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10 marzo 2017

A proposito di olio...

Panoramica del comparto olivicolo in Italia e nel mondo

di La Redazione

Elaborazioni a cura di Ager-Unaprol

PRODUZIONE MONDIALE 

Il Consiglio Oleicolo Internazionale rivede al ribasso le previsioni di produzione per la campagna 2016/2017 a livello mondiale. Le ultime stime parlano di una produzione a livello mondiale pari a 2.713 milioni di tonnellate di olio di oliva in generale a fronte di un consumo che supererà i 2.900 milioni di tonnellate cui si farà fronte con scorte rivenienti dalla scorsa annata. Sul piano dell’export gli Stati Uniti (38%), rappresentano il mercato più interessante dove orientare il proprio prodotto, seguiti dalla UE (14%), Giappone (7%), Brasile (6%), Canada (5%), Cina (4%), Australia (3%); Russia (2%) e altri paesi importatori (21).  Tra il 2016 ed il 2014 la superficie investita ad oliveto in tutto il mondo è aumentata del 10% passando da 10 milioni di ettari coltivati ad oltre 11 milioni di ettari nel 2014; con oltre 2,5 milioni di ettari irrigui e ben oltre 8 milioni di ettari non ancora irrigati. L’aumento delle superfici ad oliveto sono incoraggiate anche per scopi ambientali contro il riscaldamento climatico.  La pianta dell’olivo infatti assorbe più CO2 di quanto gas effetto serra venga immesso nell’atmosfera durante il processo di produzione di un litro di olio extra vergine di oliva. Il rapporto certificato dal COI è di oltre 10 ad un 1 a favore dell’ambiente e della sostenibilità.
 

PRODUZIONE NAZIONALE

Le previsioni produttive si attestano su 243.000 tonnellate, con un calo del 50% al Sud e del 40% al Centro rispetto al 2015 - in controtendenza il Nord, per un calo totale nazionale del 49%. Tendenze al rialzo dei prezzi, con gli extravergine che già in ottobre avevano abbondantemente superato i 4 euro al chilo, per arrivare rapidamente ai 5,52 euro al chilo di metà novembre 
Con i frantoi in piena attività si concretizzano le aspettative negative degli operatori rispetto alla produzione di olio 2016. Ismea e Unaprol hanno, infatti, ridotto ulteriormente le previsioni produttive 2016 che, secondo i dati più recenti, si attestano a 243 mila tonnellate, circa la metà rispetto al dato dello scorso anno (474.620 tonnellate la produzione del 2015).
All’annata di “scarica”, strutturale dopo l’ottima produzione dello scorso anno che in alcune aree del Sud ha toccato livelli record, si sono purtroppo sommati gli effetti negativi di un clima decisamente avverso con bizzarre alternanze di caldo e freddo e piogge spesso inopportune.

Male il  Sud, dove il -50% stimato ad oggi potrebbe risultare anche ottimistico: pesantemente in rosso tutti i bacini più importanti, come  Puglia (-50%), Calabria (-53%) e Sicilia (-52%). Al Centro la flessione è di poco superiore al 40% (Toscana -35%, Umbria -38%). In controtendenza il Nord, pur nelle limitate dimensioni della sua produzione, che mostra invece una progressione rispetto allo scorso anno sia perché le condizioni climatiche non sono apparse tanto sfavorevoli quanto al Sud, sia perché avendo dei bacini produttivi più contenuti è stato più semplice il controllo e la difesa dalle malattie. Male, invece, la Liguria (-50%). 
La reazione dei mercati non si è fatta attendere con tendenze rialziste dei prezzi che hanno portato in media gli extravergine a 5,52 euro al chilo a metà novembre, ma con la piazza di Bari già oltre i 5,70 euro al chilo, quando a settembre le trattative si sono chiuse su valori attorno a 3,80 euro al chilo.

 

IL CONSUMO MONDIALE DI OLIVE DA TAVOLA

Diversamente da quanto visto per l’olio d’oliva, nel contesto di una tendenza strutturale all’aumento del consumo mondiale di olive da mensa, anche l’UE (il cui peso sul totale dei consumi mondiali - 25% circa - è molto minore che per l’olio di oliva) manifesta una tendenza alla crescita, su cui la crisi economica non sembra avere influito negativamente.

I paesi UE produttori pesano per circa il 67% sul consumo totale UE (media del periodo 2010-2014). Tra i paesi che consumano più olive da mensa, ovvero Spagna e Italia, vi sono però dinamiche differenziate. Sia pur con una spiccata variabilità, negli ultimi 4 anni i consumi in Spagna hanno manifestato una dinamica espansiva abbastanza chiara, mentre in Italia si è avuto un sia pur moderato declino.

