RACCONTAMI L'UMBRIA

Nella tana del norcino

Articolo vincitore per la sezione Mestieri, Imprese e Prodotti - Raccontami l'Umbria 2016

di Rita Bertazzoni

TESTATA: Dove

DATA DI PUBBLICAZIONE: Aprile 2015

 

In Umbria si va per musei, certo. E per chiese, ci mancherebbe. Ma guardate questa bottega, a Norcia, non è un'opera d'arte? Prosciutti, salumi, formaggi. Da portare a casa senza sensi di colpa
    

La mano, ferma e veloce, incide il taglio in punta di coltello. Una fetta sottile si separa dalla coscia e si lascia assaporare. Rosso, dalla caratterista forma a pera, quasi triangolare, il profumo leggermente speziato, il  sapore sapido, ma non salato, quanto basta per stimolare  le papille gustative: ecco il celebre Prosciutto di  Norcia Igp, principe dei salumi dell’Umbria. Uno dei  tanti gioielli della norcineria locale, insieme a mazzafegato, capocollo, corallina, mortadella, salsicce fresche  e stagionate, salumi di cinghiale e di daino.

SFIDA ALL’ULTIMO PROSCIUTTO

Odori e sapori che affondano le loro radici in tempi remoti, forse già all’epoca degli Etruschi. In Umbria la lavorazione del suino è un’arte nobile da secoli e quasi ogni villaggio, per non dire famiglia, ha la sua ricetta del barbozzo (il guanciale) e della porchetta, del ciauscolo (salame morbido spalmabile), della fiaschetta del prete (a grana fine), del lombetto e dei cacciatorini (salsicce  stagionate). Dove ha scovato gli indirizzi migliori per fare provviste e riempire il bagagliaio di genuine bontà. Luoghi in cui l’arte della norcineria si è tramandata di generazione in generazione, nel rispetto della tradizione, affinandosi e arricchendosi. Un tempo le aziende agricole seguivano tutta la filiera, dall’allevamento alla macellazione, alla trasformazione in insaccati. Oggi no. Con qualche eccezione. Come il Casale de li Tappi, a Norcia. “Vede la  coda dei maialini?” chiede Alessandro Salvatori, il proprietario, mostrando con orgoglio il suo piccolo allevamento di suini. “È rilassata, non arricciata. Segno che gli animali stanno bene”. Salvatori da due anni alleva in modo naturale il suino nero cinghiato, nel’ambito di un progetto pilota, realizzato in collaborazione con la Regione Umbria e la facoltà di agraria di Perugia, per il recupero di questa antica razza autoctona della Valnerina.

SUINO NERO E RICOTTA SALATA

Gli animali allevati da Salvatori scorrazzano liberi, allo stato semibrado, in un’ampia tenuta che ha come sfondo i Sibillini e le famose marcite (prati palustri), cibandosi di erba, ghiande, scarti di orzo e lenticchie di Castelluccio. Niente mangimi. A 50 metri c’è la macelleria dove il padre Mario, norcino da 60 anni, e la  mamma Gabriella preparano tutte le specialità, senza additivi, coloranti e conservanti: le famose “sarcicce de Mario”, a detta di tutti imbattibili, il salame Corallina (“tutto magro, con pochi lardellini”), lonze, lonzini, guanciali, capocollo (una specie di coppa), coppiette (“le assaggi, è lombo di maiale essiccato con sale, pepe  e peperoncino”) e, naturalmente, prosciutto di nero cinghiato “che ha un grasso privo di colesterolo, un sapore dolce dovuto alla stagionatura al naturale, e nulla da invidiare al Pata Negra iberico“. Si acquistano nello spaccio aziendale insieme ad altri prodotti Dop e Igp di piccole realtà locali: olio, vino, miele, lenticchie, formaggi. Ma si possono assaggiare anche nel centro storico di Norcia, al ristorante Il Cenacolo, che serve solo alimenti di stagione e a chilometro  zero. “Cuciniamo ciò che offrono il nostro orto e la campagna di Norcia”, precisa Giovanna Tiberi, la  proprietaria. In tavola vengono serviti come antipasti i salumi del Casale de Li Tappi, fra cui il prosciutto cinghiato (da 14 a 24 mesi di stagionatura); i formaggi  provengono invece dell’azienda agricola del fratello di Giovanna, che “alleva pecore e produce pecorino, ricotta fresca e salata solo quando ha il latte”, accanto a pasta e pane con lievito madre fatti in casa. Tra le specialità si servono la minestra di riso con cavolo e salsiccia e la pasta norcina, con ricotta fresca di pecora,  guanciale e pecorino.

