Industria culturale, leva del turismo in Umbria

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Fabrizio Bracco

assessore alla Cultura e Turismo della Regione Umbria

Per fare queste proposte, per un turismo di esperienza, come dice lei, c’è bisogno di una visione. Lei ha parlato di questa cronica difficoltà di unire cultura e turismo. Cosa ne pensa l’assessore regionale Fabrizio Bracco, che nel suo ruolo di amministratore pubblico riunisce appunto cultura e turismo?

Parto dalla riflessione di Ejarque. La differenza tra l’Italia, la Francia, la Germania ed altri paesi è che in Italia, fino a epoca recentissima, la cultura è stata utilizzata per l’organizzazione del consenso. Cioè chi di volta in volta gestiva le politiche culturali aveva come finalità l’organizzazione del consenso alla propria parte politica. E questo valeva dagli assessori comunali fino al ministro. La cultura non è stata mai vista come un fattore di sviluppo, quindi non c’è mai stata da parte degli assessori una visione della cultura come materia trasversale che dovesse in qualche modo entrare in tutte le discussioni, da quelle urbanistiche a quelle relative allo sviluppo economico. L’assessore alla cultura è stato sempre visto come una sorta di soggetto autonomo all’interno delle giunte. Quasi come un personaggio che si divertiva a organizzare, a sostenere gli eventi che riteneva a se stesso più utili. Cioè una sorta di direttore artistico. La prima cosa che ho chiarito all'inizio di questa mia esperienza, è che come assessore regionale alla Cultura non avrei mai fatto il direttore artistico, lasciando a chi ha molta più competenza e conoscenze di me a svolgere questo ruolo.
Soltanto in epoca recentissima si è cominciato a discutere della cultura come fattore di sviluppo economico oltre che di crescita civile, perché nelle versioni migliori la cultura era vista come fattore di crescita civile. E nel nostro Paese abbiamo dovuto aspettare la lettera-manifesto dei ministri Passera, Ornaghi e Profumo per aprire una discussione pubblica sull’importanza economica della cultura. Fino a poche settimane fa nessun uomo di governo, dei governi, (ci sono state, per la verità, delle eccezioni, come il ministro Veltroni), avevano affrontato la cultura da questo punto di vista. La cultura non come un corpo separato ma un fattore di sviluppo che si dovesse inevitabilmente collegare ad altri. Perché accanto alla cultura del turismo c’è anche il commercio e ci sono i centri storici. Per questo insieme alla presidente della Regione Marini, nelle deleghe che mi sono state assegnate, abbiamo costruito una serie di competenze che tentassero di sviluppare una politica su basi nuove.
Adesso abbiamo una visione. Il Consiglio regionale ha approvato un Piano strategico di sviluppo triennale in cui tutti i ragionamenti e anche le azioni che si prevedono ruotano intorno a una riflessione di questo tipo. Fra l’altro, noi abbiamo effettuato una sorta di sondaggio, non scientifico perché era casuale, alla BIT di Milano nel 2011, in cui abbiamo fatto riempire delle schede ai visitatori dello stand Umbria: circa 1.280 persone selezionate secondo la quantità e non la qualità.
Da questi questionari risulta che oltre il 60 per cento – adesso cito a memoria, potrei sbagliare di qualche unità – dei visitatori dello stand Umbria ha dichiarato di interessarsi alla nostra regione per il patrimonio storico-artistico, per le sue città e per i suoi borghi.
Gli altri visitatori si dividevano fra turismo religioso, turismo delle manifestazioni  e turismo enogastronomico. Altre tre motivazioni, ma, come vedete, di gran lunga lontane dal patrimonio culturale.
Quindi è vero, ciò che rende l’Umbria attrattiva è il suo patrimonio, le sue città, i suoi borghi, i suoi castelli, i suoi conventi. L’insieme, la visione unitaria è l’aspetto fondamentale. Quindi dobbiamo essere capaci di organizzare prodotti turistici. E in questa direzione stanno andando le politiche della Regione: abbiamo abbandonato, la visione degli STL, cioè delle politiche fatte per territorio, e le abbiamo sostituito con le politiche fatte per prodotto: la via di Francesco, il turismo culturale, il turismo congressuale, il turismo religioso, il turismo attivo. Un prodotto trasversale, che impegni gli operatori da San Giustino ad Amelia o da Castiglione del Lago a Norcia, per prendere tutta la croce che rappresenta l’Umbria.
Abbiamo individuato dei prodotti. E il turismo culturale è sicuramente uno dei prodotti fondamentali. Questo vuol dire un impegno da parte della Regione senz’altro, ma anche da parte delle amministrazioni locali. Quando noi diciamo che la cultura è trasversale vuol dire che se tu fai scelte di piano regolatore per l’organizzazione della tua città o cittadina, devi tener conto che la scelta è quella della valorizzazione anche ai fini dell’attrazione turistica. Chiaramente, l’allevamento di maiali sotto un centro storico non si può fare perché se si fa vuol dire che si è rinunciato a essere una destinazione turistica. Oppure, e cito un esempio caro al presidente Mencaroni, non si possono trasformare i campi verdi e farli diventare grigi con i pannelli fotovoltaici, che rompono il cono di visuale di chi osserva un paesaggio. Quando tu hai di fronte un colle, un castello, un paesaggio verde, con le nostre culture tradizionali, dell’olivo, della vite eccetera, si dovrebbe preservare l’unità del paesaggio e la sua integrazione con il costruito. E questa è una scelta di fondo che devono fare tutti in modo consapevole.

