Trasparenza e legalità per le imprese

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Francesco Merloni

docente Università degli Studi di Perugia

Francesco Merloni è professore ordinario di Diritto amministrativo presso l'università di Perugia nella facoltà di Scienze Politiche. Fa parte della commissione di studio, istituita dal ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione Filippo Patroni Griffi, sulla trasparenza e la prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione. Ha preso parte al gruppo di lavoro incaricato di predisporre il testo del decreto delegato in materia di trasparenza della pubblica amministrazione, testo che dovrebbe essere licenziato a breve. E' autore e curatore di numerose pubblicazioni in vari campi del diritto amministrativo.


Professor Merloni, questi "deboli strumenti di controllo" del fenomeno della corruzione sono stati rafforzati?



Penso sia necessario dire brevemente due parole sulla legge anticorruzione 190 del 2012, come si è formata e che problemi attuativi presenta. C'è qui con noi il procuratore Cardella che parlerà molto meglio di me degli aspetti penali, sui quali ora non mi soffermo. Ricordo soltanto che noi discutiamo in Italia di leggi anticorruzione dalla presentazione del disegno di legge Alfano, nel 2010, che ha avuto poi un’accelerazione negli ultimi mesi anche in virtù dell’intervento di varie organizzazioni internazionali, l’OCSE e il Consiglio d’Europa, che ci hanno segnalato lo stato miserevole della nostra legislazione anticorruzione.  
Mi soffermo su questo punto: come si è tentato, bisogna sempre usare termini molto prudenti, di migliorare l’originario disegno di legge Alfano, che in realtà, do un giudizio sbrigativo, appariva soprattutto un provvedimento molto d’immagine perché si proponeva di modificare le pene per alcuni reati, ma in realtà sulla prevenzione nella corruzione della Pubblica Amministrazione diceva ben poco. Poi, il governo Monti ha distinto molto bene la parte penale affidata alla ministra Severino e la parte di prevenzione della corruzione, affidata al ministro Patroni Griffi: si è quindi costituita questa commissione la quale, nel giro di circa un mese, ha predisposto all'attenzione del governo una serie di emendamenti che sono stati poi quasi interamente introdotti nella legge 190.
E su questo forse è il caso di soffermarci per capire la logica di questi emendamenti. Ma partiamo da un discorso di carattere generale. Se si parla di prevenzione della corruzione, o comunque di comportamenti impropri, quella che si chiama più genericamente “mala amministrazione”, è chiaro che non basta accontentarsi, anzi, sarebbe assolutamente fuorviante accontentarsi dell’entrata in vigore di una legge. Le leggi vanno misurate anche per la loro capacità di attuazione, soprattutto vanno misurate sulla volontà attuativa: un metro che non può che essere, io direi, più che decennale e che deve andare al di là dei singoli governi.


La Commissione ha messo sotto una particolare attenzione l’urbanistica, la sanità e gli appalti.

