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30 settembre 2013

Dalle associazioni di cittadini la spinta alla Perugia che verrà

di Claudio Sampaolo

I perugini hanno rimesso la sveglia. Prima in qualche decina, poi centinaia, ora
migliaia. Si sono destati dal torpore decennale ed hanno fondato associazioni una
dietro l’altra, ritrovando il gusto di riunirsi, di discutere, di affrontare i problemi veri
della propria città. Certo per supplire una latitanza della politica e dei suoi derivati
(vedi le vecchie Circoscrizioni), ma anche e soprattutto per aiutare chi amministra.
Perché, tranne rarissime eccezioni, c’è questo di bello: le associazioni di cittadini
propongono e fanno. Operano. Non sono nate solo come movimenti di protesta, ed il
nostro largo giro d’orizzonte tra le voci che arrivano dal loro interno sta a dimostrarlo.

A tutti abbiamo proposto due domande semplici:
1) Quali idee per rilanciare il vostro quartiere nell’immediato e nei prossimi anni?
2) Quali suggerimenti per migliorare l’appeal della città?


Borgobello, quartiere boom
Partiamo dal Borgo Bello, che si snoda lungo la verticale Corso Cavour-Borgo XX Giugno, che sta vivendo un momento di grande splendore con esercizi che aprono senza soluzione di continuità e immobili che crescono di valore. In piena controtendenza a quasi tutto il resto della città. “È verissimo – conferma Bruno Ambrosi, presidente dell’associazione – abbiamo rilevato un sostenuto ritorno di residenzialità in tutto il quartiere e le richieste di alloggi continuano ad arrivare. Perché qui c’è una qualità della vita molto alta, molte iniziative ed attività che aprono a
getto continuo: da Sant’Ercolano al Frontone ne abbiamo ben 41 per la sola enogastronomia con le novità ultime di una friggitoria, una porchetteria e una birreria artigianale. Questo è anche il quartiere dei teatri: ce ne sono 5 e tra poco aprirà il Canguasto di Mariella Charini, più il museo archeologico ed a breve sarà possibile visitare sia il campanile che le soffitte bellissime di San Domenico. Inoltre, per il 20 giugno del prossimo anno contiamo di recuperare via del Deposito, dove c’è la casa natale di Gerardo Dottori, creare un percorso che la ricolleghi a via del Canterino dove già siamo intervenuti con un apprezzato restyling.Un mix tra cultura, tranquillità e gastronomia che attira non solo i turisti ma anche i perugini. Per questo pensiamo che il nostro modello, con tanti negozi che in fondo esercitano attività di nicchia, piccole ma attrattive, possa essere ripetuto in altre parti della città, diventare un esempio. Le grandi catene ed il franchising lasciamoli ai centri commerciali, noi dobbiamo puntare su affitti bassi e imprenditoria giovanile. E su questo tasto tutte le associazioni sono d’accordo, collaborano tra di loro, superando ogni protagonismo. Per il futuro ho un sogno, che magari non riuscirò a vedere realizzato, ma sul quale lavorerò: la intera pedonalizzazione di corso Cavour, per farlo diventare un altro corso Vannucci. Ciò sarà possibile creando parcheggi di pertinenza lungo le anse di via Ripa di Meana”.