BIRRA BENEDETTINA E LENTICCHIE IGP

A pochi passi sfilano le più belle botteghe di norcineria: solo a guardare le insegne viene l’acquolina. Da Brancaleone da Norcia (che ha due punti vendita: distano  tre minuti di cammino) sono in bella mostra coglioni di mulo artigianali (non sono i testicoli dell’animale, ma un insaccato dalla caratteristica forma), salami di cinghiale, prosciutto Igp Norcia, pecorino Riserva del pastore nursino, tartufi. Fratelli Ansuini, con laboratorio dietro il banco, ha gli scaffali e la vetrina colmi di leccornie senza glutine né lattosio: salsicce, lonzino, capocollo, ciauscolo (salame morbido spalmabile), lombetto di cinghiale. Taglieri di salumi, formaggi e mieli locali, insieme a piatti al tartufo invernale e estivo, si assaggiano pure all’Enoteca Granaro del Monte, abbinati ai migliori vini della regione, da comprare insieme alle birre umbre artigianali. Fra queste, merita la  Nursia, dei benedettini di Norcia, prodotta nel vicino monastero secondo l’antico disciplinare e disponibile nel punto vendita Corvus et Columba, adiacente alla Basilica di San Benedetto. Accanto a oggetti di devozione, unguenti, sciroppi e rimedi erboristici, spiccano la Bionda e l’Extra: la prima, leggera, è adatta ad antipasti e primi piatti. L’altra, bruna, dal sapore intenso, si abbina a formaggi stagionati e secondi di carne. “Principalmente produciamo preghiere, poi anche birre”,  scherza il giovane frate di turno nel negozio. Ut laetificet cor, affinché il cuore gioisca, è il motto impresso sulle etichette delle bottiglie, che riproducono il rosone  dell’abbazia dove ogni sera, alle 19.45, si può assistere  alla compieta (l’ultima preghiera della giornata) recitata in latino e accompagnata dai canti gregoriani. Lo shopping goloso continua, pochi passi più avanti, nel nuovissimo punto vendita della Cooperativa della  Lenticchia di Castelluccio Igp, che riunisce 30 piccoli produttori. Fra questi, Sante Coccia, il presidente, che appartiene a una famiglia di coltivatori da generazioni, ha il merito di aver ottenuto nel 1997 il riconoscimento  Igp e di aver fatto conoscere questa leguminosa  in tutto il mondo. “Si coltiva da sempre in modo naturale, senza additivi chimici, a 1500 metri sui piani carsici di Castelluccio, nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, dove, tra fine maggio e i primi di  luglio, si ammira lo spettacolo della fioritura, dovuto alle inflorescenze delle erbe infestanti, lasciate libere di  crescere fra le lenticchie”. C’è da credergli: basta salire  sulla strada panoramica che da Norcia arriva sull’altopiano e ci si trova di fronte a un mosaico di colori, dal giallo ocra al rosso, dal bianco al viola.

NOTTI IN CELLA, TRA BOSCHI E OLIVETI

In quota si coltivano anche roveja, un pisello selvatico, farro, orzo e cicerchia di cui sono pieni gli scaffali de La Vostra Cantina, nella piazzetta di Castelluccio, che vende anche salumi e insaccati. Appartiene alla stessa famiglia l’agriturismo Antica Cascina  Brandimarte, un indirizzo rinomato per l’ospitalità e l’eccellente cucina del ristorante interno, Il Fienile. In tavola trionfano zuppe di legumi, paste fatte in  casa, selvaggina, formaggi e salumi caserecci. Si dorme in camere con parquet di quercia antica e soffitti in rovere. Lungo il fiume Nera si scopre l’Abbazia di  Sant’Eutizio a Preci, uno dei complessi monastici più  antichi d’Italia. Colpiscono il rosone in stile romanico- spoletino sulla facciata della chiesa, che vanta una tela di Cristoforo Roncalli, detto Pomarancio (1602), e il campanile aggrappato sulla rupe. Nel museo ci si perde fra oggetti sacri, codici miniati e strumenti della famosa scuola chirurgica preciana, che ebbe origine da questa comunità di monaci benedettini. La foresteria ha nove camere, con letti in ferro battuto e mobili  di legno. Sono molto semplici, ma hanno il pregio di  affacciarsi tutte sul bosco, regalando un senso di pace e  silenzio. È una strada tranquilla, disegnata da boschi e  colline, quella che porta all’Azienda Agricola Biologica  Bachetoni, nella campagna intorno a Spoleto. Nella  tenuta di 1300 ettari, 300 sono a oliveto (per ricavarne  Dop Umbria), il resto a pascolo di Chianine allevate allo  stato brado. La carne viene lavorata nella macelleria interna, un indirizzo per intenditori, dove si acquistano  tutti i prodotti dell’azienda: polli, galline, bovini, suini, tartufo nero pregiato. E naturalmente olio, prodotto nel  frantoio della villa seicentesca. “Delle olive non buttiamo nulla”, spiega Antonio Bachetoni, laurea in agraria e tanta passione per l’agricoltura sostenibile. “I noccioli  servono per riscaldare la villa e le case dei contadini; le  foglie vengono date agli animali; grazie a un impianto a biogas produciamo energia elettrica”.

