Trasparenza e legalità per le imprese

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Salvatore Lo Leggio

vice presidente Libera - Ass. nomi e numeri contro le mafie

Non bisogna spegnere la luce: nella lotta alle mafie l'attenzione va mantenuta altissima, anche in situazioni che sembrano più tranquille. La lezione di uno dei fondatori di Libera, il giornalista Roberto Morrione, in Umbria è portata avanti con tutta una serie di iniziative.


Il nostro lavoro è quello di una associazione di volontari. Siamo collegati ad una ampia rete di altre associazioni. Ci siamo posti come finalità quella di tenere viva la memoria delle vittime della mafia. E di seguire un impegno: quello di batterci insieme alle cooperative che nascevano sui beni confiscati alle mafie e sottratti al loro potere criminale. Queste cooperative vogliono e devono stare nei vincoli d’impresa, stare nel mercato, ma bisogna sapere che partono con enorme difficoltà, perché rarissimamente i mafiosi lasciano dei beni immediatamente utilizzabili e disponibili. Servono quindi investimenti. Libera si è data il compito di sostenere queste forme di impresa. Alcune di queste cooperative non hanno più bisogno del nostro sostegno e camminano con le loro gambe, sfruttando le linee del mercato normale.  
E’ ovvio che, inevitabilmente, questa attività ci ha posto anche dei compiti diversi, di vigilanza ed attenzione contro i fenomeni mafiosi nei quali operiamo.  Quando Libera nacque in Umbria pensavamo di portare avanti soprattutto iniziative di solidarietà. Ma ci siamo accorti abbastanza presto che non si trattava solo di essere idealmente vicini a territori lontani da un punto di vista geografico ma di avere gli occhi bene aperti anche sul nostro territorio.
Da allora abbiamo portato avanti molte iniziative, insieme alla magistratura, alla stampa ed alle istituzioni. Il consigliere Stefano Vinti ricorda bene, proprio perché ne fu il promotore, la legge regionale grazie alla quale è stata istituita una apposita commissione per studiare le infiltrazioni mafiose. E alcune importanti proposte legislative e la costituzione di un Osservatorio che è anche al servizio delle imprese. Ma stiamo costruendo anche un rapporto stretto e forte con la Camera di Commercio.
Il presidente Mencaroni ha ricordato l'iniziativa camerale dello Sportello della legalità. Su questo fronte Libera ha già firmato un protocollo con la Camera di Commercio di Palermo. Un analogo accordo è stato chiuso in Emilia Romagna. E ora anche a Perugia siamo pronti a firmare un accordo con la Camera di Commercio.
Gli sportelli della legalità che Libera tiene aperti in varie città d’Italia originariamente si chiamavano “SOS giustizia”,: il loro scopo era quello di aiutare le vittime delle mafie, le famiglie dei servitori dello Stato ed i testimoni di giustizia, che non sono i collaboratori ma i testimoni che non sono partecipi di reati. Gli sportelli della legalità sono vicini alle vittime del racket: combattono l'usura e l'estorsione, due reati connessi con il potere mafioso. Sono un luogo di sostegno per l'imprenditore vittima dell'usura e indicano percorsi legali di solidarietà: è un modo come società civile di essere vicini a chi subisce la protervia criminale.

 

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Cambiare le leggi e soprattutto cambiare una mentalità. E' fondamentale, per far crescere nuovi valori, la "semina" di associazioni come Libera, che lavorano nel territorio, "legano" altre associazioni e possono far crescere una nuova responsabilità civica.  


