RACCONTAMI L'UMBRIA

L'Umbria nella cultura russa del secolo d'argento

Articolo finalista per la sezione Turismo, Ambiente e Cultura - Raccontami l'Umbria 2016

di Tatiana Bassova, Gamer Bautdinov

TESTATA: Vesprokat.ru

DATA DI PUBBLICAZIONE: 3 Marzo 2016

 

L’UMBRIA  NELLA  CULTURA  RUSSA  DEL  SECOLO  D’ARGENTO

Fin da bambino – visioni e sonni,

Foschia umbra che ti carezza.

Aleksandr Blok

 

Tutta l’Umbria da angelo in abito puro,

E come sempre, da secoli remoti,

La campana di vespro si sente da Assisi.

Sergej Solov’ёv

 

La narrazione sui legami storici della Terra Umbra con la Russia deve partire, per forza, dal viaggio del francescano Giovanni da Pian del Carpine noto nella storiografia mondiale come Plano Carpini. Fu proprio lui, nativo di Magione, dislocato a due passi dal Lago Trasimeno, che fece conoscere per primo agli europei le immense distese euroasiatiche. Verso la metà del Duecento egli si diresse nella residenza del Gran Khan Mongolo e nel giro di circa due anni e mezzo compì un difficilissimo viaggio e, una volta tornato in Patria, raccolse le sue note di viaggio nella “Storia dei Mongoli”. Ne parlo` pure delle terre che più tardi entrarono a far parte del territorio della Russia di oggi.

Alla scoperta dell’Umbria

I russi cominciarono a conoscere le terre umbre a partire dal secondo Cinquecento. I primissimi furono le ambascerie dello zar – prima di Ivan il Terribile e dopo di Pietro il Grande. Di solito esse, inviate a Roma Papale, raggiunta Venezia, proseguivano via Ferrara, Faenza, Rimini e con la tappa obbligatoria a Loreto siccome nella Russia di allora si sapeva già del miracolo della Santa Casa di Nazareth, abitata da Maria e trasportata, secondo la tradizione, dagli Angeli. Poi i viaggiatori da Serravalle passavano in Umbria e facevano l’antica via Flaminia con Foligno, Spoleto e Terni sull’itinerario.

Di solito si limitavano a scrivere poche righe sui loro viaggi, il che fu caratteristico anche per altri viandanti, compresi i letterati. Tali note le lasciò, ad esempio, il drammaturgo Denis Fonvizin che visitò l’Italia negli anni 1774-1775. Perfino nell’Ottocento, quando ormai l’Italia divenne centro di attrazione per coloro che erano appassionati del bello, l’Umbria veniva citata raramente nelle note di viaggio e nelle lettere dei russi. Lo storico d’arte Michail Alpatov lo spiegò col fatto che quasi tutti i viaggiatori si affrettavano a raggiungere Roma senza perdere il tempo altrove. Mentre il letterato Pavel Annenkov, che visitò l’Umbria durante l’estate del 1841, scrisse: “Non vorrei descrivere né Foligno, né Terni con la sua Cascata, né Spoletto (sic!), né altri posti... tutto questo lo si può trovare nelle innumerevoli descrizioni dell’Italia”.

Fece eccezione, forse, solo Aleksandr Certkov che si occupava di archeologia, storia, numismatica, fu collezionista di libri e fondatore della primissima biblioteca pubblica a Mosca.

Egli effettuò un lungo viaggio in Europa e ne pubblicò un diario, molto ampio e dettagliato. Alcune sue pagine sono dedicate all’Umbria che Certkov visitò all’inizio di gennaio del 1824. Il suo racconto si distingue dagli scritti di altri viaggiatori russi per il fatto che egli non solo segna il suo itinerario in modo molto meticoloso ma descrive molto bene la natura e i monumenti, ravviva fatti storici e fa un’alta valutazione del lavoro degli umbri: “Basta dare un’occhiata ai campi italiani ben lavorati, nonostante il terreno locale sassoso, per poter constatare che i contadini italiani sono assai laboriosi”.

