Il digitale? E' un'impresa

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Giovanni Gentili

Responsabile Agenda Digitale Regione Umbria

Giovanni Gentili è il responsabile dell’Agenda Digitale della regione Umbria. Qual è la situazione nella nostra regione? Abbiamo letto del nuovo sito regionale degli Open Data, del Piano telematico regionale 2014-2016 e di molti investimenti, fatti e programmati. Di un accordo sull’Agenda digitale tra la Regione e l’Università. E poi delle lezioni, chiamiamole così, “digitali” nelle scuole primarie, su iniziativa dell’assessore Paparelli. Sappiamo che è online la cartografia tecnica regionale. E poi seguiamo il tema della diffusione della banda larga e dei lavori che sono iniziati in questo senso in alcune città dell’Umbria.

GIOVANNI GENTILI, Responsabile Agenda Digitale Regione Umbria.

L’Agenda digitale dell’Umbria, è un’iniziativa che la Giunta regionale dell’Umbria ha avviato nel 2012, prima che questo tema fosse così centrale nella nostra vita e nella nostra economia.

Il Digitale è un fattore di cambiamento trasversale a tutte le politiche della Regione, quindi la Regione ha cercato di mettere in campo un cambiamento di paradigma rispetto agli investimenti precedenti. Quindi non investire più solamente in infrastrutture e tecnologia, ma cercare di investire in quelle che noi chiamiamo le “reti di conoscenza”, nelle reti fra le persone, nelle competenze, con un piano che fosse veramente a largo raggio.

Anche perché la Regione era chiamata a preparare la programmazione 2014-2020, che è stata appena completata. Abbiamo cioè deciso come verranno investite le risorse comunitarie, in tutti i settori, da qui al 2020.

In tema di Digitale, l’Europa pone degli obiettivi che definire sfidanti è poco.

Tutto questo parte da una constatazione, ovvero che il mondo è cambiato. Tutti i dati ce lo dicono. Qualche volta non vogliamo neanche prendere fino in fondo in esame questo problema. Ma è inutile dibattere se il cambiamento imposto dal Digitale sia positivo o negativo. C’è, è un dato di fatto.

Io di solito cito la stampante 3D. Chi non ne ha mai vista una, colga qualche occasione per esaminarla: è un dispositivo che non stampa carta, stampa oggetti. Esiste, non è fantascienza. Si carica con un liquido, si inserisce un modello e stampa un oggetto, una tazza, un cucchiaio…

Questo vuol dire che interi settori di attività verranno stravolti perché già si parla di produrre pezzi di ricambio per le auto solo quando serviranno. Vuol dire, ad esempio, non prevedere il magazzino dei pezzi di ricambio di dieci anni fa ma stampare il fascione quando serve.

Cambiamenti importanti, cruciali. Quindi dobbiamo investire. E su questo fronte l’investimento è stato fatto e sarà centrale anche in tutta la nuova programmazione.

Il Piano digitale della Regione comprende in questo momento 55 progetti prioritari, alcuni dei quali completati, altri che dovrebbero finire entro l’anno prossimo. Poi, c’è la nuova programmazione. Tutto viene rendicontato periodicamente.

Tra questi primi risultati c’è la nascita di un portale degli Open Data. Cosa sono gli Open Data? La Pubblica Amministrazione ha un grosso valore: molti dati che raccoglie per molti motivi istituzionali e che di solito venivano tenuti in un cassetto.

Questi dati, se pubblicati in un formato liberamente utilizzabile, rappresentano un valore. Su questi dati qualcuno può fare addirittura impresa o costruire nuovi servizi. Su dati.umbria.it si trovano i dati che sono stati pubblicati. E’ quindi partito un percorso per cui noi chiediamo alle imprese quali dati possono servire per generare valore attraverso un servizio terzo. Quindi non è più la Pubblica Amministrazione che deve interpretare qual è il bisogno dell’utente finale, realizzando direttamente il portale dei servizi, ma la Regione pubblica i dati e qualcun altro fornisce il servizio.

