RACCONTAMI L'UMBRIA

11 marzo 2022

La vibrante resilienza di Castelluccio di Norcia

Raccontami Umbria 2022 - Articolo VINCITORE nella sezione TURISMO AMBIENTE E CULTURA

di Helene Cooper


Il piccolo borgo ha affrontato un terremoto e una pandemia, senza che questo intaccasse minimamente la bellezza del Pian Grande.
 
Non sono un'amante dell'agnello.
Eppure, ho continuato a ripensare a quell'agnello scottadito alla brace per cinque lunghi anni. Così, quando mi hanno servito quelle quattro costolette grigliate, croccanti e succose, che trasudavano tutte l'intensa lucentezza del cioccolato di una carne cotta alla perfezione, ho quasi dimenticato dove mi trovavo.
Mi trovavo, tuttavia, seduta fuori dalla Taverna Castelluccio, godendomi il panorama preferito di quello che viene considerato, a buon diritto, il luogo più bello della terra: il Pian Grande di Castelluccio di Norcia. Questo paesino, arrampicato su un'alta roccia a cavallo tra Umbria e Marche, si affaccia sul Pian Grande, un'area vasta e spettacolare dell'Italia centrale che, in quel caldo pomeriggio di luglio, era nel pieno della Fioritura, la “fioritura” delle lenticchie che produce un imponente tappeto variopinto di fiori rossi, blu, gialli e viola.
È una vista di cui avverto la mancanza, quasi dolorosamente. Il coronavirus, naturalmente, ha precluso Castelluccio, come gran parte del resto d'Italia, ai turisti americani nel 2020 e in gran parte del 2021. Ma i problemi del paese hanno avuto inizio ben prima del Covid: nel mese di agosto del 2016, solo un mese dopo la mia ultima visita a Castelluccio, uno sciame di terremoti ha dato inizio a una lacerazione di tre mesi nel cuore dell'Italia centrale, culminata con una scossa maggiore che, il 30 ottobre, ha distrutto il paese.


Il giorno seguente ho inviato un'e-mail a Giuseppe Caponecci, il titolare della Taverna Castelluccio. "Sta bene? Come sta Castelluccio?"
La risposta, sette ore dopo, mi ha stretto il cuore. "In questo momento," ha scritto, "non ho parole. Peppe."
Peppe, come gli altri abitanti di Castelluccio, è stato evacuato dalle autorità italiane dopo le prime scosse. Una scelta che si è rivelata lungimirante, poiché la scossa maggiore ha distrutto il paese.
Gli edifici in pietra, sopravvissuti per oltre 1.000 anni, giacevano a terra in mucchi di pietre. Abitazioni e negozi rasi al suolo. La chiesa di Santa Maria Assunta del XVI secolo era stata gravemente danneggiata. Taverna Castelluccio di Peppe dove, dal 2010, avevo assaporato un numero indecente di costolette d'agnello e di piatti di pappardelle con ragù di cinghiale, non esisteva più.
Castelluccio è ancora all'inizio della ricostruzione. I ritardi dei politici locali e della burocrazia hanno bloccato la ricostruzione per cinque anni. Le segnalazioni contraddittorie sulla riapertura dopo i terremoti della tortuosa strada mozzafiato a tornanti tra Norcia e Castelluccio, stupenda per motivi che non si limitano al paesaggio, hanno tenuto lontani i visitatori e me. Ma dopo un anno di lockdown, in cui l'unico grande panorama è stato il mio giardino non più grande di un francobollo, il desiderio di rivedere Castelluccio era quasi fisico.
E ci credereste? Il borgo è ancora vivo e vegeto. Altri borghi muoiono man mano che i giovani abbandonano i paesi remoti d'Italia, le città fortificate ricche di storia e avare di lavoro, ma Castelluccio non può sfiorire, anche con la sua esigua popolazione locale di otto persone, che lievita a duecento in estate, a causa del suo spettacolare Piano Grande.


Un suggerimento da 'L.A. Law'
Nell'estate del 2010, sono stata nella tenuta di olivi della mia amica Vittoria Iraci Borgia, nelle colline nei pressi di Perugia, per la mia vacanza annuale di una settimana con 15 dei miei amici più stretti. Vittoria, il cui Agriturismo La Montagnola di 150 acri vanta svariate piscine con splendide ville in affitto, stava mostrando ai miei amici per l'ennesima volta il funzionamento del Wi-Fi quando l'ho interrotta: "Perché non mi hai mai portata a vedere Castelluccio?"
La sua risposta è stata istantanea. "Oh, Castelluccio è magnifica. Come l'hai saputo?"
Ricordi "L.A. Law", quel programma televisivo degli anni '80? Michael Tucker, l'interprete di Stuart nel programma, ha fatto ciò che tutti sogniamo di fare, acquistando una villa in Italia con sua moglie nella fiction e nella vita, Jill Eikenberry. La sua incantevole biografia, "Living in a Foreign Language" include un intero capitolo su Castelluccio e Pian Grande.