Ma come valorizzare e far lavorare insieme, in un “gioco di squadra” le tante manifestazioni culturali che l'Umbria propone ai turisti?

Abbiamo un patrimonio intorno al quale va costruita una “rete”. Manifestazioni internazionali, la cui fama ha travalicato i confini della regione e che riempiono di turisti le nostre città: Umbria Jazz, Festival di Spoleto, FestArch, Festival del Giornalismo, che riempiono le nostre città, quando si svolgono. Ma ne abbiamo altre da far crescere, come la recente Water Fest, quest'anno alla prima edizione, che nei prossimi anni può diventare un potente attrattore turistico.
Manifestazioni importanti che vanno integrate, sempre più, con il nostro patrimono culturale.
Penso all'Osservatorio per i musei: siamo arrivati a 120 musei pubblici, riconosciuti dalla Regione, che usufruiscono di un sostegno regionale. E 104 biblioteche locali. Un patrimonio. Locale. Perché in Umbria, tolti i due, tre, quattro musei statali, gli altri sono tutti o di proprietà degli enti locali o di proprietà di Istituzioni comunque locali o delle Istituzioni religiose o di privati, come per esempio il Museo dell’Olio e del Vino o il Museo del Merletto.

Una regione di 900 mila abitanti che ha 120 musei riconosciuti e 104 biblioteche, deve reggere un impegno importante da un punto di vista finanziario...

Certo. Abbiamo ereditato e fatto crescere un patrimonio culturale. E abbiamo delle professionalità impegnate nella  conservazione e nella valorizzazione di questo patrimonio. C'è anche un'altra riflessione da fare: le manifestazioni, quando si radicano nel territorio, sono anche occasione di promozione di professionalità artistiche locali. Non a caso in Umbria sono nati due dei maggiori jazzisti italiani contemporanei. Penso a Giovanni Guidi, pianista di Foligno, che ormai è considerato il più talentuoso fra i pianisti jazz italiani. Oppure a Gabriele Mirabassi, il clarinettista, che è ormai riconosciuto fra i più importanti a livello mondiale. Figli di Umbria Jazz, non a caso. Come altri giovani e capaci musicisti cresciuti all'ombra della Sagra Musicale o del Festival delle Nazioni. C'è una cultura che cresce in Umbria e che deve essere, in qualche modo, valorizzata.
Allora dobbiamo mettere a sistema tutte queste cose. E creare azioni coerenti che sostengano questo tipo di turismo che sta rendendo.