Ne scrisse pure il professore Ivan Tsvetaev che poi fondò il Museo delle Belle Arti a Mosca. In Italia egli condusse le ricerche sulla vita e cultura degli antichi popoli della Penisola. Durante il viaggio in Abruzzo, “terra dei popoli di origine sabina”, Tsvetaev osservò: “Terni, antica Interamna, patria presupposta dello storico Tacito, è sita in una valle pittoresca ben irrigata da due rami del fiume Nera. Questa città col suo aspetto esterno esercita un’impressione estremamente piacevole... L’impronta del benessere e dell’agiatezza si sente in tutta la sua popolazione, le cui fonti di profitto sono costituite dalla vinicoltura e dai ricchi raccolti che le danno i campi ben lavorati. La posizione geografica sul gran tratto romano-fiorentino si riflesse ovviamente su una civilizzazione notevole della vita. La pulizia nelle strade, un mantenimento accurato degli edifici pubblici e delle case private, un ambiente ricercato di caffetterie e ristori – tutte queste peculiarità, non comuni per una città provinciale d’Italia, si notano subito”. Nel luglio del 1880 Tsvetaev venne a Terni dove si accorse perfino del “Caffé Americano”.

Il Secolo d’Argento

La vera scoperta dell’Umbria da parte dei russi avvenne a cavallo dei secoli XIX-XX – in quel periodo che nella cultura russa viene chiamato il Secolo d’Argento. Allora spuntò un’intera generazione di giovani talenti nella letteratura, nella musica, in teatro, nelle arti figurative, nell’architettura. I lavori di questi autori piacquero tanto non solo ai concittadini, ma fecero glorificare i loro nomi anche all’estero. Basta dire, per esempio, che Sergej Djagilev presentò a Parigi le versioni completamente nuove dei balletti e delle opere russe, che entusiasmarono il pubblico e entrarono a far parte della storia del teatro mondiale sotto l’insegna delle “Stagioni Russe” (o “Balletti Russi”).

L’Italia continuava ad attrarre i viaggiatori russi, in modo particolare i poeti, gli scrittori, i pittori che cominciarono a scoprire l’Umbria, una terra tranquilla, serena, romantica, sita nel centro della Penisola. Tutto questo si riflesse sia nella letteraura, che nella pittura di allora.

Una sorta di epigrafe all’immagine poetica dell’Umbria possono essere le strofe del poeta Vjačeslav Ivanov, uno dei grandi del simbolismo russo, il quale dedicò all’Italia numerose poesie. Per citarne qualcuna:

Vi vedo, vette divine,

Dei monti umbri cristallo blu!

Mentre nella “Perugia” Aleksandr Blok, un altro grande della poesia russa, presenta l’Umbria cosi`:

Giornata semigaia, semiattiva,

Caligine azzurra di montagne umbre.

Questa poesia entrò a far parte dell’ampio ciclo delle “Poesie Italiane” che il poeta compose dopo il viaggio in Italia nel 1909. Ne fanno parte anche alcune altre poesie dedicate all’Umbria: “La ragazza di Spoleto”, “L’Annunciazione”, “Epitaffio di fra Filippo Lippi”. L’ultima poesia inizia cosi:

Qui giaccio io, Filippo, il pittore per sempre

Immortale

È dedicata alla memoria del famoso pittore, sulla cui lapide sepolcrale, che si trova nel Duomo di Spoleto, furono incise le parole di Angelo Poliziano nel XV secolo.

L’Umbria, nonché tutta l’Italia, affascinò Michail Kuzmin, un altro prestigioso poeta del Secolo d’Argento. Vi venne in primavera nel 1897 e l’Italia “dove l’arte germoglia da ogni sasso...” trovò riflesso sia nella sua poesia che nella prosa. Nei periodi italiani di Kuzmin ci sono anche poesie dedicate all’Umbria, ad esempio, “Le canne del Trasimeno”. Ne scrive anche un altro noto poeta, Nikolaj Gumilёv, nella poesia “Il lago Trasimeno”:

Tutto verde, con onde schiumose,

Come manciata d’acqua, presa dal mare...

