Il digitale? E' un'impresa

Come tradurre le opportunità della trasformazione digitale in una visione di cambiamento

A cura di Federico Fioravanti

Parliamo ancora di economia digitale.  Anche se sappiamo di farlo comunque in modo improprio: l’economia digitale è quella in cui viviamo giorno per giorno. Che lo vogliamo o no, nel mondo globalizzato non c’è un’altra economia possibile.

Ormai aggiungere al termine la parola “digitale” è superfluo.  Perché è come se agli inizi del secolo scorso si fosse parlato di “economia elettrica”. Così, le aziende che oggi non sono presenti sulla Rete sono paragonabili alle imprese che alla metà del Novecento ancora non avevano l’elettricità nel capannone. 

L’innovazione digitale delle imprese non è quindi una scelta: è una necessità.

Ma i dati sfornati con periodicità da enti pubblici e privati e istituti di ricerca concordano su un punto: l’Italia ha affrontato  la strada di internet con un passo ancora troppo lento. E in Umbria oltre la metà delle aziende non è presente su internet. Addirittura, per molti imprenditori, anche l’uso della posta elettronica non è ancora diventata una abitudine consolidata. Il banale compito di comunicare in rete è demandato a segretarie o assistenti.

Fa riflettere un dato, dell’International Telecommunications Union (ITU) diffuso il 25 novembre 2014: negli anni più pesanti della gravissima crisi economica che ancora viviamo (2009-2014) nel mondo la popolazione digitale è raddoppiata.

Ma quanto è grande il popolo di internet? Secondo lo stesso studio, gli abitanti della Rete sono ormai 3 miliardi.

Nel 2014 l’uso di internet è aumentato in media del 6,6% rispetto all’anno precedente.

Nei paesi più ricchi del pianeta questa crescita è stata dell’8,7%. Nei paesi in via di sviluppo si è fermata ad un modesto 3,3%.

Questa crescita è ormai stabilizzata e costante. Anche se dobbiamo tenere presente che le persone nel mondo che non sono connesse ad internet rappresentano ancora la maggioranza degli abitanti del pianeta: più di 4,3 miliardi di individui, localizzati quasi tutti nei 42 paesi meno connessi del globo terrestre, dove vivono oltre 2,5 miliardi di persone.

Secondo l’indagine, entro la fine del 2014 ci saranno 7 miliardi di abbonamenti alla telefonia mobile: una cifra che corrisponde all’incirca all’intera popolazione mondiale.

Ma come sappiamo, ogni utente può disporre di più abbonamenti. E quindi questo dato non significa che l’intera popolazione mondiale sia connessa alla rete tramite uno smartphone o un tablet.

Sono infatti 450 milioni le persone nel mondo che vivono in luoghi che sono ancora fuori dalla portata dei servizi mobile.

Il rapporto ha classificato i Paesi del mondo secondo un Indice di Sviluppo (IDI): 166 paesi sono stati classificati in base ad alcuni specifici parametri (infrastrutture, uso e competenze).

Il valore IDI medio mondiale di 4,77.

Tutti i Paesi europei, ad esclusione dell’Albania, superano questo parametro.

Il valore medio dei Paesi più sviluppati è 7,20. La metà degli stati europei è oltre questo numero.  Il primo Paese  in questa speciale  in classifica è la Danimarca.

L’Italia ha invece un indice di sviluppo del 6,94 rispetto al valore medio del 7,20.

Quindi, a livello europeo il nostro Paese si posiziona, appena dopo la metà della classifica: al 23° posto su 40 Paesi. Poco davanti a nazioni poco virtuose da un punto di vista tecnologico come Croazia, Grecia, Lituania e Repubblica Ceca e tanti altri.

L’uso di internet nelle famiglie è però cresciuto. Usa la Rete il 69% delle famiglie italiane rispetto al 63% del 2009.

I numeri ci dicono che l’Italia deve ancora lavorare molto sul fronte digitale per colmare le sue evidenti lacune e poter competere alla pari nel settore dell’IT con le principali nazioni europee.

Una ricerca dell’Osservatorio eCommerce B2c, promosso della School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm , sottolinea un fatto: sono più di 16 milioni gli italiani che fanno acquisti on line. Per tutta una serie di motivi, tra i quali spiccano la comodità, la convenienza e l’ampia possibilità di scelta offerta al consumatore.