Noi sappiamo che in alcuni casi ed in alcuni settori amministrativi la corruzione è un fenomeno non soltanto diffuso ma sistemico. Per capirci, è talmente diffuso che addirittura impedisce l'emersione del fenomeno. Spesso gli appartenenti a un settore amministrativo sono talmente coinvolti in fenomeni corruttivi da impedire che il reato sia visibile, proprio perché tutti ne sono condizionati.
Sostanzialmente, la legge 190 prevede, prima di tutto, che ciascuna amministrazione nomini un responsabile anticorruzione e che questo responsabile predisponga un piano anticorruzione che poi deve essere fatto proprio dall’organo di indirizzo politico. Quindi non soltanto un fatto burocratico ma qualcosa che, di fatto, deve coinvolgere l’intera amministrazione.
Il piano è misurato con l'idea che si debba predisporre la cosiddetta “mappatura del rischio”. Si devono quindi individuare i settori più esposti nell'amministrazione pubblica e, di conseguenza, si devono introdurre delle misure organizzative di controllo e di verifica, anche a posteriori, dei comportamenti tenuti dagli uffici che possono essere più esposti al fenomeno.
Misure come la rotazione degli incarichi e controllo delle attività di questi uffici attraverso una vigilanza più stretta. Quando parlo di controlli non intendo tanto quelli preventivi ma quelli successivi, che devono essere molto penetranti.
Per capirci, se ho dubbi che un determinato appalto sia stato gestito in maniera illegale e abbia prodotto per l’Amministrazione un danno, come un aumento anomalo dei costi, allora io sottopongo quella vicenda a un controllo successivo molto mirato.  
Il meccanismo è mutuato da una legge che è stata introdotta per il settore privato, la legge 231, che si basa sull’idea che il responsabile anticorruzione nel predisporre il piano e nel vigilare sull’attuazione sia a sua volta responsabile. Questo vuol dire che se nella sua amministrazione vengono compiuti reati, naturalmente, passati in giudicato, o comunque con gravi comportamenti di violazione delle regole anticorruzione, ne paga le conseguenze, in qualche modo, direttamente lui, in termini di retribuzione, ma in qualche caso, anche attraverso provvedimenti disciplinari che possono portare al licenziamento.
Questo è un meccanismo che mira a responsabilizzare la persona.  
Gli altri punti significativi sono quelli relativi ai comportamenti dei funzionari.
Sostanzialmente si danno al governo sei mesi di tempo per riscrivere il codice di comportamento dei pubblici dipendenti, con l’idea di predisporre un codice più severo di quello attualmente vigente e disciplinarmente più efficace.
C’è stato sempre il dubbio se questo codice di comportamento avesse o meno valore giuridico. La legge toglie qualunque dubbio, il codice di comportamento fissa delle regole di comportamento e la violazione di quelle regole costituisce violazione disciplinare, indipendentemente dal reato penale.
Quindi si rilancerebbe, devo usare il condizionale, una responsabilità disciplinare che, come voi sapete in questo Paese è praticamente scomparsa.
Di procedimenti disciplinari nelle nostre pubbliche amministrazioni ne facciamo ben pochi e comunque non mirati ai fenomeni anticorruttivi.
Quindi un codice generale adottato da un provvedimento del governo e il dovere da parte di ciascuna pubblica amministrazione di adottare un codice di comportamento. Attenzione, non solo un codice etico ma un codice vincolante anche da un punto di vista giuridico, che faccia scattare responsabilità disciplinari.  

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Sviluppare una cultura della legalità. Cosa può fare un cittadino? Quanto è tutelato il funzionario della pubblica amministrazione dalla legge quando denuncia condotte illecite delle quali viene a conoscenza?


Nella legge c’è una protezione del funzionario che naturalmente deve fare la segnalazione in buonafede, ma è protetto in termini di anonimato. Quindi si dà possibilità al funzionario di fare le sue segnalazioni, che poi, naturalmente, devono essere debitamente soppesate e valutate.
Però il discorso del cittadino mi consente di tornare su uno dei due punti che ancora non avevo sviluppato, che è il tema della trasparenza.
La filosofia generale dell'intervento previsto dalla legge 190 è profondamente diversa rispetto alla legge Brunetta. Non perché con la legge 150 non si fosse già realizzato un passaggio importante: in particolare, con il decreto Brunetta  si definiva la trasparenza come accessibilità totale a tutti gli aspetti riguardanti l’organizzazione amministrativa. Ma ora si fa un altro passo in avanti. Per cui, l’accessibilità totale non è soltanto riferita all’organizzazione, ma anche all’attività. Quindi va pubblicato tutto ciò che riguarda la pubblica amministrazione. Una delega consente di riscrivere per intero tutta la normativa in materia di trasparenza. C'erano regole sovrapposte negli anni, in maniera disorganica e disordinata per cui le amministrazioni pubbliche non capivano più che cosa effettivamente dovessero pubblicare. Ora il quadro generale è più organico: la trasparenza è il controllo diffuso dei cittadini sull’operato della pubblica amministrazione. Non tanto nella "versione Brunetta", con l'immagine del cittadino che sta sul collo del funzionario o del dipendente pubblico che non lavora bene quanto nella trasformazione dell'amministrazione pubblica in una vera e propria "casa di vetro". Maggiore chiarezza quindi su cosa debba essere pubblicato, in modo che le pubbliche amministrazioni non abbiano dubbi.
E, di conseguenza, il cittadino ha il cosiddetto “accesso civico”: il diritto a trovare nel sito della pubblica amministrazione quello che la legge prescrive. E se non dovesse trovarlo ha il diritto di chiedere di vedere pubblicati i documenti su quell'argomento. E se non li trovasse pubblicati potrà ricorrere all’Autorità anticorruzione e al magistrato. Dunque, libertà di accesso per qualunque cittadino. L'obbligo della comunicazione prevede sanzioni che stabiliscono, in modo chiaro, che, se non si se non si pubblica un determinato atto, per esempio l’atto di conferimento di un incarico, quell’atto, se non viene pubblicato, risulta nullo, non ha efficacia. E se acquista efficacia deve comunque sempre essere un atto aggiornato e pubblicato, laddove ci siano atti successivi.  