Kuzmin continua col tema dell’Umbria nelle poesie “Assisi” e “Il viaggio ad Assisi”. Nella prima cominciano a fiorire “i fioretti del caro fratello Francesco” mentre l’Umbria è “la madre degli orizzonti pensierosi” dove “gli angeli non videro miglior paese”. Alla figura di San Francesco il poeta si rivolge anche nella sua seconda poesia:

Rugiada viva sulla erba,

Garrito di uccelli in sù –

Vi glorificava e benediceva

Fratel vostro Francesco.

Il culto del Santo

L’interesse degli intellettuali russi verso l’Umbria veniva spiegato anche dal fatto che molti di loro cercavano di raggiungere Assisi per poter comprendere in modo più profondo il fenomeno di San Francesco. Vi vennero non solo letterati e filosofi ma anche pittori. Le immagini di Assisi sono apparse nelle tele di Michail Botkin e Zinaida Serebrjakova mentre Aleksandr Golovin, autore del quadro “La Valle dell’Umbria”, che la visitò nel 1895, scrisse: “Siamo stati ad Assisi, Montefalco e in molte altre localita` adiacenti; quanti ricordi, quanti monumenti antichi in ciascuna di esse!... Ovunque sono disseminati i resti della cultura del passato, dovunque si sente la voce della storia che narra delle gesta prodigiose oppure dell’arte sublime”. 

Lo scrittore e il filosofo Dmitrij Merežkovskij creo` il poema “La leggenda di Francesco d’Assisi”, ritornò più volte alla figura del Santo e fu autore del saggio filosofico-religioso  “Francesco d’Assisi”. Questo tema trovò riflesso anche negli studi del filosofo Nikolaj Berdjaev che passò alcune settimane ad Assisi in inverno negli anni 1910-1911, di cui scrisse più tardi: “Bisogna essere ad Assisi, nella Valle d’Umbria, per poter sentire fino in fondo l’individualità religiosa di Francesco e la sua smisurata importanza”. 

La personalità del Santo attirava pure l’attenzione dei prosatori. Cosi`, Boris Zaitsev ne scrisse nel saggio “Assisi” che fece parte del suo libro “L’Italia” edito nel 1923. Durante il suo “primo pellegrinaggio ad Assisi – tempio di S. Francesco”, l’autore prova “il senso della densità del francescano-gotico” nella Chiesa Inferiore del Tempio. Dopo aver raccontato di diversi posti legati al soggiorno di Francesco in Umbria Zaitsev conclude: “Fa bene vivere ad Assisi. La morte è terrificante e spaventosa ovunque per l’uomo, ma ad Assisi essa acquista dei tratti particolari presentandosi come un leggero arco iridescente che conduce all’Eternità”. 

Il tema di Assisi e di San Francesco trovò riscontro anche nelle opere di molti altri letterati russi dell’inizio del Novecento: Konstantin Bal’mont, Andrej Belyj, Maksimilian Vološin, Pavel Muratov, Sergej Solov’ёv. La forza della “cultura di San Francesco” (espressione di Aleksandr Blok) fra l’intellighenzia russa era talmente grande che perfino ai tempi sovietici e precisamente nel 1926 a Koktebel, dacia della Crimea di Vološin, fu celebrata la liturgia alla memoria del settecentesimo anniversario della morte di Francesco d’Assisi.

Perugia e Pavel Muratov

Uno degli amici strettissimi di Boris Zaitsev fu Pavel Muratov (1881-1950), critico d’arte, saggista, scrittore. Viaggiavano assieme, partecipavano alla vita culturale di Mosca e dopo la Rivoluzione del 1917 organizzarono, con altri amici, lo “Studio Italiano” e la libreria che divenne punto d’incontro degli appassionati dell’Italia. Nel 1922 Muratov e Zaitsev emigrarono in Europa e si fermarono per un po’ in Italia dove il letterato Ettore Lo Gatto nel 1923 promosse un ciclo di conferenze note come “Letture Romane”, durante le quali venivano discussi i problemi della cultura russa. Nel 1924 a Berlino fu pubblicata in versione definitiva l’opera di Pavel Muratov “Le Immagini d’Italia” in tre volumi con la dedica all’amico Boris Zaitsev. Questa opera di Muratov viene considerata come il libro più ricco ed interessante di un autore russo che tratta dell’Italia, della sua storia, la sua cultura e l’arte. 

