OPINIONI

18 novembre 2016

Perugina: il declino di un brand e di una fabbrica: dal Jumbo Alitalia al Minimetrò!

di Alberto Mossone

……”La Perugina è un’azienda storica, ma ancor prima è la fabbrica della città, è il ponte tra il passato e il futuro di Perugia, è sua “ambasciatrice” nel mondo, C’è una sorta di identificazione tra l’azienda e il territorio, di naturale osmosi. C’è l’orgoglio, profondo e sincero, quando si parla di questa straordinaria impresa e dei suoi fondatori, le famiglie Buitoni e Spagnoli. Gli attuali proprietari, la multinazionale Nestlé, hanno avuto il merito di valorizzare ulteriormente il marchio, il prodotto, il management e le maestranze, altra punta di eccellenza, e di capire che la sua sede naturale è a Perugia”…….

Con queste parole, in occasione del centenario della fondazione della Perugina, il sindaco di Perugia Renato Locchi, nella sua prefazione al libro di Francesco Chiapparino e Renato Covino, “La fabbrica di Perugia Perugina 1907 – 2007”, pubblicato nel 2008, ricordava l’importanza della Perugina per la città e per tutto il territorio, sottolineando i meriti della Nestlé nella valorizzazione del brand e del capitale umano dell’azienda e confermando la centralità di Perugia come “sede naturale” dell’azienda.

L’apertura di credito delle Istituzioni comunali e regionali, insieme all’opposizione blanda dei sindacati (molto inferiore a quella che in passato aveva accompagnato le battaglie sindacali contro le famiglie fondatrici Spagnoli e Buitoni) sono  a mio giudizio tra i fattori che hanno aiutato Nestlé Italia a sganciarsi sempre più da Perugia e  a ridurre  progressivamente i propri investimenti in tecnologia, ricerca e sviluppo, marketing e comunicazione, considerando il brand “Perugina” e quello del suo prodotto simbolo i “Baci Perugina” non strategici all’interno dell’immenso portafoglio marchi della multinazionale svizzera e lo stabilimento di S.Sisto come uno dei tanti dislocati in Italia e nei vari paesi del mondo.

Ma il sindaco Locchi nella sua prefazione al libro, dimenticava di ricordare che già dodici anni prima, a seguito della vertenza di fine 1996 che riguardava tutto il gruppo italiano della Nestlé, …..”Nell’ottobre del1996  era stata chiusa la palazzina degli uffici (ora sede dell’Arpa Umbria) e le figure apicali che in essa lavoravano  erano state trasferite a Milano dove si disloca il centro nazionale delle aziende del gruppo” …. (Chiapparino-Covino: La fabbrica di Perugia . La Perugina 1907-1927, cap. XI.3 L’ultimo decennio: la fabbrica flessibile, pagg. 313 – 316)

Nello stesso capitolo gli autori ricordavano poi che il “Piano di rilancio di Nestlé Italia”, presentato al coordinamento nazionale sindacale del Gruppo il 24 ottobre, prevedeva 320 esuberi per la Perugina (più del 20% sui 1.500 previsti per l’intera Nestlé Italia). …. “Ciò che propone l’azienda è una fabbrica fortemente automatizzata, in grado di avere linee destinate realizzare diversi prodotti e una standardizzazione degli stessi. Si prevedono, peraltro, scelte organizzative tese ad esternalizzare servizi logistici, centri di elaborazione dati  e reti di vendita “……, si legge ancora nel libro. La vertenza, che fu lunga e convulsa, portò dapprima ad un accordo siglato il 19 marzo 1997, che prevedeva investimenti di 50 miliardi di lire in tre anni, la dismissione delle produzioni considerate non strategiche (zuccheri, confezioni) e il potenziamento di produzioni strategiche ed esuberi di 320 unità. La chiusura definitiva della vertenza si ebbe il 9 aprile, con la conferma dei  320 esuberi e delle scelte produttive, mentre gli investimenti salivano a 60 miliardi di lire. ….. “La fabbrica che ne emerge è più flessibile, più aderente alla strategia della Nestlé, più adeguata alle dinamiche del mercato globale, ma soprattutto rappresenta un taglio con la realtà precedente” ….., si legge  ancora nel capitolo sopra citato.

Arrivando al 2016,  nel comunicato stampa di Nestlé Italia del 2 marzo scorso, che mostra una notevole continuità con le strategie delineate e le intese raggiunte 19 anni fa, si leggeva:

“Nuova prospettiva internazionale per Baci® Perugina®: è questo l’orizzonte in cui si muove il piano di sviluppo da oltre 60 milioni di euro iniziali in tre anni, le cui linee guida sono state presentate oggi dai manager di Nestlé Italiana ai sindacati presso la sede di Confindustria Umbria a Perugia.

Il piano punta a potenziare lo stabilimento di San Sisto per confermarne la posizione come uno dei poli produttivi di eccellenza del cioccolato all’interno del gruppo Nestlé, per rafforzare la posizione dello storico marchio in Italia e per fare di Perugina® un simbolo del “Made in Italy” in tutto il mondo, come accaduto nel settore delle acque per il marchio S. Pellegrino®. La strategia di sviluppo commerciale è indirizzata dunque non soltanto al mercato interno, ma anche alla crescita nei mercati esteri con interessanti opportunità di contro-stagionalità della produzione”.

A otto mesi dalla sigla dell’accordo non  mi sembra che Nestlé abbia concretamente avviato quanto promesso, ma piuttosto abbia proseguito nella dismissione di produzioni e marchi non strategici (Caramelle Rossana e Pasticceria Ore Liete), provveduto al restyling delle tavolette a marchio Tablò, accompagnato da una timida campagna di comunicazione, ma nulla al momento risulta essere stato attuato per l’internazionalizzazione di Perugina e soprattutto del prodotto simbolo “Baci” nel mercato globale. Dei 60  milioni di euro di investimenti indicati, infatti, 15 dovevano essere destinati alla parte impiantistica del polo produttivo di S. Sisto, ma gli altri 45 dovevano essere investiti in marketing, comunicazione e distribuzione, principalmente all’export.

Almeno nel 1997, Nestlé aveva innovato la comunicazione dei Baci Perugina con il jumbo jet di Alitalia brandizzato con lo storico cioccolatino alla nocciola; quest’anno, molto più modestamente, abbiamo visto alcune cabine del minimetrò di Perugia (incidentalmente una realizzazione fortemente voluta proprio dal sindaco  Renato Locchi) dipinte con il logo e con i vari colori delle tavolette Tablò circolare durante Eurochocolate 2016 e tuttora in servizio.

Personalmente ritengo che non ci fosse tanto bisogno di accrescere la brand awareness di Perugina nella città di Perugia e comunque nel mercato italiano, quanto di potenziare la globalizzazione di Perugina e dei Baci nei mercati export!

Mi auguro che sia così e che aver sostituito la produzione dei biscotti “Ore Liete”, un marchio storico di Perugina, con quella delle cialde per il “Maxibon”, un marchio  del settore gelati ex Motta, una tipica attività di sub-fornitura all’interno del Gruppo Nestlé, non voglia significare un ennesimo passo  verso il declino di Perugina e la marginalizzazione del polo produttivo di S. Sisto, con ulteriore perdita di posti di lavoro e dispersione di competenze e skills delle maestranze ancora occupate nello stabilimento



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