Nel 2014 le vendite da siti italiani verso i consumatori italiani e stranieri, sono aumentate del 17%, per un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro.

L’aumento è stato invece del 16% se consideriamo gli acquisti dei clienti italiani, da siti italiani e da siti stranieri, per un valore complessivo di 14,6 miliardi di euro.

Dallo studio emerge che i protagonisti delle nuove abitudini di consumo sono soprattutto i telefonini smartphone.

Le vendite effettuate attraverso questi dispositivi sono raddoppiate nel 2014 hanno superato gli 1,2 miliardi di euro, pari al 9% dell’e-commerce complessivo. L’incremento, rispetto all’anno precedente, è stato del 100%.

Il valore dell’e-commerce passa dal 2,6 al 3,5% del totale vendite retail e cresce significativamente la penetrazione in diversi settori merceologici: nell’editoria dal 4 al 7%, nell’informatica dal 7,5 al 10,5% e nell’abbigliamento dal 2,9 a quasi il 4%.

 

Se si considerano anche le transazioni effettuate via tablet, l’incidenza delle vendite da dispositivi mobili nel 2014 ha raggiunto il 20% del totale degli scambi.

Le grandi aziende straniere legate ad Internet (Dot Com) come  Amazon, Booking.com, eBay, Expedia, Privalia, vente-privee.com e le italiane Banzai e Yoox Group controllano però il 54% delle vendite.

Secondo Roberto Liscia, presidente di Netcomm, l’online influenza ormai in modo profondo circa un acquisto tradizionale ogni quattro. Nel settore del turismo riguarda invece un acquisto su tre.

Ma per il 73,7% delle imprese il sito web è solo una vetrina.

Ce lo dice l’indagine “Il negozio nell'era di Internet”, realizzata alla fine del settembre 2014 da Confcommercio-Imprese per l'Italia, in collaborazione con Format Ricerche.

Questo studio fotografa il rapporto tra i consumatori e i commercianti al tempo della Rete.

Il 40,6% delle imprese dichiara di avere un sito web. La percentuale raggiunge il 75% per le imprese che impiegano più di 5 persone.

Il 73,7% delle imprese che hanno un sito web dichiara però di utilizzarlo esclusivamente come vetrina.

Solo il 26,3% degli imprenditori lo usa anche per il commercio elettronico, collegato per altro all'attività di vendita del negozio fisico.

E soltanto il 19,3% delle imprese utilizza i social network per la propria attività aziendale.

E’ ancora molto bassa la percentuale delle imprese che partecipano ad iniziative di vendita tramite siti di e-commerce specializzati (15,6%), e aggregatori (13%). Secondo l’indagine, circa il 70% dei consumatori e degli imprenditori ritiene che i negozi tradizionali tra dieci anni avranno ancora un ruolo importante, ma solo se saranno capaci di emozionare e di coinvolgere il cliente.

Il 54,9% dei consumatori cerca invece sempre un prodotto su Internet prima di acquistarlo in un negozio. E il 55,6% acquista online per ragioni legate soprattutto ai prezzi più bassi.

Tutti questi numeri ci dicono che il digitale è una impresa. Da qui il titolo del nostro forum.

L’Agenda digitale può e deve essere considerata come un’occasione di sviluppo e di occupazione essenziale.

Ma nelle imprese però sono ancora pochi i manager che possiedono le necessarie competenze, non tanto per utilizzare ma proprio per governare la digitalizzazione.

Un utilizzo più avanzato del web può portare molti vantaggi. Soprattutto nei settori del made in Italy.

Lo sanno bene i “giovani digitalizzatori” del progetto “Made in Italy: Eccellenze in digitale”, promosso da Google in collaborazione con Unioncamere, che stanno svolgendo attività di sensibilizzazione e supporto alle imprese per aiutarle a creare o sviluppare la propria presenza online.

Il forum “Il Digitale? E’ un’impresa” si propone, con molta concretezza, di leggere meglio i punti di debolezza e di forza della digitalizzazione in Italia e in Umbria, e di dare qualche indicazione su cosa sarebbe bene fare. Con tutta l’urgenza che la situazione richiede.

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