Prezzi e tariffe dei servizi pubblici locali

Intervento di Donato Berardi

REF – Ricerche e consulenze per l’Economia e la Finanza

L’Indis (Istituto nazionale distribuzione servizi), organismo tecnico di Unioncamere, cui è demandata l’attività di studio del settore, in collaborazione con REF – Ricerche, ha realizzato un monitoraggio delle tariffe dei servizi pubblici locali pagate dalle piccole e medie imprese in Umbria. Cosa emerge da questo rapporto?

Siamo giunti a questo secondo appuntamento, dopo un precedente lavoro e un precedente incontro, che risale ormai a più di un anno. E’ un percorso che come REF Ricerche abbiamo intrapreso in seno ed in sinergia con l’Unione nazionale delle Camere di commercio, che si inserisce in una direzione più ampia e in nuove attribuzioni anche demandate alle Camere di commercio da un decreto legge del 2008, che aveva chiesto appunto a tutto il sistema delle Camere di commercio italiano di supportare le attività del ministero dello Sviluppo economico in materia di rilevazione dei prezzi e delle tariffe. In particolare per quelle tariffe che si scaricano sul sistema delle imprese. Perché forse sono la componente più importante di costo soprattutto per le micro e piccole imprese. Rappresentano un elemento di competitività, ma anche costi per i bilanci delle imprese, che alla fine divengono anche un fattore di spinta per i prezzi praticati dalle aziende. Quindi, in ultima battuta, diventano un fattore di costo per le famiglie, che, in buona misura, queste tariffe le pagano due volte: la prima in quanto utenti finali dei servizi di raccolta e smaltimento, dei servizi pubblici urbani e la seconda come utenti e acquirenti dei beni prodotti dalle imprese, in particolare quelle micro e piccole, che, gravate da queste tariffe finiscono per praticare anche prezzi molto diversi nel territorio.
Questa iniziativa ha coinvolto quest’anno una decina di Unioni regionali di Camere di commercio. Quindi una rete abbastanza ampia di realtà sul territorio nazionale, che si inserisce, appunto, in una direzione di rilancio anche di quelle che sono le competenze tradizionali dell'ente camerale. Le Camere, come sapete, sin dalla loro origine, hanno tra le proprie attribuzioni quella di garantire un corretto funzionamento dei mercati, prevenire distorsioni, favorire la trasparenza e hanno esercitato queste attribuzioni, tipicamente, nei mercati all’ingrosso. E’ abbastanza noto il fatto che le Camere di commercio, attraverso quell’operazione chiamata “listino dei prezzi all’ingrosso”, monitorino o abbiano monitorato per lungo tempo i prezzi nella loro prima fase di formazione, quella dei mercati all’ingrosso. E’ evidente che questa competenza, questo patrimonio anche di conoscenze, di cui le Camere di commercio sono depositarie, può essere utilmente orientato verso questi “nuovi mercati”. Li chiamiamo così, anche se sappiamo che i servizi pubblici locali, non sono tecnicamente dei mercati. Ma comunque iniziano a esprimere dinamiche di andamento, di incremento delle tariffe che li rendono in qualche modo meritevoli di attenzione.
Un dato su tutti: oggi ci concentriamo in particolare su due voci: rifiuti solidi urbani, e servizio idrico integrato. I costi negli ultimi quindici anni sono sostanzialmente raddoppiati. Fatto infatti 100 il livello dei nel 1995, alla fine del 2011 siamo arrivati, nel caso del servizio idrico, a un valore intorno a 250: una volta e mezzo di più. Nel caso dei rifiuti solidi urbani siamo arrivati a un valore dell’indice a 200.
A fronte di una dinamica media dei prezzi al consumo, che quindi ci dà un po’ il riferimento di quanto siano aumentati i prezzi degli altri beni – l’esperienza comune, non solo prima della introduzione dell'euro, ma anche dopo, ci indica che sono comunque sostanzialmente aumentati – un’inflazione media al consumo cresciuta di circa il 40 per cento.
