STUDI E RICERCHE

19 ottobre 2016

Imprese femminili - Osservatorio I semestre 2016

In provincia di Perugia è "rosa" un'impresa su quattro

di Anna Cagnacci

 

Nella provincia di Perugia è “rosa” quasi un’impresa su quattro: le imprese femminili [1] nel primo semestre dell’anno, infatti, sono 17.769 e rappresentano il 24,3% del totale delle imprese. Il valore provinciale è inferiore di mezzo punto rispetto al valore regionale (24,8%), ma supera la media nazionale di oltre due punti e mezzo (21,7%). Nella graduatoria delle regioni secondo la quota di imprese femminili l’Umbria si colloca al quarto posto dopo, rispettivamente, Molise, Basilicata e Abruzzo.

 

Quota di imprese femminili sul totale – I semestre 2016

 

Le imprese registrate nel I semestre 2016 nella provincia di Perugia risultano quasi stazionarie (+0,3%) rispetto alle 17.714 del I semestre 2015. L’andamento provinciale è più favorevole di quello registrato a livello regionale (-0,5%) e nazionale (-0,9%).

La forma giuridica più diffusa tra le imprese considerate complessivamente è la ditta individuale e lo è anche tra le imprese femminili. Le ditte individuali in provincia rappresentano poco più della metà (52,4%) di tutte le imprese, mentre rispetto alle sole imprese femminili rappresentano quasi due terzi del totale, per l’esattezza il 64,2%. Il peso delle ditte individuali tra le imprese “rosa” della provincia è in linea  con la media nazionale (64,2%), e poco inferiore al valore regionale (64,5%). L’incidenza delle società di capitale nell’imprenditoria femminile  perugina (16,2%) è inferiore al dato regionale (16,6%) ma soprattutto al valore medio nazionale (20%). All’opposto la presenza delle società di persone tra le imprese “rosa” della provincia risulta maggiore rispetto agli altri territori di riferimento: 18% è il dato provinciale, a fronte del 17% dell’Umbria e del 12,9% dell’Italia.

 

Imprese femminili per forma giuridica - I semestre 2016

 

Confrontando tra loro i dati di genere emerge che le donne, a Perugia come in Italia, si costituiscono in ditta individuale (64,2%) più frequentemente degli uomini, i quali in provincia lo fanno nel 48,7% dei casi e in Italia nel 50,3%. A livello regionale la percentuale “rosa” risulta poco più alta (64,5%) mentre quella maschile (49,3%) si trova in posizione intermedia tra quella provinciale e quella nazionale. Per le donne, più spesso che per gli uomini, la ditta individuale rappresenta non soltanto un forma di autoimpiego, ma anche una modalità per mettere a frutto le proprie competenze. Le società di capitali e di persone all’opposto sono quelle in cui la presenza di donne è meno elevata rispetto a quella maschile. Tra società di capitali il gap è maggiore, infatti la percentuale è pari al 16,2% per le imprese femminili mentre è del 23,9% per quelle maschili, con una differenza di quasi otto punti percentuali. Tra le società di persone la percentuale “rosa” è pari al 18% e quella degli uomini al 24,4%, con circa sei punti di differenza.

Le imprese “rosa” si caratterizzano per una maggiore concentrazione nel settore dei servizi e in quello agricolo rispetto al valore medio provinciale. In provincia le imprese considerate complessivamente si distribuiscono per il 51,2% nel settore dei servizi, per il 24,4% nell’industria e per il 18,1% nell’agricoltura. Tra le imprese femminili, invece, l’agricoltura pesa quasi dieci punti in più (24,7%) e i servizi quasi sette punti (57,8%) a scapito dell’industria (12,4%) che registra dodici punti in meno.

 

 

Imprese femminili per settore economico - I semestre 2016

 

Il divario è maggiore confrontando i dati di genere. Nei servizi operano oltre 10.000 imprese femminili, circa il 58% del totale contro poco meno della metà nel caso delle imprese maschili (49%). A livello regionale le imprese di servizi sono il 59% di quelle femminili e il 50% di quelle maschili, mentre in Italia le percentuali salgono rispettivamente al 66% e al 55%.

Nel settore agricolo si concentra quasi il 25% delle imprese femminili, contro il 16% di quelle maschili. L’agricoltura tra le imprese femminili umbre pesa il 24% e tra quelle maschili quasi il 16%, mentre a livello nazionale le percentuali si fermano al 16,5% tra le donne e all’11% tra gli uomini.

