IMPRESA 2.0 Quali prospettive di sviluppo per le Pmi nell’economia digitale?

A cura di Federico Fioravanti

Quanto vale l'Impresa 2.0? Negli anni della crisi economica più grave di sempre, paragonabile solo a quella del 1929, nelle dure stagioni di una recessione che sembra infinita, c'è un dato che fa riflettere: dal 2005, in Italia, l'economia digitale cresce a tassi che sono dieci volte superiori rispetto all'andamento del Pil.
Grazie alla Rete, dal '98 ad oggi sono nati 700mila nuovi posti di lavoro. E le imprese che praticano l'e-commerce hanno visto aumentare il loro fatturato del 6% l'anno.
Negli ultimi tre anni il fatturato delle piccole e medie imprese attive sul Web è cresciuto, nonostante la crisi, dell'1,2%. Proprio quando le altre imprese, la stragrande maggioranza delle altre, quelle offline, hanno subito un calo del fatturato medio del 4,5%.
Ma le imprese italiane che vendono ed acquistano in Rete sono ancora pochissime.
Basta pensare che il mercato inglese dell'e-commerce vale 6 volte quello italiano. Il nostro mercato è solo un quarto di quello tedesco e meno della metà di quello francese. Il valore totale dell’e-commerce, a livello europeo, è di 134,2 mld di Euro. Solo il 5,6% del totale di questo commercio elettronico si svolge in Italia. Regno Unito, Germania e Francia rappresentano insieme il 62% circa dell'e-commerce europeo.
La piccola e media impresa che utilizza internet ha una capacità di crescere e di esportare, che è più che doppia rispetto alle imprese che non utilizzano il canale dell'e-commerce.
Nell'impresa 2.0 nasce un surplus di valore anche per i consumatori: attraverso internet è possibile beneficiare di innumerevoli servizi che sono fruibili a titolo gratuito da chiunque sia connesso online. Esempi concreti sono la navigazione, la posta elettronica, i servizi informativi e i social network: tutti servizi che vengono finanziati dalla pubblicità online. Il surplus di valore generato è stato pari a circa 7 miliardi solo nel 2009.
Quasi 21 euro per ogni famiglia connessa. Ciò significa che ogni euro speso in marketing online, ad esempio da imprese che effettuano e-commerce, si traduce in 7 euro per utente in termini di uso gratuito di servizi finanziati dalla pubblicità online.
In Italia il settore del turismo e quello dell' elettronica pesano per due terzi nel valore totale dell’e-commerce: 52% il turismo e 16% l'elettronica. Ma le PMI italiane che acquistano online sono il 17% del totale a fronte del 26% della media europea. Nel Regno Unito sono il 44%, 40% in Germania, 20% in Spagna, 19% in Francia. Il divario è ancora più forte se consideriamo le PMI che vendono online: in Italia la loro incidenza è pari al 4%, la media dei ventisette Paesi dell'Unione europea è del 13%. Più del triplo.
Sicurezza nelle transazioni e complessità della logistica sono i problemi che frenano gli imprenditori italiani.
Ma, come abbiamo visto, l'economia digitale è una leva strategica per lo sviluppo: contribuisce alla crescita del PIL, crea nuovi posti di lavoro, dà un impulso alla crescita delle imprese e rappresenta un surplus di valore per i consumatori.
L’Agenda Digitale presentata dalla Commissione europea è una delle sette iniziative faro della strategia che fissa obiettivi per la crescita nell’Unione europea (UE) da raggiungere entro il 2020. Questa agenda digitale propone di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per favorire l’innovazione, la crescita economica e il progresso.
I dati ci dicono con crudezza una verità scomoda: l'Europa è in forte ritardo rispetto a paesi come Stati Uniti e Giappone. Si stima che solo l'1% dei cittadini europei abbia accesso da casa alle reti veloci in fibra ottica, contro il 12% dei giapponesi e il 15% dei sudcoreani.
La spesa per la ricerca e lo sviluppo nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è inferiore del 40% rispetto a quella statunitense.
La domanda di nuove competenze digitali cresce però giorno per giorno. Chi non ha familiarità con le tecnologie è un disadattato non solo nel lavoro ma anche nella vita quotidiana.