Perciò la media dei beni e dei servizi in questi ultimi quindici anni è aumentata del 40 per cento: il corrispettivo del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è raddoppiato, quello del servizio idrico è cresciuto di 1,5 volte. Ne deriva il fatto che è importante, oltre a guardare indietro, capire oggi come in futuro possano essere, in un certo senso, prevenute anche dinamiche di questo tipo, e forse sarebbe anche importante capire che cosa c’è dietro a tali dinamiche.
Il percorso di trasparenza e di pubblicità ha consentito alle Camere di commercio umbre e a questa rete di Camere di commercio più ampia a livello nazionale di impiantare una serie di strumenti dei repertori amministrativi delle tariffe e degli atti ufficiali dei servizi pubblici. Le categorie produttive hanno spesso lamentato una mancanza di trasparenza rispetto, appunto, non solo all’andamento di questi corrispettivi dei servizi pubblici, ma anche di quelli che sono gli atti amministrativi, con i quali vengono aggiornati, incrementati, in carenza anche delle motivazioni che saranno dietro a questi sviluppi tariffari.
La risposta è quella di aver costruito uno strumento telematico, che raccoglie queste informazioni e le rende disponibili agli utenti, quindi consente agli utenti di conoscere i corrispettivi praticati nel territorio regionale, in tutti i comuni sopra i 5.000 abitanti del territorio regionale. Consente anche di accedere anche alle delibere con le quali, da una parte, gli enti locali hanno deciso le variazioni tariffarie. E quindi conoscere anche quali sono, per quello che si può capire evidentemente da una delibera di un ente locale, le motivazioni che stanno dietro a questi incrementi. E poi di accedere anche alle carte dei servizi piuttosto che ai regolamenti, che hanno un ruolo abbastanza importante nel caso della raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, perché è dai regolamenti che in buona misura si possono capire le agevolazioni e gli sconti spesso previsti in favore di alcune categorie e di alcuni usi produttivi o commerciali.
In seconda battuta, sono stati messi a punto dei mercuriali: una rilevazione fondamentalmente trimestrale dei prezzi dell’energia elettrica sul mercato libero. Non ne abbiamo parlato sinora perché si è volutamente voluto concentrare la chiacchierata di quest’oggi sul servizio idrico e sul servizio di raccolta dei rifiuti, però quello dei mercati energetici è un altro tema importante: mercati che in qualche modo hanno vissuto negli ultimi dieci anni una fase di liberalizzazione, rispetto ai quali non sono in molti casi noti quali sono gli esiti, perché oltre a liberalizzare poi ci si deve anche chiedere, in qualche misura, se l’effetto della liberalizzazione è una diminuzione del costo e dei corrispettivi dell’energia elettrica e del gas.
Comunque, energia elettrica e gas, in questi ultimi quindici anni, hanno avuto aumenti meno forti rispetto a rifiuti, al servizio idrico. E questo ci conforta anche da un certo punto di vista rispetto a quelli che possono essere i benefici che dal mercato libero sono stati resi agli utenti, alle famiglie, appunto, e alle imprese. Ciò nonostante, è importante monitorare gli sviluppi di questo mercato, perché un mercato, quando è libero, non necessariamente vuol dire convenienza. Questo è un po’ anche il messaggio importante da tenere presente: non necessariamente liberalizzare significa rendere più conveniente.
In ultimo, e non mi soffermo su questo ma credo che ci sarà poi ampia diffusione da parte dell’Unione regionale, sono stati realizzati dei rapporti di benchmarking, che aiutano fondamentalmente a capire come il territorio umbro si posiziona all’interno del più ampio contesto nazionale e come le singole realtà umbre si collocano all’interno del contesto provinciale e regionale.
Abbiamo parlato in prima battuta di Repertorio. Cos'è?
Il Repertorio è uno strumento telematico ad uso interno della Camera di Commercio e dell’Unione regionale, ma che è accessibile anche da parte degli utenti esterni. Un software consente di accedere a tutti gli atti amministrativi e a tutte le tariffe dei comuni sopra i 5.000 abitanti, per il servizio idrico e per il servizio di raccolta e smaltimento. Sono catalogati con riferimento al servizio di raccolta igiene urbana i corrispettivi praticati a circa 80 attività economiche, che esauriscono più del 95 per cento delle attività delle imprese micro e piccole, commerciali e artigianali. Il repertorio consente per queste 80 attività economiche di capire in ciascun comune umbro qual è la spesa e qual è il regime con cui questi corrispettivi vengono definiti. Qual è la spesa per una certa tipologia di attività e anche, evidentemente, di confrontare, ad esempio, la spesa nel comune di Foligno rispetto alla spesa nel comune di Todi.