Alla maggiore concentrazione “rosa” nei servizi e in agricoltura corrisponde una minore presenza delle imprese femminili della provincia nel settore industriale con il 12% a fronte del 28% maschile. In Umbria le percentuali calano al 11,6% per le imprese “rosa”, stessa percentuale della media nazionale, mentre quelle maschili si attestano al 28%, poco al di sopra del valore nazionale 27%.

Se si fa riferimento alle dimensioni d’impresa il segmento femminile appare più “micro” rispetto a quello maschile: tra le imprese guidate da donne quelle con meno di 10 addetti sono il 97,1%, a fronte di un 95% tra quelle governate dagli uomini. Tali percentuali sono in linea con i valori regionali e nazionali. Le imprese tra 10 e 49 addetti in provincia rappresentano il  2,7% di quelle femminili e il 4,4% di quelle maschili, in linea con i corrispondenti valori regionali e nazionali. Le imprese medio-grandi sono lo 0,2% tra quelle “rosa” e lo 0,5% tra quelle maschili.

 

Imprese femminili per dimensione - I semestre 2016

 

Imprese femminili per grado di presenza femminile - I semestre 2016

 

Le donne, per scelta o necessità, lavorano principalmente con altre donne. L’82% delle imprese femminili, infatti, è caratterizzato da una presenza femminile di tipo “esclusivo” (pari al 100% di partecipazione). Nel 14,7% delle imprese femminili la presenza di donne è “forte” (pari al 60-66%). Nel restante 3,3% delle imprese la presenza femminile, pur rimanendo maggioritaria, registra percentuali inferiori al 60%.

Le imprese femminili sono meno artigiane di quelle condotte da uomini. Nel I semestre 2016 le imprese artigiane femminili sono 3.103 e rappresentano il 17,5% delle imprese femminili, a fronte di una quota artigianale del 24,7% tra le imprese maschili.  La percentuale di imprese artigiane femminili a Perugia risulta superiore al 17% dell’Umbria ma, soprattutto, al 16,4% dell’Italia.

Se si analizzano i dati relativi all’età degli imprenditori, la presenza di giovani imprenditori appare maggiore tra le imprese “rosa”. Le imprese condotte da giovani, infatti, in provincia di Perugia rappresentano una quota del 10,6% nel segmento femminile e del 7,6% in quello maschile, analogo divario si presenta anche a livello regionale (10,9% e 7,8%), mentre il gap risulta più consistente se si fa riferimento alla media nazionale.

Le imprese femminili appaiono più “giovani” anche se si fa riferimento all’età dell’impresa e non solo a quella degli imprenditori. Le imprese provinciali nate dal 2010 in poi rappresentano il 33,6% di quelle femminili e il 26,8% di quelle maschili. Analoghi valori si presentano nella regione Umbria, mentre a livello nazionale la quota di imprese più giovani sale al 38% per il segmento femminile e al 29,9% in quello degli uomini.

 

 

Il tasso di femminilizzazione nei settori economici

Analizzando i settori di attività economica ed in particolare esaminando il tasso di femminilizzazione dei settori, calcolato come quota delle imprese femminili sul totale imprese di settore, emergono aspetti interessanti. Di fronte a una media provinciale pari al 24,3% di imprese femminili sul totale imprese, si registra un tasso del 33,1% per l’agricoltura, a cui corrispondono quasi 4.400 imprese e un tasso del 27,4% per i servizi, pari ad oltre 10.000 imprese in valore assoluto, all’opposto sotto la media provinciale troviamo l’industria che evidenzia un tasso del 12,3%, corrispondente a quasi 2.200 imprese .

L’analisi per macro settori economici, tuttavia, non permette di evidenziare le peculiarità che caratterizzano l’imprenditoria femminile. E’ necessario, pertanto, ricorrere all’analisi dei dati più disaggregati.

