RACCONTAMI L'UMBRIA

Umbria, tra luoghi e sapori antichi

Articolo partecipante Raccontami l'Umbria 2013 - sezione Stampa

di Syusy Blady, Patrizio Roversi

TESTATA: Turisti per Caso Magazine

DATA DI PUBBLICAZIONE: gennaio 2013

Il nostro Slow Tour per l’Italia non poteva prescindere dall’Umbria, il cuore verde dell’Italia. Il nostro viaggio inizia dalla splendida Norcia, che si trova sulla piana di Santa Scolastica, a circa 600 metri d’altitudine. Il suo nome deriva da Northia; guarda caso la Dea Fortuna venerata dagli Etruschi. Io-Patrizio, alle 17.30 in punto, sono andato prima ad assaggiare la famosa birra dei monaci (squisita), che un tempo serviva ad alleviare i morsi della fame nei periodi di digiuno, e poi ho assistito alla preghiera e ai canti gregoriani nella cripta della basilica benedettina. Mi ha colpito il gruppo dei frati: molto giovani e provenienti da tutte le parti del mondo. Sembravano quasi... un gruppo rock, nel senso che il taglio dei capelli, delle barbe e l'abbigliamento funzionano come evidenti "segni di riconoscimento" e di appartenenza e li caratterizzano come "gruppo", che osserva determinate (e ferree) regole comportamentali che ormai — rispetto all'andazzo generale — possono essere considerate quasi devianti e rivoluzionarie.

La misteriosa Sibilla

A proposito di Sibillini e di Northia, Io-Syusy dico che la Dea Fortuna non bisogna dimenticarla perché — percorrendo la strada verso Castelluccio — mi sono resa conto di essere nella terra della Sibilla che, guarda caso, era colei che prediceva il futuro. La sua iconografia classica la raffigura come un'eremita che abita in una grotta: capelli lunghi, vestita con una tunica e di età indefinita. Tra le mani un volume, Il Libro dei Destini degli Uomini. In realtà la Sibilla era una Pizia, un oracolo, come ce ne sono state tante nell’antichità e prediceva il futuro.

IL REGNO DELLE LENTICCHIE

Prima di arrivare a Castelluccio, Io-Patrizio mi fermo lungo la strada: all'inizio della valle, sono attratto da un gruppo di contadini al lavoro attorno a una grossa e un po' arrugginita mietitrebbia. Qui stanno raccogliendo le lenticchie, il prodotto tipico del luogo. Oramai da queste parti si coltiva soprattutto il prezioso legume: ci raccontano che fino a pochi anni fa non era così, si lavorava un pò di tutto ma ormai le colture "normali" non rendono quasi niente, conviene soltanto il prodotto "tipico". Adesso è tutto meccanizzato, ma una signora ottantenne ci fa vedere come si faceva un tempo a separare a mano la lenticchia dalle stoppie, passandole in un setaccio e facendolo roteare abilmente con un sinuoso movimento del polso. La cosa bella è che anche da queste parti esistono le regole, cioè una sorta "diritto agricolo" in base al quale la terra è di tutti e di nessuno: dopo la raccolta, il terreno torna libero e a disposizione di tutti per il pascolo del bestiame.

IL "LAGO" DI NEBBIA

Abbiamo dormito al rifulgo di Colle le Cese, per poter esser pronti la mattina seguente per un'esperienza che sognavamo da tempo: un trekking con gli asini sui Monti Sibillini, nella zona di Castelluccio di Norcia che sta in alto, al centro di una valle straordinaria dominata dal monte Vettore. Valle che cambia colore in base alle stagioni e alle varie ore del giorno, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Qui si respira un'aria “arcaica”, dove ancora transitano le greggi di pecore e dove mancherebbe soltanto un villaggio di yurte per pensare di essere in Mongolia. Qui ancora si parla della Sibilla come di una presenza reale. Al mattino presto, la valle sparisce: è coperta di nebbia e sembra quasi un lago.

