DALL'EUROPA

31 marzo 2013

Imprenditoria 2020

di Lorenzo Robustelli

L’imprenditore deve essere percepito come “una figura positiva, centrale per il benessere e l’innovazione”. È  “una rivoluzione culturale”, come spiega il vicepresidente Antonio Tajani, quella che la Commissione europea ha  deciso di lanciare con il piano d’azione “Imprenditoria  2020”, presentato all’inizio del 2013. Il secondo obiettivo da raggiungere è che “lo Stato non sia di ostacolo  ma si metta al suo servizio”. Per l’Italia sarebbe davvero  una rivoluzione. Piccoli imprenditori e piccoli artigiani  sono anche al centro della grande riforma della Politica  agricola (Pac) ora all’esame dell’Unione europea, che insisterà molto su un secondo pilastro, come lo chiamano  a Bruxelles, che è quello dello sviluppo rurale, teso a far  sì che i giovani tornino alla campagna per farla vivere  creandoci piccole e miro imprese non agricole in senso  tradizionale, ma di ospitalità o di produzioni pregiate. L’obiettivo primo è sconfiggere la disoccupazione, e tra  le mille strade che si battono a Bruxelles c’è anche quella dell’imprenditorialità sulla quale i dati Eurobarometro  non sono confortanti: negli ultimi 3 anni gli europei disposti a fare impresa sono scesi dal 45% al 37%. Molto  meno rispetto al 51% degli USA e al 56% della Cina. “E  non certo perché a noi manchi coraggio o cultura d’impresa”, dice Tajani, che nell’esecutivo comunitario è responsabile per l’Industria. Secondo i dati europei solo il  15% dei nuovi posti di lavoro che nasceranno nel privato  sarà in grandi aziende. Il restante 85% verrà da micro   o piccole-medie imprese. È questo il potenziale su cui  Bruxelles vuol puntare. “Ogni anno nuove piccole e medie imprese creano 4 milioni di posti di lavoro – sostiene  Tajani -. Se basta che ogni PMI europea assuma anche  una sola persona per creare 23 milioni di posti, pensate  ai milioni di occupati potenziali che può creare quel 37%  di europei che si dichiara disposto a rischiare”. La strategia si basa su tre pilastri, da sviluppare a livello  europeo e nazionale: educazione all’essere imprenditori;  rimozione delle barriere che frenano le imprese; migliori  opportunità per donne, giovani, anziani e immigrati. In  questo percorso le tappe principali immaginate dall’Unione sono un più semplice e rapido accesso al credito,  migliori prassi fiscali, meno burocrazia. La Commissione  sta già attuando una strategia per migliorare l’accesso  al credito basata su più fondi Ue in garanzia, un vero  mercato per i venture capital, adattamento del sistema  dei finanziamenti alle necessità specifiche delle PMI. Secondo Tajani, “bisogna proseguire su questa strada. È  questo il primo nodo nevralgico da sciogliere, visto che  senza accesso ai capitali non vi saranno nuove imprese”.  La “rivoluzione culturale” punta anche sui falliti. “Gli  imprenditori che ripartono dopo un primo fallimento  – sostiene Tajani - crescono in media più velocemente,  fanno più assunzioni e sopravvivono più a lungo grazie  all’esperienza acquisita. Sono dunque un capitale umano prezioso per l’economia”.