Per una valorizzazione dei mestieri artigiani e delle abilità manuali. Verso il futuro, innovando

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Giorgio Mencaroni

Presidente della Camera di Commercio di Perugia

Abbiamo parlato di artigiani digitali, tracciabilità, finanziamenti, filiera d’impresa e della capacità di fare rete. Ma anche nel comparto dell'artigianato l'emergenza lavoro nasce dalla scuola e dalla formazione professionale.
 

Il tema dei mestieri e di come i giovani possono essere aiutati nella formazione per entrare, con tutte le difficoltà nelle quali ci dibattiamo, nel mondo del lavoro, deve essere al centro dei nostri pensieri. Il problema va affrontato senza piagnistei ma con una forte dose di realismo. La cosa più difficile, in questa regione come nel Paese, è lavorare insieme per lo stesso obiettivo. Questo vale per le istituzioni, le associazioni professionali e le imprese. Per evitare di lamentarsi e chiedere soluzioni e poi essere latitanti quando si è chiamati in causa direttamente.
I giovani, spesso, sul piano della concretezza ci precedono.
Porto un esempio che risale ad alcuni giorni fa. Sono andato in visita all’Università dei Sapori. Sono entrato in una classe: c’erano circa venti giovani che facevano un corso di pasticceria a pagamento. La domanda sorge spontanea: saranno figli di pasticceri o avranno interesse alla pasticceria? Ho chiesto lumi a questi venti giovani: ebbene, non c’era uno che provenisse da una famiglia che avesse un bar, o una pasticceria oppure che lavorasse in quel settore. Ho chiesto quanti di loro fossero umbri: erano due su venti. Ho chiesto che titoli di studio avessero, a proposito dei dati che prima ci ha riferito la vicepresidente Casciari. Il livello di istruzione era alto: tre studenti laureati, alcuni studenti universitari, altri che avevano un diploma o stavano finendo il loro corso di studio. Mi interessava la motivazione. Ho domandato perché avessero scelto di frequentare questi corsi a pagamento.  C’era  chi aveva la possibilità di lavorare e stava lavorando come forma di sostegno alla possibilità di frequentare l’Università. Ma c’era anche chi vedeva nella proposta dell'Università dei Sapori una possibile prospettiva di lavoro da esplorare alla fine del proprio ciclo di studi.
Su questo terreno, come ricordava la vicepresidente Casciari, stiamo lavorando ad alcune iniziative concrete. Dobbiamo fare di più perché in questo ambito, l'impegno non basta mai. Ma sul valore e l'importanza della scuola per imparare un mestiere, la Camera di Commercio punta ad una forte collaborazione con la Regione. C'è un progetto che riguarda gli istituti tecnici, nella terza area, che portiamo avanti da tempo. Penso ad un'altra iniziativa, finanziata dal sistema camerale, nella quale Confartigianato, Casartigiani, Cna, Confcommercio e Confesercenti sono impegnate insieme per far fare ai giovani esperienze di lavoro all'interno di aziende artigiane, del commercio o dei servizi.
Mi ha colpito un dato citato dalla vicepresidente: il 73 per cento dei giovani diplomati assunti nel 2012 hanno trovato un posto nel terziario. Ma anche questo settore, secondo le ultime statistiche raccolte dal sistema camerale, comincia a registrare delle crepe. Penso al turismo, un settore che conosco e che vive difficoltà ormai evidenti.
