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30 settembre 2012

Energie rinnovabili in crescita

di Mauro Zenobi

Molti indicatori economici proiettano crescite veramente impressionanti nel settore delle energie rinnovabili in tutti i paesi sia sviluppati che emergenti. Non tutti però gestiscono questi il fenomeno allo stesso modo e probabilmente la visione strategica più chiara è proprio dei paesi emergenti. In questi paesi i governi hanno chiaro che il loro sviluppo passa attraverso le attività che creano lavoro e competenze e per questo obiettivo sono disposti a prendere decisioni anche in controtendenza rispetto ai paesi sviluppati. In effetti in questi ultimi la fa da padrone l’idea del libero mercato senza regole previlegiando in tal modo il mondo della finanza e di chi gli sta vicino. In Italia abbiamo potuto verificare che gran parte degli impianti fotovoltaici è stata finanziata da Fondi Internazionali che hanno ottenuto una rendita a due cifre per 20 anni approfittando del crollo del prezzo dei pannelli e di uno scarso monitoraggio dell’evoluzione dei costi in relazione agli incentivi da parte delle nostre autorità nazionali. E i posti di lavoro dove sono? Il lavoro generato è stato solo quello fatto dagli Installatori poiché le iniziative industriali volte a produrre i pannelli sono cadute sotto i colpi del libero mercato. Il risultato è che esauriti i benefici del conto energia sono crollati i livelli di occupazione. Ma si diceva della chiara visione strategica del paesi emergenti: il Brasile o anche la vicina Turchia, ad esempio, sono due paesi che credono nel libero mercato ma che tengono salda in mano la chiave della porta di ingresso e consentono di entrare solo ad operatori che intendono avviare attività produttive che rientrano nella loro visione strategica e su tutte sicuramente le energie rinnovabili. Insomma chi vuole fare affari in questi paesi deve portarci le attività produttive verso le quali questi governi hanno cura di dare il massimo sostegno. In altre parole investire in settori strategici di questi paesi consente anche di avere protezione contro il mercato selvaggio che distrugge iniziative sane che producono benessere. Secondo i puristi del libero mercato questo non sarebbe un comportamento opportuno o conveniente, però bisogna ammettere che questa “protezione” sta facendo crescere molto bene questi paesi. Viceversa la scelta Europea di lasciar scorrazzare produttori cinesi con la più assoluta libertà ha determinato la distruzione di tutto il tessuto industriale del settore fotovoltaico piano a cominciare da quello tedesco, che era leader di mercato, e a seguire anche quello italiano che seppur partito con molto ritardo stava recuperando egregiamente. Dobbiamo ammettere che gli incentivi offerti dai governi Europei ed in larga misura da quello Italiano hanno determinato una rapida riduzione dei prezzi e questo lo possiamo annoverare tra le cose positive, ma contemporaneamente hanno portato, come si diceva, alla distruzione delle attività industriali collegate per aver lasciato fare al mercato. Tutto questo è accaduto per la mancanza di visone strategica e di comportamenti coerenti con essa. Se andiamo a fare un bilancio costi benefici credo si debba ammettere che il risultato è amaro e a poco servirà l’avvio di una procedura di infrazione delle regole di mercato che l’Europa ha intentato per damping nei confronti della Cina perché, quand’anche si riuscisse a vincere in questa sede, nessuno potrà rimettere in vita il settore del fotovoltaico piano che ormai va considerato perduto. Per evitare la prossima catastrofe industriale sarebbe opportuno che l’Europa definisse i settori strategici nei quali imporre regole al mercato considerando che sono le ricadute sociali delle attività economiche il maggior valore per tutti soprattutto quando si tratta un argomento strategico come l’energia. Nel settore solare abbiamo ancora molte opportunità ed in effetti si affacciano finalmente sul mercato nuove tecnologie nelle quali l’Italia parte bene poiché diversi operatori stanno avviando attività nel Solare Termodinamico (CSP) e nel Fotovoltaico a Concentrazione (CPV) e pare che il governo voglia supportarle poiché la filiera produttiva in entrambi questi due casi è interamente Italiana. Nel caso del CSP è uscito un nuovo Conto Energia che