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30 giugno 2011

Un Dustin Hoffman anche per l'Umbria?

di Alessandro Campi

Il turismo è la vera ricchezza dell’Umbria. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Il problema è che all’enunciazione, largamente condivisibile, non sempre sono seguiti fatti e comportamenti conseguenti. Mentre scrivo, ho in testa la campagna promozionale, di grande impatto mediatico, che le Marche hanno affidato al nome (e alla voce) di una star internazionale del calibro di Dustin Hoffmn. L’Umbria ha mai immaginato nulla del genere, vale a dire un investimento pubblicitario in grado di promuovere su vasta scala le bellezze della nostra regione presso il largo pubblico, anche straniero? L’impressione è che, sul versante dell’offerta turistica, nel “cuore verde d’Italia” ci si continui a muovere in ordine sparso, con uno scarso raccordo tra settore pubblico e imprenditoria privata e con quest’ultima che a sua volta procede divisa e frammentata. Un esempio. Di recente s’è parlato con insistenza di un festival o di una rassegna dedicato al cashmire, uno dei comparti dell’abbigliamento nel quale l’Umbria vanta autentiche eccellenze. Valorizzare – dal punto di vista industriale e conseguentemente turistico – un simile settore è, per molti versi, un’eccellente idea. Peccato solo che, stando a quel che si legge sui giornali, sul tavolo ci sono almeno tre-quattro diverse proposte, che vengono da imprenditori privati, da associazioni di categoria, da enti pubblici o da singoli esponenti politici e che, almeno sinora, non sono riuscite ad amalgamarsi in un progetto comune e condiviso. A meno di non organizzare tre o quattro distinte manifestazioni, il che equivarrebbe come impatto esterno a non organizzarne nessuna, l’impressione è che una buona idea rischia – a causa delle gelosie e dei veti incrociati – di restare lettera morta ancora una volta per mancanza di coordinamento strategico e operativo. Può una regione delle ridotte dimensioni dell’Umbria concedersi il lusso di disperdere le poche energie – creative ed economiche – di cui dispone? Il buon senso dice di no, ma la cattiva politica, il male antico del campanilismo e il sommarsi di troppe ambizioni che finiscono fatalmente per elidersi, dimostrano purtroppo che siamo ancora lontani da quella spirito di cooperazione e intesa senza il quale l’Umbria – nel campo del turismo come in altri settori – difficilmente può fare sistema ed essere competitiva. Ma se questo è il problema, perché non decidersi ad affrontarlo una volta per tutte?