I giovani che vogliono mettersi in proprio, che hanno delle idee, una professionalità sulla quale puntare e che vogliono intraprendere devono lottare contro la burocrazia e affrontare la mancanza di legalità e di trasparenza e l'alto tasso di corruzione. Su questo fronte il nostro Paese, secondo le classifiche internazionali, è al 72° posto nel mondo, immediatamente dopo la Bosnia Erzegovina e poco prima di São Tomé e Príncipe.
Per un giovane che vuol fare impresa è certamente difficile. A questo proposito mi viene in mente un libro molto interessante, scritto da Luigi Furini, del quale consiglio la lettura. Si intitola: " Volevo solo vendere la pizza". Il giornalista racconta in modo tragicomico l'infernale percorso contro la burocrazia e le inefficienze che nel nostro Paese deve affrontare chi vuole dare vita ad una attività imprenditoriale, seppure piccola.
Ecco perché dico che accanto a chi fa impresa è importante la presenza delle istituzioni che dovrebbero facilitare le incombenze burocratiche necessarie per aprire una impresa.
Legalità e trasparenza sono altri due aspetti fondamentali. Noi abbiamo il dovere di combattere questa battaglia insieme alle nuove generazioni. Dobbiamo chiedere la loro partecipazione perché si iscrivano a corsi professionali o frequentino le botteghe artigiane ma dobbiamo poi riuscire nella vera impresa: quella di dare anche a dare loro una prospettiva di lavoro e rinunciare al "parcheggio"  di cui parlava Carla Casciari. I dati poi vanno letti. Quelli sull'abbandono scolastico ci fanno sembrare più bravi delle altre regioni. Ma questo avviene perché siamo più capaci o perché comunque i ragazzi sono in un altro "parcheggio", in un'area grigia dalla quale è difficile farli uscire per offrire una immediata prospettiva di lavoro?
E' difficile, comunque, poter indicare una via concreta per orientare i giovani al lavoro. Ma pensando alle testimonianze che abbiamo ascoltato possiamo dire che il futuro è nei lavori artigiani capaci di coniugare la qualità con l'innovazione.
Il sistema camerale crede che questa sia la strada giusta. E si comporta di conseguenza. Luca Mirabassi che è il rappresentante della Camera di Commercio di Perugia nel consiglio nazionale della filiera del tessile ha citato la grande innovazione del suo gruppo, quella del microchip e della certificazione della sua innovazione a livello mondiale.
Voglio ricordare un'altra esperienza di grande livello: in Umbria abbiamo un gruppo di eccellenza di aziende tessili, uno nuclei del settore più importanti a livello nazionale, che ha partecipato alla Italian Texile Fashion. Sono imprese che realizzano prodotti in Umbria e che certificano tutta la filiera del prodotto. Sono più di tre anni che lavoriamo a questo progetto: è fondamentale dare al consumatore la certezza della provenienza del prodotto. Se analizziamo la produzione delle nuove aziende innovative del settore tessile scopriamo che quasi nella totalità, solo il filato non proviene dall'Umbria. Nella stragrande maggioranza di tutto il resto dei prodotti, dalla lavorazione alla tintura, dal confezionamento a tutte le altre fasi della produzione è "Made in Umbria".