dà premialità molto interessanti per l’investitore e soprattutto impone l’utilizzo di componentistica protetta da brevetti internazionali nelle mani di produttori italiani. È questo un fatto molto importante poiché le aziende Italiane coinvolte potranno realizzare un certo numero di impianti in Italia che da soli non garantiscono il mantenimento in vita delle iniziative ma sono la premessa per fare ottimo export avendo modo di continuare lo sviluppo nel proprio paese e potendo far vedere agli operatori internazionali (su tutti quelli della cosiddetta SUN BELT) la nostra tecnologia all’opera. Questo è il modo di lavorare dei giapponesi dei quali conosciamo la ormai assoluta qualità dei prodotti: per essere forti all’estero è conveniente essere forti in casa propria. Sembrerebbe che questa volta si è fatto squadra ed il paese, se la squadra regge, potrà trarre grandi benefici da questo. Sul fotovoltaico a concentrazione (CPV) invece non è stato fatto lo stesso lavoro di squadra: sono stati offerti incentivi interessanti per un periodo molto breve che di fatto non sono stati utilizzati né da aziende italiane né da quelle straniera. Attualmente il livello degli incentivi è stato abbassato ad una soglia che mette in difficoltà gli investitori poiché la remuneratività è troppo bassa in relazione ai rischi connessi non facilmente quantificabili per una tecnologia nuova. In altre parole la bancabilità è molto critica. È un vero peccato! Le aziende italiane che hanno investito in questo settore non hanno un contesto sicuro nel proprio paese e restando così le cose dovranno puntare esclusivamente sull’export dell’intera attività e senza avere avuto la possibilità di fare installazione significative in Italia. Il grande vantaggio che ha il CPV per il nostro paese è dato dal fatto che i sistemi sono piccoli (potenza di alcuni Kw) hanno grande capacità produttiva rispetto al fotovoltaico piano, possono essere disposti in molti spazi inutilizzati quali le pertinenze stradali e ferroviarie e sono perfettamente compatibili con l’agricoltura (sono assimilabili a degli alberi). Di conseguenza il potenziale di installazione di questi sistemi è veramente elevato e potrebbe contribuire ad una quota a due cifre del fabbisogno di energia del paese. Eppure anche in Italia si potrebbero creare condizioni darebbero vantaggi sia per lo Stato che per le Imprese in questo ambito. Il nostro paese ha infatti ha una economia quasi esclusivamente di trasformazione per l’assoluta mancanza di materie prime ma che dispone in grande quantità di energia solare. È la prima volta nella storia dell’Italia che possiamo disporre di una grande quantità di materia prima inesauribile a titolo gratuito, trasporto incluso e imballo compreso. Insomma una fortuna che sarebbe un peccato sprecare. Con una materia prima avente queste caratteristiche si dovrebbe poter investire in attività industriali collegate senza timore poiché è certo che l’investimento sarebbe ammortizzabile stante il fatto che la materia prima è gratis. Quello che cambia è il tempo di ammortamento che ovviamente dipende dal costo dei dispositivi che trasformano l’energia solare in energia elettrica: maggiore è il costo del dispositivo più lungo sarà il tempo necessario al ritorno dei soldi investiti ma è altrettanto certo che il ritorno ci sarà comunque. Quindi si potrebbe tranquillamente rinunciare ai prodotti di minor costo proveniente dall’est del mondo perché per un paese non è rilevante che il ritorno dell’investimento avvenga in 5 anni piuttosto che in 7 ma piuttosto che i prodotti siano realizzati al suo interno con il lavoro dei sui cittadini. E allora uno stato avveduto che disponesse di una intera filiera produttiva come il caso del CPV dovrebbe avere interesse a supportare e proteggere le iniziative industriali che cercano di lanciarla. Si può concludere che il supporto dato dal governo alle aziende impegnate nel CSP darà grandi vantaggi soprattutto per le prospettive che si aprono all’estero avendo strutturato l’intera filiera nazionale. La stessa cosa non potrà accadere nel CPV per il quale gli operatori, così restando la situazione, saranno costretti a produrre direttamente all’estero in quei paesi dove la visione strategica in materia di energia è molto più chiara che da noi.

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