Qual è il bilancio del turismo in Umbria nel 2011?

Abbiamo avuto un 2011 importante. Al contrario dell'Italia in generale, dove, lo sappiamo, il turismo lo scorso anno ha arrancato. In Umbria è andata meglio: sono aumentati sia gli arrivi che le presenze. Soprattutto è andato bene il turismo straniero. I numeri ci dicono che in Umbria nel 2011, a fronte di un aumento del 7,6 per cento degli arrivi e del 7,8 per cento delle presenze, è stata di oltre l’11 per cento la percentuale di aumento dei turisti stranieri. Una crescita confermata nei primi mesi del 2012: a fronte di una difficoltà complessiva, soprattutto nei mesi di marzo ed aprile, dopo un gennaio ed un febbraio disastrosi, a causa della crisi e del perdurante cattivo tempo, c'è un segnale di crescita. Un incremento fortemente segnato dalla crescita del turismo straniero.

Questi dati potranno essere confermati anche quest'anno? Che segnali avete?

Il Sole 24 Ore, qualche settimana fa, in una pagina dedicata alla agognata crescita economica che tutti attendiamo, individuava nel turismo uno dei fattori di sviluppo e quindi di ripresa per l’intero Paese. L'articolista del quotidiano, faceva in parte il ragionamento del nostro moderatore: come mai la Francia, la Spagna, la Germania, l’Inghilterra in particolare, riescono, nonostante tutto, ad andare avanti e appunto, nel tempo, alcuni di questi paesi ci hanno scalzato dalle prime posizioni delle più importanti destinazioni turistiche?
L'analisi del Sole 24 Ore si chiude con una previsione riguardo le tre regioni italiane con maggiore potenzialità di sviluppo turistico nel prossimo quinquennio. L'Umbria, in questa classifica è al terzo posto dietro la Puglia e la Sicilia, che è al primo posto posto. Secondo il quotidiano economico nella nostra regione, nei prossimi cinque anni, si può prevedere una crescita turistica del 15 per cento.
Una previsione che ci fa sperare. Ma che individua nell'Umbria un territorio che ha tutti gli ingredienti per intercettare le nuove tendenze del turismo internazionale, cioè il turismo slow, il turismo della lentezza, o il turismo “esperienziale”. Il turismo appunto di chi vuole vivere anche uno stile di vita, quindi vuol toccare vuol entrare nei gangli di una realtà, di un territorio, di una società e non si accontenta solo del consumo, della “toccata e fuga”. Questa sembra essere una delle tendenze del turismo a livello globale. Il Sole 24 Ore sostiene che l’Umbria ha in sé tutti gli ingredienti per sviluppare questo tipo di turismo. Io credo che sia vero. E noi stiamo lavorando in questa direzione.

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Quasi naturalmente, il commento a questa analisi è di pertinenza dell'assessore regionale.

