La risorsa acqua

A cura di Federico Fioravanti

Intervento di Ettore Fortuna

presidente nazionale Mineracque

Acqua come occasione di sviluppo. Anche di questo vorremmo parlare oggi. E per questo motivo abbiamo invitato Ettore Fortuna, il presidente della Federazione italiana delle industrie delle acque minerali.

L’acqua – non lo devo dire io, è stato già detto – è una grande risorsa, però, attenzione, è una risorsa che ha valore nel momento in cui c’è una programmazione, c’è un utilizzo e c’è una messa a disposizione delle persone, altrimenti l’acqua vale zero. Perché l’acqua è quella che viene dal cielo e quindi bisogna raccoglierla, bisogna contingentarla, servono opere. Osservava prima il professore che non ci sono più le piogge di una volta. Oggi sono spesso improvvise, di tipo torrenziale. Quindi l’acqua non fa a tempo a penetrare: scivola e ritorna a fiumi e mari. Ma l’approccio politico è molto importante: lo ha sottolineato poco fa l’assessore quando ha citato questo che è stato il primo Piano di tutela delle acque che, sintetizzando, è un piano di programmazione oltre che di controllo delle risorse. Tuttavia dobbiamo tenere anche conto che grazie a Dio, viviamo in un Paese che è ricchissimo di acque.

Facciamo anche acqua da tutte le parti!

Certo, facciamo anche acqua da tutte le parti. La dispersione del nostro Paese non è solo quella delle condutture, purtroppo, però essendo un paese ricco d’acqua il nostro compito è quello di valorizzarla. Allora diventa una ricchezza. Perché avere una risorsa senza valore è come non averla.
In questo discorso dobbiamo anche fare delle distinzioni tra le tante acque di cui un’Amministrazione regionale si deve occupare, perché non c’è solo l’acqua cosiddetta “potabile”, ma c’è l’acqua per l’agricoltura o per l’industria. Voi non avete mare altrimenti avreste anche le acque per le coltivazioni ittiche. E c’è pure l’acqua minerale.
Forse pochi sanno che il primo mestiere che noi facciamo, come imprenditori che imbottigliano questo bene, è quello di preservare la incontaminazione delle sorgenti. Sembra un discorso un po’ così, ma è fondamentale. Perché la sorgente va continuamente monitorata, va preservata, va coltivata, come diciamo noi. Una caduta di attenzione può creare un rischio enorme, che non è un rischio solo industriale, ma un rischio per la sussistenza stessa di quella risorsa, che è stata battezzata “acqua minerale naturale”. E per fregiarsi di questo titolo c'è tutto un procedimento presso il ministero che può durare anni. Allora questa nostra opera di prevenzione è fondamentale. Voi dovete considerare, per ipotesi, che se uno stabilimento domani chiudesse e per un anno o due non si facesse nulla, quell’acqua, probabilmente, non potrebbe più essere imbottigliata per molti anni, perché la contaminazione l’aggredirebbe e non avrebbe più i requisiti per l’imbottigliamento (purezza batteriologica originaria e via dicendo). Quando affermo che spesso, discutendo di acqua, si tende a privilegiare l’aspetto demagogico, anche un po’ strumentale, dico una cosa evidente. Facciamo spesso di tutta l’erba un fascio, confondiamo acque con acque.

Qual è la qualità dell'acqua minerale in Umbria?

La vostra regione è ricca di acqua, ha una qualità superiore rispetto a quella della media nazionale. Considerate che dopo la Lombardia e il Veneto, l’Umbria è insieme con la Toscana la terza regione di elezione per l’acqua minerale. Però quando io parlo di acqua minerale, parlo di un’acqua che ha una sua caratteristica particolare, che è quella della purezza batteriologica originaria, con proprietà chimiche costanti, che sono sempre quelle e non possono cambiare. Parliamo di un’acqua imbottigliata alla sorgente, che non può subire trattamenti, che è chiusa in un contenitore sicuro. La plastica può piacere o non piacere. Tutti ne parliamo male, però tutti l’acquistiamo perché sappiamo che oggi l’orologio è di plastica, gli occhiali sono di plastica, senza plastica non si può. Anche qui si fa molta demagogia, ma il mondo non può fermarsi.
Un famoso premio Nobel ha detto che la plastica è quella materia che Dio si era dimenticato di creare. E’ vero, c'è il problema dello smaltimento. Ma la plastica che usiamo per le bottiglie di acqua minerale, il Pet, si ricicla in una quantità che arriva alla metà della confezione. Nell’agosto 2010, il ministero della Salute ha emesso un decreto che ci consente di utilizzare fino al 50 per cento plastica riciclata in nuove bottiglie, cosa che prima non si poteva fare. Quindi la plastica usata nell'imbottigliamento ritorna vergine e, laddove non viene riutilizzata in bottiglia, può essere impiegata in tanti altri usi. Pensiamo alle camicie , i golf o le giubbe di “pile”. Il pile nasce dalla plastica riciclata; addirittura è stato depositato un brevetto, denominato “Storm system”, ideato dalla Loro Piana, che realizza giacconi di cachemire con questo interno, un mix di plastica riciclata, di Pet e cachemire, che dà una resistenza enorme al vento e all’aria.

Acqua potabile ed acqua minerale: i consumi, in Italia sono altissimi.

