ARTE, MUSICA & CULTURA

30 giugno 2013

Come in cielo così in terra

di Francesca Duranti

Il Carapace di Arnaldo Pomodoro (avveniristica cantina tra le colline di Bevagna) si apre al talento attraverso una rassegna espositiva voluta dalla famiglia Lunelli

 La mostra “Come in Cielo così in Terra” è la prima esperienza espositiva del progetto Carapace luogo del talento, “Percorsi scultorei nel Tempio rotondo del Dio Bacco”, rassegna che vedrà esposte periodicamente opere scultoree e installative all’interno della Tenuta Castelbuono, ribattezzata ormai dai media semplicemente “Carapce”. La Tenuta Castelbuono, che ospita la “prima scultura al mondo nella quale si vive e lavora”, è un luogo di enorme stimolo per gli artisti che vi entrano, poiché concepito e destinato a fare da raccordo tra le due dimensioni entro cui l’uomo si muove nel proprio cammino terreno: materiale e spirituale. Pertanto è nata l’idea di intraprendere un “dialogo” iniziando con artisti umbri, quali: Bruno Ceccobelli Michele Ciribifera, Mario Consiglio, Carlo Dell’Amico, Massimo Diosono, Marino Ficola, Giuliano Giuman, Luca Leandri, Marco Mariucci, Laura Patacchia, Silvia Ranchicchio, Nicola Renzi; che messi in relazione con quest’opera, prospettando un’esposizione di dodici sculture ed installazioni, hanno evidenziato questa magica atmosfera. La mostra si incentra sul principio del “dentro e furori”, che rappresenta il connubio tra anima ed espressione, interessando sia lo spazio interno della struttura (barricaia compresa), sia quello esterno che si apre sullo splendido paesaggio collinare umbro. La scelta espositiva ideata da Andrea Baffoni e Francesca Duranti, si ispira al bisogno dell’uomo di rispondere alle domande che lo circondano fin dall’antichità, un’umana voglia di ascesa e purificazione, che passa attraverso la volgarità terrena per raggiungere la purezza celeste, interpretata dalla forma del Carapace che richiama quella simbolica del guscio di tartaruga. Pomodoro che ha voluto con la propria opera omaggiare l’Umbria quale luogo di fascino antico, dove il lento incedere del tempo agricolo si fonde con la tradizione artistica e spirituale. La Tenuta Castelbuono sorge infatti a pochi passi dal luogo dove san Francesco fece la leggendaria predica agli uccelli e la cantina Lunelli, attraverso l’arte, funge da raccordo tra la realtà agricola, cui è legata per ragioni lavorative, e quella spirituale tipica del territorio umbro. Ciò reso ancor più evidente dalla presenza del Parco sculture Castelbuono al centro del quale si colloca proprio la struttura di Pomodoro. Percorrendo la mostra dall’esterno si nota subito la scultura di Luca Leandri che è riuscito con “Opera soggetta a continuo cambiamento”, a delineare il senso dell’attesa, così radicato nel pensiero attuale. L’alchimia della terra è il tema che pervade Rizoma, l’opera di Marino Ficola che cela nel titolo contenuti fisici e filosofici. Il rizoma è un elemento presente solo in alcune specie vegetali che permette di sviluppare autonomamente nuove piante anche in condizioni sfavorevoli. L’opera scultorea Campi magnetici, di Michele Ciribifera, costituisce una costruzione primitiva di estrema sintesi geometrica, la semisfera autoportante, che ricorda la cupola di Pomodoro, viene evocata attraverso materiali statici e precari al tempo stesso, come pietra e alluminio. C’è poi Marco Mariucci con il suo “Gemito”, che rappresenta l’inesprimibile e l’interiore attraverso una figura scultorea ricca di patos. L’ingresso nel Carapace porta con Dell’Amico Verso il territorio della magia”, attraverso una convergenza di linee luminose dirette verso un’area dodecagonale centrale, metafora di profondità interiore e cosmica. Bruno Ceccobelli attraverso il Pantocratore, l’Onnipotente, riunificando ogni credo entro un’unica grande fede. Il pantocratore è l’entità superiore che sovrasta l’umanità, colui che osserva e dirige. L’essere divino, di blu intenso e con la nuca dorata, abbassa gli occhi rilasciando la propria spermìa di vita che cade su noi come rugiada. Il Mandala di Massimo Diosono, è realizzato con materiali naturali allusivi al rapporto con la terra (legno, torba, carbone), ma anche al principio d’impermanenza, come la cenere; e poi il sale, elemento chimico di uso comune e simbolo di forza spirituale che preserva dalle forze del male. Materiali che raccontano l’umanità per un’opera effimera nella cui dissolvenza si celebra il passaggio dalla materia alla profondità del’infinito. Giuliano Giuman, nelle sue mani il vetro respira, si dilata, cambia aspetto a seconda della rifrazione luminosa, acquisisce valenze simboliche, in certi casi mistiche. Così l’opera Chiodo diviene il “perno” stesso della mostra unendo simbolicamente cielo e terra; un oggetto “piantato” nel cuore del Carapace che lascia la sua “stigmate” come ferita nella materia. Nicola Renzi che mette in scena il proprio Conclave, installazione ambientale sviluppata sul perimetro della barricaia. 300 botti accolgono altrettante forme “mitriali” rosse, e una bianca, alludendo al fiume di porporati chiusi in “Extra omnes” da cui verrà eletto il nuovo pontefice. Laura Patacchia genera lavorando all’uncinetto nel silenzio del proprio studio, intersecando gemiti di luci filiformi tra le membrane dei corpi. Con l’uncino l’artista tesse qualcosa che richiama la vitalità della natura, assimilandola ad un unico organismo vivente che trova forma e dimensione in una modularità mutabile. Sulla parete centrale della barricaia l’installazione di Silvia Ranchicchio è ancora legata a questo tema, ma non vediamo il corpo di qualcosa che è stato generato, bensì i contenitori di quella stessa vita, uova in fase di schiusa da cui, in certi casi, emerge della luce. Nel cuore del Carapace, infine, un universo parallelo mostra un pianeta sospeso. È il paese-pianeta di Mario Consiglio, una scultura fruibile su tutti i lati, un pianeta autarchico, come lo stesso artista sottolinea, frutto del proprio “sogno”. L’itinerario tra cielo e terra si conclude in un wormhole sospeso tra le due dimensioni in cui gravita il sogno dell’uomo.

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