ARTE, MUSICA & CULTURA

19 gennaio 2015

Dal rischio della città-museo all’opportunità del museo-città

di Paolo Belardi

Che l’identità di Perugia sia anche quella di un’ingegnosa città-laboratorio, capace di sperimentare forme insolite di mobilità urbana, è un dato ormai acquisito: avviato nel 1971 con la pedonalizzazione pionieristica del tratto centrale di corso Vannucci, alimentato nel 1983 con l’introduzione delle scale mobili nei meandri ipogei della rocca Paolina e suggellato nel 2009 con la realizzazione di un minimetrò che compie uno slalom sinuoso tra i condomini residenziali della città recente. Tuttavia è indiscutibile che allo stato attuale, per mantenere vivo il centro storico, non basta garantire l’accessibilità, ma occorre garantire anche l’attrattività, trasformando il rischio della città-museo nell’opportunità del museo-città.

 

 

In tal senso, il progetto di ricerca Kultur Fabrik Perugia, che è stato condotto da un’équipe interna al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia con il sostegno di ANCE Umbria e della Camera di Commercio della Provincia di Perugia, ha lanciato un’idea che, pur concentrandosi sul caso specifico del capoluogo umbro, presenta ampi margini di ripetibilità anche in altri contesti, laddove, anteponendo alla rigenerazione di un centro storico la sua conoscenza profonda, prefigura una nuova “via italiana” nel recupero dei centri storici.

Così come avvenuto in precedenza con le esperienze pilota di Gianfranco Caniggia a Como, di Pier Luigi Cervellati a Bologna e di Giuseppe Pagnano a Siracusa.

E l’idea lanciata, seppure articolata in proposte progettuali contrassegnate da un sano realismo visionario, è talmente semplice da rasentare l’ovvietà: approfittare della candidatura del capoluogo umbro a Capitale Europea della Cultura 2019 interpretando tale ruolo in senso letterale ovvero disseminando nel centro storico un sistema diffuso di “ambasciate culturali” ricavate nei contenitori dismessi ivi presenti e vocate a promuovere la trasformazione virtuosa di un centro storico altrimenti vuoto e cadente, perché punteggiato da un lungo elenco di “ex luoghi” (ex cinema, ex mercati, ex teatri ecc.) e mortificato dalla concorrenza della grande distribuzione (centri commerciali, ipermercati, outlet ecc.), in una palpitante “fabbrica della conoscenza”: aperta alle forme più innovative del fare cultura e animata dai giovani provenienti dalle diverse nazioni europee.