 

TREKKING CON GLI ASINI

Alle porte di Castelluccio ci aspetta Roberto, del gruppo La Mulattiera, con altri turisti, tre asini, due muli e un cavallo. La giornata è bella, i colori indescrivibili, Il paesaggio speciale. Ma soprattutto è intatto: nessuna bruttura intorno, e forse proprio per questo l'Umbria è una regione da fotografare col grandangolo. Gli animali trasportano tutto l’occorrente per il pasto che consumeremo durante il viaggio e che, attraverso un sentiero passante per la montagna, ci riporterà in seguito alle porte di Norcia. Si parte spavaldi, tenendo gli animali per la cavezza, poi qualcuno comincia a farsi trainare dagli asini più che portarseli dietro. La cosa buffa è che i quadrupedi avanzano seguendo una gerarchia ben precisa: il cavallo pretende di stare davanti a tutti, poi vengono i muli e quindi gli asini. E in particolare, tra gli asini esiste chi può stare davanti e chi dietro: c'è il capo e il gregario! Dopo un po', Io-Syusy salgo su uno degli asini, tirato da Patrizio, di cui però non mi fido (né dell'asino, né di Patrizio): stanno troppo vicini al ciglio del burrone. Se è per questo, dopo un altro po’ Io-Patrizio  mi rassegno a salire in groppa al mulo, che però - lui sì! - sceglie sempre la strada più pericolosa e più vicina allo strapiombo. Roberto mi dice che è normale…Allora salgo sul cavallo, che però a un certo punto diventa nervoso perché ha visto volare… uno strano volatile con le ali di nylon. Sono i deltaplanisti che sorvolano Castelluccio, uno dei posti più adatti per spiccare il volo. Divoriamo (letteralmente) l’ottimo pranzo quando finalmente la salita è superata, senza sensi di colpa perché ce lo siamo meritato, e verso sera siamo di nuovo a Norcia, dove Io-Patrizio  entro a cavallo (nonostante il divieto d'accesso agli animali, lo confesso), sentendomi un Brancaleone (da Norcia!) in sella ad Aquilante.

PROSCIUTTI E TARTUFI

A proposito di luoghi comuni, come si fa a non incontrare un norcino a Norcia? Con le poche forze rimaste, vado a trovare Giuseppe Fausti, nella sua fattoria in cui alleva maiali allo stato brado. Lo trovo in mezzo al campo, che fischia alle sue bestioline che amorevolmente gli corrono incontro, come cagnolini fedeli. Lui li coccola, li chiama per nome uno per uno (ne ha centinaia!) dice di amarli molto, ma poi mi accompagna nel suo laboratorio dove mi mostra come si tagliano, affettano, puliscono e preparano per diventare prosciutti e braciole: quella del norcino è veramente un’arte! E per non farci mancare assolutamente nulla in termini di agro-gastronomia, la mattina dopo sono andato anche a trovare un tartufaio, Nicola Berardi, con i suoi bravi cani. Il tartufo, si sa, è manicheo: o è bianco o è nero. Ma esiste anche lo scorzone, che sarebbe poi un tartufo nero estivo, meno pregiato ma comunque buono.

 

ESOTERICA GUBBIO

Io-Syusy sono stata a Gubbio. A parte la famosa storia del lupo e di San Francesco, ho visitato la Piazza e poi mi sono infilata in una magnifica bottega di ceramisti e mi son fatta tre giri attorno alla Fontana dei Matti, ricevendone in cambio un “diploma di matta”. Ma ho visto anche una cosa che i turisti non credo che vedano normalmente: sono salita sul Monte Ingino, che domina la città col suo monastero di Sant’Ubaldo. Un monte coperto di verde e in particolare di cipressi, che innanzitutto ti regala una visione unica della Valle, ma che è anche costellato di interessantissimi glifi, cioè di pietre incise. E c'è una grotta molto misteriosa nota per essere stata abitata da una santa eremita, che racchiude segreti e che ha incuriosito fin dall’antichità tante persone: un luogo legato all’aldilà, ricercato durante la guerra dai nazisti. Un paesaggio unico che forse è servito come ispirazione per il famoso quadro Il Bosco Sacro di Arnold Bocklin, come mi ha raccontato Io studioso Mario Farneti.