L’autore percorse quasi tutto il Paese, studiò i monumenti di varie epoche e fece un quadro generale del suo sviluppo culturale ed artistico. Egli dedicò alcuni capitoli anche all’Umbria e in questo senso essi rappresentano il più ampio racconto di un autore in lingua russa. Muratov fa conoscere ai lettori diverse città e paesi della Regione, il loro patrimonio artistico, analizza le opere di vari autori custodite presso numerose gallerie e chiese, descrive lo sfondo storico nell’ambito del quale essi vivevano e creavano.

Uno dei capitoli del libro di Muratov è dedicato al capoluogo dell’Umbria. Egli scrive: “Non ospitale per gli uni, Perugia è troppo ospitale per gli altri. Già alla stazione i vagoni privati assai eleganti del tram elettrico stanno aspettando quegli ospiti prescelti i quali assieme ai loro enormi bauli da viaggio sono destinati a finire nel monumentale Palace Hotel. Due o tre di tali hotel, grandi e costosi, occupano la migliore posizione in città da dove si apre la smisuratezza del paesaggio umbro... Nell’infinito si perde la pianura di laggiù circoscritta dalle montagne sulle quali, in lontananza, si scorgono appena appena le mura delle sette città umbre... Questa veduta sull’Umbria è un tratto molto importante di Perugia”.

Muratov concede una grande attenzione alla storia plurisecolare della città e mette in evidenza le curiose parole di Pietro Aretino: “I perugini sono santi e demoni, se santi e demoni li guidano”. Tra i primi egli cita San Bernardino e tra i secondi – i famosi condottieri del Quattrocento: Fortebraccio (Braccio di Montone) e Niccolò Piccinino, ai cui nomi si potrebbe aggiungere anche quello di un altro umbro, di Gattamelata (Erasmo da Narni). Ben si sa che gli avvenimenti drammatici e tragichi a Perugia raggiunsero il loro culmine durante le sfide fra le famiglie dei Baglioni e degli Oddi e per poterli illustrare Muratov include nella sua esposizione le cronache perugine di Graziani e, poi, conclude dicendo che qui “furono registrate tante processioni religiose e tanti fratricidi quanto non avesse visto nessun’altra città italiana”.

Muratov analizza in modo scrupoloso le opere dei pittori umbri essendovisi immerso nelle collezioni della Pinacoteca di Perugia dove “in dovuta pienezza è presentata la scuola umbra”. Egli osserva che “la culla della vecchia scuola umbra fu la zona montagnosa fra l’Umbria e le Marche e cita i nomi dei perugini Pinturicchio, Benedetto Bonfigli e Fiorenzo di Lorenzo, Ottaviano Nelli di Gubbio, Matteo da Gualdo Tadino, Melanzio di Montefalco, Tiberio d’Assisi, Pierantonio Mezzastris e Niccolò Alunno da Foligno. Nello stesso tempo Muratov inserisce nella lista della scuola umbra pure i nativi di quei luoghi che ora amministrativamente non fanno parte della Regione Umbria. Lo sono Gentile da Fabriano, Giovanni Boccati da Camerino, Bernardino di Mariotto nonché i fratelli Lorenzo e Jacopo di San Severino. E conclude: “Tra queste impressioni “disgiunte” avute dopo la visita alla Pinacoteca Perugina ti viene l’idea che, in sostanza, non c’era la vera scuola umbra almeno fino all’apparizione del Perugino”. Muratov mette in rilievo nelle sue opere “la vera grandezza del pittore della Città della Pieve, il vero fascino del più autentico degli umbri, i cui migliori momenti furono ispirati proprio dalla terra umbra”. 

Muratov scrive anche che a Perugia si trovano opere di scultori e pittori provenienti da altre parti d’Italia, come la famosa “Fontana della favola magica”, ideata e creata  da Niccolò e Giovanni Pisano, di fronte alla Cattedrale, o l’Oratorio di San Bernardino la cui facciata è stata abbellita con rilievi raffinati dal fiorentino Agostino di Duccio, oppure la “magnifica” Madonna di Luca Signorelli da Cortona.

