Prezzi e tariffe dei servizi pubblici locali

Intervento di Graziano Antonielli

presidente Gesenu

Con meno risorse, si impone un salto di qualità anche degli amministratori. Ci attendono tempi difficili. Ma parliamo dei rifiuti. E della Gesenu, nella quale l’azionista di maggioranza è il Gruppo Sorain Cecchini con il 55 per cento e il Comune di Perugia è socio al 45 per cento. Qual è l'analisi della situazione delle tariffe da parte del presidente Antonielli?

Tra i vari settori che sono stati esaminati quello della raccolta dei rifiuti è uno dei più complicati dal punto di vista della confrontabilità delle tariffe. Lo abbiamo già visto nella relazione del dottor Berardi, che ha messo in evidenza alcuni aspetti; anche la discussione su cosa sia una tariffa e cosa non sia una tariffa, la dice lunga. E' difficile quindi confrontare quelle che sono già tariffe. Parliamo di gas, di elettricità, di acqua: viene offerto in servizio un bene ma con differenze che sono evidenti tra zona e zona.
L'Umbria è una piccola regione ma ha un territorio particolare. E' quindi molto più facile erogare un servizio come quello dell’acqua a Roma dove sono presenti circa 3 milioni di utenti, in uno spazio relativamente ristretto, piuttosto che in un territorio come il nostro, dove è necessario anche raggiungere la casetta isolata in mezzo al monte.
Nel nostro settore la questione è quindi un po’ più complicata, vuoi perché, appunto, il servizio è più complesso, vuoi perché questo servizio non viene erogato direttamente al cittadino con un rapporto di scambio, ma viene alla collettività. Da qui la discussione tassa/tariffa. Di conseguenza, è molto difficile confrontarci sulla questione. Mi piacerebbe molto avere un indice come quello tariffario per valutare l'efficienza della mia azienda rispetto a quella ad esempio di Canicattì. Ma questo non avviene. Ma certo non ci sottraiamo al confronto. Ho estrapolato alcuni dei dati che abbiamo esaminato. Intanto, lo dico come battuta, sono contento che Perugia arrivi sempre prima di Terni, sempre sotto la media, tranne che in un caso. Ma anche a livello nazionale ci quotiamo ad un livello medio. Io qui ho indicato alcune delle città rappresentative con cui confrontarci, capoluoghi di provincia di dimensioni analoghe, sparpagliate in vari punti dell’Italia: si va dai 400 euro a meno di 200. A Perugia ci collochiamo più o meno al centro di questa classifica, pur erogando un servizio che ritengo sia di qualità buona. E' questa la sensazione che si ricava anche dalle analisi.

Ma se ragionare in termini di tariffe è complicatissimo è più semplice parlare di costi.

Confrontiamo i dati, tratti da fonti nazionali, come l’Ispra, l’Osservatorio nazionale sui rifiuti, che fa da collegamento per i vari osservatori regionali pubblici. Quindi mi riferisco all’Arpa, o a soggetti di questo tipo, che fanno la collezione dei dati e poi, ogni anno, li trasmettono a livello nazionale dove vengono analizzati. Parliamo di  costi tratti dai cosiddetti “piani finanziari”, utili per capire quanto in effetti l'azienda fa pagare il servizio ai comuni e non ai cittadini. Anche in questa classifica la Gesenu si colloca in una fascia intermedia.
Ma occorre riflettere sulla copertura del servizio. Il cittadino spesso paga una cifra che va al di là del costo del servizio. Una prima differenziazione tra i territori si ha quindi sul grado di copertura del servizio. Su questo voglio tranquillizzare i perugini: con il passaggio alla Tia, la tariffa per il servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani in sostituzione della Tassa Rifiuti Solidi Urbani (Tarsu) il 100 per cento della copertura dei costi è garantita dalla tariffa. Quindi in futuro, a Perugia, su questo fronte non avremo sconquassi...

Per una volta, il capoluogo regionale è stato più veloce: l'aumento c'è già stato...