TRA AFFRESCHI E BOTTICELLE

A pochi minuti d’auto si dorme ai Catasti di Azzano, cinque appartamenti in un casale del XVI secolo con  pavimenti in cotto originale, soffitti affrescati, mobili antichi, pezzi di design e opere d’arte. I più belli sono  Girasole, che ha il salotto con camino e il letto a baldacchino, e Artemisia, con la cucina affacciata sul giardino  all’italiana, ricco di ortensie, gigli e glicine. Orgoglio  della casa sono l’acetaia con botticelle di balsamico tradizionale pluripremiato e una cantina per far scorta di Trebbiano doc superiore spoletino. A Trevi si fa tappa in Pinacoteca per la Madonna col Bambino del Pintoricchio, poi ci si siede alla Taverna  del Sette: pareti in sasso, soffitti a botte e sala con un  imponente focolare, dove cuoce un’ottima carne alla  brace. Da non perdere i cappelletti al tartufo, il baccalà  in guazzetto con prugne e odori, abbinati a olio e vini  del territorio. La carne alla brace è una specialità anche del ristorante La Cantina di Spello. Merito di Fausto Benedetti, “un mago della griglia”, gli riconosce il patron Paolo Ercolani. Si cena sotto volte in pietra, illuminate da luci soffuse, dopo aver ordinato frittatina al tartufo nero pregiato, tortino con patata rossa di Colfiorito, piccione alla diavola sulla brace; nella dispensa del ristorante si fa scorta di lenticchie, ceci, fagioli di Cave, marmellate, tartufi e vino. L’incontro più sorprendente è nella Bottega di  Assù, a Bevagna, microlocale di grande appeal, con quattro tavoli e scaffali zeppi di libri, foto, sculture, locandine d’arte, bottiglie di vino e olio. Si viene per bere,  leggere, ascoltare jazz e acquistare etichette di qualità. Serve bruschette integrali con extravergine Dop, panzanella con verdure dell’orto, uova al tegamino con tartufo,  zuppa di ceci.

L'UOMO CHE ACCAREZZA I FORMAGGI

È una storia d’amore e di cibo anche quella di Antonio Andreani, docentE di antropologia degli alimenti all’Università dei sapori di Perugia, ribattezzato “l’uomo che accarezza  i formaggi”. Nella sua gastronomia a Collepepe, che quest’anno festeggia un secolo, si trovano autentiche rarità, umbre, italiane e straniere. “Ho assaggiato almeno la metà dei latticini prodotti nel mondo. Io i formaggi li  guardo, li tocco, li coccolo e, se serve, ci parlo pure, perché  hanno bisogno di cure e attenzioni. Ogni sera, prima di andare a dormire, controllo ogni pezzo e se è necessario  li massaggio con olio buono”. Per assaggiarli, insieme  ad altre tipicità, si sale al ristorante L’Alberata, sopra il negozio.  È il regno di Silvana, la cognata, che ha recuperato antiche ricette dimenticate, come il pancotto, una zuppa  di pane ed erbe aromatiche o le polpette di pane e rigaglie di pollo affogate nel brodo di carne. Il profumo di latte caprino appena munto e caglio porta dritto alla Fattoria Ma’ Falda, su un altopiano tra Todi Orvieto. Un gioiello realizzata otto anni fa da due sorelle norvegesi, Anne Line e Åste Redtroen, che con passione allevano 150 pecore nere di razza bretone Ouessant. Gli ovini si nutrono d’erba, fieno e musica classica, diffusa nella stalla “per tenerle tranquille. Così danno più latte e la carne è migliore”. I formaggi a latte crudo sono lavorati a mano subito dopo la mungitura, senza uso di additivi o conservanti. Si comprano in azienda insieme alla carne di  capretti e maiali di cinta senese. Da poco la fattoria è aperta anche all’ospitalità: cinque appartamenti con pavimenti  in cotto e travi a vista, camini, arredi in legno. Attorno, tanta natura e, in lontananza, il lago.  Dopo aver visitato Orvieto si fa incetta di golosità artigianali  alla Norcineria Oreto, oltre 40 anni di tradizione  familiare e il marchio di qualità Eccellenze Italiane. Non  si esce senza aver acquistato le specialità del negozio: porchetta, muscolo di prosciutto stagionato con pepe rosso, coppiette. Salendo verso il Lago Trasimeno, a Città della Pieve il Podere Fontesecca è una piccola cantina specializzata nella produzione di vini in purezza e vinsanto, per intenditori. Altri rossi degni di nota si comprano all’Azienda  Agraria Carini di Colle Umberto, che alleva maiali di cinta senese allo stato brado e produce norcineria  di alta qualità. A guidare gli ospiti è Enrico Cicci, giovane  agronomo ed enologo della casa. Dopo il tour è prevista  la degustazione di vini, salumi e formaggi nel wine shop.