Il tour muratoviano in Umbria

Muratov fu attirato da tutta l’Umbria: “Questo nome come se indicasse il paese delle ombre che popolano le valli, brulicano nelle città antiche sulle cime dei colli, riempono l’aria nelle notti profonde e silenziose”. Egli nota come in modo “assai pittoresco” è situata Spoleto, il cui Duomo può essere annoverato “fra le più importanti Cattedrali in Italia” mentre Foligno, per lui, è “la città più animata, commerciale e moderna... fra tutte le piccole città umbre”.

Fu colpito da Montefalco, “la città sul Monte dei Falchi. La sua caratteristica principale è da dove si apre lo sguardo da falco su tutta l’Umbria. Spoleto, Trevi, Foligno, Spello, Assisi, Bevagna, Perugia, queste sette città umbre possono essere viste dalle sue mura e torri. E` prestigiosa questa posizione geografica e il gran orgoglio di Montefalco sta pure nel fatto che vi nacque la pittura umbra”. Lo impressionò molto la Chiesa di San Francesco, dentro la quale Benozzo Gozzoli creò il magnifico “ciclo di affreschi sulla storia di Francesco d’Assisi”.

A Bevagna Muratov trovò “una festa d’uccelli, primaverile e pulita” che si svolgeva nella giornata della Benedizione, mentre a Umbertide, nella chiesa del paese, vide “un quadro superlativo di Signorelli (la Deposizione, 1516)”. Egli mette in rilievo la dislocazione suggestiva di Gubbio in montagna, la sua antichità e il passato glorioso: “Non si deve far ricordare della prosperità della città e della fioritura delle sue arti a coloro, ai quali, alla parola “Gubbio”, vengono in mente i piatti di maiolica oppure gli “albarelli” da farmacia in cui l’azzurro intenso si combina in modo molto armonico col color rosso fuoco, col verde meleto e smalto bianco, rilevando i profili delle dame leggendarie e delle virtù allegoriche oppure le scene dei miracoli cristiani e dei miti antichi”. 

Finalmente Muratov viene a trovarsi ad Orvieto col suo rinomato Duomo: “In mattinata abbiamo visto il miraggio del Duomo che, proprio davanti a noi, sembrava volasse verso il cielo, del Duomo che colpisce l’immaginazione dei viaggiatori come fanno pure i miraggi bianco-azzurri dei cattedrali di Milano e di Siena”. E aggiunge: “La cattedrale di Orvieto fu copiata e misurata dagli allievi non solo delle Accademie francesi e tedesche ma anche dai nostri “accademici” pietroburghesi premiati coi viaggi all’estero”. E noi vogliamo precisare che i migliori laureati dell’Accademia delle Belle Arti, compresi pittori, scultori e architetti, ricevevano, dopo gli studi compiuti, la possibilità di fare il tirocinio all’estero per un periodo di due-tre anni. Fra di essi vanno annoverati i nomi degli architetti Aleksandr Rezanov, Nikolaj Benois e Aleksandr Krakau di Pietroburgo, i quali vennero ad Orvieto all’inizio degli anni 40 dell’Ottocento e parteciparono ai lavori di restauro del Duomo.

Muratov descrisse anche i suoi interni dove ebbe l’occasione di riammirare l’eredità di Signorelli. Ne fu entisiasmato anche il pittore Michail Nesterov che visitò Orvieto nel 1912. Lo colpì in modo particolare “il miglior “Giudizio Universale” con l’Anticristo straordinario e con diavoli inimitabili nella bolgia infernale”.

In primavera si presenta l’occasione di citare altre parole di Pavel Muratov: “Ma la migliore Umbria si sente proprio all’inizio della primavera. Il “Paese delle ombre” si sta svegliando dalla sonnolenza d’inverno con un vago sorriso. L’aria è la vera forza naturale dell’Umbria, la sua leggera divinità e mai il suo soffio è tanto dolce quanto durante i primi giorni di primavera... In questi istanti la valle umbra viene sorvolata da una preghiera inconscia rivolta alle forze della natura e alla Provvidenza che le comanda”.