RACCONTAMI L'UMBRIA

7 Ottobre 2018

Amore e passione da sei generazioni esaltano il tartufo

Articolo partecipante a Raccontami l'Umbria 2019 - sezione Umbria del Gusto

di Cristiana Costantini

A Scheggino, nel cuore della Valnerina, la famiglia Urbani valorizza e commercializza il prezioso tubero in tutte le sue declinazioni.

Si identifica con i profumi del bosco ma soprattutto con la terra, con la mano grossa e vissuta dell’uomo che lo estrae da essa. Perché è proprio là sotto che nasce il tartufo, fungo ipogeo che si forma spontaneamente sulle radici di alcuni alberi e piante arboree, da cui succhia linfa vitale. E nel buio del suo umile giaciglio prende tutte le forme necessarie per eccellere e per diventare uno dei prodotti più pregiati e ricercati dell’enogastronomia mondiale. Una prelibatezza naturale conosciuta ovunque grazie all’attenzione che da sei generazioni la famiglia Urbani le dedica, con la Urbani Tartufi di Scheggino, in Valnerina. 

“Il tartufo è una passione, un compagno di vita – dice Giammarco Urbani, socio dell’azienda – racconta la storia della mia famiglia ma anche l’evoluzione di un territorio magico e senza tempo, della sua cultura, della sua gente”. In passato l’azienda era orientata su due canali di vendita: quello che sfociava nell’alta ristorazione e quello dell’industria di trasformazione alimentare. 

Ma oggi c’è di più. “Volevamo fare qualcosa di più e meglio – spiega Urbani – perciò abbiamo individuato la nostra mission aziendale: far assaggiare il tartufo a più persone possibile, almeno una volta nella loro vita. Indubbiamente è un progetto ambizioso e complesso perché si tratta di un prodotto dalle innumerevoli qualità ma che presenta anche delle criticità come la conservazione, la logistica, per quei territori non vocati a questo tipo di raccolta, e il costo. Barriere che abbiamo superato realizzando una serie di prodotti di avvicinamento, come sughi, salse e condimenti a base di tartufo”. 

Chi si avvicina a questo prodotto di solito ci arriva colmo di alte aspettative. “Negli anni – spiega Urbani – il tartufo si è guadagnato una fama eccezionale; chi sta per assaggiarlo si aspetta di assaporare un qualcosa di unico, perciò la nostra priorità è non deludere le aspettative del consumatore. E’ per questo che siamo attenti alla selezione e alla lavorazione dei nostri prodotti perché vogliamo garantire qualità e trasmettere quell’amore per il lavoro e per la nostra terra che da sempre ci caratterizza”. 

Ogni tartufo ha una propria identità, un suo carattere, un carisma: c’è il nero pregiato (Tuber Melanosporum Vitt) chiamato anche nero di Scheggino, di Norcia o truffe de Perigord, tondeggiante e aromatico, che cresce in simbiosi con il rovere, la farnia e il nocciolo; c’è il profumato tartufo estivo (Tuber Aestivum Vitt), o scorzone, che cresce nei boschi  di latifoglie; sempre nero il tartufo moscato (Tuber Brumale Vitt) dal sentore di noce moscata. Poi il bianco pregiato (Tuber Magnatum Pico) chiamato tartufo d’Alba o del Piemonte: delicato e prezioso nasce tra tigli, querce, salici e pioppi; in fine il bianchetto (Tuber Borchii o Albinum Pico), dal valore commerciale inferiore rispetto al bianco pregiato ma comunque delizioso. Tuttavia la Urbani Tartufi non è solo tartufo. 

“Abbiamo voluto diversificare e ampliare la nostra proposta commerciale – spiega Giammarco Urbani – e nel 2007 abbiamo acquisito un’azienda operante nel mondo dei funghi spontanei, soprattutto porcini: ne abbiamo già lavorati tre milioni di chili. Stiamo andando bene anche in questo settore, ma nel nostro cuore resta sempre il tartufo”. Dal sottosuolo ai piatti gourmet: è con il tartufo che la natura ci insegna che le cose di valore, quelle davvero preziose, nascono dal basso, nella più umile e autentica semplicità. 

Con 14 sedi italiane ed estere, 5 marchi, 300 professionisti, 700 referenze prodotte e l’80% di export in 75 Paesi, il gruppo Urbani si conferma leader nel settore del tartufo e raggiunge ormai il 70% del mercato mondiale. “Sono tre – spiega Giammarco Urbani – gli scenari che abbiamo davanti. 

Il primo è quello dei mercati maturi o storici, dove la cultura del tartufo si è diffusa ormai da anni. Stiamo parlando, ad esempio, del mercato americano che rappresenta il 30% del nostro business. Attraverso la Urbani Truffle Usa, nostra società partecipata con sede a Manhattan, distribuiamo il nostro prodotto in altre cinque filiali americane, ubicate in aree strategiche come Los Angeles, Las Vegas, San Francisco, Chicago e Miami. Tra i mercati storici c’è anche quello giapponese dove siamo presenti da oltre settant’anni e poi Francia, Germania, Svizzera, Belgio, Olanda e Lussemburgo. 

Il secondo scenario – continua Giammarco – è quello dei mercati in via di sviluppo cioè quelli che hanno iniziato ad apprezzare l’enogastronomia occidentale da poco tempo: sono quelli asiatici e del Medio Oriente. Tra questi un grande potenziale è stato riscontrato in Cina e in Tailandia dove di recente abbiamo inaugurato uno splendido Truffle bar & restaurant proprio al centro di Bangkok. Sono paesi molto propensi all’utilizzo del tartufo, sul quale puntiamo molto. 

Infine – dice Urbani –c’è lo scenario dei mercati potenziali, come l’India e l’Africa, che sono ancora lontani dalla cultura del tartufo ma che prima o poi si avvicineranno, come stanno già facendo, ad esempio, la Tunisia e il Marocco”. Anche in Italia la situazione è migliorata: in passato il tartufo era diffuso a macchia di leopardo, oggi invece c’è una convinta omogeneità: nessuna regione può farne a meno.

 

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