RACCONTAMI L'UMBRIA

3 Gennaio 2019

L’olio freddo che vive solo un giorno

Articolo partecipante a Raccontami l'Umbria 2019 - sezione Umbria del Gusto

di Nicola Baroni

In una tenuta di olivi secolari, a pochi chilometri da Perugia, l’azienda agricola Castello Monte Vibiano Vecchio surgela il prodotto subito dopo la frangitura “per preservarne le qualità organolettiche”. E lo propone in boccette monodose che volano in prima classe.

All’apparenza è un processo banale, il decongelamento. Ma rigirarsi tra le mani un freddo boccettino bianco, che in una decina di minuti si colora di oleoso verde smeraldo, è più un rituale alchemico, la sacra liquefazione non del sangue ma del dono di Atena all’uomo: l’olio d’oliva.

E anche qui c’è qualcosa di miracoloso: «Questo olio ha sempre un solo giorno — spiega Lorenzo Fasola Bologna — . Surgelandolo subito dopo la frangitura conserviamo le proprietà di quell’attimo, che altrimenti si perderebbero. L’olio col tempo peggiora, mentre questo è fresco tutto l’anno».

Fasola Bologna è il proprietario della tenuta di Castello Monte Vibiano Vecchio: 700 ettari che si stendono tra Marsciano e Perugia attorno a una fortezza del XIII secolo. Quindicimila olivi secolari e una vigna che si racconta essere stata consacrata da una donna a Bacco e Venere come voto per il ritorno dei figli dalla seconda guerra punica del 217 a.C. Al piano terra del castello sono affrescati gli stemmi delle famiglie che nei secoli si sono trasmesse la proprietà: quello dei Fasola Bologna è lì dal 1892. «Già nel 1900 — racconta — , i miei avi partivano in carrozza verso l’Esposizione di Parigi per presentare i vini della tenuta, tornando con una medaglia d’oro. Il più antico riconoscimento per la produzione di uno dei migliori extravergine italiani risale invece al 1926, l’ultimo a quest’anno: alla New York International Olive Oil Competition».

Il surgelamento è la tappa finale di un percorso rigoroso e unico, come spiega il tecnologo alimentare dell’azienda Andrea Palazzetti: «La raccolta è manuale e da quest’anno abbiamo cominciato a farla in notturna per beneficiare di temperature più basse che rallentano il deperimento dell’oliva. Appena viene staccato dall’albero infatti il frutto inizia a morire, quindi tra raccolta e frangitura non devono passare più di cinque ore». Per produrre 500 ml di olio si utilizzano circa tremila olive, e questo è anche il formato massimo che si produce in azienda, per evitare l’ossidazione dell’olio aperto e conservato troppo a lungo. La provenienza è certificata geneticamente in etichetta grazie a un lavoro decennale condotto con il Cnr-Ibbr di Perugia che ha censito 750 varietà di ulivi e ha sviluppato un brevetto di tracciabilità che l’azienda quest’anno è stata la prima a utilizzare.

«Dopo l’imbottigliamento — continua Palazzetti — mettiamo le nostre monodose non filtrate in un abbattitore che le porta rapidamente a meno 20 gradi, e le conserva a meno 18: blocchiamo così i processi naturali di decadimento enzimatico. L’olio è un grasso al 100%, con quantità infinitesimali di acqua, quindi è ambiente sfavorevole alla crescita microbica che invece interessa altri alimenti, che per questo motivo si possono surgelare una volta sola. Nel caso dell’olio con il surgelamento non solo si preservano le sue caratteristiche chimiche — acidità, perossidi e polifenoli -, ma anche quelle organolettiche, come dimostrano gli studi che da tre anni conduciamo con il Cnr su dieci anni di produzione ».

L’unica controindicazione è che l’olio decongelato va consumato in giornata. E qui entrano in gioco i monodose da 10 ml che l’azienda è stata la prima a produrre, vent’anni fa, pensando alla commercializzazione nel trasporto aeronavale. Oggi questi boccettini di vetro costituiscono circa il 20 per cento della produzione, costano il triplo delle tradizionali bustine di olio monouso, un euro contro circa 35 centesimi, ma sono distribuiti nelle prime classi delle maggiori compagnie aeree e in molti alberghi. Per capire il motivo basta svitare il tappo e assaggiare: un’insalata ferma da qualche ora viene letteralmente resuscitata dall’energia di questo condimento. Poi c’è persino chi, come lo chef Alberto Fol, lo serve ancora surgelato, lasciando i clienti ad assistere ammirati al risvegliarsi del “liquido d’oro” d’Omero.

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