Nella graduatoria del tasso di femminilizzazione dei sotto-settori economici spiccano gli “altri servizi alla persona”, dove sono governate da donne il 65,5% di imprese, pari ad oltre 1.500 in valore assoluto. Segno del perdurare di una concentrazione dell’attività femminile in alcuni settori tradizionalmente ritenuti appannaggio delle donne. Si tratta di attività quali, ad esempio, l’attività di parrucchiera ed estetista, così come l’esercizio delle imprese di lavanderia, che storicamente vengono svolte dalla componente femminile della popolazione. Il secondo settore per tasso di femminilizzazione è la “sanità e assistenza sociale” (servizi per anziani, asili nido, centri di medicina estetica ecc.), in cui il 48,6% delle imprese sono femminili, questa volta corrispondenti a poco più di 150 imprese in valore assoluto. Alla sanità segue un settore manifatturiero, quello del “tessile, abbigliamento, pelli e calzature”, ambito in cui le attitudini femminili tradizionalmente trovano maggiore espressione, con una quota del 46,2% delle imprese, pari a oltre 800 in valore assoluto. Al quarto posto nella graduatoria dei settori secondo il tasso di femminilizzazione troviamo il turismo con il 33%, corrispondente a circa 1.700 imprese. Il quinto posto è occupato dal commercio con una percentuale del 25,7% ed un numero di imprese pari a oltre 4.300. Tenuto conto che le imprese femminili complessivamente nella provincia sono il 24,3% del totale delle imprese, i settori indicati sembrano particolarmente “a vocazione femminile”.

 

 

In ambito regionale il tasso di femminilizzazione complessivo è pari al 24,8%, di mezzo punto più elevato di quello provinciale. A livello di settori economici si registra un tasso del 33,6% per l’agricoltura, a fronte del 33,1% provinciale; per i servizi un 28,1%, in corrispondenza di un 27,4% di Perugia, sotto la media regionale troviamo l’industria che evidenzia un tasso del 12,1%, in linea con il 12,3% provinciale.

Analizzando i primi cinque posti della graduatoria settoriale delle imprese dell’Umbria secondo il tasso di femminilizzazione,  si trova conferma dei settori economici evidenziati nella graduatoria provinciale, mentre le percentuali appaiono più elevate di quasi un punto percentuale, fatta eccezione per il settore moda. Il tasso di femminilizzazione nazionale è pari al 66,1% per gli altri servizi alle persone, al 49,3% per la sanità,  al 47,2% per il settore moda, al 33,3% per il turismo e al 26,5% per il commercio.

 

A livello nazionale il tasso di femminilizzazione complessivo è pari al 21,7%, inferiore di tre punti percentuali rispetto a quello provinciale. Si registra un tasso del 28,7% per l’agricoltura, a fronte del 33,1% provinciale; per i servizi un tasso del 25%, in corrispondenza di un 27,4% di Perugia, l’industria evidenzia un tasso del 10,5%, anch’esso inferiore al 12,3% provinciale.

Nella graduatoria settoriale delle imprese nazionali secondo il tasso di femminilizzazione,  si confermano i primi tre settori economici evidenziati anche nella graduatoria provinciale . Al quarto posto nella graduatoria nazionale si trova, invece, l’istruzione che, con il 29,7%, precede il turismo che si posiziona al quinto posto, con il 29,6%. Le percentuali nazionali dei primi tre settori classificati appaiono più contenute rispetto ai dati provinciali e regionali: 58,8% per gli altri servizi alle persone, 37,6% per la sanità,  35,8% per il settore moda.

 

Le imprese femminili artigiane

L’artigianato  femminile appare meno diffuso rispetto a quello maschile, infatti nel I semestre 2016 solo il 17,5% delle imprese femminili è di tipo artigiano,  a fronte di un 24,7% di quelle maschili.

 

Esistono, tuttavia, settori - in particolare manifatturieri - in cui il peso dell’artigianato è considerevole: si superano, infatti, i due terzi delle imprese totali e si arriva addirittura ad oltre tre quarti. In questi settori, tra l’altro, l’artigianato è più presente tra le imprese femminili che in quelle maschili. E’ il caso del sistema moda, con il 78% delle imprese femminili di tipo artigiano. Segue a ruota il settore dei prodotti e lavorazione di minerali non metalliferi, che comprende anche la fabbricazione di prodotti in vetro, in porcellana e in ceramica, con il 75,4% di imprese artigiane.  Al terzo posto si trova  il settore alimentare con il 71,7%. Le percentuali a livello regionale sono lievemente inferiori con il 77,3% del sistema moda, con il 70,6% del settore dei prodotti e lavorazione di minerali non metalliferi, e con il 70,5% del settore alimentare. A livello nazionale il settore con la maggiore percentuale di imprese artigiane tra quelle femminili è rappresentato dal settore alimentare con il 68,3%, seguito a ruota dal settore moda con il 68,2%, al terzo posto invece troviamo le “altre industrie manifatturiere” (che comprende anche attività di bigiotteria ecc.) con il 66,9%.

