RACCONTAMI L'UMBRIA

28 Febbraio 2018

Professione adrenalina

Articolo partecipante a Raccontami l'Umbria 2019 - sezione Turismo Ambiente e Cultura

di Pietro Adami, Gabriele D Angelo

Arrampicata, paracadutismo, parkour. Cresce in Umbria la passione per il brivido. Ma non chiamateli “sport estremi”

In volo - Andrea Proietti ripiega con cura il paracadute dopo l’ennesimo atterraggio. Si dirige verso l’hangar, si sfila l’imbracatura e apre leggermente la zip della tuta. L’istruttore della scuola di paracadutismo The Zoo di Terni si è appena buttato da un aereo in volo a 4mila metri da terra, ma quando gli si chiede se il suo sia o meno uno sport estremo scuote la testa: << Lo consideriamo estremo solo perché non siamo stati addestrati culturalmente a farlo. Ma è una forma mentis tutta italiana, creata dai media, che parlano di paracadutismo solo quando c’è un incidente>>.

Gli incidenti però, riguardano soprattutto il base jumping, dove i lanci si effettuano da quote molto più basse, spesso con un solo paracadute: <<Io li definisco scritti a matita – confessa Proietti – per loro ogni volo è una roulette russa. Lì hai una sola possibilità, noi ne abbiamo due>>. Nel paracadutismo sportivo infatti, ci si lancia sempre con due paracadute, uno principale e uno di emergenza. Un altimetro acustico e uno legato al polso segnalano quando aprire la “vela”; e anche in caso di malore o di svenimento, una speciale capsula fa sì che il paracadute si apra automaticamente ad una certa quota: <<Con le attrezzature odierne abbiamo raggiunto un livello di sicurezza pari al 100%>> sostiene ancora l’ex pilota di moto. Prima di prendere il volo, infatti, Andrea correva e faceva gare motociclistiche. Poi, vent’anni fa, il grande salto: <<Un amico mi chiese di fare un corso di paracadutismo. Accettai, e adesso eccomi qua>>.

La scuola di paracadutismo di Terni è una delle principali in Italia. Con circa 20mila lanci e 200 associati all’anno è seconda solo  a quelle di Reggio Emilia e di Fano. Per fare il “battesimo dell’aria” basta associarsi e recarsi all’aviosuperficie civile Leonardi: 15 minuti di preparazione con l’istruttore e si è subito pronti a saltare in cielo. Quando la pista è ormai diventata una piccola striscia grigia, arriva il momento del lancio: <<E’ un atto contro natura, devi lottare contro il tuo istinto – sostiene Marco D’Urbano, altro membro del team di The Zoo – ti chiedi, perché devo abbandonare l’aereo? La risposta arriva appena trovi il coraggio di buttarti>>.

Nei 50 secondi di caduta libera si raggiungono come minimo i 200 km all’ora. Poi, c’è la seconda parte del lancio, quella “a vela aperta”. Tre minuti circondati solo dal cielo, nel silenzio più totale. Ad un certo punto l’istruttore ti dà i comandi in mano: <<Adesso guida tu!>>. Per guidare bastano due maniglie: se tiri quella di destra vai a destra, se tiri la sinistra vai a sinistra. Se vuoi fermarti invece, basta tirare entrambe le maniglie. A non fermarsi, invece, è l’ascesa del paracadutismo sportivo in Umbria: <<Negli ultimi anni sono sempre di più a voler provare – racconta Proietti – la coppia che salta insieme a San Valentino, l’addio al celibato, qualcuno ha pure chiesto alla ragazza di sposarsi dopo l’atterraggio>>.

Altra cosa, ovviamente, sono i voli con la tuta alare. La quota e le dinamiche sono le stesse, ma per poter saltare nel vuoto bisogna avere almeno 200 lanci col paracadute alle spalle. Per D’Urbano il ricordo più bello è proprio <<il primo lancio in tuta alare, quando sono passato attraverso una nuvola: è stato qualcosa di incredibile>>.

Oltre la montagna – Il minuscolo borgo di Ferentillo è circondato da un panorama mozzafiato. Lo preannuncia la strada per raggiungerlo, che da Spoleto si dipana nel cuore della Valnerina. Eleganti pareti di roccia nascondono la vista a porzioni di cielo e accendono l’appetito degli arrampicatori. E’ qui che ogni settimana 200 appassionati si ritrovano per scalare l’imponente falesia a pochi passi dal centro cittadino. <<Nel 1988 è stata la prima parete a livello europeo ad essere finanziata da un Comune>>, racconta Alvise Mario, professione guida alpina. L’arrampicata ce l’ha nel dna: suo padre Luigi, 80 anni, è uno dei più grandi scalatori italiani. E pure la madre, giapponese, è scalatrice. Di lei Alvise ha preso gli occhi a mandorla. Dal padre invece, buddista praticante, ha ereditato la capacità di meditare e controllare il respiro: <<Andiamo ancora a scalare assieme. La prima via l’ho fatta con lui a 8 anni sul Gran Sasso>>.

Ferentillo è la palestra perfetta dove prepararsi alle impervie sfide delle Alpi. <<Abbiamo scalate adatte a tutti i livelli, anche per i principianti>>. Pure Alvise, come il paracadutista Andrea Proietti, è allergico alla definizione di sport estremo: <<Se si mantiene la giusta concentrazione l’arrampicata è sicura: basta sempre ricordarsi che si è a 30 metri di altezza>>. A trent’anni dall’apertura della prima via a Ferentillo e con migliaia di scalate alle spalle, non è ancora stanco: <<Sono come un pianista che esegue sempre lo stesso brano, provo sempre un nuovo piacere>>.

L’arte di spostarsi – Non sembra stancarsi neanche Simone Ilicorgna, mentre si allena in una palestra perugina. Lui non scala le montagne, ma evita ostacoli metropolitani con salti e acrobazie. Simone è istruttore di parkour, o meglio art du deplacement (arte dello spostamento), come preferisce definirla: <<Negli ultimi anni il parkour ha cambiato spirito, ha introdotto la competizione perdendo di vista i suoi valori originali. Noi cerchiamo di rispettarli ancora>>.

L’arte dello spostarsi nasce negli anni ’80 ad Evry, sobborgo di Parigi. Un gruppo di ragazzi, sotto il nome di Yamacasi (spirito forte), inizia a trasformare la banlieu in un grande parco giochi: saltano per la città, adattano i propri corpi all’ambiente. Vengono notati e, anche grazie a internet, diventano famosi. Simone nel 2008 è uno dei tanti ragazzi italiani rapiti dai video su YouTube di questi saltimbanchi urbani. Attraverso i forum trova altri appassionati e crea a Terni la prima associazione umbra. Oggi la Add Academy è una delle tre Accademia italiane ad essere riconosciuta ufficialmente dai fondatori parigini. Un centinaio di soci l'anno, la maggior parte ragazzi, ma c'è anche qualche over 50. Due volte a settimana ci sono gli allenamenti, a Terni e a perugia. <<Marco non mi svenire>> scherza Simone con un ragazzo stremato dopo un esercizio. la palestra è solo l'inizio, il vero banco di prova è la strada. <<Andiamo spesso in periferia, a incontrare persone nuove>>. Anche per Simone, come per Alvise, la parola “estremo” è bandita, sostituita dal sacro valore della condivisione: <<Cerchiamo sempre di aiutare i nostri compagni in difficoltà>>.

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