PER EREMITI E PENSATORI

Poi, visto che ero in zona, ne ho approfittato per andare a trovare un amico, Jacopo Fo, che da più di vent’anni ha messo su a Santa Cristina la sede della sua Libera Università di Alcatraz, uncentro di attività ludico-teatral-ecologico e di “prospettive per un mondo nuovo". Ho passato una giornata bellissima, in compagnia di personaggi straordinari, come si trovano soltanto qui. Ma L'Umbria è anche questo: un posto dove gli "eremiti" (che siano da soli o in compagnia) sono particolarmente ispirati. Qui sono nati da sempre luoghi dove concentrarsi per ipotizzare "un'altra umanità". In fondo questo rappresentavano gli eremitaggi e questa era l'essenza dei monasteri. E, tra gli altri, c'è anche un posto come Ananda, un centro internazionale di yoga e meditazione per l'auto-consapevolezza ed evoluzione spirituale, ispirato alla filosofia del famoso maestro Yogananda, l'autore de L'autobiografia di uno Yogi. Anche qui ho passato una giornata interessantissima e sono in grado di consigliare soprattutto... il ristorante vegetariano! Mi sono persino portata via un libro di ricette, chissà se riuscirò a diventare finalmente vegetariana anche io...

BICI E GOMMONE

Io-Patrizio ho dormito a Norcia, al Grotta Azzurra, dove la mattina avevo appuntamento con Nicola Checcarelli che doveva noleggiarmi una bicicletta, per continuare lo Slow Tour lungo la ciclabile che hanno approntato sul percorso della ex ferrovia Norcia-Spoleto. Mi fa da guida Paolo Capocci, che mi racconta che la ferrovia è stata dismessa nel 1968 e solo da poco s’è messo mano a lunghi tratti dei 52 chilometri che separano appunto Spoleto da Norcia. Non me la farò però tutta in bicicletta perché, arrivato a Serravalle (dopo un bellissimo tragitto pianeggiante in una valle stupenda), mi aspetta Cristina, che mi porta a fare rafting: in gommone lungo il fiume Corno. A me spaventano molte cose: la fatica di una pedalata, cadere da cavallo o dal cammello, ma l’acqua no, non mi fa paura. Cristiana e i suoi allievi, tutte guide giovanissime e simpatiche, mi portano a scivolare col gommone lungo una corrente tranquilla che mi regala anche il tempo di godermi dei posti stupendi (ad esempio le Gole di Biselli) lungo la Valnerina. Vista dall’acqua, è davvero speciale: spesso il fiume costeggia la strada, ma se l’avessi percorsa in macchina non avrei visto nulla. Miracoli dello Slow Tour!

 

ASSISI, OASI DI PACE

Io-Syusy continuo nel mio pellegrinaggio turistico spirituale e, se si parla di spiritualità, non si può non parlare di Assisi, la città di San Francesco. Qui, dentro la Basilica ho visto il "fotoromanzo" illustrato da Gotto sulla vita del santo: un affresco meraviglioso e famosissimo che un frate mi ha illustrato nei minimi particolari. Ma ad Assisi non c'è solo Francesco, ma anche Santa Chiara, fondatrice delle monache clarisse e ragazza di grande determinazione e tantissima fede. A lei è dedicato addirittura un musical, replicato quasi tutti i giorni al teatro Metastasio e realizzato da un gruppo di professionisti e giovani dilettanti preparati dalla compagnia teatrale dell’associazione Dare, attraverso mesi di corsi e di prove. Un vero e proprio Saranno famosi, coordinato da AnnaMaria Bianchini, che è anche la regista e l'interprete del musical.

 