Accanto a questo, dà la possibilità di accedere agli atti amministrativi, vedete questa esemplificazione in questa diapositiva: vi è la delibera della Giunta comunale del Comune di Foligno e accanto il regolamento per l’applicazione della tariffa, da cui si possono desumere, come già sottolineato, scontistiche e agevolazioni, che non sempre operano in modo automatico, anzi, assolutamente, tipicamente non operano in modo automatico. Quindi nella misura in cui non sono note dagli utenti non sono neanche agevolazioni di cui gli utenti possono beneficiare; sono tipicamente agevolazioni e scontistiche delle quali si beneficia su specifica istanza presentata all’Ufficio Tributi. Per cui un elemento di conoscenza circa le agevolazioni e le scontistiche può essere anche un elemento di economia per i bilanci delle micro e piccole imprese.
Abbiamo parlato dei mercuriali. Cos’è il mercuriale? E’ un listino di prezzi di riferimento. Questa è un’esperienza che nasce e vive di una rete di Camere di commercio nazionali, che rilevano presso un insieme di operatori e venditori di energia elettrica sul territorio nazionale dei prezzi di riferimento dell’energia. Per l’Umbria sono contemplati 8 contratti, fondamentalmente sono 2 le fasce di consumo: si arriva fino ai 1200 megawattora all’anno, che corrispondono al consumo di un medio esercizio commerciale, un buon supermercato, un supermercato di 2000-2500 metri quadri; quindi coprono i consumi di tutti i micro, dalle piccole partite Iva fino ad arrivare ai medi esercizi commerciali, diciamo il 99 per cento delle imprese in Italia e la quasi totalità delle micro e piccole imprese.
Si hanno i riferimenti di prezzo per questi contratti sul mercato libero, perciò possiamo capire, in modo immediato, se il mercato libero rispetto alle condizioni di tutela, cioè alle tariffe che in buona misura vengono definite dalle autorità di settore, è più o meno conveniente. E uno dei risultati che in qualche modo emerge da questa rilevazione, che accomuna, se vogliamo, non solo il 2011 ma anche il 2010, è proprio il fatto che ad oggi le condizioni di mercato libero per il territorio umbro rilevate sono meno convenienti rispetto a quelle di maggior tutela dell’autorità.
Questo è un elemento importante, sia perché ci porta a riflettere su quali possono essere le motivazioni che stanno alla base di questo esito non proprio felice per il mercato libero, sia perché ci spronano a promuovere anche quelle che possono essere iniziative, come quella di cui stiamo parlando, che possono aiutare il funzionamento del mercato libero. Quindi se ci si chiede oggi perché molte imprese abbandonano il mercato libero e ritornano alla maggiore tutela, la risposta è un po’ perché oggi il mercato libero è mediamente meno conveniente rispetto alle tariffe dell’autorità, e un po’ perché – anche secondo le indagini fatte presso le imprese –  talvolta, ci sono problemi di trasparenza, si fa fatica a capire che cosa, quali sono i corrispettivi e come è strutturata la bolletta, che cosa si paga, perché si paga, perché l’energia aumenta.
Il senso di questa operazione è anche quello di aiutare a capire nel corso del tempo le dinamiche degli aumenti del costo dell'energia: quando aumenta, quali contratti sono tipicamente più colpiti da questi aumenti che hanno origine in parte dall’andamento delle quotazioni internazionali dei combustibili: se il petrolio rispetto a dieci anni fa sta oggi stabilmente sopra i 100 dollari a barile, evidentemente anche l’energia costerà un po’ di più. Però si tratta di capire quanto di questo “di più” è un “di più” che ha origine dal costo del petrolio, quanto è una componente che nasce da componenti parafiscali e anche del costo dell’energia elettrica e  quanto è invece imposizione fiscale su energia elettrica.