Dobbiamo evitare un approccio ideologico alla questione. Anche se purtroppo c'è già. Oggi, guardando al dibattito nazionale in corso su stampa e televisione, è in atto una specie di battaglia tra poveri: acqua potabile contro acqua minerale, come se fossimo in concorrenza. Se voi pensate che il consumo medio giornaliero di acqua minerale corrisponde a un po’ più di mezzo litro al giorno e lo paragonate con il consumo medio pro capite di acqua potabile, sapete quanto consumiamo al giorno in Italia? Consumiamo 250 litri di acqua potabile (per le docce, gli usi domestici eccetera eccetera). Il rapporto è 1 a 500. Allora è mai possibile che l’acquedotto si ponga o si dovrebbe porre in concorrenza con l’acqua minerale per quel mezzo litro? Lo escludo nella maniera più categorica. Chi invece alimenta questa polemica lo fa – attenzione, anche da parte di qualche acquedotto – perché noi dimostriamo al cittadino che l’acqua potabile è talmente buona che la si può bere per giustificare l’aumento delle tariffe. E questo è un altro discorso che merita una disamina a parte.

L'acqua non minerale viene consumata anche in molti locali.

Mi permetto di dire che molte attività di ristorazione dovrebbero evitare di servire in tavola le acque trattate finte. In molti casi si viola anche la legge perché c'è chi, prima di proporle al cliente tappa la bottiglia. Purtroppo e solo in alcuni casi, tutto si risolve con una multa di mille euro da parte dei Nas. E poi si ricomincia. La potabilità viene compromessa dal trattamento. Ma quell'acqua potabile impoverita e rovinata dal sistema di filtrazione, non serve a nessuno. Tantomeno alla credibilità del locale.

Ogni italiano consuma in media, ogni anno, 192 litri di acqua minerale. Siamo il terzo Paese al mondo nella classifica dei consumi. Olandesi ed inglesi, per esempio, forse per ragioni legate al clima, consumano una quantità di acqua minerale inferiore di 6 o 7 volte alla nostra. Quello dell'acqua, per molte delle società che lei rappresenta è un grande affare. Ma in Umbria, per esempio, la Regione riscuote solo un milione e mezzo di euro l’anno per tutte le concessioni. Al cittadino viene spontaneo pensare che questo costo sia irrisorio.

Riprendo il discorso precedente: l’acqua di per sé vale zero, acquista valore nel momento in cui è messa a disposizione dell’utente e del consumatore ed è resa fruibile. Per l’acquedotto si tratta di fare le condutture fino a casa, per noi si tratta di metterla in bottiglia e andarla a vendere. Se andate a vedere, il prezzo medio dell’acqua minerale in Italia, proprio perché ce ne sono più di trecento, è molto più basso. È di 19 centesimi al litro. In Inghilterra, dove bevono meno acqua, il prezzo medio è 72 centesimi. Ma il discorso è un altro ancora: se andate a vedere i canoni che pagano le imprese che imbottigliano in altri paesi comunitari, dove più o meno dappertutto c’è un regime di concessione, trovate canoni da 0,030 al metro cubo contro l’euro e mezzo dell'Italia, o addirittura i 3 euro che noi abbiamo dovuto pagare nel Veneto.

Da cosa nasce questa differenza tra regione e regione?

E' un’altra anomalia: pur rispettando e comprendendo l’autonomia regionale, in Italia manca un coordinamento tra le varie regioni. Spiegatemi il motivo per il quale debbo pagare l’acqua 3 euro nel Veneto e 30 centesimi in Campania. Non è corretto. Noi abbiamo sollecitato più volte la Conferenza delle Regioni ad assumere un atto di indirizzo. Questo atto di indirizzo è stato preso ma è sbagliato, perché quando prescrive che i canoni di imbottigliamento devono essere compresi tra 0,50 e 2,50 euro, presenta una forchetta troppa ampia, che può essere maggiorata di  cinque volte. Noi cosa suggeriamo? Prendete, ad esempio, come ispirazione, la legge che disciplina l’Ici, che è legge dello Stato, che demanda ai Comuni la riscossione: nella legge nazionale c’è scritto che i Comuni, nell’applicazione dell’Ici, possono prevedere misure che vanno tra il 4 e il 7 per mille: il rapporto è inferiore a 1, qui siamo a un rapporto a 5.
Immaginate una cosa: io opero nel Veneto, pago 3 euro a metro cubo, confino con la Lombardia dove fino a ieri si pagava 0,50 a metro cubo, ora si paga 1,20 euro, oppure confino con il Friuli dove il canone è zero. Ma perché ci sono regioni che pongono il canone bassissimo? Perché noi abbiamo un’altra funzione che ci viene riconosciuta molto dalle regioni, e mi rendo conto che da un punto di vista mediatico è più difficile da spiegare: noi diamo lavoro a 40 mila persone nel nostro Paese, con la complicazione che i lavoratori operano in zone non industrializzate o urbanizzate, proprio perché l’acqua è buona. Quindi quell’occupazione diretta che noi diamo in certi centri non dà alternative. Se voi andate a Gualdo Tadino – tanto per fare un esempio, è una realtà che conosco bene – la gente che lavora a Gualdo Tadino, se domani la Rocchetta chiudesse, non troverà facilmente un altro lavoro, perché in queste zone, tra l’altro, si è creata anche un’expertise, un know-how di gente che sa come si sta in uno stabilimento di acque minerali.