Certo, non esiste una soluzione puramente giudiziaria o amministrativa di fenomeni come le infiltrazioni mafiose, l’usura o la corruzione. Bisogna far crescere una grande partecipazione sociale e civile, che è un po’ il compito che Libera tende a svolgere, proprio perché è nata come una associazione di associazioni. Libera, in questi anni, ha sviluppato legami, reti, rapporti ed informazioni con molti altri soggetti: sindacati, Confindustria, associazioni datoriali. Ha coinvolto tutto un mondo e questo è servito a dare coscienza del problema della lotta senza quartiere alle mafie, che sono sempre più sofisticate.
Giovanni Falcone, nel 1987, disse che la mafia era entrata in Borsa. Era la presa d'atto di un fatto: sia nella mafia siciliana che nelle altre organizzazioni criminali avanzavano processi di finanziarizzazione, chiamiamoli così, che si sono accentuati negli anni. Alcuni successi ottenuti dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, in Calabria, in Sicilia, in Campania, hanno ridotto, non certo scalfito fortemente, quella che alcuni sociologi chiamano “signoria territoriale”. E' quindi in atto, da anni, un processo di "deterritorializzazione" delle mafie, molto graduale. Le associazioni criminali rinunciano molto malvolentieri alla signoria territoriale, ma questo processo è nelle cose. Ora c'è la mafia "liquida" che vuol dire anche mafia del liquido. Parliamo e torniamo alla corruzione. E parliamo del caso Apogeo di Ponte San Giovanni. Chi aveva acquisito questi 300 appartamenti? A quel che ne sappiamo, una società svizzera legata al clan camorrista dei Casalesi, che aveva comprato gli appartamenti semifiniti e aveva operato con imprese venute da fuori regione ma anche con aziende locali che avevano il compito di finire la costruzione degli immobili. Dietro queste presenze si intravedevano localmente non solo funzionari pubblici e politici ma anche professionisti e commercialisti. Voglio dire che di fronte a queste infiltrazioni mafiose l’opera di corruzione va al di là del pubblico funzionario e del politico: c’è un inquinamento dell’intera società. Con una aggravante: la crisi economica sta fortemente rendendo più a rischio anche regioni tranquille, anche "covi freddi", che, come diceva più o meno Vinti poco fa, rischiano di diventare presto "covi tiepidi".

Quali iniziative state seguendo sul territorio?

Vorrei partire dalle ragioni per cui siamo nati. La prima iniziativa di Libera fu la petizione con la raccolta di 1 milione 500 mila firme perché la legge potesse predisporre un’appendice anche per la confisca e l’uso sociale dei beni dei politici e dei funzionari corrotti. Quindi confisca non solo delle mafie ma anche dei beni venuti dalla corruzione. Il parlamento approvò la legge nella sua interezza tranne che in quel punto. Ma io credo che una delle chiavi della lotta alla corruzione sia la stessa che la lotta alla mafia: bisogna incidere sui beni, togliere i soldi e le azioni alle società criminali per arrivare veramente al cuore del loro potere.
Da questo punto di vista dobbiamo un ulteriore ringraziamento al prefetto Cardellicchio. Si deve anche al suo personale impegno il fatto che siano stati sequestrati in Umbria, dalle parti di Pietralunga, più di cento ettari di terreno al clan Di Stefano. Ora bisogna lavorare per un uso sociale di quell'area. Il prefetto ha coinvolto, insieme a Libera, il sindaco, la Camera di Commercio, Confindustria e tutta una serie di associazioni. C'è un grande lavoro da fare su quei cento ettari in sostanza ormai quasi abbandonati. Bisogna coinvolgere una pluralità di soggetti. Tornare a far fruttare quei beni, le terre che le mafie si sono prese, è diventata una sfida importante per tutta la comunità regionale. E Libera, anche su questo progetto, lavora per fare rete, per unire energie e progetti.

CARDELLA Volevo segnalare che anche a Terni ci sono state confische di beni di mafiosi del clan Lo Piccolo che sono diventate definitive da un paio di anni.

MERLONI A proposito di trasparenza associazioni come Libera sono l'avamposto per verificare che le amministrazioni pubblichino tutto quello che devono pubblicare, perché da quei dati si può anche risalire a fenomeni legati alle infiltrazioni mafiose.