Tutti questi fattori contribuiscono, evidentemente, a rendere meno conveniente, da una parte, il mercato libero, e, dall’altra, ad accrescere l’aggravio di costo che ricade sui bilanci delle imprese.
E’ stata realizzata un’indagine anche su un campione di micro,  piccole e medie imprese, consumatori di gas naturale, attraverso un rapporto abbastanza approfondito sulle modalità di consumo. Quello che si è potuto evidenziare è che anche in Umbria esiste un buon numero di imprese di alcuni settori, in particolare di materiali da costruzione, vetro e ceramica, ma anche alcuni settori dell’alimentare, che sono utilizzatori importanti di gas naturale.
Tenete presente che non necessariamente grande consumatore di gas naturale vuol dire grande impresa: c’è anche un discreto numero di micro e piccole imprese che è composto da medi consumatori che corrisponde ad importanti consumatori di gas.
Va sottolineato un altro dei risultati del rapporto: al crescere dei volumi negoziati, quindi dei volumi consumati di gas, il costo in centesimi di euro di un metro cubo di gas presenta un decadimento abbastanza importante. Anche questo è un risultato forse non completamente scontato, perché a questa situazione contribuiscono sicuramente una parte di componenti fisse: fiscalità, oneri parafiscali sul costo del metro cubo, costi di distribuzione del gas. E  anche, forse, un uso da utenti più avveduti del mercato libero, che consente ai medi e ai grandi consumatori di gas naturale di avere condizioni di costo che sono sensibilmente migliorative rispetto a quelle dei piccoli. Un grande consumatore di gas arriva a registrare sui propri bilanci un costo del metro cubo di gas che è un terzo rispetto a quello di una micro e piccola impresa.
Ma analizziamo con attenzione anche il servizio idrico integrato. Abbiamo detto che abbiamo catalogato i corrispettivi per 80 tipologie di attività economica. Abbiamo voluto presentare, a titolo di esempio,  due tipi di attività: una del mondo artigianale, barbiere/parrucchiere, e l’altra del commercio, un profilo da ristoratore.
Rispetto ai 110 capoluoghi di provincia italiani  Perugia e Terni si collocano grosso modo sopra la media nazionale, per una spesa media che sta intorno agli 800 euro anno, media italiana: nei 110 capoluoghi di provincia si passa da 300 euro annuo per un barbiere/parrucchiere fino ad arrivare anche a 1.500 euro l’anno per la spesa per il servizio idrico. C'è una fortissima variabilità sul territorio nazionale. Tanto per il caso del profilo di barbiere quanto per quello di ristoratore, la variabilità, forse nel caso del ristoratore, è ancora più importante: per un ristorante trattoria che consuma 1.800 metri cubi all’anno si passa dai circa 1.000 euro annui fino ad arrivare a oltre 7.000 euro annui. E anche in questo caso, in questa graduatoria, il dato di Perugia e Terni sta sopra quello medio nazionale.
Ma al di là dei dati, comunque importanti, occorre tenere presente che qui in Umbria la riforma del servizio idrico, quella avviata ai suoi tempi dalla Legge Galli, alla metà degli anni Novanta, è giunta abbastanza rapidamente a un suo compimento. In Umbria le tariffe che sono pagate dal tessuto produttivo e dalle famiglie a livello locale, coprono integralmente i costi del servizio, in prima battuta, e garantiscono un certo livello di sviluppo degli investimenti coerenti con le esigenze dei territori. Non sempre sul territorio italiano è così, c’è un gran numero di realtà nelle quali le tariffe o non coprono i costi del servizio e quindi in qualche modo c’è una componente di costo del servizio che poi viene posta a carico della fiscalità generale, oppure non hanno dietro dei programmi di investimento. Per cui sono tariffe che paghiamo oggi, non sapendo se domani quel servizio sarà ancora garantito. Parliamo del grande problema degli investimenti, su cui c’è stato un referendum nella scorsa primavera e su cui si apre un discorso molto più ampio.
