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31 dicembre 2011

La mediazione delle controversie in maniera redditizia

di Marco Giombini

Per parlare della mediazione nel settore creditizio occorre preliminarmente definire la categoria dei cd. contratti bancari, che oggi ricomprende tutti i contratti conclusi da una banca nell’esercizio della sua attività di impresa. Si tratta, dunque, di una categoria particolarmente ampia in quanto, con l’entrata in vigore del Testo unico bancario (d. lgs. 385/1993), le banche possono gestire non solo la tradizionale attività di intermediazione nella circolazione del denaro, consistente nella raccolta del risparmio tra il pubblico e nella erogazione del credito, ma anche lo svolgimento di qualsiasi attività finanziaria. Ne discende che la nozione di contratto bancario ricomprende i contratti di deposito bancario, di apertura di credito bancario, di anticipazione bancaria, di sconto bancario, di conto corrente bancario, di servizi di cassette di sicurezza, le convenzioni di assegno, i crediti documentari, il deposito di titoli in amministrazione, i depositi di custodia di titoli e valori, i depositi a custodia chiusi, i contratti di mutuo, di riporto, di fideiussione, di avallo, di accettazione cambiaria, di mandato di credito. Con l’entrata in vigore del d.lgs 28/2010, per le controversie relative a contratti bancari il tentativo preliminare di conciliazione è diventato obbligatorio e costituisce pertanto la condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La condizione di procedibilità può essere soddisfatta, secondo quanto prescritto dall’art. 5 del d.lgs 28/2010, ricorrendo alternativamente: o alla mediazione c.d. “ordinaria” cioè quella introdotta dal d.lgs. 28/2010 per tutte le controversie civili e commerciali gestita dagli organismi di mediazione iscritti presso il Ministero della giustizia, tra cui le Camere di Commercio; oppure alla Camera di conciliazione e arbitrato istituita presso la Consob ex d.lgs 8 ottobre 2007, n. 179, relativamente alle controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza che sorgono dai contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento; ovvero all’Arbitrato Bancario Finanziario (ABF) istituito dall’art. 128-bis del testo unico bancario (l. 262/2005) per le controversie relative all’accertamento di diritti, obblighi e facoltà nascenti da operazioni e servizi bancari e finanziari. Il ricorso ad un procedimento o all’altro naturalmente comporta una diversa disciplina. Gli organismi di mediazione ex d.lgs 28/2010, tra cui quelli istituiti presso le Camere di Commercio, possono essere aditi da ogni parte, sia essa il cliente o l’intermediario, per qualunque controversia e non è necessaria la previa proposizione del reclamo. Per accedere al servizio la parte attivante presenta domanda all’organismo, a seguito della quale viene nominato un esperto in materia di tecniche di mediazione e di contratti bancari e fissato un incontro tra le parti non oltre 15 giorni dal deposito della domanda. Il procedimento si svolge senza formalità. In caso di successo della mediazione l’accordo può essere omologato con decreto del Presidente del Tribunale acquisendo in tal modo forza di titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. È previsto per il servizio una tariffazione imposta dal Ministero della Giustizia. L’ABF invece può essere adito esclusivamente dal cliente, per le controversie relative all’accertamento di diritti, obblighi e facoltà nascenti da operazioni e servizi bancari e finanziari di valore non superiore a Euro 100.000 e solo previa presentazione di reclamo all’intermediario. All’esito infruttuoso del reclamo il cliente, entro 12 mesi dalla presentazione, può presentare ricorso all’Arbitrato. Le decisioni emesse dal Collegio (costituito da un presidente e due membri scelti dalla Banca d’Italia, da un membro designato dalle associazioni degli intermediari e da un membro designato dalla associazioni che rappresentano i clienti) non sono vincolanti, ma se l’intermediario non le rispetta l’inadempimento è reso pubblico. La Camera di conciliazione e arbitrato della Consob, infine, può essere adita solo dal cliente per le controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza che sorgono dai contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento. Come per l’ABF l’istanza di conciliazione non può esperita se prima non è stato presentato reclamo all’intermediario. Il procedimento è simile a quello della mediazione ex d.lgs. 28/2010. Se la conciliazione riesce il verbale può essere omologato con decreto del Presidente del tribunale. Il procedimento ha dei costi leggermente più alti di quelli previsti per la mediazione civile e commerciale. Per quanto sinteticamente esposto, il procedimento di mediazione disciplinato dal legislatore con il d.lgs 28/2010 appare più completo rispetto agli altri procedimenti esaminati in quanto consente di sottoporre al mediatore qualunque controversia civile o commerciale senza alcuna limitazione per competenza. La parte attivante, che può essere sia il cliente che la banca o intermediario, ha la possibilità di portare al tavolo qualunque questione su diritti comunque disponibili e di estendere la controversia ad altre questioni che dovessero insorgere in fase di contraddittorio alla presenza del mediatore. La mediazione ha, inoltre, una serie di vantaggi per le parti, non riscontrabili in nessun altro procedimento. In particolare tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie. Il verbale di accordo è esente dell’imposta di registro entro il limite di Euro 50.000 indennità versata, fino a concorrenza di Euro 500, oppure per la metà in caso di insuccesso della mediazione. La trasformazione degli istituti di credito sancita dal d.lgs. 385/93, in conclusione, ha sempre più assimilato l’attività delle banche a quella delle normali imprese a scopo di lucro costituite in forma societaria. A prescindere da ogni considerazione circa gli effetti perversi che una siffatta trasformazione potrebbe aver indotto sul sistema economico, generando contraddizioni che sono, in questi giorni, dolorosamente evidenti, occorre rilevare, per ciò che qui importa, come il contenzioso relativo ai contratti bancari sia inesorabilmente destinato a incrementarsi. Per tale motivo la scelta del legislatore di deflazionarlo mediante la previsione dell’obbligatorietà della mediazione appare senz’altro condivisibile e opportuna. Il sistema della camere di commercio, che da sempre sostiene con convinzione la diffusione dei sistemi di risoluzione alternativa delle controversie, continuerà ad impegnarsi perché la mediazione possa costituire una via d’uscita soddisfacente anche ai contenziosi in materia creditizia.