che permette alle pmi di fare quello che da sole non riuscirebbero a fare, grazie alle informazioni e al know how che circolano tra le imprese che scelgono di aggregarsi in rete. Nel peculiare tessuto economico del nostro Paese, il contratto di rete è uno strumento fondamentale sebbene la crescita dimensionale dell’impresa resti il traguardo verso cui puntare. Il passo successivo all’aggregazione tramite la rete è, infatti, quello della crescita (dimensionale, organizzativa) delle singole imprese” ha dichiarato il Garante delle PMI Giuseppe Tripoli. In Umbria Confindustria ha recentemente presentato i primi due contratti di rete: il primo riguarda il comparto della meccanica “automotive” ed il secondo quello della meccanica agricola. Le aziende aderenti sono 16, per un totale di 1.400 addetti ed un fatturato complessivo di oltre 400 milioni di euro. La frammentazione rappresenta uno dei problemi antichi del modello imprenditoriale italiano e costituisce un limite strutturale della nostra economia, che i contratti di rete possono superare senza stravolgere un sistema che rimane vitale e senza cancellare storie e tradizioni imprenditoriali che hanno un loro valore anche nel mercato globale.