RACCONTAMI L'UMBRIA

Dicembre 2018

Gusto e arte nel cuore dell'Italia

Articolo partecipante a Raccontami l'Umbria 2019 - sezione Umbria del Gusto

di Massimiliano Rella

Tra le alte guglie del duomo e nelle profondità degli itinerari sotterranei, scorre lenta la storia di Orvieto, paese “gioiello” in provincia di Terni. Una definizione che calza a pennello poiché la cittadina della Rupe, oltre a custodire testimonianze d’epoche diverse, conserva tradizioni produttive e artigianali di qualità, dai vini all’olio extravergine d’oliva passando per la ceramica artistica.

TRA ARTE E SAPORI

Il paese poggia su un grande masso tufaceo, pianeggiante in sommità. Nel sottosuolo sono state censite decine d’antiche cavità destinate a vari utilizzi, tra cui la produzione e conservazione di vino: Orvieto è per due-terzi sotto terra, una sorta di “frigorifero” naturale. Tradizionalmente, la pigiatura avveniva a livello stradale, mentre la fermentazione del mosto a “temperatura controllata” in vasche di tufo scavate al secondo livello; e al terzo, il più freddo e profondo, si conservavano in vini. Ne parlava anche Mario Soldati in Vino al vino.

Questo sistema sopravvissuto alla seconda guerra mondiale – non alle moderne tecnologie enologiche – ci lascia in eredità un complesso di grotte, pozzi e cavità in parte visitabili con Orvieto Sotterranea, un percorso che da Piazza Duomo ci conduce in ambienti ipogei, cunicoli e sale che conservano resti etruschi, medievali (un frantoio, i colombai per allevare le colombe, ecc.) e rinascimentali. Tra i pozzi storici il più famoso è quello di San Patrizio, realizzato durante il sacco di Roma del 1527 quando papa Clemente VII, rifugiatosi a Orvieto, commissionò il progetto ad Antonio da Sangallo II Giovane per l’approvvigionamento d’acqua a uso della Rocca Albornoz. Scavato a mano nel tufo fino a una profondità di 53 metri, il pozzo ha un sistema di scale a struttura elicoidale: da una si scende, dall’altra si sale, senza incrociarsi mai.

Cambiando prospettiva, la Cattedrale di S. Maria Assunta, il duomo, è lo straordinario capolavoro e simbolo di Orvieto. Costruita tra il 1290 e il 1591, sintesi di diversi stili in prevalenza romanico-gotico, è un concentrato di grandi firme: da Arnolfo di Cambio e Lorenzo Maitani tra i progettisti; a pittori del calibro di Gentile da Fabriano, Beato Angelico e Luca Signorelli; quest’ultimo autore degli splendidi affreschi del Giudizio Universale della cappella di San Brizio, dove Michelangelo venne a prendere ispirazione per la Cappella Sistina.

Per gustare la cucina Orvietana, c’è Mamma Angela, trattoria verace ma accogliente, che propone piatti tipici come il baccalà all’Orvietana, cotto in padella con pomodorini, uvetta, sedano, pinoli e cipolla in agrodolce. Osteria di stile moderno è invece quella gestita dai fratelli Delli Poggi, con cucina tradizionale rivisitata. E per portare a casa un ricordo, si può optare per le creazioni dello Studio d’Arte Ceramica Moretti, proprio in Piazza Duomo, con pezzi unici colorati e originali dell’artista Marino Moretti. O anche, per un regalo particolare, L’Orvietan, l’antico amaro medicinale un tempo venduto in strada e ora riscoperto e prodotto artigianalmente. 

DINTORNI DI GUSTO

Ma altri gioielli ci attendono nella campagna orvietana, oli e vini soprattutto.

Va premesso che se una parte dei produttori guarda ai numeri più che alla qualità, c’è un nucleo di aziende storiche che persevera in una produzione d’alto livello. Orvieto vale 13 milioni di bottiglie l’anno: circa l’80% del vino è fatto e imbottigliato da aziende che hanno sede altrove, anche fuori regione e a centinaia di chilometri. Comunque il vino identitario è l’Orvieto Classico Superiore Doc, un bianco paglierino, fresco e dal finale leggermente amarognolo, ottenuto da un uvaggio di Procanico e Grechetto (minimo 60%) e altre uve a bacca bianca. C’è poi un prodotto di nicchia, il Muffato Orvietano, che è un generoso “dono” dell’autunno: l’arrivo delle fitte nebbie mattutine, che avvolgono le vigne, crea un microclima ideale per la formazione della botrytis cinerea, una muffa che in particolari condizioni atmosferiche si trasforma in “muffa nobile”, capace di disidratare l’acino e concentrarne zuccheri e acidità. Il risultato è un bianco da dessert da uve Grechetto e Grecanico e altri vitigni, sfumature color oro e profumi avvolgenti di miele, albicocca e zafferano. Sono appena cinque le cantine che fanno i Muffato: Barberani, Castello della Sala, Decugnano dei Barbi, Neri e Palazzone. Palazzone, del produttore Giovanni Dubini, offre anche ospitalità in una raffinata locanda da poco ristrutturata, una costruzione del ‘200 con camere e ristorante. Invece il suo vanto enologico è il Musco, un bianco “ancestrale” da uve Procanico, Verdello e Malvasia coltivate insieme in una piccola vigna, come si faceva un temo, e vinificate e affinate in una grotta di tufo, come voleva la tradizione orvietana.

