RACCONTAMI L'UMBRIA

Umbria Jazz come scusa per una panoramica sui vini di Perugia

Articolo vincitore categoria Mestieri, Imprese e Prodotti - Raccontami l'Umbria 2017

di Jacopo Cossater

Quando l’altro giorno ho letto il bel post di Sara su alcuni dei più vibranti locali di Perugia - pezzo che idealmente è possibile affiancare anche alla guida a Umbria Jazz pubblicata l’anno scorso - ho subito pensato sarebbe stato bello scriverne un altro dedicato ad alcune delle più interessanti cantine della zona. Della serie: dove bere è importante, cosa ordinare altrettanto. E poi recentemente in un’enoteca di Milano un amico mi chiedeva proprio dell’improvvisa crescita della scena cittadina, fenomeno tutt’altro che trascurabile che ha visto protagoniste diverse belle realtà nate solo negli ultimi anni, cantine anche molto piccole capaci di dare una scossa alla sonnolenta produzione di quelli che la denominazione chiama Colli Perugini. Un appellativo particolarmente infelice che fa il paio con quello dei Colli Altotiberini e che per fortuna esiste perlopiù solo sulla carta (in favore dell’ormai classica e onnicomprensiva IGT Umbria). Varietà di riferimento per tutta la zona il trebbiano, il grechetto e il sangiovese con rare variazioni sul tema per vini caratterizzati da un piacevole calore ben bilanciato da una certa vena di acidità, strutturati ma mai eccessivamente larghi, sempre di gran beva. Insomma, quale migliore occasione per una breve panoramica dedicata a questa nuova generazione di vignaioli, qui riportati in ordine alfabetico.

LA CASA DEI CINI

Clelia e Riccardo Cini, sorella e fratello, è ormai dal 2011 che propongono con grande entusiasmo una linea in continuo miglioramento. Scrivevo solo pochi mesi fa: “pochi ettari a Pietrafitta rinnovati nel 2003 le cui uve in parte vengono ancora vendute a terzi per una produzione, in questi anni assestata in appena 10.000 bottiglie, che si divide in 4 diversi vini, di cui 3 rossi. Spicca per stoffa il Borgonovo, cabernet sauvignon capace di stupire anche a distanza di anni. Delizioso il Quattroa, a base di sangiovese. Poi il mio preferito, il Malandrino, rosso a base di ciliegiolo di sicura fragranza, rock’n’roll nel corpo e sbarazzino nello spirito”.

CANTINA CENCI

 

Appena laureato in enologia il giovane Giovanni Cenci è partito per Bordeaux, dove è rimasto per due anni a fare pratica in importanti cantine della zona prima di tornare a casa, pochi chilometri a sud di Perugia, e riprendere in mano i vigneti di famiglia. Era il 2012, e in pochissimo tempo è riuscito a farsi notare grazie a vini di sicuro interesse, soprattutto sempre più buoni: recenti assaggi raccontano di un Piantata (rosso a base di solo sangiovese) incantevole per il profilo floreale che sa esprimere, e di un Anticello (grechetto) dirompente per personalità. Non solo, anche il fresco Giole (trebbiano) e il sinuoso Àlago (pinot grigio).

CONESTABILE DELLA STAFFA

Danilo Marcucci in questi anni si era già fatto conoscere per le consulenze sparse a macchia di leopardo un po’ in tutta la Penisola, da Furlani in Trentino fino a Rabasco in Abruzzo passando per Ribelà, nel Lazio, solo per citarne alcune. Con Cantina Della Staffa è per certi versi tornato a casa, si tratta infatti dello storico marchio della famiglia della moglie le cui uve venivano fino all’anno scorso vendute alla locale cantina sociale. Se da un lato quindi è ancora presto per un giudizio complessivo – la prima vendemmia è stata quella del 2015 – dall’altro i primi assaggi si sono rivelati assai incoraggianti. Funambolo dei vini a rifermentazione in bottiglia, Danilo sul tema può contare su un’esperienza tutt’altro che banale: frizzanti divertentissimi sia il Brioso degli Innesti che il Brioso Rosé. Altrettanto centrato, tanto fresco quanto materico, il Bianco della Staffa, da sole uve di grechetto (alla prossima per ulteriori aggiornamenti, soprattutto sui rossi).