"Nessun fotografo, nessun libro, nessun racconto avrebbe potuto prepararci per la grandezza, la portata e la bellezza che si sono spiegate davanti a noi", ha scritto Stuart di "L.A. Law". "E stava lì, dall'altro lato della valle, arrampicata sulla collina come un vecchio e fidato cane da guardia, la piccola e digradante Castelluccio, con la sua popolazione di circa 150 persone, ferma con i suoi pastori e coltivatori di lenticchie da più di mille anni."
La decisione è stata immediata. "Possiamo andarci giovedì?" Ho chiesto a Vittoria. Volevo compagnia e sapevo di non poter contare sul fatto che i miei amici si sarebbero svegliati alle 9 per una gita in giornata, essendo un branco di nottambuli.
Quel giovedì mattina, Vittoria, la sua amica Nicole Keegan ed io ci dirigemmo verso Castelluccio per trascorrervi la giornata. Era già caldo quando lasciammo la tenuta dirigendoci a Est, nella Valnerina, con antichi paesini arroccati sulle colline senza strade visibili per raggiungerli. Guidammo fino ai monti Sibillini, dal nome della profetessa che si nascose in una grotta per sfuggire alla persecuzione pagana dei cristiani.
Lasciammo Norcia e iniziammo a salire, la temperatura scese e i iniziarono i tornanti. Passata la baita Rifugio Perugia il paesaggio iniziò a presentare i tratti del paesaggio montano. Un paio di cavalli correvano sulla collina accanto alle pecore, mentre i ciclisti ci superavano ansimando. Percorsa l'ultima curva...ho gridato: "Ferma la macchina!"
La grande, luminosa, limpida piana aveva colori straordinariamente nitidi: il verde brillante dell'erba e delle pendici delle montagne, il verde scuro degli alberi. Vittoria sorrideva, se lo aspettava. Abbiamo accostato e siamo scese. "Non capisco," continuavo a ripetere.
Eravamo arrivate a Pian Grande, il cratere del vulcano quiescente che ospita Castelluccio. Le montagne si erano aperte su questa vasta pianura, chiara e luminosa, con colori incredibilmente nitidi: il verde brillante dell'erba e dei versanti delle montagne, il verde scuro degli alberi che li punteggiavano, tra cui il Bosco Italia, una riproduzione dell'Italia, comprese Sicilia e Sardegna, realizzata interamente di conifere. E poi, oltre l'erba, i colori della fioritura delle lenticchie e dei papaveri che rivestivano la valle con un enorme tappeto vivente. Ci dirigemmo verso Castelluccio, quasi appeso come una sentinella a guardia del Pian Grande, passando un maneggio nel quale i turisti potevano montare cavalli per fare passeggiate nella piana. Nel cielo su di noi, due parapendii aleggiavano sui campi di lenticchie e papaveri. C'erano circa 90 gradi (32 °C) quando siamo partite stamattina, mentre ora erano 72 (22 °C), frizzanti e straordinariamente limpidi.
Il mio amico di "L.A. Law" aveva mangiato alla Taverna Castelluccio, così ci dirigemmo lì, dove incontrai Peppe per la prima volta. Era solito sorprendere le persone che arrivavano alla sua taverna e anche noi non fummo da meno. Abbiamo dibattuto con una delle persone addette al servizio al tavolo, che non comprendeva l'insistenza di Vittoria nel voler ordinare pesce in questo paradiso del cinghiale e dell'agnello, ma lei sa essere un vero bastian contrario. Eravamo tutte e tre eccitate quel giorno, abbiamo scattato centinaia di foto: della cameriera, con la cameriera, dei piani, con i piani, degli alberi a forma di Italia, tra i papaveri, di noi stesse che sgambettavamo tra i fiori.


