STUDI E RICERCHE

30 giugno 2011

Le medie imprese eccellenti

di Davide Castellani, Fabrizio Pompei

 Introduzione

Numerosi studi hanno in passato documentato che la produttività del lavoro e la redditività delle imprese della Provincia di Perugia e, più in generale, umbre, sono più basse della media nazionale in gran parte dei settori della manifattura e delle costruzioni. Tuttavia dietro a valori medi relativamente bassi si può nascondere una notevole eterogeneità tra imprese migliori ed imprese peggiori. In un recente studio abbiamo affrontato proprio questo aspetto (1). L’idea centrale è stata infatti quella di individuare una pattuglia di imprese eccellenti all’interno delle società di capitale con più di 50 addetti, operanti nella manifattura e costruzioni (2), che possano rappresentare un benchmark per rafforzare la competitività della Regione e della Provincia. La nostra analisi suggerisce che il gruppo delle imprese eccellenti si caratterizza non solo per avere le migliori performance economiche nel periodo 2000-2008, ma anche caratteristiche peculiari in termini di composizione dell’occupazione, struttura organizzativa, natura degli investimenti e propensione all’innovazione e all’internazionalizzazione.

Le performance economiche delle imprese eccellenti

Sono state definite eccellenti le imprese che hanno raggiunto una produttività del lavoro persistentemente elevata, ovvero quelle che, nel periodo 2000-2008, si sono attestate sempre tra le 40 imprese (il 33%) con produttività più alta. In modo esattamente speculare sono state definite in difficoltà quelle imprese che figuravano tra le 40 imprese con la produttività più bassa. Su un totale di 118 imprese, 31 sono le imprese eccellenti e 26 quelle in difficoltà. Sebbene le imprese eccellenti siano più frequenti tra le imprese medio-grandi, ne esiste un buon numero anche tra le imprese minori (50-69 addetti) (3). L’eccellenza nella produttività del lavoro (ovvero nell’efficienza tecnica) si rifletta anche in migliore redditività (espressa sia come redditività industriale (ROA), che come redditività del capitale proprio (ROE)). Infatti tutte le imprese eccellenti mostrano sempre un livello di profittabilità più alta sia delle imprese in difficoltà che del resto del campione, malgrado il sensibile shock che si è registrato nel triennio 2003-2005 (figura 1). Il rapporto strettamente positivo tra alta produttività del lavoro ed alta profittabilità, può anche essere spiegato con una politica di impresa che riesce a contenere il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP). L’andamento del CLUP mostra infatti che il livello del costo del lavoro nelle imprese eccellenti si è mantenuta stabile attorno al 50% del valore aggiunto. E questo è avvenuto senza comprimere i salari reali medi, che invece nell’intervallo temporale considerato maggiore sono addirittura cresciuti del 26%. Quindi nelle imprese eccellenti il valore aggiunto è cresciuto allo stesso tasso dei salari reali medi (4). Le imprese migliori hanno poi avuto una dinamica virtuosa anche nel livello di indebitamento. A fronte di una incidenza dei debiti totali sul totale delle fonti di finanziamento attorno al 65% nel triennio 2000-2002, nei sei anni successivi tra le imprese eccellenti l’indebitamento scende di circa 10 punti, mentre nelle imprese in declino sale fino a circa il 70%.