Quindi siamo di fronte una trasformazione radicale di cosa si intenda per trasparenza.


Certo, ma attenzione: questo comporta un cambiamento radicale di atteggiamento da parte delle amministrazioni, non solo dei funzionari ma anche degli organi politici. Tutti devono capire che c’è un interesse generale del Paese al controllo democratico. E che non si può avere timore del controllo democratico. Capisco che è una trasformazione culturale molto significativa: pensate a quanti pubblici amministratori pensano che i siti servono solo a farsi propaganda piuttosto che non a rispondere ai cittadini. Per quanto riguarda gli appalti si possono fare ancora tantissime cose. In Italia ci sono 30 mila stazioni appaltanti. Significa che non c’è modo di controllarne il comportamento. E’ una follia assoluta: queste 30 mila stazioni sono in grado ovviamente di fare bandi di gara "a fotografia" e questo è un altro problema fondamentale, se vogliamo che l’Autorità di vigilanza sui contratti svolga la funzione di controllo preventivo sul bando.  


Cosa impedisce controlli efficaci?


Spesso una cattiva idea di autonomia. Perché qui l'autonomia locale  non c’entra niente. Per esempio stabilire che tutti i Comuni si avvalgano di una unica stazione appaltante provinciale, a me sembrerebbe una cosa del tutto normale. Il Comune dice di che cosa ha bisogno, qual è l’opera e fa anche la progettazione. Ma poi il bando lo gestisce la stazione appaltante. Non vedo perché l'appalto lo debba bandire il Comune. Dov’è la difesa dell’autonomia? Pensate che tutte le scuole, le istituzioni scolastiche sono stazioni appaltanti: una cosa ridicola, priva di senso. Molti acquisti possono essere semplificati per categorie, affidate alle famose stazioni appaltanti centralizzate come la Consip. In Umbria c’era un’agenzia importante per la sanità, però è stata soppressa, se non sbaglio...  


VINTI E’ stata riformata.  


MERLONI E’ stata riformata perché quello è un esempio utilissimo, avere al luogo in cui le A.S.L. chiedono di che cosa hanno bisogno, ma il bando, la gara venga gestita staccati dai interessi diretti, cioè da chi lo sa fare, e da chi è controllato, perché c’è un bisogno di un controllo che non sia un controllo defatigante che impedisce di funzionare, ma rapidamente il bando che sia un bando fuori dai bandi standard, perché un’Amministrazione ha bisogno di un’opera specifica, o di una fornitura specifica, quel bando può essere rapidamente mandato all’Autorità di vigilanza perché esprima un suo parere. Questo semplificherebbe moltissimo. Ma tornando a noi, se tutto questo non è oggetto di trasparenza, se l’Amministrazione pensa di poter gestire i bandi e le gare sostanzialmente in maniera riservata, è chiaro che gran parte del problema non lo abbiamo... cioè le due cose devono andare insieme, si devono andare a toccare i punti di, semplificando, non complicando i procedimenti.  

Professore, a proposito di trasparenza, non le sembra strano che sia online il bilancio della Fiat, sul quale tutti, legittimamente discutono,  oppure quello di qualunque altra azienda, e non sia così facilmente accessibile quello dell'Università di Perugia?


Vuole dire queste cose a me? Se ce n’è uno che si è battuto su questo fronte, quello della trasparenza sui conti dell’Università sono io. Le leggi vanno applicate ed estese, anche in Umbria, a tutte le istituzioni. E quindi anche all'università, che è un bene comune degli studenti, degli insegnanti, dei dipendenti e di tutti i cittadini.