CANTINA LA SPINA

Ne è passato di tempo dalle prime vendemmie di Moreno Peccia, decano tra i vignaioli della zona. Gli anni zero erano appena iniziati e sui banchi dell’Associazione Italiana Sommelier ci si scambiava qualche opinione su un territorio, quella a sud di Perugia, ricco di quelle incognite che negli anni si sono trasformate in solide sicurezze. Cantina di riferimento per tutta l’ampia area di Marsciano, quella de La Spina è linea che spicca per omogeneità. Impossibile citarli tutti, chi scrive però ha da sempre un debole per il Rosso Spina, rosso tanto solido quanto dinamico a base di montepulciano, e per l’Eburneo, classicissimo assemblaggio di grechetto, trebbiano, malvasia.

FATTORIA MANI DI LUNA

Tutto nasce nel 2012 quando tre amici decidono di unire le forze per riqualificare un vecchio podere alle porte di Torgiano, piccolo borgo che dà il nome a una delle due DOCG regionali. Nasce così questa piccola fattoria ricca anche di olivi e di ciliegi la cui parola d’ordine, almeno in campagna, è biodinamica. Da vecchie vigne recuperate nel tempo nascono vini scattanti e gustosissimi, mai banali ma anzi ricchi di affascinanti sfaccettature. Il Baratto, soprattutto trebbiano, è bianco che sa stupire per statura (e per prezzo) mentre l’Ametistas spicca per profondità e per gusto, a dimostrazione di tutta la duttilità del grechetto (qui è dove il contatto con le bucce si prolunga per quasi una settimana). Da seguire poi l’attento lavoro sul sangiovese da cui nascono due rossi che sono sempre più buoni, il Checcarello e La Cupa.

CANTINA MARGÒ

 

Una passione portata avanti perlopiù nel tempo libero si è trasformata in un lavoro a tempo pieno, è infatti notizia recente quella della rinuncia al posto fisso e la scelta di Carlo Tabarrini di puntare forte su quella Cantina Margò che più di altre realtà in questi anni si è fatta notare nel mondo del vino naturale non solo in Italia. Determinato ed estroso, i suoi sono vini che raccontano perfettamente il suo carattere, sempre intensi e profondi. Il Fiero Bianco, da sole uve di grechetto lasciate macerare sulle bucce, ha le spalle larghe e il passo svelto. Da uve di sangiovese nascono poi il Fiero Rosé, rosato di grande spessore e sicura freschezza, e il Fiero Rosso, vino di particolare ampiezza e profondità capace di tradire un’insospettabile gentilezza espressiva. Un riferimento (e un in bocca al lupo per la nuova cantina).

MARCO MERLI

È grazie al giovane Marco Merli se oggi si può parlare di viticoltura di qualità nell’ampia zona a nord di Perugia. Pochi ettari coltivati in maniera naturale che vedono protagoniste le varietà più tipiche della zona, sangiovese e trebbiano in particolare. È proprio quest’ultimo ad essere protagonista nel Brucisco, vino bianco di grande materia e slancio, ormai da anni tra i preferiti di chi scrive. Ridurre però il lavoro di Marco a questa o a quella etichetta sarebbe un errore, la sua è una linea produttiva di impressionante qualità (dai più semplici Zero di Babo, bianco, rosso e rosato, fino al Tristo, bianco macerato sulle bucce, e allo Janus, rosso di grande slancio) in cui ogni vino spicca non solo per personalità ma anche per dimensione gustativa, dimostrazione di un talento cristallino capace di illuminare tutta la regione, e non solo.

Nella stesura di questo post ho deciso di concentrarmi sulle realtà più vicine alla città (le ho anche riportate su Google Map) escludendo così l’ampia zona dei Colli del Trasimeno, denominazione che non spicca per vivacità ma che può comunque vantare alcune realtà assai interessanti (tra le altre Fontesecca e Madrevite, Carini e Morami, Poggio Bertaio e Lamborghini, fino a Duca della Corgna, la storica cantina sociale). Cantine i cui vini, soprattutto rossi, esprimono mediamente una maggiore rotondità e un profilo non di rado più caldo, caratteristiche la cui origine è da ricercarsi tanto nelle diverse varietà utilizzate quanto nel clima leggermente meno continentale di tutta la zona che guarda alla Val di Chiana. Impossibile poi in chiusura non nominare alcune delle più importanti realtà del perugino, quelle più famose e più radicate nella storia della città: Lungarotti su tutte, ma anche Goretti e (più giovane) Terre Margaritelli.

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