Ad ogni modo, è un settore dove, se vogliamo, nel caso umbro, il senso di quelle tariffe più elevate va anche visto alla luce del fatto che c’è un governo di queste tariffe, che è un governo anche della qualità del servizio e degli sviluppi in termini di investimenti necessari a garantire in futuro la tutela di questa risorsa.
Detto questo, all’interno del territorio umbro, esistono grosso modo tre bacini tariffari, che fanno capo a quelli che erano una volta gli “Ambiti territoriali ottimali” (ATO) e che oggi si chiamano “Ambiti territoriali integrati” (ATI). Una notazione importante: c’è una variabilità all’interno del territorio umbro minore rispetto a quella che abbiamo visto a livello nazionale; a livello nazionale il rapporto tra la spesa minima e massima arriva per una stessa tipologia di uso da 1 a 7, cioè stiamo parlando di 7 volte nei casi delle tariffe più elevate rispetto a quelli delle tariffe più economiche.
Nel territorio umbro c’è una relativa maggiore omogeneità, frutto appunto di questo cammino compiuto in questi anni anche dagli attori locali, quindi da un percorso di applicazione della Legge Galli e di tariffe fatte con il cosiddetto “metodo normalizzato”. La variabilità è minima rispetto a quella varata a livello nazionale, ma comunque importante perché se guardiamo, ad esempio, il caso di un parrucchiere/barbiere, profilo 1, profilo 2, ATI 3, dove ATI 3 sono tutti i Comuni della Provincia di Perugia che ricadono sotto a DUS S.p.A. rispetto ad ATI 4, Provincia di Terni, SII S.c.p.a., che sono i due gestori delle Province di Perugia e Terni. Si nota una variabilità di corrispettivi, che sono circa il 50 per cento. Un cammino importante rispetto a una dispersione di 1 a 7, registrata in questi anni. Ma c'è ancora molto da fare perché per un hotel o per un albergo, c’è uno scarto di circa il 40 per cento tra i corrispettivi pagati in queste due realtà.
La seconda informazione che volevamo veicolare è quella relativa agli andamenti di queste tariffe.
Tra il 2009 e il 2010, gli aumenti nei tre bacini tariffari sono stati differenziati: in particolare i corrispettivi sono aumentati di più in quell’ATI 4, dove i corrispettivi sono già più alti. La sensazione è che se nel corso del tempo le tariffe tendono a muoversi in modo non sufficientemente coordinato, forse le differenze possono ampliarsi.
E’ evidente che le questioni, di cui abbiamo parlato, di referendum e dintorni, sono argomenti che travalicano il livello regionale. Probabilmente, il servizio idrico, dopo queste nuove competenze demandate all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, vivrà una qualche fase di nuova riforma nel decreto sulle liberalizzazioni. Quello che è certo è che ad oggi, dopo il referendum, il meccanismo costruito intorno alla remunerazione del capitale investito, quindi a quei percorsi di progetti di investimento, che stavano dietro a quegli sviluppi tariffari, è  messo in crisi. Bisognerà capire quale sarà il nuovo assetto che verrà pensato per il prossimo decennio, perché, ripeto, guardare indietro è importante, ma è altrettanto importante guardare avanti.
Servizio di raccolta e smaltimento, quindi servizi di igiene ambientale. Al riguardo, abbiamo analizzato  quattro profili che sono fra i principali nell’ambito delle micro e piccole imprese, forse i soggetti più titolati a parlare di queste tematiche: esercizi di ristorazione, esercizi di alberghi, supermercati e attività di bar.
Quella variabilità che abbiamo visto a livello di servizio idrico si ripropone, anzi, si magnifica, nel caso dei corrispettivi dei servizi di raccolta e smaltimento, quindi del servizio di igiene urbana. Guardiamo il caso del profilo albergo: nel caso di una struttura con 1000 metri quadri di superficie, a livello nazionale, si passa da un minimo di 1.000 euro annui fino a oltre 16.000 euro. Attenzione: stiamo parlando di capoluoghi di provincia italiani, di realtà che non sono dal punto di vista dimensionale così diverse (se dovessimo scendere a considerare anche le piccole realtà di 5.000-10.000 abitanti, probabilmente, questo range di variabilità tenderebbe addirittura ad ampliarsi). Nel caso del “profilo albergo” Perugia e Terni si collocano leggermente al di sopra del dato medio nazionale: siamo tra i 5.500-6.500 euro annui.
