VISIONI D'IMPRESA

30 settembre 2012

Michele Cinaglia, self-made man umbro

di Sandro Allegrini

 Come vede la crisi globale e quali ne sono, a suo avviso, gli elementi determinanti?

“La globalizzazione della crisi è figlia dell’innovazione tecnologica, che è un processo inarrestabile. Una volta, per costruire professionalità – in qualunque settore della produzione – occorrevano tempi lunghi, ma si trattava di una formazione che conservava validità per tutta la vita lavorativa. Oggi, al contrario, le professionalità si acquisiscono in un arco temporale più breve, ma durano anche poco. Insomma: l’alto livello di specializzazione si forma e si usura in tempi rapidi”.

Cosa comporta tutto questo?

“Significa, in pratica, che si portano le produzioni dove conviene e dove si trova personale disponibile a formarsi e ad adeguarsi ai processi produttivi. È noto che gli Stati Uniti stanno spostando la produzione in Viet Nam”.

Quindi i cambiamenti accelerano?

Si tratta di una rivoluzione planetaria, irreversibile. I cambiamenti che prima hanno richiesto secoli di storia ora si concretizzano in un breve volgere di tempo”.

Quanto alla crisi, si tratta di un problema generale?

“In Europa si parla tanto di crisi, ma in Cina, in India, nel Nord-Est asiatico, in Corea, in Brasile, in Argentina il problema non sussiste. Un Paese come il nostro, che non riesce a ristrutturare, rischia l’obsolescenza. Un lavoratore italiano, dal costo di 15 euro orari, soccombe di fronte al nordafricano che ne costa 6… e ringrazia”.

Quali i nostri maggiori problemi?

Da noi esistono gabbie e pregiudizi ideologici, resistenze francamente inspiegabili, come quella sull’articolo 18. Ma c’è veramente chi crede che l’imprenditore si alzi una mattina col proposito di licenziare immotivatamente chi lavora bene?”.

Altri problemi nazionali?

“In Italia c’è un’evasione fiscale mostruosa. La ricchezza privata supera di quattro volte il debito pubblico. Ma il guaio è che a sostenere la spesa per il welfare è la vasta platea dei lavoratori dipendenti. In altri Paesi c’è sì l’elusione, ma l’evasione è più bassa. Intendo dire che da noi le strutture pubbliche vengono sostenute da una parte minoritaria della popolazione che ormai non ce la fa più. Questo spiega la E45 piena di buche e la chiusura di ospedali, mascherata da ristrutturazione”.

A chi fanno capo le responsabilità?

“Il problema è politico. A una parte della popolazione è consentito di sottrarsi ai propri doveri di cittadino e di contribuente. Ci sono persone che si sono arricchite con l’evasione. È grave che la legittimazione politica del governo provenga spesso da quanti si sottraggono ai propri doveri. C’è chi non teme di fallire – come diceva mio nonno – “col portafoglio pieno”. Tanti hanno il doppio conto: quello dell’azienda e quello personale. Il primo è vuoto, l’altro è pieno. Sono pochi coloro che mettono i soldi propri in azienda”.

Come stiamo nel confronto con altri Paesi in crisi?

“Penso alla Spagna, che in questo momento soffre. Sono certo che ripartirà prima e meglio di noi. Almeno hanno le strade a posto, noi dobbiamo attappare le buche, mentre loro ricominceranno col costruire ponti”.

Quali le ragioni della crisi?

“Va messa nel conto anche la mancanza di puntualità dello stato nel pagare i fornitori. La mia azienda ha 40/50 milioni di esposizione. Ma sono oltre 200 i milioni di euro da riscuotere dalla pubblica amministrazione. Il ministro Passera aveva parlato di 80 miliardi da destinare a saldare i debiti, ma non se ne sa più nulla”.

E la vostra azienda come se la cava?

“Engineering va bene, ha eccellenti prospettive, abbiamo varato una semestrale con incremento dei rendimenti, le quotazioni di borsa ci riconoscono i successi. Mi sento di sedere su una poltrona sicura e affidabile, ma per quanto potremo reggere non si sa”.

Ma la politica non sta facendo niente?

“Le P.A. devono cessare di fare appalti con impegni che non sono in grado di onorare. Si sente parlare di riduzione della spesa, di tagli. Tutte cose buone, per carità, ma non si sente (e non si fa) nulla in ordine allo sviluppo, che è il problema centrale”.

E il governo Monti?

“Monti ha certamente restituito prestigio e credibilità internazionale al Paese: è persona perbene e qualificata. Avrà trovato delle resistenze ma, senza equità fiscale, rischia di saltare il sistema. Si pensava che avrebbe, per prima cosa, fatto pagare le tasse a tutti, ma per ora ha spremuto i soliti noti. Un mio ingegnere prende una miseria (sotto i 1500 euro mensili), ma ne costa il doppio. È lui, con le sue ritenute, che fa quadrare i conti pubblici.

C’è una via d’uscita?

“Non parlo da esperto. Ma Nomisma ha fatto i conti e sostiene che, nel Paese, esiste una ricchezza di 8 mila miliardi: quattro volte il debito pubblico che assomma a 2000 miliardi. Basterebbe applicare un’una tantum su depositi bancari e patrimoni per ricavare in un soffio 80 miliardi di euro da destinare al risanamento. Non sono pochi quelli che hanno in banca un milione. Non credo che avendone 900.000 rischierebbero la povertà. Senza equità non c’è pace sociale. Potremmo tutti vivere meglio facendo il nostro dovere”.

È un’idea sua? Ma non ha paura di essere preso per “comunista”?

“Una volta ho letto un’argomentazione di Indro Montanelli il quale sosteneva che, negli Usa nascenti, il villaggio era il prototipo di responsabilità sociale e civile. Lo sceriffo, che faceva rispettare la legge, era pagato da tutti perché difendeva le ragioni di tutti. E poi, da noi, ci sono le sanzioni che devono essere certe e credibili. Non è un caso che Al Capone sia stato incastrato non per i suoi omicidi ma per evasione fiscale. Da noi questo non succede”.

E lo spread?

“La speculazione internazionale esiste e va a cercare i soldi dove sono. Si parla di 300 miliardi illecitamente esportati dagli Italiani. Se cade l’euro, è un guaio per tutti, anche per chi ha molto. I risparmi in banca si dimezzerebbero immediatamente per chiunque. Meglio, dunque, contribuire alla salvezza di tutti pagando il dovuto”.

Lei come si comporta?

“La nostra azienda paga regolarmente oneri e imposte. Personalmente provengo da origini umili e mi sono fatto col mio lavoro. Vivo come dovere civico il pagamento delle imposte. Dormo tranquillo quando, come diciamo a Perugia, nn’ avanza niente nessuno”.

 NOTA

La biografia di Michele Cinaglia, dall’infanzia alla prima giovinezza, è storicizzata nel volume La maestra e lo scolaro (Editori Riuniti, Roma 2006), redatto dalla scrittrice e giornalista mugnanese Marilena Menicucci.