Trasparenza e legalità per le imprese

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Stefano Vinti

assessore regionale ai lavori pubblici

C'è una frase, carpita qualche anno fa in una intercettazione telefonica, nella quale due camorristi dicevano: "In Umbria gli affari sono buoni". Poche parole che alimentano un allarme. E inducono alla massima vigilanza.

Cercherò di essere molto rapido su argomenti che richiederebbero riflessioni più profonde delle mie. Ma diciamo che io sono un bambinone e che ancora sono in grado di meravigliarmi. L'altra sera ho assistito ad una inchiesta televisiva di Report, il programma curato dalla giornalista Gabbanelli, nel quale, a proposito di corruzione, veniva spiegato il meccanismo con il quale l'Italia, attraverso l'Eni, si approvvigiona di gas dalla Russia. Ma il giorno dopo quelle rivelazioni mastodontiche di corruzione, gli autobus continuavano a funzionare, la gente parlava di calcio o della vita privata di Berlusconi. Incredibile. Il giorno dopo sembrava non fosse successo niente... Voglio dire, parlando di argomenti come questo, che se la società non si nutre di valori e non si indigna rischiamo tutti di fare la figura dei grilli parlanti.

Purtroppo i valori non si trasmettono per decreto...

Il procuratore Cardella ha posto tre questioni alla base della nostra discussione. E ha iniziato dall'evasione fiscale. In base alla stima della apposita commissione proposta dal governo Berlusconi, che ha terminato il suo lavoro circa un anno e mezzo fa, in Umbria l’evasione fiscale è stimata in  4 miliardi l’anno. Capite? 4 miliardi. Altro che il "buco" dei 10 milioni di euro di Umbria Mobilità e le buche nelle strade di Perugia di cui si parla ogni giorno. Al sistema fiscale sfuggono, nella nostra regione, cifre enormi. Ma questo argomento non è all'ordine del giorno. Succede come per la vicenda dello scandalo del gas in Russia: il sistema politico istituzionale regionale passa oltre questo problemino...  


Ma lei fa parte del governo della Regione e può porre il problema al centro del dibattito politico.


E' quello che sto facendo, nelle sedi opportune e nelle sedi pubbliche. L'insieme dei rappresentanti pubblici rappresenta degli interessi. Io sono dalla parte di chi paga le tasse. Ma in Umbria c'è chi non le paga per 4 miliardi di euro ogni anno.  


CARDELLA Basterebbe recuperare il 10 per cento di questa somma...

VINTI Si può anche approcciare alle questioni in termini progressivi. Ma che venga eluso totalmente un problema di una tale enormità, con tutto quello che comporta per l'economia della nostra Regione, dal mio punto di vista è qualcosa di assolutamente non sostenibile.
C'è un'altra questione che tocca l'Umbria in modo concreto. Per la Corte dei Conti il costo della corruzione in Italia è di 70 miliardi l'anno: se noi come Umbria rappresentiamo per tutti gli indici statistici l'1 per cento dell'economia nazionale, possiamo dire che la corruzione stimata ogni anno nella nostra regione va dai 500 ai 700 milioni di euro.
Ovviamente, dentro questo quadro c’è, dal mio punto di vista, anche un’enorme corruzione tra privato e privato. Quei numeri sfuggono alle statistiche, sono "un costo per le imprese". E spesso si passa oltre il problema. Ma io invece credo che, per la tenuta del mercato, per la trasparenza e per la salvaguardia delle imprese sane ed oneste, sia uno dei problemi rispetto al quale occorre ragionare con assoluta puntualità.  
Allora dentro un quadro come questo, diciamo che anche l’iniziativa umbra incontra delle gravi difficoltà. Rispetto ai problemi del sistema bancario, alla  alla concessione di mutui senza garanzie. Il professor Lo Leggio ci ha appena ricordato l'oggettiva situazione di crescita del numero degli usurati nella nostra Regione.
Quindi possiamo certo dire l'Umbria è un “covo freddo”. Ma anche sempre più ribollente. C'è quindi la necessità che le istituzioni, la politica e la società civile assumano pienamente consapevolezza di questo tema. L'emergenza rappresentata dalla legalità e dalla trasparenza corre il rischio di penalizzare soprattutto le imprese sane della nostra Regione. E' un dato reale, e per questo, al di là delle iniziative del Consiglio regionale, ringrazio Lo Leggio, che ha ricordato chi si è posto la questione leggere, su indicazione di Libera, la relazione della Commissione parlamentare Antimafia. C'è qualcosa che non funziona. Come mai non parliamo di queste venti pagine che parlano dell’Umbria? E’ possibile che anche qui il sistema politico faccia finta che il problema non esiste?  
Noi ci siamo dotati, nel 2010, di una legge regionale in materia di appalti pubblici: Questo è il punto. E credo che sia uno di quegli elementi dove è chiaro che la scritta della legge va applicata. Noi stiamo verificando il livello di applicazione, delle stazioni appaltanti, lì ci sono alcune novità, che sono anche il frutto della costruzione della Giunta regionale, insieme agli altri soggetti, al sistema delle imprese, nelle sue diverse articolazioni: industriali, artigiane, del commercio, dei rappresentanti dei sindacati e dei lavoratori.
Per quanto riguarda gli appalti c’è un problema della gara al massimo ribasso che è gigantesco. E' un elemento rispetto al quale nessun Governo nazionale vuole intervenire e non c’è possibilità per Regione di cambiare le cose. Però diciamo che anche dentro un quadro così difficile, abbiamo costruito alcuni ragionamenti, stabilite alcune norme e alcuni regolamenti fattivi. Non solo osservatori. Anche norme, che prevedono, per esempio, che non possano essere messi a gara i costi della sicurezza del lavoro e non possano essere messi a gara i costi presunti della manodopera. Se noi riusciamo a togliere dal gioco del ribasso due elementi centrali, quelli della sicurezza e quelli dei costi del personale, voi capite, che le nostre imprese, forse più di altre, possono essere salvaguardate da una concorrenza che invece sfonderebbe sia sui costi della sicurezza sia sul lavoro nero, con tutto quello che questo comporta in termini di trasparenza e di legalità.