A partire da quell'anno, Castelluccio è diventata un punto fermo delle mie vacanze estive. Ci andavamo a carrettate, con convogli che sfilavano per la Valnerina. Nella nostra seconda gita, il mio amico Dusan scoprì le pappardelle al ragù di cinghiale della Taverna Castelluccio e nacque un amore imperituro. Il terzo anno, la mia amica Isabella ha scoperto le costolette d'agnello alla griglia e io ho definitivamente abbracciato la tradizione italiana dei "primi" e dei "secondi". E, non posso mentire, anche dei "contorni" e dei "dolci". Quelle lenticchie non si sarebbero mangiate da sole.
Quando mio nipote Cooper aveva 5 anni, lo portammo a Castelluccio. Trovarsi a Pian Grande con un ragazzino è un'altra cosa. Cooper ha preso il volo nei campi di papaveri, correndo e saltando, ridendo e ballando e facendo tutto ciò che faresti in un tappeto di fiori sconfinato, ma che non hai mai fatto. Ha corso fino alla Chiesetta dell’Italia, la cappella situata alla base del Bosco di conifere a forma di Italia e ritorno. Ha raccolto fiori e cacciato farfalle. Ha cavalcato un pony. Si è sempre rifiutato di mettersi in posa per una foto, ma ho sorriso scoprendo di essere riuscita a scattargli una foto mentre correva verso di me da Bosco Italia, a perdifiato. È sempre rimasta sul mio telefono come foto di copertina.
L'anno successivo, il 2016, ho trascinato a Castelluccio 40 persone per festeggiare il mio compleanno. Sei di loro avevano l'età di Cooper. Ammirare un ragazzino che gioca nel Pian Grande è divertente; guardarne giocare sette imprime sul volto un sorriso permanente. Peppe, della Taverna Castelluccio, è stato straordinario, in particolare dopo avergli inviato un'e-mail preventiva in merito a ciò che volevamo mangiare: nove pappardelle al cinghiale, sei penne alla norcina, sette strangozzi funghi e tartufo, nove agnello scottadito alla brace, quattro bistecca di maiale in dolcezza, nove filetto di trota fario gratinato al forno e spaghetti in bianco per i ragazzi. E, dimenticavo, due insalate verdi.
Quel giorno il cielo, come sempre i primi di luglio a Castelluccio, era terso e vibrante. Dopo pranzo, ben sazia, ho sorseggiato un ultimo bicchiere di trebbiano seduta sulla terrazza della taverna ammirando Pian Piccolo, la piccola valle dall'altro lato del paese. I miei amici si sono sparpagliati, chi nei negozi del borgo, chi ad arrampicarsi sulla vetta, alcuni a sgambettare nella variopinta spianata ai nostri piedi. "Puoi avere l'universo," scrisse Giuseppe Verdi, "se mi lasci l'Italia". Sono sicura che si riferisse a momenti come questo.
Ora, trascorsi cinque anni, finalmente abbiamo potuto fare ritorno, dopo il terremoto, la lenta ricostruzione e la persistente pandemia. Abbiamo programmato una passeggiata a cavallo in gruppo e ho scritto un'e-mail a Peppe diverse settimane prima, naturalmente, per prenotare il nostro pranzo. Le foto che aveva postato su Facebook l'ultimo anno mi avevano rincuorata, dopo tutto.


Pochi giorni prima di andare a Castelluccio, alcune persone del maneggio si rivelarono positive al coronavirus.
Annullammo la passeggiata a cavallo, indossammo la mascherina e ci dirigemmo comunque a Castelluccio, assicurandoci di rimanere all'aperto. La nostra era una piccola comitiva stavolta, eravamo solo in quattro. Venne anche Cooper.
Risalendo i tornanti da Norcia, la vista della baita Rifugio Perugia ci spinse a fermare la macchina. L'ingresso era ancora raso al suolo dal terremoto. Superammo la curva e Pian Grande si aprì dinanzi a noi: la stessa aperta vastità, la stessa splendida fioritura.
Ma non lo stesso paese. Il paese antico c'era ancora, ma era un cumulo di pietre franate e di edifici crollati. Mi ero fatta l'idea che avrei trovato ponteggi ed edifici ricostruiti. Questo pensiero era lontano dalla realtà.
Ciò che ho trovato erano nuove strutture temporanee. C'erano prefabbricati appena sotto l'antico paese distrutto, in cui negozianti e venditori ambulanti vendevano salumi e caffè. C'erano turisti, proprio come prima, che seguivano a piedi la strada tortuosa dal borgo a Pian Grande. E c'erano le fioriture di lenticchie, sui tetti dei prefabbricati, dove i residenti le avevano seminate.


Alla Taverna Castelluccio, ora in un prefabbricato, ma pur sempre con una vista spettacolare, Peppe ci accolse con grandi abbracci. Era occupato all'ora di pranzo a servire escursionisti e paracadutisti oltre ai soliti esterrefatti visitatori alla prima esperienza. Preparò a Cooper ciò che chiamava puntine di manzo alla brace, che il ragazzo ha divorato come se non mangiasse da giorni.
Dopo pranzo, raggiungemmo Pian Grande, diretti a Bosco Italia. Mi sentivo benissimo, non triste come avevo temuto. Le lenticchie in fiore piantate sui tetti dei prefabbricati mi raccontavano tutto ciò che c'era da sapere sulla resilienza di Castelluccio. Presi la macchina fotografica e guardai mio nipote, quindi la mappa di conifere dell'Italia in lontananza.
"Ti prego" Implorai il ragazzo.
Questa volta non ci furono smorfie o rifiuti. Con lo stomaco soddisfatto per quel che ora considera il pasto migliore dell'intero viaggio, Cooper corse verso Bosco Italia a tutta velocità, quindi si volse e tornò indietro, imitando la sua performance dei cinque anni. Castelluccio è sopravvissuta, così come questo ricordo.
 

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