Le caratteristiche delle imprese eccellenti

Al fine di elaborare una sorta di ‘identikit’ delle imprese migliori, abbiamo sottoposto alle 118 imprese analizzate in precedenza un questionario che ne rivela importanti peculiarità sotto il profilo qualitativo. Delle 59 imprese che hanno risposto al questionario, poco meno del 20% sono classificate come eccellenti e altrettante risultano in difficoltà. Le imprese migliori hanno un profilo più qualificato delle risorse umane. Le imprese eccellenti hanno una quota maggiore di operai qualificati, quadri e, soprattutto, dirigenti esterni alla famiglia (figura 2). Esistono poi importanti differenze di genere nell’occupazione delle imprese eccellenti: le imprese eccellenti hanno più donne a livelli decisionali alti, mentre quelle in declino assumono donne soprattutto come operai comuni o apprendisti (figura 3). Vale la pena segnalare che nelle imprese peggiori non c’è nemmeno una donna tra quadri e manager esterni alla famiglia. L’indagine ha anche evidenziato come nelle imprese eccellenti sia più alta la quota di laureati e diplomati sul totale dell’occupazione. Un aspetto che discrimina piuttosto bene le imprese migliori da quelle in ritardo è certamente la propensione all’investimento: in media solo il 3,3% delle imprese dichiara di non avere effettuato alcun investimento, ma queste imprese sono tutte tra le imprese in difficoltà (figura 4). Le imprese eccellenti hanno poi una maggiore propensione ad innovare sia i prodotti, che i processi, ma è nelle innovazioni organizzativo-gestionali, che si osserva la differenza maggiore tra le imprese migliori e quelle in ritardo (figura 5). La maggiore propensione ad innovare si riflette in un maggiore orientamento all’internazionalizzazione (figura 6). In particolare, va segnalato che le imprese migliori hanno una maggiore propensione sia a servire mercati di sbocco all’estero, che a ricercare maggiore competitività mediante l’acquisto di tecnologia straniera (generalmente incorporata nei beni strumentali) o nella frammentazione internazionale della produzione (che si riflette nell’acquisto di beni e servizi intermedi da fornitori esteri).

Conclusioni

La ricerca illustrata in queste pagine mette evidenza come ad un ristretto gruppo di imprese eccellenti sotto il profilo della produttività siano anche attribuibili comportamenti virtuosi in termini di profittabilità, competitività di costo e struttura finanziaria. L’indagine quali-quantitativa svolta consente poi di definire un profilo dell’impresa di successo che mette al centro della propria strategia la qualità delle risorse umane e dell’organizzazione. Nelle imprese migliori è infatti più alta la quota di occupati con un diploma superiore o con una laurea, sono presenti più quadri e dirigenti esterni alla famiglia e, tra queste figure manageriali, è più alta la presenza di donne. Complementari a questi livelli di capitale umano, troviamo nelle imprese eccellenti investimento con un più alto contenuto di tecnologia incorporata ed una maggiore propensione ad innovare e ad internazionalizzarsi. La nostra analisi fornisce importanti indicazioni per le strategie delle imprese e per la politica industriale. Per le imprese, avere individuato alcune caratteristiche chiave che definiscono un profilo di impresa di successo consente di avere un benchmark rispetto al quale rapportare le proprie caratteristiche e le proprie strategie. Per la politica industriale, un’analisi che punti ad identificare le imprese eccellenti e le loro caratteristiche è importante perché consente di calibrare interventi che premino le imprese migliori e nello stesso tempo creino le condizioni di contesto affinchè nuove imprese eccellenti possano emergere.

Note

 (1). Rimandiamo il lettore interessato ai dettagli dell’analisi a riferirsi al Rapporto sulle medie industriali della provincia di Perugia, pubblicato dalla Camera di Commercio di Perugia.

(2). La necessità di avere informazioni complete sui bilanci relativi al periodo analizzato (dal 2000 al 2008) ci ha guidato nella selezione di 118 imprese, che sono state riclassificate in 5 macrosettori (Industria Alimentare, Leggera, Pesante, Meccanica e Costruzioni) ed in tre classi dimensionali: imprese medio-piccole (50-69 addetti), imprese medie (70-100 addetti) ed imprese medio-grandi (più di 100 addetti).

(3). Le eccellenti sono più frequenti nelle Industrie Alimentari e relativamente meno rappresentate nell’Industria Pesante, inoltre sono mediamente più grandi: 26 su 31 imprese eccellenti (80%) hanno più di 70 addetti (classe media e medio-grande), mentre la metà delle imprese in difficoltà appartengono alla classe dimensionale delle medio-piccole (50-69 addetti).

(4). La stabilità che il CLUP mostra nel gruppo delle imprese in declino, indica che anche in questo caso si è avuta una dinamica simile, con valore aggiunto e costo del lavoro che sono cresciuti allo stesso tasso. Tuttavia nelle imprese in declino il costo del lavoro ha una incidenza molto più alta sul valore aggiunto prodotto, mentre i salari medi reali, e quindi anche la produttività, sono cresciute molto meno rispetto alle eccellenti.

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