Eravamo all’80 per cento di copertura, siamo passati al 100 per cento. Ricordo un episodio del 2006. Il sindaco Locchi mi chiamò e mi disse che con il sindaco di Terni avevano pensato che le due città, Perugia e Terni, dovessero dare l’impulso a questo passaggio. Mi consegnò allora questa “patata bollente” rappresentata dalla Tia. Dovevamo emettere le tariffe già nella primavera dell'anno successivo: abbiamo vissuto questo fatto insieme, in maniera qualche volta anche conflittuale, perché quello fu un passaggio non facile. Dopodiché, è venuta fuori tutta la confusione sulle tariffe, quindi parecchi Comuni si sono bloccati. Non i più grandi, per fortuna: Perugia, Terni, Foligno, Passignano sono a tariffa, quindi in termini di popolazione umbra c’è una buona copertura di Tia. Rimane un fatto: è molto difficile confrontare questi dati, perché all’interno del servizio principale vengono effettuati altri vari servizi. E questo incide, in modo inevitabile, sul costo.
Dopodiché, bisogna pagare la tariffa. Stabilito il quantum, la cifra viene divisa tra i cittadini, tra le varie categorie commerciali e quant’altro. La prima grossa distinzione da fare è quella tra utente domestico e utenza privata o commerciale. Quanto paga il primo gruppo e quanto paga il secondo gruppo. Ci accorgiamo allora che queste sono decisioni completamente arbitrarie.
Voglio estrapolare alcuni dati dalla stessa tabella che ha presentato il dottor Berardi. Ma non solo. Analizziamo anche i comuni su cui operiamo all’interno dell’ATI 2, dove esercita l’attività il Consorzio Gest, con quattro aziende presenti.
Ho voluto riportare le tariffe di euro a metro quadro che si pagano in alcuni comuni, dove Gesenu fornisce il servizio: Perugia, Bastia, Todi, Torgiano. E all’interno della nostra azienda: quindi stesso operatore e stesso contratto. Parliamo delle tariffe del 2010: abbiamo vinto una gara e quindi le condizioni contrattuali per questi comuni sono identiche.

L'analisi parte da condizioni di parità...

