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27 giugno 2014
Le Camere di Commercio e le norme di riforma
di Mario Pera
Ogni volta che si parla di riforma della pubblica amministrazione c’è chi in prima battuta cerca l’interpretazione che consenta di affermare che la nuova norma si applica per tutti tranne che al proprio ente, chiamandosi fuori dal perimetro di applicazione. Soltanto poi ci si interroga su quali sono le sanzioni nel caso di non applicazione della norma e infine, se proprio si deve fare qualche cosa, ci si appiattisce sull’adempimento facendo il minimo indispensabile senza stravolgere troppo l’esistente. Questo atteggiamento, di cui è ricca la cronaca delle riforme della nostra pubblica amministrazione, va sotto il nome di “rispetto dell’adempimento senza riformare nulla” ovvero un distillato di burocrazia pura. Fortunatamente, esistono altre amministrazioni che leggono le norme di riforma non come una minaccia organizzativa, ma come l’occasione per fare e per innovare: le Camere di Commercio sono tra queste. Si sfrutta la norma per rendere urgente ciò che prima era solo importante, sapendo che l’innovazione segue le priorità delle esigenze e non il formalismo delle norme.
Le Camere di Commercio tendono non di rado a collocarsi tra i pionieri e le avanguardie: così è stato nel 2007 per la disciplina contabile, finanziaria e patrimoniale quando Camere di Commercio, per prime tra le pubbliche amministrazioni, si sono dotate della contabilità economico-finanziaria abbandonando la contabilità finanziaria pura. Così è anche stato durante le ultime stagioni normative per la gestione della performance, per la trasparenza, per l’adozione di strumenti per la lotta alla corruzione: le tre grandi riforme degli ultimi cinque anni. Su questi temi le Camere di Commercio hanno fatto scuola tanto che la stessa Civit, oggi Anac, attraverso convenzioni ed accordi ha utilizzato le best practices delle Camere per offrire spunti operativi ed esempi ad altre amministrazioni. I motivi di questa favorevole situazione vanno ricercati in tre punti di forza.
Il primo elemento: le Camere di Commercio, se per metà possono essere definite amministrazioni pubbliche o, meglio, autonomie funzionali, per molti aspetti simili agli enti locali, per metà sono strutture quasi private a causa dell’aria che si respira nei Consigli e nelle Giunte composte da imprenditori e per la pressione sui risultati esercitata dalle stesse imprese che a esse chiedono servizi e supporto. Sono amministrazioni i cui profili professionali si confrontano con la domanda di efficienza delle imprese del settore privato. Operano in concorrenza di immagine tra loro anche se sono distanti chilometri e hanno tutte una storia operativa quasi sempre segnata da passaggi non di burocrati, ma di imprenditori e professionisti che ne hanno scandito e sedimentato le stagioni organizzative. Elementi questi che non si riscontrano in altre amministrazioni.
Il secondo elemento è un approccio operativo molto pragmatico: le Camere di Commercio si muovono in gruppo o, meglio, in rete, non si nascondono dietro il solito alibi “noi siamo differenti” per nascondere il non fare. Certamente, Roma e Milano, se non altro per numero di dipendenti e aziende aderenti, non sono uguali a Rieti o Cosenza, ma qui entra in gioco il ruolo di Unioncamere, un’associazione di categoria di secondo livello, che al contrario di altre strutture simili svolge un ruolo trainante e importante: fa da delivery unit delle riforme, da laboratorio di metodologie e tecniche, da centro di sperimentazione, da elemento di diffusione ed evangelizzazione tecnica che consente quell’allineamento verso l’alto che non è riuscito a tante altre categorie di amministrazioni pubbliche pur se gestionalmente meno complesse. Il sistema camerale, posizionandosi da sempre sulle esigenze delle imprese, si trova costantemente in anticipo quando arriva il momento di applicare le norme. La cosa non è di poco conto, anche se purtroppo sfugge a chi guarda le Camere di Commercio con superficialità dall’esterno. Per onestà va detto che, a differenza di altre pubbliche amministrazioni, le Camere di Commercio dispongono di risorse finanziarie dedicate, ma sta proprio nel dedicare risorse a progetti innovativi la scelta gestionale vincente che a sua volta poggia su due leve potenti: la formazione e il meccanismo del fondo perequativo. Quest’ultimo, finanziando progettualità di sistema, consente una solidarietà tecnica anche per le Camere più piccole, meno ricche e meno strutturate.
Il terzo elemento, infine, è il supporto informatico e tecnologico fornito da Infocamere S.c.p.a., struttura della rete che ha consentito di realizzare progetti di sistema realizzando notevoli economie di scala ed evitare l’errore di realizzare ciascuno per conto proprio sistemi e supporti diversi, che poi non si parlano tra loro, a costi diversi e spesso elevati e senza risultati. Spesso nelle nostre pubbliche amministrazioni si fa confusione tra spesa e investimento: se si spendono soldi e la produttività non aumenta, non si realizzano investimenti, ma si sono semplicemente sostenute delle spese e forse realizzati degli sprechi. Questo nel sistema camerale non è avvenuto: un’eccezione che dovrebbe essere la regola.
La conclusione è che il modello operativo delle Camere di Commercio e del sistema camerale è certamente migliorabile, ma va comunque letto come un caso da imitare, osservare e studiare attentamente. Negli anni della Presidenza di Giorgio Mencaroni (2009 - 2014) abbiamo lavorato per dare centralità alla Camera di Commercio di Perugia nella logica di evitare sovrapposizioni con altri enti per quanto riguarda lo sviluppo economico del territorio. Ci siamo specializzati sui temi propri del sistema camerale, concentrandoci, in particolar modo, nell’individuazione delle vocazioni di questo territorio: incentivi all’attrattività turistica, sostegno alla spesa per progetti infrastrutturali (Aeroporto di Perugia e Quadrilatero Umbria - Marche), accesso al credito attraverso il sostegno ai confidi e con i bandi per gli investimenti e la ricapitalizzazione, spunto all’innovazione attraverso le reti d’impresa, internazionalizzazione con i bandi fiere estero e internazionali in Italia. Tutto ciò ponendo al centro le relazioni con le associazioni.