E’ solo un esempio di cosa voglia dire cambiare paradigma. E questo impone, per esempio, che la Regione non eroghi più solo un finanziamento per realizzare un servizio, ma fornisca un dato e si impegni a mantenerlo aggiornato: “dati.umbria.it” è il portale regionale che per ora raccoglie solo i dati della Regione. Ma a partire dal 2015 tutti gli altri enti locali saranno coinvolti nella pubblicazione dei loro dati.

E’ iniziato anche il percorso di digitalizzazione dello Sportello unico che è stato fatto sia come semplificazione sia come Suape online. Diversi Comuni, mi sembra sette, hanno già fatto questo passo importante. Altri stanno lavorando ma sono coinvolte in questo progetto tutte le 92 amministrazioni locali dell’Umbria.

Un tema molto critico emerso nel percorso dell’Agenda è quello delle competenze digitali per le quali tutti i dati ci dicono che siamo agli ultimi posti.

Che si intende per “competenze digitali”?

Per “competenze digitali” intendiamo sia quelle specialistiche, cioè l’utilizzo del computer, saper utilizzare uno strumento office per scrivere una lettera. Queste sono le competenze specialistiche di base. Considerate che l’Europa ci dice: non potete più finanziare corsi di alfabetizzazione di base. Bene, però le ricerche dicono che non è così.

Servono delle ripetizioni. Dopodiché, ci sono competenze avanzate, e soprattutto c’è quello che viene chiamato anche la “cultura digitale”, cioè sapere come internet appunto sta cambiando il mercato, come cambia le modalità stesse del lavoro.

Un tema molto importante è quello definito “e-leadership”, cioè le competenze che i manager, sia pubblici che privati, devono avere nel loro lavoro rispetto alla conoscenza di come il digitale cambia le cose. Perché il problema del manager non è saper usare il computer, magari sa usare anche il cellulare, usa il computer benissimo. Ma il suo lavoro è un altro, è un lavoro fatto di relazioni: deve sapere che esiste una certa possibilità, deve sapere che deve poter cercare un consulente. Oggi i dati ci dicono che le imprese non hanno neanche questa competenza per dire “chiamo qualcuno che mi aiuta”.  

Questo è un problema molto grave che non è assolutamente collegato col saper usare un computer, perché io posso non usare il computer, ma avere quella specifica capacità manageriale. Su questo fattore si investira nella nuova programmazione ma è un percorso difficile. Il problema non si risolve certo con un corso. Piuttosto, è un fatto culturale interessarsi, capire cosa sta succedendo. Servono quindi operazioni di affiancamento, di sensibilizzazione, molto importanti verso le associazioni, o iniziative, come questa nella quale oggi siamo coinvolti. Noi stiamo facendo in questo momento un corso specifico a tutti i dirigenti della Regione perché in qualsiasi settore deve esserci una conoscenza di queste tematiche.

I dirigenti della Regione sono molto interessati. Un articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore ci classifica al terzo posto tra le regioni italiane per digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Ma siamo molto più indietro sul lato delle competenze dei cittadini e delle imprese. Questo problema è stato messo al centro della nuova programmazione.

La Regione ha investito in questo momento anche per finanziare le scuole primarie. In aula c’è l’ora del Codice. Lo scopo non è quello di far diventare tutti informatici ma di sviluppare quello che viene definito il “pensiero computazionale”, cioè un tipo di approccio logico alle cose. E’ dimostrato che si comincia dalla scuole primarie si sviluppa l’imprenditorialità e la capacità di risolvere i problemi.

In altri luoghi del mondo, per esempio negli Stati Uniti, queste iniziative sono in piedi da molto tempo.