Per quanto riguarda invece i paesi UE non produttori, anche in questo caso Germania e Regno Unito (rispettivamente il 9,4% ed il 6,4% circa del consumo totale UE nel periodo 2010-2014) rappresentano i maggiori consumatori. In entrambi i paesi le dinamiche dei consumi di olive da mensa appaiono essere chiaramente espansive, sia in un’ottica strutturale che in un’ottica congiunturale.

 

ITALIA - OLIO DI OLIVA

La filiera olivicolo-olearia italiana appare caratterizzata da una estrema frammentarietà nella fase agricola, determinata dalla ridotta dimensione media aziendale, pari a circa 1,2 ettari (che raggiunge 1,78 ettari per le aziende olivicole specializzate). Le aziende agricole sono pari a circa 900.000, mentre la superficie investita è di circa 1.000.000 di ettari. La produzione italiana sta strutturalmente diminuendo, anche per un fenomeno di razionalizzazione che porta da una parte all’abbandono e alla non raccolta dei frutti e, dall’altra, al permanere sul mercato di realtà in grado di fronteggiare nei modi più appropriati le sfide competitive. Passando ad analizzare la domanda nazionale si osserva come questa sia superiore alla produzione interna e come le preferenze di consumo siano sempre più orientate verso gli oli di oliva extra vergini. Tale orientamento è, in gran parte, attribuibile alle crescenti esigenze dei consumatori in termini di qualità e garanzie che riguardano la sicurezza e l’origine dei prodotti. I nuovi modelli di consumo stanno determinando altresì, reazioni più strutturate da parte delle piccole e medie imprese, che le sta portando ad attuare processi di differenziazione produttiva, per ottenere un miglior posizionamento e la conquista di nuovi segmenti di mercato (oli a denominazione, monovarietali, ecc). Il consumo pro capite si attesta su un livello di 10,8 chili.

Le criticità maggiori della filiera sono da osservarsi soprattutto a livello di mercato, poiché il livello dei costi di produzione, già strutturalmente alto, in alcune aree particolarmente difficili, è ancora più elevato (per esempio in presenza di oliveti collinari, dove le operazioni di raccolta sono più complicate, rispetto ad oliveti pianeggianti). Il prezzo di mercato, soprattutto all’origine, non riesce a remunerare in maniera adeguata i costi di produzione e, inoltre, all’interno della Grande Distribuzione, molto spesso, si genera confusione all’interno della categoria, non facilitando una scelta consapevole da parte del consumatore.

IL COMPARTO DEL BIOLOGICO

Negli ultimi anni l’olivicoltura biologica, in particolare quella da olio, ha avuto un notevole sviluppo sia per numero di operatori e di aziende, sia per l’incremento delle superfici investite, sia per ciò che concerne l’affermazione dei prodotti biologici sul mercato. Secondo gli ultimi dati elaborati dal Sinab (Sistema d’informazione Nazionale sull’Agricoltura biologica) relativi al 2013, il 13% delle superfici investite a biologico sono appannaggio dell’olivicoltura con 175.946 ha, di cui 46.372 in conversione.

Riportando l’analisi ad un ambito territoriale, emerge che la distribuzione della superficie olivicola biologica riflette quella riportata per la SAU biologica nazionale complessiva. Anche in questo caso, infatti, la superficie olivicola biologica risulta concentrata per oltre il 70% nelle aree meridionali; in particolare in Puglia (32%), in Calabria (29%) e in Sicilia (14%).

LO SCENARIO DI MERCATO DELLE DOP

L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall'Unione europea (280 prodotti DOP, IGP, STG). Per quanto concerne gli oli di qualità riconosciuti a livello europeo, il 34% è rappresentato da DOP e IGP italiani, mentre più distanziati figurano altri Paesi come la Spagna e la Grecia, rispettivamente con 30 (24%) e 29 denominazioni (23%). Gli oli a denominazione della UE, complessivamente 125, occupano nella graduatoria comunitaria la quarta posizione dei riconoscimenti per settore (30 novembre 2014).

L’Italia annovera, dunque, per l’olio di oliva 42 riconoscimenti DOP e 3 IGP. Al blasone dell’IGP Toscano si sono di recente aggiunti quelli dell’IGP Sicilia e della Calabria, mentre si attendono altri riconoscimenti, da parte della UE, per Puglia, Marche, Campania e Lazio.  La produzione certificata supera di poco le dieci mila tonnellate nel 2015 segnando un più 4,8% sulla campagna 2015/2014. Il suo valore all’export è di 58 milioni di euro. Alla produzione supera i 71 milioni di euro che diventano 103 milioni di euro al consumo.