Porta Sant’Angelo, il nodo-Caserma
“Negli ultimi anni – analizza Primo Tenca di “Vivi il Borgo”, associazione creata nel 1982 – molte cose sono state fatte nel nostro quartiere, che è vastissimo, andando dal Morlacchi al Cassero, con dentro tutta la Conca, ma tante altre occorre farne. Si è splendidamente ripavimentato tutto corso Garibaldi, creata l’isola pedonale, ristrutturato il Cassero con la creazione di un museo, la casa della studentessa con 280 alloggi, la ex Saffa e molto altro. Purtroppo soffriamo di scarsa residenzialità e poche attività commerciali. Consideri che in Porta Sant’Angelo siamo rimaste 60 famiglie, in un quartiere che era arrivato a contare 2000 abitanti. Il futuro, oltre alla pedonalizzazione di Piazza Grimana, sulla quale però ci sarà da dibattere parecchio,
visto che non parliamo di una situazione rionale ma addirittura di uno snodo importante del traffico cittadino, qui da noi potrebbe ruotare tutto attorno al vecchio distretto militare che occupa la più grande superficie del quartiere ed è praticamente inutilizzato, abitato da pochi militari. Se il sindaco Boccali, che si sta attivando, riuscisse a farlo dismettere in favore della città, quello potrebbe essere davvero il polo di sviluppo per il quartiere, con la possibilità di sfruttare i due grandi chiostri per cinema, teatro, spettacoli e concerti, e tutto il resto delle migliaia di metri quadrati per residenze e uffici, mentre i bellissimi e grandi locali affrescati potrebbero essere dati all’Università di Stranieri, senza costringere gli studenti ad andare a fare attività lontano, al parco di Santa Margherita. Le cose da fare subito, per la città, sono magari piccole, ma assai significative: cura dell’arredo urbano (paletti divelti, fioriere inguardabili) segnaletica confusa o assente (chi arriva a Perugia dalla E45 e dal raccordo autostradale non trova cartelli che indichino il Minimetrò), ripensare la raccolta differenziata che così com’è serve solo a lasciare tutto il
giorno sacchetti di immondizia in mezzo alle strade e nei vicoli. Per questo nel quartiere abbiamo avuto una vera invasione di topi di grandi dimensioni. E poi: riaprire musei e chiese chiuse (l’oratorio di Sant’Agostino è sbarrato dal 1986) dove abbiamo i nostri tesori, facendo lavorare i tanti disoccupati in cambio di un piccolo biglietto d’ingresso. C’è un turismo culturale delle famiglie, di piccoli gruppi, che questo chiede e per loro vanno ripensati e rifatti degli itinerari ad hoc, uno per quartiere, divisi per colori ben differenziati”.

Via dei Priori, accesso difficile
“La prima cosa che abbiamo fatto – racconta Maria Antonietta Taticchi, presidente dell’associazione Priori – è stata parlarci, per fare un salto di qualità, superando una chiusura che c’era tra commercianti e residenti ed anche tra i commercianti stessi. Stabilito che volevamo remare tutti dalla stessa parte siamo partiti e “nati” ufficialmente il 28 luglio scorso. Per ora siamo 50, ma contiamo di arrivare almeno a raddoppiare il numero dei soci. L’obiettivo è dunque quello di rafforzare i legami di solidarietà, civile convivenza fra i diversi gruppi sociali e professionali, nonché promuovere e valorizzazione tutto ciò che è di inte resse storico, artistico e culturale in questa area. Perché al di là delle tante difficoltà questo è il luogo dove vogliamo vivere, condividere proposte, suggerimenti e confrontare idee, elaborare progetti, creare occasioni di incontro, di festa ed eventi culturali per rendere la città più ricca di vita e di servizi, più accogliente, più sicura, collaborando tra noi associazioni e con l’amministrazione comunale. Tra breve saranno finiti i restauri della torre degli Sciri e verrà terminata la ripavimentazione del tratto finale della via, ma notiamo con piacere anche il nuovo impulso che arriva dall’Accademia di Belle Arti, più disponibile che in passato ad un vero legame con tutto il quartiere. Una
situazione che si dovrebbe in qualche modo sbloccare è quella del Palazzo san Bernardo di Piazza Ferri, edificio che appartiene al demanio e che è praticamente inutilizzato.
Sono centinaia di metri quadrati che potrebbero essere destinati a rendere ancora più vivo il quartiere. Tra le cose che non vanno, in generale, c’è la difficile accessibilità per i turisti, l’assenza di strisce bianche e l’esosità dei parcheggi. L’unico libero, di fronte alla stazione Cupa del Minimetrò, ha un disco orario di un’ora e mezzo, appena sufficiente per salire al centro a piedi a fare una commissione e scappare indietro, saltando tutti i negozi. Ce n’erano altri, ma quello accanto alla piscina è stato chiuso e destinato a residenti e frequentatori dell’impianto,
risultando però sempre vuoto, mentre un altro, con 20 posti, accanto alla scala mobile, è stato “requisito” per le macchine del Comune. Peccato che non ce ne siano mai più di 4-5.
Si tratta di un problema serio, che tocca anche chi vuol cenare nei locali del centro o semplicemente venire a trovare noi residenti, senza per questo essere costretto a pagare svariati euro alla Sipa. I buxi elettrici o le stesse bici elettriche (io ne ho una che presto spesso ai clienti) potrebbero rappresentare una soluzione per tutto il centro storico”.