I dati che abbiamo citato prima sono preoccupanti: la ricerca di cui si parlava dice che il 73% delle imprese utilizza il sito web come una vetrina. Ma solo il 40% delle imprese ha un sito. Per essere ancora più precisi: il 40% ha un sito e il 70% di questa platea lo usa come vetrina. E parliamo di un sito di base...

Per questo la Regione ha varato due leggi: la legge 9 che ha posto un riordino completo della organizzazione regionalerispetto a questi temi, compreso il riordino delle società in house e poi la legge 10, immediatamente successiva, il Testo unico del commercio, in cui sono stati fatti interventi importanti, a partire dalla priorità che viene assegnata al commercio elettronico.

Se andate a guardare la legge, troverete una definizione molto ampia di commercio elettronico perché, riprendendo quella che è la definizione europea, ci si propone sì di aiutare le imprese alla commercializzazione online, ma anche in tutta un’altra serie di attività, di nuove relazioni online che oggi passano dalla reputazione, la reputazione che gli esercizi commerciali hanno, soprattutto quelli turistici, in siti come TripAdvisor, oppure direttamente sui social network. Perché è molto importante che le imprese si rendano conto di quanto questo oggi pesi. Addirittura inizia a pesare persino all’interno della struttura fisica del negozio. Perché il consumatore prima guarda. E poi si chiede: ma questo ristorante che valutazioni ha? Che recensioni ha avuto?

Quindi, a proposito di servizi, avere qualcuno all’interno di una azienda che si occupi di reputazione oggi è importantissimo. E quindi questi temi sono stati inseriti all’interno della legge proprio perché diventino uno snodo cruciale nella futura programmazione regionale.

Dobbiamo pero riflettere su un fatto. Il problema di tutte queste attività è che nessuno ha in mano tutte le leve. Questa è un’operazione di sistema. Quindi la Regione, attraverso l’Agenda digitale dell’Umbria, insieme a tutti gli attori pubblici e privati (abbiamo firmato un protocollo d’intesa con l’Università e altri ne seguiranno) intende fare azioni di sistema. Dobbiamo insomma provare tutti insieme a fare questo salto.

Il Digitale è visto come una minaccia ma offre anche delle grandi opportunità. Quindi da qui al 2020 siamo chiamati ad agire come sistema su questi temi per sensibilizzare veramente anche chi è molto restio ad affrontarli.

Abbiamo una tabella di marcia per controllare, in tempo reale, se ce la faremo o meno a raggiungere quegli obiettivi?

Alcuni obiettivi sono per noi molto sfidanti. Il nuovo Piano telematico prevede la programmazione degli interventi. La Regione Umbria ha già investito più di 40 milioni di euro nell’ultimo settennato per arrivare a eliminare il digital divide di base, identificato nella sogliadi 2 megabit di collegamento. Il problema è che l’Europa pone al 2020 un obiettivo che è di 100 megabit.

Parlare di 100 megabit vuol dire o pensare al collegamento in fibra, oppure utilizzare tecnologie molto recenti wireless, che permettono questo tipo di banda. La strategia nazionale è stata appena definita. Noi siamo allineati con questa strategia. E già la strategia nazionale ci dice che l’obiettivo dei 100 megabit per noi è  irraggiungibile. Ma almeno possiamo arrivare ai 30 megabit dell’obiettivo intermedio.

Si propone di investire, tramite investimento pubblico e privato, quindi con degli operatori di telecomunicazione, per arrivare a 100 megabit, ma è un obiettivo che sinceramente è difficile da raggiungere. Noi dobbiamo investire in questo settore, quantomeno per gli obiettivi dei 30 megabit. Ma anche sui 30 megabit l’Italia, non solo l’Umbria, è veramente in ritardo.

Per quanto riguarda le competenze è tutto un altro discorso. Si può e si deve investire. Ma occorra che giornate come questa si ripetano. E che questo tema venga inserito in ogni argomento di discussione della cosa pubblica.