Le nostre imprese, in generale, sono in forte difficoltà. Tutti diciamo le cose non vanno bene e quindi speriamo che domani venga il tempo bello, che tutto migliori, che la ripresa economica ci sia e si tocchi con mano. Io credo che anche in questo caso sia ora di cominciare a ragionare in modo diverso.
Non possiamo parlare più solo di crisi. Qui, ora, stiamo vivendo un cambio epocale. Alcune aziende non riprenderanno mai. Dobbiamo essere chiari. Dire questo può apparire crudo o antipatico. Nessuno ha la capacità di vaticinare quello che accadrà. Però credo che oggi ognuno di noi debba sviluppare una riflessione sulla propria impresa e capire se le aziende che stiamo conducendo in un determinato modo abbiano una possibilità di ripresa, di miglioramento, o quantomeno possano tornare a raggiungere determinati standard. Credo che sia questo il compito più difficile, in questo momento storico, per gli imprenditori. Anche quando arriverà la ripresa economica, alcune imprese, comunque, continueranno ad andare in declino. E questo è un dato innegabile, incontrovertibile. Quindi l’imprenditore dovrà avere la capacità, specialmente sui settori più maturi, quelli che sono più in difficoltà, di cambiare, rivoluzionare o innovare la produzione oppure trovare altre formule altrimenti la sua azienda non ce la farà.
Il professor Rullani ha parlato della "economia del calabrone". In Umbria abbiamo uno stormo enorme di calabroni che ha volato sopra le proprie forze, magari saltando, non riuscendo a volare pienamente, ma facendo ogni volta, il salto più lungo possibile. Queste imprese "calabrone", comunque, sono andate avanti.
Per quanto riguarda la globalizzazione, da anni sento dire, che le imprese più piccole sono portate a soccombere, però non si riesce mai a capire qual è la dimensione giusta, qual è il livello giusto e qual è il punto di demarcazione tra l’impresa piccola, che non può essere solo quello del numero dei dipendenti. Oggi i parametri per valutare i fattori di impresa sono costruiti su altri valori, a partire dal prodotto e dalla nicchia di mercato nella quale l'azienda agisce. Quindi non possiamo ragionare sul limite dei 49-50 oppure dei 250 dipendenti. Va valutato invece il valore dell'impresa per la qualità del suo prodotto e la sua capacità di esprimersi sia sui mercati nazionali che sui mercati internazionali.
Quindi, nel mercato globalizzato, credo sia importante una strategia: più che l'inclusione della piccola impresa nella grande, che poi è una fagocitazione, bisogna puntare a fare rete. Lo ripetiamo da tempo. Per l'impresa umbra questo è un passaggio obbligato, che può anche essere graduale e quindi non necessariamente "fare sistema" subito su tutto. Ma è importante iniziare, magari partendo solo da alcuni ambiti...
Non dimentichiamo poi che la grande impresa, l’impresa globalizzata, tenderà a fare anche prodotti globalizzati e seriali, e quindi non potrà puntare a produzioni di nicchia. Da questo punto di vista ci conforta il parere di grandi economisti che ripetono quello di cui noi siamo, da tempo, convinti: la piccola impresa, più rapida e snella rispetto alla grande, che per forza di cose è molto più complessa, rigida e dirigistica, può ricollocarsi meglio nei mercati nazionali ed internazionali grazie ad una maggiore velocità di azione ed alla sua innata flessibilità che può favorire tempestivi processi di innovazione.