Nel caso del “profilo ristorante”  Perugia è sotto la media italiana. Anche qui la variabilità è importante: si va dai 500 euro annui fino a oltre 7.000; Terni sta invece sopra la media nazionale con circa 4.000 euro l’anno.  
Il rapporto consente di catalogare i corrispettivi pagati da 80 attività: a titolo esemplificativo ne abbiamo considerate quattro o cinque. Nella provincia di Perugia, nei comuni sopra i 5.000 abitanti, un esercizio di ortofrutta può arrivare ad avere una spesa, espressa in euro al metro quadro, che va dai 3,50 euro fino ad arrivare agli oltre 20. Si evidenzia un problema di variabilità importante su questi corrispettivi, che tanto nei piccoli esercizi di vicinato di ortofrutta fino ad arrivare ai hotel, agli alberghi, ai supermercati e ai ristoranti è una variabilità che merita di essere in qualche modo capita ed analizzata a fondo.
Abbiamo costruito anche delle statistiche riassuntive che raggruppano classi di abitanti.  Tendenzialmente, le tariffe di igiene urbana sono molto più alte nei comuni con più di 50.000 abitanti. La variabilità è legata anche al fatto che in ciascun ente locale vige un diverso sistema di dimensionamento di queste tariffe:non sempre rispecchiano il costo di esercizio e coprono integralmente i costi del servizio e non sempre sono costruite sulla effettiva producibilità di ciascuna attività economica.
In particolare, nei comuni ancora legati al vecchio sistema della tassa, che in Umbria coprono il 60 per cento della popolazione residente, vige il principio “chi più inquina paga”. Diverso invece è l’onere che viene a scaricarsi sugli esercizi a elevata producibilità.
Si creano dei sistemi per cui le attività tipicamente ad alta produzione di rifiuto finiscono per essere sussidiate dalle attività economiche a bassa produzione di rifiuto. Così come non si può escludere che, talvolta, le utenze domestiche in qualche modo siano sussidiate dalle utenze non domestiche; e in un sistema in cui non esistono regole chiare con le quali vengono dimensionati questi corrispettivi, questa è più che una eventualità.
Esistono molti fattori da considerare. Alcuni sono quelli che abbiamo citato, altri hanno a che vedere anche con il grado di efficienza ed efficacia delle gestioni. Non è detto che un costo più o meno elevato possa essere ricondotto anche al fatto che ci siano meno tecnologie di smaltimento presenti. Quindi se ho la disponibilità di una discarica o di un termovalorizzatore ho dei costi molto diversi rispetto al fatto che invece debba portare questi rifiuti al di fuori del territorio provinciale affinché siano smaltiti; se ho soluzioni organizzative che si basano sul “porta a porta” per la raccolta del rifiuto o dei costi diversi rispetto alla raccolta fatta con isole ecologiche; se ho differenti logiche di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani ho costi diversi che vengono a scaricarsi anche sulle utenze non domestiche.
Si tratta di un complesso di fattori sui quali il senso di questo percorso è quello di guardare avanti. Sappiamo che veniamo da una storia che ci fa sembrare o ci dipinge come molto diversi, e da questi corrispettivi si evince che si è poco guardato a queste cose, forse, non solo negli ultimi quindici anni, probabilmente anche rispetto ad un arco temporale più lungo. Il senso da qui in avanti è quello invece di prestare una maggiore attenzione, anche perché il percorso di federalismo fiscale, nel quale ci incamminiamo, renderà questi costi sempre più legati al territorio. Anzi, su questi versanti, ragionevolmente, in presenza di tagli di stanziamenti da parte delle amministrazioni centrali e locali, si dovrà far fronte aumentando il costo del servizio.