C'è quindi un grande problema da affrontare: quello della alfabetizzazione digitale. Con un paradosso di mezzo: la scuola è ancora ai margini della grande rivoluzione digitale che ha trasformato tutti i settori della società. Ci sono 10 milioni di persone (circa 9 milioni di studenti e 1 milione di personale della scuola) da coinvolgere. E i "nativi digitali" possono contagiare almeno 30 milioni di italiani.
Il "divario digitale" è un cuneo conficcato tra le generazioni, le varie regioni e anche tra gli uomini e le donne.
In Europa quasi il 30% della popolazione non ha mai utilizzato internet. In Italia la situazione è peggiore: il rapporto Istat “Cittadini e nuove tecnologie” del 2011 ci dice che il 41,7% delle famiglie italiane non possiede l’accesso ad internet.
La Rete ha spaccato le generazioni. Tra i "nativi digitali" e gli "immigrati digitali" in questi anni c'è una distanza abissale: l'ultimo rapporto Eurispes – Telefono Azzurro sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza (2011) rivela che ad usare internet quotidianamente è il 93% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni.
Il 92,1% degli studenti usa il computer ogni giorno. Il 97% dei ragazzi possiede un cellulare e più della metà, il 50,1%, uno smartphone. L’85% dei giovani nati tra il 1994 e il 2000 ha un profilo su Facebook. Ma a scuola si usano ancora carta e penna: solo il 16% degli studenti utilizza un materiale didattico innovativo.
L'Agenda Digitale punta al cosiddetto "contagio digitale" attraverso tutta una serie di azioni che sono in programmazione, legate alla banda larga, alla formazione degli insegnanti, al telelavoro, ai nuovi libri di testo elettronici. L'obiettivo è quello di sensibilizzare una enorme massa di persone all'uso critico e consapevole dei contenuti e dell’infrastruttura della Rete.
Se l'Italia rispetto all'Europa arranca, l'Umbria va ancora più piano.
Il 15% delle imprese umbre con più di 10 dipendenti non ha l’accesso ad internet (la media italiana è inferiore al 6%), percentuale che sale al 25% se si includono quelle con meno di 10 dipendenti.
Ce lo dice una indagine della Doxa, eseguita su commissione della Regione per conoscere lo stato dell'arte sulla diffusione delle nuove tecnologie.
E'  stato esaminato un campione di 600 imprese individuate attraverso criteri legati al settore merceologico.
I dati dell'indagine, che risale al luglio dello scorso anno, ci dicono che ha un collegamento internet solo il 75% delle imprese umbre (78,2% a Perugia, 64,9% a Terni) a fronte di una media italiana del 94%: 19 punti in meno.
Il settore meno tecnologico è il commercio con il 61% delle imprese che sono collegate alla Rete. Perché questi imprenditori non sono connessi? Il 60% di loro ha risposto: non ci interessa. Oppure: non la riteniamo utile.
Il 6% ha espresso il timore che i dipendenti potrebbero usare internet per altri scopi.
Le imprese che hanno un portale internet o semplicemente una home page sono 4 su 10.
Appena il 16,9% con funzioni di e-commerce.
Più del 50% dei cittadini umbri, forse per motivi anagrafici, non usa la posta elettronica.
La nona edizione del "Rapporto piccole imprese" presentata da UniCredit ci dice che solo il 10,8% delle piccole imprese utilizza sistemi gestionali avanzati: un numero che rappresenta la metà rispetto al 20,7% del dato nazionale.
Due aziende su tre sono senza rete intranet: 31% rispetto al 42% del totale Italia.
Latitano anche gli investimenti. Il 45% degli investitori dichiara di non programmare investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Le imprese che programmano di investire sulla web economy una quota maggiore del 5% sono soltanto 6 su 100. E la media italiana è superiore di poco: solo 7 aziende su 100 programmano investimenti sulla Rete.
Eppure dall'economia digitale possono arrivare  grandi benefici alle piccole e medie imprese che rappresentano il 98% nel tessuto economico dell'Umbria.
Scommettere sulla web economy non solo non è un azzardo ma una necessità, una scelta strategica e vitale. Ne parliamo oggi con studiosi, esperti e testimoni di successo.
 


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