Rapidamente tre cose. La prima: io uso un sistema endocentrico, ma senso senso che sono un umbro che vive l’Umbria da turista. Una parte delle mie vacanze le faccio in Umbria, quindi quando mi trovo a dover decidere mi interrogo su che cosa io vorrei, andando per esempio dalle parti del lago Trasimeno o in Valnerina oppure visitando Gubbio o Monte Santa Maria Tiberina. Sono quindi arrivato all'idea del turismo come esperienza proprio misurandolo su di me, cioè un turista che non sceglie il consumo turistico delle stazioni balneari tradizionali, ma che preferisce le passeggiate in montagna o la conoscenza dei luoghi della storia o della cultura eccetera. E ho costruito così la mia idea della strategia che vorremmo adottare per il turismo in Umbria.
Con una necessità, così entro nella vicenda dell’APT. In Umbria c’era una debolezza intrinseca della politica turistica, che era la debolezza del momento della decisione politica, della scelta strategica. Quindi il mio obiettivo era, da una parte, restituire alla decisione politica e, di conseguenza, al decisore politico, al governo regionale, una funzione più forte. E dall'altra riportare le strategie pubbliche per lo sviluppo turistico della regione nelle sedi che io ritenevo idonee, cioè la Giunta e il Consiglio regionale. Ovviamente in una visione non chiusa ma aperta al confronto permanente con i soggetti che devono essere coinvolti. Quindi, da una parte le istituzioni locali, i Comuni in particolar modo, e dall’altra gli attori, i diversi attori che sono protagonisti: dalle categorie del turismo alle categorie del commercio, fino alle categorie imprenditoriali. Forze che sono parte di un progetto, che anzi devono essere coprotagonisti nella costruzione del progetto.
Così, con Sviluppumbria che ingloba le funzioni dell'Apt, da un lato, abbiamo riportato alla Regione, nel luogo, la sede della elaborazione della strategia, e delle scelte di fondo, sia il Piano strategico triennale, sia il Piano annuale delle iniziative, da costruire insieme agli altri attori, che non sono quelli soltanto istituzionali. Ma abbiamo anche individuato uno strumento più manageriale, che ci consentisse di realizzare l’obiettivo che ci eravamo proposti, quello della promozione integrata di cui prima parlava il presidente Mencaroni.
Una visione cioè in cui ormai non si fa solo più promozione turistica, ma si fa promozione di una regione con tutto ciò che questa regione contiene: il patrimonio culturale, la produzione culturale, le eccellenze enogastronomiche, le eccellenze artigianali, le eccellenze del settore manifatturiero.
Pertanto, quando noi promuoviamo l’Umbria, la dobbiamo promuovere interamente e in maniera integrata. Faccio un esempio. L’Umbria Water Festival vuole essere la promozione di un territorio, la promozione di un patrimonio che l’Umbria ha, che è quello dell’acqua, intesa in tutti i sensi: l’acqua dei fiumi, dei torrenti e dei laghi, ma anche l’acqua delle fonti dalle quali si attingono tante acque minerali fondamentali, etichette di acque minerali importantissime che sono anch’esse una rappresentazione dell’Umbria.
Io cito sempre una cosa che ho letto, che scriveva un noto giovane manager umbro, Andrea Margaritelli, quando raccontava l’incontro che aveva avuto a New York con il responsabile marketing di una famosa acqua minerale, molto diffusa negli Stati Uniti. Si complimentava con lui. E diceva: “Tu sei riuscito a vendere questa acqua minerale a 10 dollari al litro. Una bottiglietta da mezzo litro costa 5 dollari, molto più dei carburanti”.
E questo manager replicava: “Ma io non vendo acqua minerale. Quando uno stappa una bottiglia e assapora quest’acqua, nelle bollicine sente il sapore dell'Italia. Quindi io vendo, insieme all’acqua minerale , l’Italia intera, l’italian style, che è qualcosa di più”.
Allora questo è l’obiettivo: noi dovremmo riuscire a promuovere l’Umbria. Poi ha ragione Ejarque, abbiamo bisogno di tutta la parte promocommerciale di costruzione del prodotto. Ma questo è un compito che la Regione non può fare. Noi possiamo aiutare la costruzione del prodotto turistico attraverso i contributi, cioè i finanziamenti pubblici. La Regione aiuta ma lì si ferma. Quello è un compito che non riguarda più il soggetto pubblico, ma riguarda i soggetti privati che si devono organizzare.
Per questo abbiamo suggerito la formazione dei consorzi, delle reti fra operatori con l’aiuto delle associazioni di categoria. Abbiamo spinto in quella direzione perché avvertiamo questa necessità: nessuno può fare da sé. Il turismo “fai da te” non funziona perché la competizione è internazionale, quindi noi dobbiamo muoverci in questo modo. Ma io penso che le condizioni ci siano. Da questo punto di vista è stata molto utile una ricognizione: quella di andare a vedere, sulla base dei dati che abbiamo, quali sono i luoghi di provenienza dei turisti che vengono in Umbria.

