DALL'EUROPA

31 dicembre 2011

Preoccupazione per gli istituti di credito

di Lorenzo Robustelli

 Bruxelles – L’Unione europea è molto preoccupata per la salute del sistema bancario. Dopo l’esplosione della crisi economica, che ha colpito molte banche, salvate spesso a spese dei cittadini con le loro tasse, Bruxelles ha lanciato gli “stress test”, una sorta di esame per valutare quanto i singoli istituti di credito sono in grado di affrontare un’improvvisa criticità. Le banche non ne sono uscite alla grande, troppo esposte su titoli pubblici di paesi in difficoltà, qualcuna troppo impegnata in operazioni pericolose sul mercato dei derivati, alcune semplicemente gestite senza la necessaria prudenza. Ne è emerso che, per stare tranquilli, è necessario aumentare fino al 9% il capitale di sicurezza, quella somma che deve essere accantonata, liquida, per far fronte alle emergenze. Il fatto che tanti istituti hanno in portafoglio titoli pubblici che oramai si sono enormemente svalutati ha portato l’Ue ad imporre una rivalutazione dei cespiti, che consideri questa perdita di valore. Questo insieme di elementi, in parte già noti ed in parte resi pubblici con gli stress test, ha portato ad obbligare molti istituti di credito a ricapitalizzare, a rimpinguare le proprie casse, per avere un rapporto più realistico tra impieghi e sostanze. Le principali banche italiane dovranno, tra le proteste vibranti dell’Associazione bancaria italiana, ricapitalizzare per 15,4 miliardi (una bella fetta dei 114,7 in totale degli istituti dell’Ue esaminati). Hanno avuto tempo fino al 20 gennaio per presentare i loro piani, che dovranno essere realizzati entro giugno prossimo. Per questo lavoro Bruxelles ha concesso la proroga alla possibilità di concedere aiuti di Stato a tempo indefinito, ma non gratuiti: i soldi ottenuti dai governi dovranno essere restituiti. D’altra parte però il ruolo del sistema bancario va protetto, è da qui che vengono i soldi per “far girare l’economia”. È cruciale, come ha sottolineato più volte Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, che l’attività creditizia continui, che si prestino soldi a imprese e privati per finanziare la crescita. Per questo in due mesi abbiamo assistito a due tagli del tasso di interesse praticato dalla Bce e dal quale discendono quelli imposti dalle banche ai privati, che è passato dall’1,5% all’1%, e all’inedito programma di prestiti illimitati a tre anni con garanzie più “leggere” che in passato, proprio per favorire la circolazione dei capitali. Poco prima di Natale 523 banche europee hanno approfittato di questa opportunità, prendendo a prestito da Francoforte 489 miliardi per tre anni, all’1%. Le italiane ne hanno presi quasi un quarto, 110 miliardi. Che devono servire a far ripartire la crescita con l’attività di credito, e magari, senza dirlo troppo apertamente perché non lo intendano i tedeschi, a incentivare gli acquisti di buoni del Tesoro italiani e spagnoli, arginando la fuga dai titoli pubblici, che è all’origine della crisi del debito sovrano.