Stesse condizioni contrattuali. Ma quando traduciamo questo in tariffe, vediamo che un albergo paga 7,66 euro e un altro albergo 2,17 euro, a seconda che si trovi nel comune di Bastia o nel comune di Marsciano. Quindi voi capite quanta variabilità c’è intorno al discorso delle tariffe. Questo la dice lunga sulla discordanza che i dati ci presentano. Ho ripreso alcune questioni citate dal dottor Berardi, aggiungendo dei fattori che incidono e che possono determinare delle differenze nelle tariffe.
In primo luogo, il tipo di servizio. Ad esempio la raccolta differenziata sta pesando moltissimo. Dipende dalla quota che si è raggiunta: se è il 20 per cento è un conto, se è il 50 è un altro. Proprio perché ci sono costi molti rilevanti da sostenere per raggiungere questi risultati.
Poi va fatta una riflessione sullo spazzamento e cioè la pulizia meccanica e manuale delle vie e delle aree pubbliche comunali comprensiva della raccolta di rifiuti abbandonati. Perugia fa il 50 per cento della spazzatura raccolta da spazzamento stradale in Umbria ma non ha certo il 50 per cento degli abitanti della regione. Questo vuol dire che ci sono comuni che spazzano di più e altri molto meno: quindi c'è un altro dato che varia molto e che dipende dalla scelta sulla spazzamento che fanno le diverse amministrazioni locali.
Vanno anche esaminati i costi di smaltimento. In questo caso in Umbria la situazione appare abbastanza omogenea. La stessa cosa non si può dire per l'Italia nel suo complesso. Nel nostro Paese  registriamo situazioni molto diverse: c’è chi possiede impianti di incenerimento e chi non ha nemmeno le discariche, come la zona intorno a Napoli. Quindi situazioni distinte, con differenze marcate da regione a regione.
Un dato che sfugge è quello delle tasse, perché su quello che paghiamo si riversa una marea di tasse. A Perugia, fatta 100 la cifra che pagano i cittadini, il 20 per cento se ne va in altri costi di natura amministrativa. Se l'Iva è uguale per tutti, il contributo provinciale varia: è una imposta che fluttua dallo 0 al 5 per cento. Noi paghiamo il 5, ma c’è anche chi non paga niente.
Abbiamo introdotto da poco la norma sul disagio ambientale, che incide abbastanza, in quanto i comuni che ospitano impianti e sopportano la puzza delle discariche hanno diritto a ricevere dagli altri comuni, che invece non la sopportano, ma che utilizzano la loro discarica, un quantum per compensare questo disagio. E anche questo incide abbastanza. E poi ci sono tanti altri ammennicoli che complessivamente arrivano fino al 20 per cento del totale.
L’ultimo punto, ultimo ma non ultimo, io parlo di cittadini, ma lo stesso ragionamento si può trasferire sulle utenze commerciali, è questo: chi stabilisce quanto pagano le utenze domestiche e quanto pagano le utenze commerciali? Attenzione: qui c’è una variabilità estrema, da 2 a 8 euro a metro quadro, per una scelta che è esclusivamente politica.
Le tariffe sono quindi influenzate da tante variabili. E il confronto soffre di questa estrema variabilità.
Un’altra questione che vorrei toccare, senza fare discorsi troppo tecnici, è quella dei coefficenti: una formula che si usa per la determinazione delle tariffe. Non abbiamo scostamenti di rilievo tra il comune di Perugia e le amministrazioni dell'Emilia Romagna. Questi coefficienti (uno determina la parte fissa della tariffa, l’altro quella variabile) derivano da una legge nazionale. E’ in corso una sperimentazione nell’applicazione di questi coefficienti che finirà con l’introduzione della nuova tariffa. Ma non siamo stati particolarmente cattivi nei riguardi delle attività produttive.
Ovviamente, c’è anche una variabilità indotta da situazioni oggettive. Penso a situazioni come Corciano e Bastia, luoghi ricchi di attività commerciali: se andiamo a vedere, in proporzione alla popolazione, le attività produttive di Bastia e di Corciano sono molto di più che a Perugia. E  incidono su questo “quantum”, di chi paga e che cosa.
In questo senso, potete ben comprendere la mia difficoltà nell’affermare che la mia azienda è efficiente o meno. Tant’è che ho guardato con molta attenzione un lavoro svolto dall’Università di Perugia, ogni anno, settore per settore, un anno sui trasporti, un anno sull’acqua, un anno sul gas eccetera. Nel 2010 toccò a noi, quindi abbiamo avuto la possibilità di analizzare questo lavoro interessantissimo, fatto molto bene da parte dell’Università di Perugia che ha confrontato il nostro caso con altre situazioni. Lo ha fatto in due modi: con una relazione redatta dal professor Montrone che ha esaminato i bilanci aziendali, confrontando i bilanci di una serie di società e valutando alcuni indici, che gli esperti come il professor Berardi conoscono bene. In questa classifica, Gesenu si colloca abbastanza in alto: siamo al terzo posto come grandezza aziendale.
Io riporto alcuni elementi. Innanzitutto, hanno lavorato per individuare dove ricade il valore aggiunto in azienda, la maggior parte va al lavoro dipendente, e ci sono poi le altre categorie.
A me preme sottolineare la categoria del pubblico, la pubblica amministrazione, le banche che si prendono una bella fettina. L’azienda non prende nulla: il vantaggio che si ottiene dal lavoro è destinato prima di tutto ai lavoratori, poi alle banche, poi alla pubblica amministrazione. L'azienda arriva per ultima.  
Secondariamente, in relazione all’utile di esercizio, abbastanza modesto, come potete vedere dal nostro bilancio 2009, a fronte di un fatturato di questa portata; dopodiché, ci sono le considerazioni finali, cioè il professor Montrone conclude che la commessa è praticamente in pareggio, perciò 160 mila euro di utile sono praticamente in pareggio. Mi chiedo: ciò è dovuto all’inadeguatezza di Gesenu, oppure a una contrattazione del prezzo sbilanciata a favore del Comune?
E queste sono le risposte. La prima risposta: il quadro è accettabile, anche se in alcuni elementi possibili di miglioramento, quindi il livello di efficienza dell’impresa non può considerarsi inadeguato. E per me è stata una grande risposta.
La seconda, invece, se il Comune fa bene o fa male, se la contrattazione del prezzo è sbilanciata a favore del Comune: il 43 per cento del nostro fatturato è fatto da Perugia, quindi è comunque alto, ma la conclusione è che non è una commessa particolarmente remunerativa per Gesenu, che quindi si rivolge all’esterno per cercare altro reddito.
Abbiamo fatto anche un confronto non dei bilanci ma dei servizi di alcune città, appunto, dell’Emilia Romagna, Marche, Toscana, Umbria e Lazio, in un periodo che va dal 2000 al 2007. Ebbene, il margine di miglioramento che abbiamo come azienda è molto basso rispetto ad altre situazioni. Posso quindi dire che stiamo operando bene.