STUDI E RICERCHE

31 marzo 2012

Acqua sempre più salata: una spesa macigno sui bilanci delle imprese

di Francesca Signori

La spesa sostenuta delle attività produttive per la fornitura di acqua e gli annessi servizi di fognatura e depurazione può raggiungere in alcuni casi cifre particolarmente significative, tanto da incidere sulla competitività dei soggetti economici. La consapevolezza verso tali tematiche è un fenomeno piuttosto recente, spinto dai significativi aumenti registrati a livello nazionale, come dimostrano le rilevazioni ISTAT relative spesa delle famiglie, ma anche sulla scia della riforma dei servizi pubblici e del recente referendum abrogativo (giugno 2011). Senza entrare nel merito dei quesiti e degli esiti referendari, il lavoro svolto da Unioncamere Umbria con il supporto scientifico di REF Ricerche, di cui vengono qui riportate le principali evidenze, si concentra sulla spesa sostenuta nel 2010 dalle utenze non domestiche, nei Comuni con popolazione pari o superiore a 5 mila abitanti. Le simulazioni della spesa sono costruite sulla base dei dati contenuti nel Repertorio amministrativo delle Tariffe e degli Atti ufficiali dei Servizi Pubblici locali (Repertorio TASP), un archivio che contiene e sistematizza i corrispettivi tariffari del servizio, nonché gli atti ufficiali, ovvero Delibere e Regolamenti. Il settore idrico è ormai da molti anni interessato da un processo di riforma, avviato con la legge Galli che è intervenuta, tra gli altri aspetti, sulla struttura del settore assegnando le competenze ad Autorità ad hoc e puntando al superamento della frammentazione organizzativa, attraverso l’integrazione verticale di acquedotto, fognatura e depurazione, (1) nonché attraverso la definizione, sulla base di confini idrogeologici, di realtà sovracomunali detti Ambiti Territoriali Ottimali (ATO). L’analisi dell’assetto istituzionale è funzionale a comprendere la struttura tariffaria e quindi la spesa sostenuta dagli utenti: nelle realtà in cui la riforma Galli è andata a regime, infatti, la tariffa viene definita dall’Autorità di Ambito e applicata in maniera indistinta, salvo alcune eccezioni, a tutti i Comuni ricadenti nell’ATO. In Umbria, L.R. 43/1997 istituì 3 ATO, ma successivamente la L.R. 23/2007 stabilì la soppressione degli ATO e il conferimento delle funzioni in materia di servizi pubblici locali, tra cui il SII, a 4 Ambiti territoriali Integrati (ATI), (2) ovvero ATI1 e ATI2, cioè l’ex ATO 1, in cui il servizio è affidato alla società Umbra Acque S.p.A. e che costituivano ancora nel 2010 un unico bacino tariffario, l’ATI 3, coincidente con l’ex ATO 3, gestito dalla Valle Umbra Servizi S.p.A., e l’ATI 4, ovvero l’ex ATO 2, gestito dalla S.I.I. S.c.p.a. Le differenze tra le strutture tariffarie riguardano soprattutto l’articolazione per tipologie d’uso e la definizione degli scaglioni tariffari, oltre che ovviamente il livello dei corrispettivi: il mix di tali fattori determina la variabilità della spesa annua a livello territoriale, nonché della spesa unitaria all’interno dell’ATO. I valori della spesa annua mostrano che per le attività produttive, soprattutto quelle cosiddette water intensive, il SII rappresentai un esborso significativo sul bilancio annuale. La spesa media sostenuta dalle utenze è pari a circa 1200 euro/anno per un parrucchiere che consuma annualmente 400 m3 di acqua, sale a circa 2800 euro/anno per un bar con un consumo pari a 900 m3/anno e ad oltre 5800 euro/anno per un ristorante con un prelievo di 1800 m3/anno. Su consumi più elevati, ovvero quelli dell’impresa agricola e dell’albergo, pari a 3000m3/anno e 10000m3/anno, l’esborso medio registrato è di circa 9800 euro/anno e 32500 euro/ anno. Più in generale, le differenze all’interno del perimetro territoriale umbro mostrano uno scostamento di circa il 40% tra il valore minimo e quello massimo, registrati rispettivamente nell’ATI 3 e 4 (3). Le differenze tra bacini possono essere giustificate da differenti livelli di costo che riflettono la dotazione idrica, ma anche quella infrastrutturale. Al contrario, le differenze all’interno di uno stesso ATO, evidenziate dalla spesa unitaria, dipendono dalla diversa struttura tariffaria, ovvero dalla composizione di quote fisse e variabili e dalla progressività di queste ultime. Il confronto con il resto d’Italia, effettuato sui Comuni capoluogo, mostra una spesa nei capoluoghi umbri superiori alla media nazionale, riconducibile anche al fatto che in Umbria è stato completato ormai da tempo il processo di riforma del settore, con una tariffa che copre integralmente i costi del servizio e gli investimenti necessari a migliorarne la qualità, diversamente a quanto avviene nelle realtà ancora in regime transitorio. Infine, l’analisi della dinamica tariffaria mostra un andamento coerente con quanto registrato a livello nazionale: rispetto al 2009, la variazione media della spesa annua è pari al 3.8%, uguale su tutti i profili, in quanto gli aumenti hanno interessato in modo uniforme tutti i corrispettivi. Il dettaglio territoriale rivela incrementi più contenuti, pari all’1.8%, nell’ATI 1 e 2, e adeguamenti più consistenti nell’ATI 3 e nell’ATI4, pari rispettivamente al 5.8% e al 7.2%.

 NOTE

(1) La legge Galli introduce e definisce il concetto di Servizio Idrico Integrato (SII).

(2) Gli ATI sono cooperazioni tra gli enti locali, dotati di personalità giuridica, autonomia regolamentare, organizzativa e di bilancio.

(3) È opportuno precisare che nell’ATI 4 la spesa per alcune utenze non domestiche varia in funzione del minimo impegnato (MI), posto pari all’80% del consumo effettivo. Nel caso del ristorante, ad esempio, il MI è fissato a 1440 m3/anno: con un livello del MI equivalente al consumo effettivo (1800 m3/anno) la spesa annua scenderebbe a poco più di 6 200 euro.

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