L’exploit di Borgo Sant’Antonio
Francesco Pinelli, presidente dell’associazione Ri-Vivi Borgo Sant’Antonio, ha più di un motivo per essere felice: “in tre anni abbiamo ricreato il tessuto del quartiere, semplicemente includendo e non escludendo, ripartendo da quella solidarietà che c’era tra noi bambini quando da piccoli giocavamo in queste strade. E le buone vecchie abitudini di stare insieme, di salutarsi, di conversare, hanno coinvolto tutti: vecchi e nuovi abitanti, anche albanesi, siriani, tailandesi, cinesi. Me ne accorgo io personalmente, che abito in cima a Corso Bersaglieri e quando salgo in centro a piedi in 4-500 metri mi fermo a parlare anche con 10-12 persone. Una volta si tirava dritto con lo sguardo basso, perché non ci conosceva più. Ora l’associazione
conta 300 soci ed organizza eventi, piccoli ma concreti, che portano molta gente nel Borgo, come in occasione di “Unti e felici”, una festa del cibo da strada, che nello scorso settembre ha portato 3mila persone. Il risultato concreto è che parecchia gente ha preso contatto con una realtà che non conosceva o aveva dimenticato, ha apprezzato, tanto è vero che stanno tornando ad abitare al Borgo anche le famiglie. Un segnale importante. Noi continuiamo del resto a lavorare sui momenti di convivialità, a coinvolgere tutti in un grande, nuovo contenitore, anche per fare piccole cose, ognuno per le proprie competenze. C’erano, per esempio, tanti pensionati emarginati e soli, adesso siamo tutti insieme a lavorare, a organizzare. Dai corsi di pittura
e disegno per bambini, al nuovo cineforum ricavato in un vecchio bar dismesso di Corso Bersaglieri. La soddisfazione più grande? Vedere 108 persone partecipare ad un evento di teatro e poesia su Giacomo Leopardi, tenuto dal compianto Sergio Ragni.
Questo significa che la gente non disdegna la cultura, basta offrirla nel modo giusto. E il nostro esempio può essere benissimo seguito per tutto il centro storico, per dare vita ad una
Acropoli che è andata sempre più degradandosi.
Si dice spesso che esiste un problema di mezzi di trasporto e di viabilità (e in questo senso il Minimetrò è un obice per sparare alle mosche), ma ritengo che il concetto vada rovesciato: prima riportiamo la gente in centro, poi pensiamo alla sua gestione. In questo momento c’è un solo attrattore, che si chiama Eurochocolate e funziona una volta all’anno per due weekend.
Il resto è scomparso, il decentramento della città non è stato riequilibrato: non ci sono più sale cinematografiche e chi prova a riaprirle come i fratelli Gatti in via della Viola va incontro a mille intoppi burocratici, si organizzano pochissimi eventi. Due idee? L’amministrazione comunale potrebbe contribuire a far riaprire il Pavone, mentre alcuni locali storici, come per esempio il Caffé di Perugia, potrebbero organizzare dei minieventi e funzionare da attrazione nonché da esempio. Tante cose messe assieme possono diventare un frastuono e riportare Perugia al
centro dell’attenzione positiva della gente”.

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