In genere la percentuale di artigianato nel settore dei servizi appare più contenuta, attestandosi al 17,9% per le imprese femminili e al 14,2% per quelle maschili. Tra i servizi a livello provinciale, tuttavia, emergono “le altre attività di servizi alla persona” in cui le imprese artigiane rappresentano quasi l’87% del totale delle imprese femminili, a fronte di un 66% per le imprese maschili. Negli “gli altri servizi” pur essendo il 76,5% la percentuale di artigiane tra quelle femminili, la quota di artigiane appare maggiore  per le imprese maschili, attestandosi all’83,4%.

 

Imprese artigiane femminili e maschili (Provincia di Perugia) per settore di attività economica, I semestre 2016 (val. assoluti e %)

 

Le giovani imprese femminili

L’imprenditorialità giovanile è una parte importante del tessuto produttivo nazionale e locale, soprattutto per il potenziale di innovazione che rappresentano. E le donne sembrano contribuire in misura maggiore a tale potenzialità.

Le imprese condotte da giovani donne appaiono più diffuse rispetto a quelle condotte da giovani uomini. Nel I semestre 2016 le imprese di giovani rappresentano il 10,6% sul totale delle imprese femminili,  a fronte del 7,6% di quelle maschili. In quasi tutti i settori la componente giovanile risulta superiore tra le donne piuttosto che tra gli uomini, tranne nella chimica-farmaceutica per il manifatturiero e nell’informatica-telecomunicazione per i servizi.

 

Graduatoria dei settori di attività economica per quota di imprese giovanili sul totale delle imprese femminili - I semestre 2016 – Perugia

 

In generale il peso delle imprese giovanili è maggiore nel settore dei servizi piuttosto che nell’industria, ciò vale per gli uomini ma soprattutto per le donne. Fare impresa nel settore industriale per un giovane, infatti, è meno facile a causa dei più complessi processi produttivi che caratterizzano questo settore e che richiedono maggiori investimenti. Nel settore dei servizi sono l’11,8% le imprese giovanili sul totale delle femminili, mentre nel settore industriale la componente giovanile si ferma al 9,1%. Per le imprese maschili le percentuali si fermano rispettivamente al 8,2% e 6,7%. Tra i settori del terziario appaiono particolarmente giovani le imprese femminili dei servizi finanziari e assicurativi, con il 15,4% di imprese giovanili, la sanità e l’assistenza sociale, con il 14,8% e il turismo con il 13,7%.  Nel manifatturiero spiccano le altre industrie manifatturiere, con il 14,6% di imprese giovanili sul totale delle femminili, e l’alimentare con il 12,5%. 

 

La percentuale giovanile di imprese femminili nei servizi finanziari registrata a livello provinciale appare inferiore sia rispetto alla media regionale (16,8%) che a quella nazionale (18,6%), come quella del turismo con il 13,7% provinciale a fronte del 14,2% dell’Umbria e il 15,8% dell’Italia. All’opposto la quota di imprese giovanili provinciale nel settore della sanità e dell’assistenza sociale appare superiore al dato regionale (14%) e a quello dell’Itala 11,2%. Analogamente per le altre industrie manifatturiere e per l’alimentare la quota giovanile provinciale di imprese femminili risulta superiore a quella regionale e nazionale.

 

Graduatoria dei settori di attività economica per quota di imprese giovanili sul totale delle imprese femminili - I semestre 2016 – Umbria

 

Graduatoria dei settori di attività economica per quota di imprese giovanili sul totale delle imprese femminili - I semestre 2016 - Italia

 

 

[1] le imprese la cui percentuale di partecipazione femminile è superiore al 50%, tenuto conto sia della natura giuridica dell'impresa, sia dell'eventuale quota di capitale sociale detenuta da ciascun socio donna, sia della percentuale di donne presenti tra gli amministratori o titolari o soci dell'impresa. Dal I trimestre 2016 viene introdotta una modifica all'algoritmo di calcolo dell'imprenditoria femminile per le sole società di persone. Il cambiamento ha riguardato un numero limitato di cariche amministrative legate ai soci delle società di persone (socio amministratore/accomandatario) ma ha comportato un calo delle imprese femminili considerate in precedenza.