Abbiamo già rimarcato che c’è una grande variabilità da zona a zona. Le rilevazioni per il 2010 segnalano che in Provincia di Perugia, su 26 Comuni esaminati, 15 hanno rivisto al rialzo i corrispettivi. Gli aumenti fra il 2010 e il 2009, per un profilo ipotetico di ristoratore, arrivano fino al 20 per cento nel caso della realtà Todi piuttosto che Torgiano. C’è comunque una variabilità importante anche negli andamenti di questi corrispettivi con un aumento medio dell’8 per cento nel solo anno 2010, che quindi si va a sommare a quelle dinamiche già esaminate.
In chiusura, sappiamo che l’ultimo decreto “Salva Italia”, quello della prima decade di dicembre, ha introdotto, o ha proposto, un’ennesima rivoluzione, diciamo “ennesima” perché poi in realtà su questa tematica dei rifiuti, di regolazione di questi corrispettivi si sono stratificati nel corso del tempo interventi normativi molteplici, per cui molta della confusione e molto di quella variabilità dei corrispettivi che abbiamo visto prima deriva anche dal fatto che si è molto legiferato in questa materia. Ma come spesso succede in questo Paese, si stratificano discipline successive nell’ambito delle quali ce n’è una che finisce per fagocitare quella precedente. Di conseguenza cresce l' incertezza su cosa si debba o non si debba applicare.
Sta di fatto che già oggi in Italia vigono tre differenti regimi per la definizione dei corrispettivi di igiene urbana: la vecchia tassa, o tributo, la Tarsu, poi due diversi regimi di tariffe di igiene ambientale, che abbiamo chiamato TIA 1 e TIA 2. Il decreto “Salva Italia”, quello dei primi di dicembre, ha previsto un superamento di questa giungla normativa immaginando un nuovo tributo comunale sui rifiuti, chiamato Tares, che dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2013.
Il nuovo tributo aiuterà a superare questa incertezza di applicazione dovuta ai molteplici regimi   contemporaneamente presenti. E l'introduzione di questo nuovo tributo obbligherà le amministrazioni a garantire una copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. E' utile chiarire che nei comuni che applicano la Tarsu esiste soltanto un obbligo minimo di copertura del 50 per cento dei costi del servizio. Quindi è evidente che in questi comuni, dove le tariffe sono più basse, è molto probabile che non coprano i costi del servizio. La conseguenza è che   in questo caso parte del costo del servizio di igiene urbana viene coperto dalla fiscalità generale, cioè da denari che vengono dalle Amministrazioni centrali.
Il decreto “Salva Italia” ha previsto un taglio degli stanziamenti agli enti locali di circa un miliardo di euro. E' stata attribuita agli enti locali la facoltà di maggiorare i corrispettivi di raccolta delle tariffe di igiene urbana tra i 30 e i 40 centesimi di euro al metro quadro.
Ciò significa che dal 2013, ragionevolmente, avremo due effetti. Il primo sarà che tutte le realtà nelle quali non si ha una copertura integrale dei costi del servizio dovranno assicurare il 100 per cento di copertura dei costi. E quindi i corrispettivi dovranno aumentare per coprire gli scoperti.  In Umbria sono molto pochi i comuni che applicano la Tarsu  nei quali si ha una copertura integrale del servizio. Il dato medio sta intorno all’88 per cento. Per cui, se dobbiamo coprire integralmente i costi del servizio che già oggi vengono sostenuti dovrà essere applicato un aumento medio del 12 per cento in tempi brevi.
In seconda battuta, questo nuovo tributo, chiamato Tares, dovrà garantire agli enti locali fondi necessari a compensare il taglio dei trasferimenti dalle amministrazioni centrali. Questa situazione  quindi genera un ulteriore aumento, quantificabile nell’ordine del 7-8 per cento delle tariffe, che dipende evidentemente da quali sono i livelli delle tariffe di partenza.
Con la Tares, nell’arco del prossimo anno e mezzo, sarà inevitabile un ulteriore aumento: tra il 10 ed il 20 per cento nei comuni che adesso applicano la Tarsu ed intorno al 10 per cento nei comuni che ora applicano la Tia.
Un dato che fa riflettere, perché sul fronte delle tariffe è importante capire da dove veniamo ma è anche fondamentale guardare dove andremo a parare.