Da dove arrivano i turisti che vogliono visitare l'Umbria?

Il luogo di provenienza più importante è Roma e il Lazio. E' il turismo del weekend, il turismo delle manifestazioni, di chi viene due o tre giorni perché va a Cantine aperte, Frantoi aperti, viene a visitare una mostra, vuole assistere agli spettacoli di un festival, viene a visitare un museo o vuole rilassarsi nelle nostre campagne. Poi, però, c'è un dato molto più significativo, che è ilnostro vero obiettivo: il turismo nord europeo e quello nord americano.
La destinazione Umbria ha un grande mercato in Germania, in Olanda e nel Belgio. Ma comincia ad avere un'attenzione maggiore anche in Norvegia, Svezia e Danimarca. Poi c'è la Francia, l'Inghilterra, gli Stati Uniti e il Canada. In questi paesi c'è la tipologia di turista che apprezza i nostri prodotti.
Stiamo attenti al Sudamerica, in particolare al Brasile, dove giochiamo sul fatto che ci sono 25 milioni di italiani di origine, che c’è una comunità di umbri molto importante, che si stanno arricchendo e quindi cominciano a viaggiare per riscoprire le proprie radici culturali.
Sulla Cina siamo impegnati in un progetto. Già nel '97, proprio nel periodo della presidenza Bracalente, fummo la prima regione italiana a a siglare un protocollo d’intesa con una regione cinese, lo Shaanxi: una pre-intesa finalizzata a costituire un gemellaggio, che poi è rimasta lì morta in un cassetto, non se n’è più occupato nessuno. Adesso abbiamo riaperto quel cassetto e abbiamo già fatto tre missioni in Cina. Abbiamo un progetto che è rivolto a una cooperazione in materia di beni culturali, utilizzando le nostre eccellenze, la rete museale, la scuola del restauro di Spoleto, il laboratorio di diagnostica di Spoleto, la tradizione nel settore del restauro che è molto forte nella nostra regione. Per quanto riguarda le produzioni enogastronomiche, l'assessore Cecchini è andata in missione in Cina proprio per stabilire un rapporto in quell'ambito. C'è poi un terzo progetto, specifico per il turismo, nel quale non siamo soli ma lavoriamo insieme alle Marche, alla Toscana, alla Puglia, al Veneto e all'autorità Roma Capitale.
A proposito di Cina, è interessante riflettere su un fatto: i cinesi in visita in Italia non cercano l'itinerario tradizionale  Venezia -Firenze -Roma. Ma vogliono conoscere quella che loro chiamano l'Italia minore”, cioè anche noi, che non siamo affatto minori, ma siamo un’altra Italia rispetto all’asse fondamentale. In questo senso stiamo costruendo la possibilità di incontri tra tour operators umbri, marchigiani, toscani anche con prodotti interregionali, dando anche un contributo alla interregionalità, quindi con pacchetti turistici che prevedono una permanenza di quindici giorni, tre o quattro giorni nelle Marche, tre o quattro giorni in Umbria, tre o quattro giorni in Lazio per poi finire a Roma, o in Veneto, o in Puglia.
Come vedete, non puntiamo più ad iniziative generiche ma partiamo dalla conoscenza del mercato. In Umbria arrivano due milioni e duecentomila turisti ogni anno. Abbiamo sei milioni e mezzo di presenze. Da dove vengono? La promozione va mirata nei paesi di origine di questo flusso turistico e va monitorata in modo continuo.
Certo, è essenziale la collaborazione fra le istituzioni pubbliche, i comuni che devono organizzare l'accoglienza e gli operatori privati. La Camera di Commercio è il soggetto privilegiato, ma abbiamo poi le categorie, in particolare le categorie che operano nel settore, che vanno dalle categorie degli alberghi, del turismo all’aria aperta, dei tour operators eccetera eccetera. Attori fondamentali, che ci possono aiutare a costruire quella “rete”, che io credo sia fondamentale.