 

PRODUZIONE A RICHIESTA

Il percorso si conclude nell’alta Valle del Tevere, dove la  peculiarità locale è il mazzafegato, un insaccato presidio  Slow Food. “Ogni macelleria ha una sua ricetta. La mia è  a base solo di tagli di parti pregiate del maiale, il cuore e la lingua insaporite con finocchietto, pepe e aglio”. A parlare è Alberto Brachini, dell’azienda agricola Terra del  Carpina a Montone, la sola in zona a allevare suini. Ha ereditato l’amore e i segreti della norcineria dal bisnonno, che andava per le campagne a macellare nelle case dei privati. Una tradizione che continua nella sua fattoria: i clienti comprano l’animale, lo fanno macellare e gli lasciano i prodotti da stagionare. “Prosciutto, capocollo, salsicce  e salami sono fatti secondo antiche ricette locali, salati a secco come una volta, senza glutine, lattosio, additivi e  conservanti chimici”. Naturali e artigianali sono anche i prodotti della Macelleria  Giulietti, a Città di Castello. Giovanni e Luigi rappresentano  la terza generazione di norcini della famiglia. “Il capocollo qui si chiama ‘scalmarita’ e il mazzafegato nella nostra versione non ha sangue né fegato, ma solo carne di suino, lingua, cuore, buccia di agrumi, vinsanto e  fiore di finocchio selvatico”. Fra le specialità della boutique, che si affaccia sulla piazza del Duomo, ci sono le salsicce e il lombetto sott’olio, il ‘filam’, un salame con filetto  di maiale, molto saporito e supermagro, invenzione della  maison, e il meaccio, un dolce a base di cioccolato e sangue di maiale. Perché del suino non si butta mai via nulla.

Chi ha salvato l’olio

Il 2014 è stato l’anno nero dell’extravergine italiano. Inverno mite ed estate piovosa hanno favorito la diffusione della mosca olearia: la produzione è crollata in media del 37 per cento, rispetto al 2013. In Umbria si sono salvati gli uliveti in collina, dove le escursioni termiche hanno ucciso il parassita, e quelli dei produttori intervenuti tempestivamente con trattamenti. Come Alessandro Ricci (olioricci.it), che nell’azienda di famiglia vicino a Orvieto ha raccolto il 70 per cento e ottenuto ottimi monocultivar di moraiolo e Dop Colli Orvietani. Produzione ridotta del 50 per cento, ma qualità garantita, al Frantoio Marfuga (marfuga.it) di Campello sul Clitunno, indirizzo d’eccellenza per la Dop Colli Assisi-Spoleto e L’Affiorante, monocultivar di moraiolo con bottiglie numerate. Olio buono anche alla Società Agricola Trevi Il Frantoio (oliotrevi.it), dove si può assistere alla spremitura a freddo e acquistare una linea di cosmetici che sfruttano le proprietà antiossidanti dell’extravergine. A Castiglione del Lago i soci della Cooperativa Oleificio Pozzuolese (cooperativaoleificiopozzuolese.it) hanno salvato il 30 per cento, ma hanno una Dop Colli del Trasimeno garantito di alta qualità.