ACQUA E OLIO

Questo giro per I’Umbria è stato anche un percorso fatto di acqua: quella che viene raccolta dalla piana di Castelluccio e che ci piace pensare affiori alle fonti del Clitunno e quindi cada dal dislivello delle Marmore. A proposito di Clitunno: le fonti sono una cartolina naturalistica unica nel suo genere, con il laghetto limpido e verde contornato di salici e pioppi. Un chilometro più avanti c’è il famoso tempietto, costruito attorno al 500 d.C, utilizzando materiale di un antico luogo di culto pagano. Dopo una sosta obbligata in uno dei frantoi delta zona, dove si trova un olio tra i più pregiati d'Italia, si arriva a Spoleto. Abbiamo dormito a Palazzo Leti, uno dei tanti "miracoli" del turismo, che permette di recuperare e aprire dei Palazzi storici bellissimi, trasformandoli in alberghi, alloggi e b&b. Dalla terrazza del palazzo, peraltro, si gode una vista strepitosa della città. Il giorno dopo, con l'amico Moreno Carlini, lo-Patrizio faccio un giro per la città (rigorosamente a piedi, sconsigliata la bicicletta a causa dei continui sali scendi). In particolare, faccio il classico giro della Rocca, che vuol dire appunto percorrere le mura circumnavigando il centro storico della città che si inerpica in cima al Colle di Sant’Elia. Partendo dal terribile e affascinante Ponte delle Torri si arriva in cima alla Rocca, che è stata restaurata di recente. Non ho potuto fare a meno poi di fare un salto anche alla Casa-Museo di Giancarlo Menotti, che ha regalato a Spoleto il Festival che l’ha resa famosa in tutto il mondo.

OLTRE IL PAESAGGIO

Il nostro giro in Umbria è stato ricchissimo: si è trattato di uno slow tour in un paesaggio unico e irripetibile. Qui per fortuna ci sono ben poche zone industriali che si traducono in pochi capannoni e zero inquinamento; viceversa, c'è un'agricoltura fiorente con una terra ben coltivata e prodotti tipici che indirettamente sviluppano il turismo. Perché storia, territorio, paesaggio, architettura e gastronomia sono tutte strettamente correlate, e con uno Slow Tour si ha il tempo di capirlo a dovere.

Syusy & Patrizio

 

A LEZIONE DI CIOCCOLATO

Diventare mastro cioccolatiere: dove se non a Perugia?

Se chiedete in giro probabilmente molta gente vi dirà che tra i prodotti tipici di Perugia c'è... il cioccolato. Naturalmente il cacao si coltiva in posti molto lontani dall'Umbria, ma certamente la lavorazione del cioccolato, nell'immaginario collettivo, è legata alla produzione e alle varie manifestazioni che si tengono da queste parti. E allora - visto che le tradizioni si possono anche inventare tramite un uso efficace del marketing - succede che anche una industria possa diventare un'attrazione culturale e proporre contenuti "turistici". E il caso del Museo Perugina del Cioccolato, dove personalmente ho vissuto un'esperienza che definirei psico-gastronomica: ho partecipato a un corso da cioccolatiere (mi raccomando: cioccolatiere, non cioccolataio, che ha da sempre un significato negativo e indica una persona poco seria, un fanfarone...). Sarà che il cioccolato è una sostanza antica, che viene da lontano, legata ai Maya che da sempre hanno un sapore misterioso. Saranno tutti i film che recentemente hanno celebrato il cioccolato. Sarà che il cioccolato è un antidepressivo col rischio della dipendenza ed evoca trasgressioni dietetiche e magari persino afrodisiache... Fatto sta che la sua preparazione suscita emozione. Se poi partecipate a un corso intensivo (e ipercalorico) per imparare a farvi da soli i vostri cioccolatini, vi renderete conto che lavorare il cioccolato significa intraprendere un itinerario alchemico. Infatti per diventare lucido e croccante il cioccolato deve passare ripetutamente e repentinamente attraverso vari stadi di temperature: prima si scalda per scioglierlo, poi si raffredda versandolo su una superficie di marmo, poi lo si deve portare a una temperatura specifica (temperaggio), quindi si versa (dopo aver preparato un ripieno a piacere) negli stampi, infine di nuovo in frigo. L’atto del "versare il cioccolato" è un gesto temerario, quasi come se si maneggiasse una cosa viva. Spalmarlo con la spatola è una vera libidine, leccarsi le dita inevitabile. E quando stacchi i tuoi cioccolatini dallo stampo, li assaggi, li trovi perfettamente professionali e lo chef ti fa i complimenti e ti consegna il diploma da "piccolo cioccolataio casalingo", ti pare d'aver imparato un’arte-da-mettere-da-parte, e che ti permetterà in futuro di strabiliare amici e parenti, proponendo delizie uniche nel loro genere. Insomma, ti senti in qualche modo un "iniziato"... Patrizio

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