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Siamo arrivati alla conclusione che occorrono interventi diversi secondo i settori.

Bisogna tornare al lavoro, in senso lato. Non solo quindi il lavoro manuale ma tutti i lavori, perché tutti i lavori sono dignitosi. Una volta quando i giovani andavano ad imparare un mestiere da un artigiano, lo chiamavano “maestro”, perché era quello che insegnava loro un mestiere. Imparare delle cose ed avere qualcuno che le sa insegnare: è un valore che nessuno può portarci via. Poi, è chiaro, deve esserci una fase applicativa: ho imparato questa attività, so fare questo mestiere, ma come ho l’opportunità di crearmi un profitto? Questo è il passaggio sicuramente più complicato e più complesso.
E quindi torno al discorso che ho fatto prima, e che ha ripreso il professor Rullani con l’esempio del calabrone che ha volato e che forse vola ancora, ma che se poi si ferma non sappiamo farlo ripartire o fargli cambiare direzione, proprio perché non sappiamo perché vola.
Allora, e questo vale per il sistema camerale ma per tutto il sistema, quando alcune attività ci chiedono una mano dobbiamo intervenire ma non dobbiamo disperdere energie accompagnando settori che non sono vitali e non hanno possibilità di sviluppo.
Il calabrone dell'esempio va aiutato a volare ma può farlo anche in altre direzioni. Dobbiamo essere chiari anche con i giovani: se spieghiamo loro che alcuni settori artigianali hanno oggi necessità di impiego deve poi essere vero.  e poi questo non fosse vero perché non c'è la capacità di assorbire la domanda del mercato  o di vendere quel prodotto,  oggi il mondo dell’artigianato, artistico, o del lusso, o del settore orafo, ha necessità di persone, se poi questo non è vero, cioè nella realtà non ha la capacità di assorbire perché non c’è la capacità di vendere quel prodotto, avremmo dato un orientamento non corretto.  L'impegno forte deve essere quello di riavvicinare i giovani al lavoro. Il fenomeno dei Neet, i giovani che non sono impegnati nel mondo dell’educazione, del lavoro e dell’apprendimento è gravissimo. Abbiamo una massa di giovani che non fa corsi di aggiornamento, non fa formazione, non fa praticantato, che non si sa che cosa faccia e che è lontana da tutti i circuiti.
Questa realtà di apatia che va combattuta con forza. Noi, nel nostro piccolo, come sistema camerale, abbiamo promosso diversi progetti. Avete parlato di Articity, una iniziativa di un gruppo di artigiani di Perugia ai quali noi abbiamo cercato di dare una piccolissima mano.
Mi fa anche piacere ricordare il lavoro che stiamo facendo per sviluppare il Distretto del cioccolato: dodici aziende produttrici impegnate nella promozione dei loro prodotti sui mercati italiani e mondiali. Le Vie del Cioccolato vanno avanti, come la candidatura al percorso culturale, che è un progetto europeo: abbiamo concluso un accordo con il Lussemburgo, con il Belgio e con la Catalogna, con Barcellona e coinvolto anche altre città italiane come Torino, Cuneo e Ragusa.
Il settore sembra tirare ma ci sono anche altri spazi sui quali siamo impegnati. Come quello dell'arredo casa. Ma attenzione: se andiamo, come siamo andati in California e spendiamo soldi, come li abbiamo spesi, accompagnando cinquanta aziende umbre è necessario sapere prima e non dopo quante di queste aziende riscuotono l'interesse dei designer e degli architetti californiani. L'ho chiesto: mi hanno risposto che erano una quindicina. Perché allora abbiamo preso in giro trentacinque aziende, spendendo tempo ed energie? Dobbiamo cambiare, stare attenti agli sprechi e non creare una economia falsa.
Mi fa poi piacere citare una iniziativa concreta che sta facendo partire l'Ufficio Comunicazione della Camera di Commercio di Perugia guidato da Paola Buonomo. E' un progetto dedicato alla scuola ed ai giovani neolaureati: in accordo con le Camere di Commercio all’estero assegneremo  circa trenta borse di studio a dei giovani che potranno raggiungere le sedi dell'ente camerale in tutti i paesi del mondo,. E quindi lavorare all’interno delle Camere di Commercio italiane all’estero, avere la possibilità di perfezionare o conoscere la lingua di quei paesi, incontrare le aziende, conoscere dopo un apposito corso che stiamo organizzando, i settori economici strategici della nostra regione e diventare, di fatto, degli ambasciatori dell'Umbria nel mondo. In futuro, questi ragazzi potranno rimanere in quei paesi o tornare in Italia come consulenti delle aziende umbre interessate all'export. C’è la possibilità di creare altre opportunità di lavoro, lavorando in rete e soprattutto lavorando insieme. La Camera di Commercio di Perugia sa bene che la formazione dei giovani è un tema strategico di sviluppo per il territorio sul quale bisogna puntare con forza.


I prodotti dell'artigianato umbro sono essi stessi degli ambasciatori del territorio: oggetti e soprammobili che raccontano l'Umbria e la qualità delle sue produzioni in tante case del mondo. La formazione, lo studio ed un continuo aggiornamento professionale sono fondamentali. Come le borse di studio per lavorare nelle sedi estere della Camere di Commercio, che andranno ai giovani più meritevoli. E il recupero della manualità, il valore che è alla base dell'alta qualità dei prodotti del "Made in Italy". E' il caso quindi di dire ai ragazzi che hanno seguito con attenzione questo nostro forum che il futuro dell'artigianato è, prima di tutto, nelle loro mani.