Perché il Digitale cambia le regole del gioco in ogni settore della vita collettiva. La sensibilizzazione deve essere una azione diretta verso le imprese, gli insegnanti e tutti i segmenti della società regionale. Tutto questo, nella nuova programmazione della Giunta regionale è stato previsto.

Abbiamo toccato molti argomenti. Ma in Umbria quali sono le priorità da affrontare?

Sicuramente dobbiamo investire ancora molto nelle infrastrutture. Ma oggi la vera emergenza è questo divario digitale e anche culturale.

Un divario per cui però le soluzioni sono a portata di mano, esistono. Anche in Umbria ci sono una serie di eccellenze che se fossero valorizzate con le nuove tecnologie che ci offre il mondo digitale, ci metterebbero facilmente in condizioni di competere con le altre regioni italiane e europee.

Non sono neanche tecnologie che costano o richiedono investimenti ingenti, almeno all’inizio, perché poi, comunque, arriva il momento di trasformare l’organizzazione e occorrono nuove risorse. Cioè se io voglio il magazzino allineato con quello che ho online, è chiaro che tutto questo impatta sull’organizzazione e ha dei costi. Ma per affrontare questo cambio di organizzazione devo avere ben chiaro qual è il valore in gioco.

Gli strumenti per competere ci sono, ma oggi abbiamo un problema perché chi non è su internet non è competitivo. E in Umbria registriamo quasi il dato peggiore in Europa: la metà della popolazione non è su internet.

A questo proposito la Regione ha commissionato una ricerca. Abbiamo chiesto: qual è il motivo per cui non sei su internet? Hanno risposto: “Non mi serve”. Questa risposta preoccupa. Perché non si è detto: “Non ho risorse per investire”. In Umbria chi rifiuta la Rete non capisce a cosa serve. Come dire a chi ti spiega cos’è un treno e a cosa serve che  “io sono sempre andato a piedi”.

Questo è il divario da colmare. Ci sono un linguaggio e degli strumenti nuovi da affrontare. E la sfida è molto grande. Ringrazio per questo il presidente Giorgio Mencaroni quando poco fa, si chiedeva cosa bisognasse fare per raggiungere chi non è in questa sala. E’ esattamente questo il punto: come facciamo a coinvolgere chi non è su internet?

Certo non bastano tre minuti in tv nei quali si spiega l’importanza dell’e-commerce. La sfida di internet è uno sforzo collettivo che il sistema Umbria dovrebbe affrontare con la collaborazione di tutte le istituzioni e le associazioni di categoria. Bisognerebbe raggiungere queste persone durante eventi e in momenti di incontro dove si presentano abitualmente. Non afferrando il valore della rivoluzione di internet, non possono spostarsi per capire qualcosa in più del mondo digitale. Occasioni come queste sono importantissime. Ma abbiamo bisogno di uno sforzo ulteriore. E abbiamo l’urgenza di impegnarci subito, inventando delle modalità che raggiungano chi non vuole affrontare questo tema.

Perché anche porsi la domanda vuol dire iniziare a fare dei passi minimi. Parlo di una esperienza personale: due giorni fa dovevo comprare delle scarpe al bambino che ha quattro anni. Il piccolo negozio dove andavo di solito ha chiuso. Davanti all’insegna, in strada, ho fatto una ricerca su Google digitando “scarpe per bambini”. Ma non ho trovato l’indicazione di nessun negozio di scarpe per bambini a Perugia. Ho chiamato mia madre che mi ha indicato dov’era un negozio. Ma dobbiamo capire che anche le scarpe si iniziano a comprare online. 

Tutto questo per dire che di fronte al problema della alfabetizzazione digitale bisogna arrivare ad un accordo di sistema che porti questi argomenti a chi non riusciamo a raggiungere. Le risorse da investire in formazione e accompagnamento ci sono, ma ancora non si riesce a raggiungere un target di popolazione da coinvolgere su questi temi.