La cantina Barberani, dei fratelli Niccolò e Bernardo, produce invece al lago di Corbara in una struttura realizzata secondo criteri d’architettura sostenibile: un tetto auto-illuminante Aliant che fa trasparire la luce ambiente, una climatizzazione semi-naturale grazie a una “galleria del vento” progettata dalla Minardi per sfruttare l’aria fresca notturna e un ciclo dell’acqua che parte da sorgenti locali fino all’immissione in lago. Il tutto con grande risparmio energetico già dagli anni ’80. Ma il principale punto d’accoglienza dei Barberani è in centro storico: un’ampia B davanti al duomo. Tra gli assaggi non perdere il Calcaia è un Orvieto Doc Classico Superiore Dolce Muffa Nobile, fantastico con formaggi, antipasti di fegato grasso e pasticceria secca. La tappa successiva è al Castello della Sala, l’azienda umbra dei Marchesi Antinori, noti produttori toscani. Tra i gioielli enologici c’è il Muffato della Sala, un vino di culto fatto con uve Sauvignon, Grechetto, Sémillon, Traminer e Riesling. Lo troviamo nella bottega del Castello con altre etichette blasonate come il bianco Cervaro della Sala, altro vanto dell’enologo Renzo Cotarella. La quarta visita in cantina è da Claudio Barbi e dal figlio Enzo, proprietari di Decugnano dei Barbi, azienda che già nel 1978 produsse il primo metodo classico umbro e nel 1981 la prima muffa nobile italiana. Le bollicine affinano quattro anni sui lieviti in una cantina scavata nel tufo sotto una collina dove poggia la villa e wine resort, la piscina panoramica e i locali per feste e cerimonie.

Dal vino all’olio il passo è obbligatorio anche perché uno tra i più premiati produttori umbri è operativo qui nell’area della Dop Umbria Colli Orvietani, un extravergine certificato e fatto con assemblaggio di varietà frantoio, leccino e moraiolo. Lo andiamo a provare al frantoio di Eugenio Ranchino, titolare con la moglie Silvia di un’azienda di 50 ettari in un unico corpo appena fuori Orvieto. “Dal punto di vista olivicolo siamo indietro perché si è puntato sulla viticoltura abbandonando l’olivo, che è meno redditizio” premette Ranchino. “Noi invece abbiamo creduto in questo territorio di suoli vulcanici, espressione di un’olivicoltura più simile a quella laziale, ma con varietà umbre. Così, abbiamo cercato di migliorare il caratteristico fruttato leggero di quest’area lavorando sulla perfezione del prodotto, l’assenza di difetti, gli aromi riconoscibili. Suoniamo la stessa musica del nord del Lazio – conclude Ranchino – ma a volume più basso”.

LIBRI il territorio in parole 

MIRABILIA. IL POZZO DI SAN PATRIZIO A ORVIETO autori vari (Mirabilia Orvieto 2015) Un testo che racconta il celebre pozzo, anche attraverso gli scatti del fotografo Patrick Nicholas, evocando tutta la forza della storia, della leggenda e dei significati simbolici ad esso legati.
LA TUSCIA DEL VINO 2017/2018 a cura di Carlo Zucchetti (Carlo Zucchetti, 2017) Una guida che esplora una zona dalle grandi potenzialità: dalla Doc Orvieto, al Ciliegiolo di Narni, passando per la Doc Bianco di Pitigliano e il Costa Etrusco Romana, fino a Veio.
LADRO CONTRO ASSASSINO Giorgio Scerbanenco (Garzanti 2001) Un giallo ambientato a Orvieto, pubblicato nel 1971, dopo la morte dell’autore, La storia dell’ex detenuto Mario Marria alle prese con un nuovo crimine di cui per non è responsabile.

L’ITINERARIO IN 3 GIORNI

Venerdì Ore 10 Arrivo a Orvieto e sosta alla cattedrale di S. Maria Assunta, con visita all’interno per ammirare gli affreschi del Giudizio Universale nella cappella di San Brizio. Ore 12 Pranzo all’osteria Delli Poggi, in corso Cavour 194, per assaggiare i sapori locali rivisitati in chiave contemporanea. Ore 15 Pomeriggio dedicato a Orvieto Sotterranea, un percorso che da Piazza Duomo conduce in ambienti ipogei, cunicoli e sale con resti etruschi e medievali. Ore 20 Cena e pernottamento all’Altarocca Wine Resort, a 6 km dal centro di Orvieto, per godere della tranquillità della campagna umbra.

Sabato Ore 10 Mattinata dedicata alla visita delle cantine di Decugnano dei Barbi, in località Fossatello. A 18 km da Orvieto. Ore 12 Pranzo a Villa Barbi, presso la cantina Decugnano dei Barbi. Dopo pranzo, rientro a Orvieto per un po’ di shopping gastronomico. Ore 15 Visita del centro storico di Orvieto, con soste presso la chiesa di San Giovenale e la chiesa di Sant’Andrea. Ore 20 Cena al ristorante I Sette Consoli, in piazza Sant’Angelo 1. Pernottamento presso i Grand Hotel Italia in Via di Piazza del Popolo 13.

Domenica Ore 10 Visita dei palazzi storici di Orvieto, come Palazzo Soliano, che ospita il Museo Emilio Greco, e Palazzo Papale, che ospita il Museo archeologico. Ore 12 Pranzo da Mamma Angela, per assaggiare le specialità tradizionali come il baccalà all’orvietana. Ore 15 Visita del Castello della Sala, in località Sala 1 a 16 km da Orvieto. Rientro nel tardo pomeriggio per shopping gastronomico. Ore 20 Cena e pernottamento presso l’hotel Villa Ciconia, in via dei Tigli 69.

 

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