 

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Ringrazio la Camera di Commercio che ha offerto alla Giunta regionale di partecipare a un così elevato e qualificato confronto sulla legalità e la trasparenza. Ci sono moltissime altre cose da dire. Io vorrei ripartire, però, da un problema generale. E parlare adesso a titolo personale e non come assessore regionale.
Questo è un Paese in cui chi indaga per capire l’intreccio tra lo Stato e la mafia, su una faccenda molto complicata per le istituzioni che è stata definita “trattativa”, si ritrova in Guatemala. E allora c'è qualcosa che non funziona come dovrebbe. Chi è che a parole non è contro la mafia? Ma purtroppo c'è anche una volontà nel Paese di convivere con il fenomeno mafioso, che attraversa poteri politici, finanziari ed economici. Questo è un dato di fatto, un equilibrio raggiunto. Perché non è che penserete che i flussi di capitali della criminalità organizzata, che sono ripuliti nelle borse dei sistemi finanziari, non si sa da dove vengano? Sono grandi quantità di denaro giornalmente immesse nelle nostre piazze finanziarie. E' evidente che c'è chi tollera tutto ciò.
Allora siamo d'accordo con quanto già detto da Cardella e Lo Leggio: al di là delle leggi, nel Paese c'è bisogno di una riscossa culturale, di forti valori da contrapporre ai poteri criminali.
La Regione è impegnata nella battaglia della lotta alle infiltrazioni mafiose.
Possiamo parlare del Durc, che è stato particolarmente efficace. Possiamo ricordare che nella nostra regione è operativa una normativa per la tracciabilità degli appalti. E che per ogni appalto subappaltante occorre un conto corrente specifico e dedicato, in maniera che si possa capire qual è il flusso delle risorse. Oppure che abbiamo fatto un regolamento per cui agli appalti con un ribasso anomalo si applica una procedura per verificare l'anomalia rispetto al mercato.  
Però io avverto un problema: anche se è giusto e doveroso impegnarsi su questo versante, si corre il rischio che sulle nostre teste ci sia un meccanismo rispetto al quale siamo debolissimi. Anche in Umbria gli appalti maggiori sono di competenza degli organi periferici dello Stato. Sapete quante regioni sono coinvolte per un grande appalto come quello della Quadrilatero o della E 45, oppure dell’Autostrada? C’è una normativa che sfugge totalmente al controllo dell'istituzione regionale. E' tutta roba che passa sulla nostra testa. E stiamo attenti anche al discorso, che rischia di essere retorico, sulle 30mila stazioni appaltanti. Parto dall'esperienza della Regione riguardo l’agenzia degli acquisti della sanità. Centralizzare vuol dire anche offrire una grande possibilità agli interlocutori del mercato di fare cartello. Allora può andare a finire che invece di risparmiare si rischia di spendere di più.
La questione è complicata: quando ti sembra di operare per una razionalizzazione e ottimizzazione dei costi rischi di andare in bocca al pescecane di turno che si nasconde dietro la stazione appaltante.  
Detto questo, penso che la Giunta regionale con la legge 8 sulla trasparenza abbia fatto un grande sforzo. Anche se bisogna vigilare affinché l’accesso agli atti non possa scalfire la privacy di altri soggetti.
Con questo, voglio dire che, comunque vada, la pubblica amministrazione deve stare molto, molto attenta. Un ultimo accenno per quanto riguarda l'Università: da perugino credo che vada ripristinata una dialettica normale tra l'ateneo e le istituzioni, sia cittadine che regionali. Per questo si sta ragionando molto, anche da parte della Giunta regionale, sia sul versante della riforma della sanità regionale che sulla nuova convenzione Regione-Università.