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30 settembre 2013

Trasparenza e accessibilità

di Paola Buonomo

I dati pubblicati da Transparency International sul Corruption Perception Index collocano l’Italia al 72esimo posto (accompagnata da Bulgaria e Grecia), con un progressivo aggravamento della corruzione percepita negli ultimi anni. Secondo gli esperti, dal raffronto tra i dati giudiziari e quelli relativi alla percezione del fenomeno corruttivo emerge un rapporto inversamente proporzionale tra corruzione “praticata” e corruzione “denunciata e sanzionata”, per cui mentre la seconda si va ridimensionando, la prima è in aumento.
È stato inoltre calcolato che ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione, come redatta da Transparency International, provoca la perdita del sedici per cento degli investimenti dall’estero. Pertanto il fenomeno corruttivo implica costi diretti e indiretti, alterando la libera concorrenza e favorendo la concentrazione della ricchezza in capo a coloro che accettano e beneficiano del mercato della tangente a scapito di coloro che invece si rifiutano di accettarne le condizioni. Basti pensare che nell’ultimo rapporto del 2012 la Corte dei Conti ha denunciato come la corruzione sia in grado di far lievitare i prezzi delle grandi opere pubbliche fino al 40% in più.
In questo contesto nel dicembre 2011 il Ministro Patroni Griffi istituiva la Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, che nel gennaio 2013 presentava il suo rapporto finale sulla corruzione nella pubblica amministrazione. Dal Rapporto emerge chiaramente la necessità di adottare politiche che integrino strumenti di contrasto e repressione a sistemi di prevenzione dei fenomeni corruttivi, volti ad incidere in modo organico sui fattori che ne favoriscono la diffusione.
Sollecitazioni all’adozione di misure efficaci di prevenzione della corruzione sono pervenute all’Italia anche dal GRECO (il Gruppo di Stati contro la corruzione istituito in seno al Consiglio d’Europa), dopo aver rilevato come la percezione della corruzione sia qualificabile come un fenomeno consueto e diffuso che interessa diversi settori di attività.
Fra gli strumenti di prevenzione del fenomeno corruttivo rientrano lo sviluppo presso le pubbliche amministrazioni di metodi di rilevazione e misurazione della corruzione, oppure la costituzione di un adeguato assetto gestionale, ispirato a modelli di risk management, sulla falsariga dei modelli di organizzazione e controllo nelle imprese e negli organismi privati.
Allo stesso modo, la disciplina della trasparenza nella p.a. recata dal decreto legislativo n. 33/2013 è un ulteriore strumento individuato dal legislatore attraverso cui prevenire e, eventualmente, disvelare situazioni in cui possano annidarsi forme di illecito e di conflitto di interessi. Da qui la rilevanza della pubblicazione di alcune tipologie di dati relativi, da un lato, ai dirigenti pubblici, al personale non dirigenziale e ai soggetti che, a vario titolo, lavorano nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, dall’altro, a sovvenzioni e benefici di natura economica elargiti da soggetti pubblici, nonché agli acquisti di beni e servizi. Il decreto, nel ribadire che la trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione
e l’attività delle pubbliche amministrazioni, fa al tempo stesso della trasparenza il mezzo privilegiato per la realizzazione di un’amministrazione aperta e al servizio del cittadino.
Lo scopo è appunto di utilizzare i nuovi strumenti e le tecnologie della comunicazione per aumentare il grado di apertura e accessibilità sull’operato delle amministrazioni e sull’utilizzo
delle risorse pubbliche, tanto in termini informativi quanto di partecipazione al processo decisionale.
È vero infatti che i cittadini, pur mostrando una sfiducia dilagante nell’operato della politica e, in particolar modo, dei partiti, richiedono allo stesso tempo un rinnovato impegno per riformare e modernizzare il Paese sui pilastri della legalità, della trasparenza e della responsabilità, come ha sottolineato Del Monte, project officer di TI-Italia, il quale sottolinea come “i cittadini si sentano chiamati in causa e vogliono essere protagonisti del cambiamento. La loro partecipazione non può essere limitata al solo momento elettorale, ma può e deve diventare più incisiva e costante, anche grazie ai nuovi impegni in materia di governo aperto assunti dal nostro Paese”.
Tuttavia, con l’attuazione della disciplina dettata dal decreto legislativo 33/2013, entrata in vigore dal 20 aprile scorso, si stanno ponendo non pochi problemi rispetto alla compenetrazione fra gli obblighi di trasparenza e accesso civico e il rispetto delle norme in materia di privacy. La questione è piuttosto spinosa, tant’è che la stessa Autorità Garante per la privacy di recente ha affermato che la trasparenza della pubblica amministrazione non deve trasformarsi in un pregiudizio per le fasce più deboli. La professoressa Licia Califano, Componente dell’Autorità Garante per la privacy, ha messo in guardia dai rischi per la vita privata di una diffusione indiscriminata e generalizzata di dati personali “basata su un malinteso e dilatato principio di trasparenza”. E ha posto l’accento sulla necessità che l’accessibilità alle informazioni del settore pubblico si coniughi con la tutela della privacy dei cittadini, a partire da quelli che ricevono sussidi economici pubblici perché versano in particolari condizioni di bisogno e disagio sociale. Esistono quindi, a detta del Garan
te, forti elementi di criticità, a partire dalla previsione di indicizzare gli atti e i documenti pubblicati on line: di consentire cioè la loro rintracciabilità mediante i più comuni motori di  ricerca.Questo “svuota di contenuto il diritto all’oblio cristallizzando nel tempo informazioni spesso superate”, lasciando le persone indifese rispetto all’eventualità che notizie del passato possano riemergere senza alcun controllo o connessione logica. A quanto pare la strada per la trasparenza è ancora tutta in salita.