MARKETING

31 marzo 2013

Artigianato e marketing

di Mauro Loy

Mentre Benedetto XVI concludeva il mandato affermando  di essere giunto all’ultima tappa del proprio pellegrinaggio, Papa Francesco, raccogliendo il testimone, riprende il  cammino della chiesa “quasi dalla fine del mondo”.  Immagini di percorsi, di insidie e difficoltà; immagini di  forza e determinazione. Troverete strano, amici lettori,  aprire l’articolo “artigianato e marketing” con una tale  riflessione. Ma reputo questa storia di “cammini” e di  “orme” molto appassionante e, soprattutto, stimolante.  D’altronde, i papi sono “artigiani di fede e di speranza”.  Creano cultura. Lasciano un segno che tramandano nel  tempo.  Cammini. Il cammino del settore dell’artigianato sembra  aver cambiato marcia. L’inasprimento della crisi, l’irruenza dell’economia dei servizi e il mancato turn over generazionale, sembra aver rallentato il percorso di sviluppo di  un settore vitale della nostra storia sociale ed economica.  A tutto questo si aggiungono le difficoltà – ormai ben note  – del fare impresa in Italia: la pesante pressione fiscale,  la burocrazia troppo farraginosa, l’alto costo del lavoro e  dell’energia, il deficit logistico-infrastrutturale, la difficoltà d’accesso al credito, sono ostacoli, spesso, insuperabili. A rafforzare il disagio e la sofferenza delle imprese  si inserisce l’inefficienza della Pubblica Amministrazione  che, secondo una stima della CGIA di Mestre, a causa del  ritardo dei pagamenti ha fatto fallire oltre 15.000 attività,  con una perdita di posti di lavoro stimata essere di circa  60.000 unità. Quando pensiamo all’artigianato, vediamo sempre l’aspetto artistico ed estetico. Ma non c’è solo questo.  Sono finalmente nella mia casa umbra. Casa della vita,  casa della memoria. Dopo il terremoto del ‘97, rientro in  quella casa che nonostante la ristrutturazione sa ancora  molto di passato. Sono qui e ho davanti a me due immagini. Immagini di mani operose. La prima è uno splendido  portale del 500 (oggi trasformato in una libreria) realizzata  da mani che conoscevano il valore intrinseco del legno. La  seconda è un ambiente sicuro e confortevole, frutto di un  adeguamento sismico, per opera di mani esperte che, tra  calcestruzzi e tubature, hanno ricostruito un nuovo spazio  di vita dal disastro del terremoto. Artistico e tradizionale. Due aspetti della nostra cultura  manifatturiera, che oggi sono un patrimonio da valorizzare.  Se il comparto degli artigiani del “buon e ben fatto”,  nonostante le difficoltà del mercato interno, sta faticosamente trovando nuove soluzioni per ricominciare a crescere, quello “tradizionale” fatto di professionisti della  meccanica, idraulica, elettricità e tanto altro, vive ancora  nel fallimento delle grandi realtà industriali. Il settore artistico ricorre alle tecnologie web per debuttare  su internet e aprirsi nuovi scenari commerciali nel mondo  globalizzato, oltre a rafforzare l’impegno nella formazione specializzata atta a rispondere alle nuove esigenze di  mercato con figure professionali di alto profilo tecnico ed  innovativo. Il comparto “tradizionale”, invece, sta vivendo  difficoltà diverse rispetto alla precedente categoria, poiché  travolto dalla crisi dell’indotto. Mentre prima le microimprese artigianali erano il motore dei grandi gruppi industriali, oggi, sono una voce di costo nel  bilancio dello stato (a marzo sono state  raggiunte 97milioni di ore di cassa integrazione). Se è vero che la storia insegna agli uomini, è dalla storia che bisogna ripartire per comprendere come le economie locali siano state profondamente  segnate dalla convergenza del piccolo  artigianato verso la grande industria. Se  pensiamo all’industria meccanica nata  in Piemonte sulle vecchie fondamenta  degli opifici governativi, nel mezzo di  un complesso di piccole officine e laboratori artigianali, ci rendiamo conto del  difficile pellegrinaggio del settore. La FIAT, grazie alla definizione di una rete di imprese locali  a cui era demandata la componentistica, riuscì a mettere  in produzione macchine di elevata affidabilità. L’evoluzione verso il design e l’esaltazione del “ made in italy ”  riuscirono a trasformare i “nuovi mezzi di trasporto per  tutti” in un  lifestyle mondiale. Prima di questo passaggio  tuttavia, è da sottolineare un’importante scelta strategica  dell’allora  management  che, alla fine degli anni ’70, preferì il prezzo alla qualità, ricorrendo alla componentistica  estera rispetto a quella italiana e all’automatizzazione dei  processi al posto della manualità degli operai. Scelte queste, che hanno segnato l’inizio del declino delle microimprese locali. Il caso Fiat è un po’ lo specchio dell’Italia: lo  stesso destino si ritrova anche in Umbria, con la Merloni,  il polo dell’acciaio e le Grandi Officine che, prima hanno  inglobato il tessuto artigianale e, poi, lo hanno depauperato.  Come rispondere a questa emergenza dell’economia del  territorio, ritrovare una nuova vitalità per le imprese artigianali e rispondere al deficit occupazionale che vive la  società locale? Ripartendo da una parola: “coesione delle  risorse”. Sono di grande interesse, in questo senso, due  fenomeni che si rintracciano a livello economico.  Il primo è l’affermazione del  country manager , che segna  il processo inverso di quanto avvenuto fino ad oggi con le  merger and acquisition  o le delocalizzazioni produttive.  È l’ingresso di manager di grandi gruppi multinazionali  nei territori, mirato ad identificare le peculiarità locali e  metterle a “sistema” per una maggiore efficienza e produttività economica. Un’esperienza che, dopo il grande  fenomeno della ricerca all’estero della convenienza rispetto alla tradizione manifatturiera “made in”, segna  un’inversione di tendenza e restituisce valore alle risorse  locali. Un’opportunità per i territori quindi, di essere guidati in un percorso di ammodernamento e di maggiore  dinamicità economica, grazie all’esperienza e alla capacità  strutturale dei grandi gruppi manifatturieri che possono  dare nuovi impulsi all’economia locale.  Un secondo aspetto che ha una dimensione più “regionale” – tuttavia, da espandere a livello nazionale – è,  invece, il fenomeno delle Società di Trasformazione Urbana (STU): strumento amministrativo che promuove la  collaborazione tra enti locali e soggetti privati apportatori di capitali, tecnologie, organizzazione e competenze  imprenditoriali specifiche, nella prospettiva di progetti di  trasformazione urbana.  Strumento, questo, che può ricucire la frattura dell’economia locale con una politica di coesione e specializzazione,  capace di seguire le peculiarità dei territori. Se guardiamo  alle specificità dell’Umbria nella chimica verde, nell’agroalimentare e nella meccanica, oltre ai settori tradizionali  della ceramica e del tessile, con l’adozione di tale istituto  si possono aprire nuovi scenari in cui creare cicli virtuosi di  riqualificazione urbanistica, avviamento delle attività imprenditoriali, unite a percorsi formativi di alta specializzazione. Un ciclo virtuoso che parte dai territori e basa la  propria forza sulle professionalità degli artigiani, sul loro  “saper fare”, ma anche nel loro “saper  innovare” e “saper trasmettere” ai giovani una nuova cultura del lavoro.  I mercati oggi vivono un profondo stato di inquietudine. La ristrutturazione  delle filiere che stanno modificando i  rapporti commerciali e le modalità di  ingaggio dei consumatori proiettano le  imprese, in uno scenario fatto di alta  qualità, professionalità e specializzazione. Tutto questo si traduce in un’offerta  che dev’essere sempre più qualificata  ed innovativa, capace di soddisfare e  allo stesso tempo “coinvolgere” i consumatori. Un’impresa? Forse. Ma il DNA  è un qualcosa che non si cancella, ha  solo bisogno di essere riscritto per un  migliore adattamento della specie alla  società attuale. Formazione specializzata, creazione di poli tematici in grado di  riunire il frammentato tessuto imprenditoriale verso una specificità condivisa,  politiche di marketing univoche, sostegno della pubblica  amministrazione nel favorire la riqualificazione urbana e  agevolare l’avvio di nuove realtà imprenditoriali. Passi di  un nuovo cammino, verso una rinnovata vitalità dell’artigianato nell’economia locale, nazionale ed internazionale.   

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